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Titolo: Shadowspawn, prologo
Autore: Shadar
Serie: Robert Jordan's The wheel of Time
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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The white flame

Shadar

"The Wheel of Time turns and Ages come and go. What was, what will be and what is may yet fall under the Shadow."


prologo

Shadowspawn

Garnik Dunar era un mercante, un mercante molto particolare in realtà. Prima di lui erano stati mercanti suo padre e suo nonno e prima ancora tutti i suoi antenati fin dove la famiglia ricordasse. Garnik Dunar commerciava in oggetti esotici, motivo per cui spesso compiva lunghi viaggi lontano dalla sua casa a Tear. In quel preciso istante stava osservando con uno sguardo carico di frustrazione l'oggetto che stava appoggiato sul tavolo del suo studio. L'aveva rigirato più e più volte ma non era ancora riuscito a capire come funzionasse il meccanismo d'apertura. A prima vista quel dannato affare assomigliava ad un normale cofanetto di legno. Ma era troppo pesante per essere semplice pino. O forse il suo contenuto era pesante. L'uomo sorrise tra sé, questa seconda prospettiva era molto più allettante. E nella sua lunga esperienza una cosa pesante e ben protetta spesso era anche preziosa.
Non sapeva esattamente da dove venisse quello scrigno ma se ne sbatteva altamente. A lui non importava la storia della merce che vendeva nonostante spesse volte nel corso dei suoi viaggi gli fossero capitati tra le mani oggetti estremamente antichi. Lui non era un collezionista, non aveva il minimo gusto in fatto di arte. La cosa che più gli importava era il denaro nelle sue tasche. E...beh se dei fessi si divertivano a tenersi in casa cianfrusaglie orrende non erano affari suoi. Purché lo pagassero.
Con un sospiro esasperato riprese in mano il cofanetto. Doveva essere davvero molto vecchio. Un tempo sul coperchio doveva esserci stato inciso qualcosa. Ma il tempo e l'usura del legno avevano cancellato qualsiasi segno decifrabile. Al tatto si sentiva soltanto un lieve solco. Poteva esservi stato inciso lo stemma di qualche casato o anche un semplice ghirigoro. Certo era che se Garnik avesse anche solo sospettato che simbolo era stato inciso sul coperchio si sarebbe allontanato dallo scrigno il più velocemente possibile.
Alla fine dell'ennesimo esame imprecando ad alta voce aprì un cassetto della scrivania traendole una custodia di cuoio. Se non poteva aprire quel coso con le buone lo avrebbe fatto con le cattive. Dopo alcuni minuti di lavoro e di altre bestemmie fu ricompensato da un sonoro clic. Finalmente!
Aprendo il cofanetto con mani tremanti sperò di non aver sprecato il pomeriggio per nulla.
Quello che vide poi lo lasciò alquanto perplesso. Su alcuni strati di velluto consunto poggiava un disco di pietra. Metà del disco era bianca come la neve, l'altra metà nera come la più nera delle notti. Le due metà erano divise da una linea sinuosa che divideva il disco in parti perfettamente uguali.
La sorpresa del mercante svanì lasciando il posto alla rabbia.
«Luce bruciami! Cosa mai posso farmene di un insulso pezzo di pietra?» gridò scagliando il cofanetto contro il muro. «Sicuramente nulla,» una voce bassa e raspante gli rispose facendogli accapponare la pelle. Lentamente portando una mano alla cintura cui era assicurato il pugnale l'uomo si voltò.
Un'alta figura le cui fattezze erano nascoste da un mantello nero lo osservava dalla porta dello studio. «Chi sei?» domandò Garnik «Cosa vuoi da me?» non aveva mai provato un terrore così irrazionale. Gli pareva che lo sguardo dello sconosciuto potesse penetrare fin nella sua anima.
Lo straniero non rispose iniziando invece a muoversi verso di lui con grazia serpentina. Il mercante si rese conto con orrore che il mantello dell'uomo non ondeggiava alla lieve brezza primaverile che veniva dalla finestra aperta né i suoi passi facevano rumore.
L'uomo tirò lentamente indietro il cappuccio. Qualsiasi osservatore l'avrebbe giudicato certamente umano se l'avesse visto da lontano ma nemmeno un uomo privo di fantasia come Dunar poteva negare che quello che gli stava davanti fosse un Myrdraal, uno dei servi dell'Oscuro. Il suo volto era umano e in quel momento atteggiato in una smorfia di puro disprezzo ma la sua pelle era bianca e troppo liscia come se da troppo tempo non si esponesse alla luce diretta del sole. E a quel volto mancavano gli occhi.

***

La Ruota del Tempo gira e le epoche si susseguono lasciando ricordi che divengono leggenda, la leggenda sbiadisce nel mito ma anche il mito è ormai dimenticato quando ritorna l'epoca che lo vide nascere. In un'Epoca chiamata da alcuni Epoca Terza "un'Epoca ancora a venire, un'Epoca già da tempo trascorsa" il vento si alzò dalla terra desolata che gli uomini conoscono come la Macchia.
Il vento attraversò i profondi canyon delle montagne di Dhoom le cui cime sono affilate come rasoi.
Il vento spirò gelido dalla Macchia verso le Marche di Confine aggredendo con violenza le torri ed i bastioni della fortezza di Fal Dara. Il vento percorse le strade ed i vicoli di numerose città inducendo le persone ad avvolgersi più strettamente nel mantello. Il vento piegò i rami degli alberi e fece increspare le acque dei fiumi.
Poi il vento giunse a Tar Valon.
Il vento non era l'inizio, non vi sono inizio né fine al girare della Ruota del Tempo. Ma fu comunque un inizio.







StrangeLandsChronicles © 2004
© Shadar