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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 14
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 14

Dorilys

Ellemir ed Edric avevano quasi raggiunto l'appartamento quando, repentinamente, lui decise che forse era più corretto andare prima a vedere se Dorilys fosse rientrata nei suoi appartamenti e se aveva nulla da riferire. Ellemir protestò debolmente, ma Edric la convinse dicendole che, con ogni probabilità, se fosse accaduto qualcosa di irreparabile, Alaric si sarebbe di sicuro messo immediatamente in contatto con lui.
«Da quanto tempo sono sposati, Darren e Dorilys?» chiese in realtà con poco interesse Ellemir.
«Sono due anni alla prossima Festa del Solstizio.»
«Lei è una Ridenow,» commentò distrattamente Ellemir, «come ha potuto ricevere dalla sua famiglia il permesso per sposare di catenas un Aldaran.»
Edric ridacchiò, si era aspettato quella domanda. «Come sai Darren è figlio di un cugino di nostra nonna, un Darriel di Darriel e quella parte del territorio degli Hellers è fuori dal nostro Dominio. La madre era una Sirtys, non troppo nobile per aspirare ad un matrimonio molto importante ma neanche di origini così modeste da accontentarsi del primo venuto. Purtroppo, Darren doveva aver da poco compiuto i dieci anni, suo padre morì durante un incendio e la madre decise di tornarsene dalla sua famiglia, piuttosto che restare sola tra le montagne, ospitata di malavoglia, almeno a suo parere, dalla famiglia del marito.
«Darren, al principio, venne accettato benissimo dalla famiglia materna. Fece il suo anno di addestramento nelle Torri proprio a Tramontana,» Ellemir annuì al ricordo, «e venne anche costretto a vestire l'uniforme da Cadetto, per due anni credo. Però, quando il nonno si accorse che tutti i vicini lo schernivano per le origini ambigue del nipote, decise di mandarlo quasi in esilio nella Torre di Neskaya. Qui il caro Darren conobbe Dorilys e, dopo poco, i due decisero di unire le loro sventure e di liberare le loro reciproche famiglie dalla loro presenza. I Ridenow non hanno avuto nulla in contrario al matrimonio, non ti dico i Sirtys, del resto i Ridenow sono più in alto di loro.»
«Non credo che l'abbiano presa altrettanto bene, quando hanno deciso di venire a rifugiarsi qui nel Dominio Perduto,» commentò Ellemir.
Edric scosse la testa negativamente. «Credo che li abbiano semplicemente cancellati dal loro albero genealogico!» esclamò ridacchiando. «Comunque, hanno avuto un bel vantaggio da quella decisione. Ora come ora, Darren è a capo dell'esercito, inoltre hanno già ereditato dei possedimenti delle Terre Alte e nostro padre ha già da tempo adottato ufficialmente Darren. Alla sua morte, spero il più tardi possibile, ad Alaric e a Darren spetteranno gli stessi favori.»
«Non ho ricevuto una buona impressione da Dorilys,» disse Ellemir, fermandosi ad una certa distanza dalla porta che conduceva al loro appartamento. «Forse è solo perché è una comynara, quindi non approva di certo quello che Taksya rappresenta. Ma ho l'assoluta certezza che non approvi neppure me, non sono però riuscita a capire il perché... c'è troppa confusione attorno alla sua persona, sembra quasi che tenti di distorcere qualsiasi informazione che la sua mente possa involontariamente inviare.»
«Non ha avuto una vita facile, si è ripresa un po' solo dopo aver conosciuto Darren,» cominciò a spiegarle Edric, interrompendosi subito bruscamente. «Ma è meglio che sia lei stessa a parlartene, quando lo riterrà opportuno.»
Ellemir annuì silenziosamente, liberando nel contempo la propria mente da qualsiasi pensiero che sarebbe potuto essere interpretato in maniera offensiva dall'altra donna. Subito dopo, precedendo Edric oltre la porta, fece il suo ingresso nell'appartamento privato di Darren e Dorilys Darriel.
Fu Darren a venire immediatamente incontro ai due, informandoli che, per il momento, la moglie preferiva restare un po' sola, per riprendersi dalla fatica.
«Allora è andato tutto bene?» chiese Edric, nascondendo dentro di sé la speranza di ricevere una risposta negativa.
Darren annuì, sorridendo. «Non è stato facile ma, come dice Alaric, sembra che quella donna non abbia assolutamente voglia di andarsene da questo mondo.»
Ellemir si sentì sopraffare dalla contentezza. Riuscì a raggiungere una delle poltrone che costellavano il salottino e vi si gettò sopra, sospirando in modo liberatorio.
«Credevo che non avrei più sentito parole così dolci,» mormorò a voce bassissima, tanto che nessuno dei due uomini diede segno d'averne inteso il significato. «Cosa pensa vostra moglie, cosa accadrà adesso?» chiese poi, cercando di assumere un tono più professionale.
«Che non è ancora fuori pericolo,» la voce di Dorilys risuonò debolmente alle loro spalle.
«Non avresti dovuto alzarti!» la rimproverò Darren. «Non ti sei ancora ripresa del tutto e non hai voluto mangiare quasi nulla.»
«Non potevo mancare ad una visita così importante!» commentò sarcastica Dorilys. «La vostra Amazzone ha risposto benissimo alla liberazione dei canali... il solo problema è vedere se ora saprà approfittarne.»
Ellemir scosse la testa negativamente. «Quello che temo è ben altro, ma non posso averne la certezza fino a quando non accadrà,» commentò misteriosamente.
Edric le si avvicinò, sedendosi sulla poltrona accanto alla sua. «Cosa intendi?»
Dorilys e Darren si accomodarono sul piccolo divanetto posto davanti alla coppia di poltrone e fu la donna a rispondere per Ellemir.
«Se è vero che Alaric ha risvegliato i suoi centri del laran quando l'ha toccata, allora...»
«Taksya,» le suggerì Darren.
«Taksya dovrà anche subire tutti gli effetti collaterali dovuti al Malessere della Soglia... il solo problema è che lei ha, approssimativamente, la tua età, Edric.»
Ellemir annuì, seria in volto. «Ed io non potrò esserle di alcun aiuto.»
Dorilys la guardò con aria di sfida. «Non siete una Custode? Dovreste avere le conoscenze necessarie per sorreggerla in caso di bisogno.»
Darren fece per parlare ma, eseguendo una muta richiesta di Ellemir, Edric lo zittì e lo costrinse a seguirlo fuori dal salottino, per lasciare le due donne libere di parlare e di chiarire le rispettive posizioni.
Ellemir attese di essere rimasta sola con Dorilys, poi passò all'attacco. «Spiegatemi perché mi detestate tanto, è solo perché estendete su di me il vostro odio per Taksya... e per le Libere Amazzoni in generale, ovviamente?»
Dorilys scosse la testa, negativamente. «Quando Edric ci disse che sarebbero arrivate visite da Tramontana, pensammo subito a qualcuno di famiglia che aveva prestato servizio là e che, prima di tornarsene a casa sua, aveva deciso di partecipare alla Festa indetta da Dom Kevin. Ma quando ci informò che la persona in questione eravate voi, una Custode...» tacque per qualche istante, cercando le parole più adatte ad esprimere i propri pensieri, «la sola spiegazione per cui potevate aver deciso di abbandonare la Torre era perché volevate infrangere il vostro giuramento.»
«È quello che è successo il giorno seguente il mio allontanamento da Tramontana. Non potevano permettere ad una Custode di attraversare il confine e passare, con la possibilità di utilizzare appieno i propri poteri, dalla parte del nemico!»
«Una nobile decisione,» commentò Dorilys. «Ma non mi sembra un grosso problema, non tra gli Aldaran.»
«Il grosso problema arriverà se non riuscirò a venire a capo dei miei... problemi, chiamiamoli pure così.»
«Problemi?» chiese perplessa Dorilys.
«Devo supporre che Edric non vi abbia detto nulla.» Dorilys rispose con un cenno negativo della testa. «Benedetto ragazzo, neppure la Beata Evanda riuscirebbe a mantenere la propria pazienza con lui,» fece una breve pausa, per riprendere il filo del discorso.
«Quando ci comunicò la notizia, ci disse che sareste stata voi a spiegarci tutto, se aveste voluto.»
«Credo sia il caso di farlo, almeno con voi.» Ellemir si sistemò sulla metà del divanetto che era stata lasciata libera da Darren e cominciò a raccontare alla donna i fatti relativi alle vicende degli ultimi mesi, preoccupandosi di omettere tutto quello che era accaduto da quando aveva lasciato la Torre per raggiungere il Dominio degli Aldaran.
Mano a mano che il racconto procedeva, il viso di Dorilys assumeva via via un'espressione sempre più contrita e sofferente, quasi provasse in prima persona l'angoscia e il dolore che l'altra donna sentiva dentro di sé. Solo alla fine del proprio racconto, Ellemir sembrò ricordare che Dorilys aveva sangue Ridenow e che con ogni probabilità era una potente empatica, ma era ormai troppo tardi per schermare le proprie emozioni e impedirle un'inutile sofferenza.
Terminato il racconto, il silenzio tornò a cadere tra le due donne, mentre Dorilys stava tentando di assimilare tutto quello che Ellemir le aveva raccontato, facendo riferimento più alle sensazioni ricevute che alle parole.
«Credo che ora tocchi a me dare qualche spiegazione,» disse alla fine, con un tono molto più amichevole che in precedenza.
«Solo se ve la sentire, Dorilys.»
Ma la donna sorrise e cominciò a raccontare. «Come Edric vi avrà sicuramente detto, almeno questo spero che lo abbia fatto, io e Darren siamo sposati da quasi due anni e che ci siamo conosciuti a Neskaya, dove entrambi abbiamo lavorato come tecnici. Io ho compiuto il mio anno di addestramento a Dalereuth e, se non fosse stato per i progetti del mio clan, vi sarei rimasta volentieri alcuni anni.
«Ma mio padre aveva fatto un accordo con la famiglia Di Asturien e mi aveva promesso in sposa al terzo o quartogenito della casata. Non era una posizione molto elevata ma, grazie a questo matrimonio, sarebbe entrato in possesso di non so quali terreni... ma anche voi sapete benissimo come vanno queste cose.» Ellemir annuì silenziosamente, non era mai stata coinvolta in intrecci simili ma ne aveva sempre sentito parlare dalle giovani che venivano a prestare servizio a Tramontana. «Avevo appena quindici anni,» riprese Dorilys, «e, al compimento del sedicesimo, il contratto sarebbe stato ufficializzato, approfittando della prima riunione del Consiglio e della prima vacanza per i Cadetti. Vedete, mio fratello gemello stava prestando servizio nel corpo dei Cadetti della Guardia e non sarebbe mancato al mio matrimonio per nulla al mondo. Nonostante tutto quello che si può dire, la mia famiglia è stata sempre molto unita, il fatto di essere tutti empatici rendeva ogni legame molto più forte, e mio padre non aveva nulla in contrario ad attendere fino ad allora.
«Purtroppo, durante un'esercitazione sul campo, il gruppo di mio fratello venne assalito da alcuni banditi. Erano inferiori come numero ma erano armati con archi e frecce... i Cadetti non potevano scampare all'agguato in alcun modo...» Dorilys fece una breve pausa, ripensare ai quei momenti, nonostante fossero già passati sei anni, le faceva provare un intenso dolore. Ellemir fece per sfiorarle le mani, per darle il suo appoggio, ma Dorilys si ritrasse con violenza e riprese il racconto. «Io e mio fratello eravamo come Edric ed Alaric. Stavamo sempre in contatto, in qualsiasi momento della giornata e qualsiasi cosa stessimo facendo, le nostre due menti erano collegate. Anche in quel momento, anche se non stavamo conversando o altro, io ero con lui e, mentre moriva, io non riuscivo a staccarmi dalla sua mente...» si coprì il volto con le mani, singhiozzando silenziosamente. Ma fu questione di un attimo, che già aveva ripreso il controllo di se stessa. «Quando mio padre mi trovò, così mi hanno raccontato, pensò che fossi morta. Fortunatamente si accorsero per tempo che il mio corpo viveva ancora, era la mia mente ad essere rimasta bloccata nel sopramondo, legata a quella di mio fratello, che non riusciva ad abbandonare il nostro piano d'esistenza.
«Venni portata alla Torre di Neskaya, la sola disposta a prendersi immediatamente cura di me, e lì la Custode riuscì prima a separarmi da mio fratello poi, poco alla volta, a ridarmi coscienza di me stessa.»
Ellemir provò l'impulso di stringere a sé Dorilys, per farle capire che comprendeva il suo dolore, ma sentiva che la donna non avrebbe accettato quel contatto. Dalla sua mente giungeva l'immagine di Fiona di Neskaya, che Ellemir conosceva fin troppo bene, ed era, in un certo senso, simile all'immagine astratta che aveva ricevuto dalla mente di Taksya. L'immagine della perfetta Custode, isolata e intoccabile, che ognuna di loro veniva addestrata a dare di se stessa al mondo.
«Ci volle più di un anno,» riprese Dorilys, «per riportarmi alla normalità, ma ormai ero certa che non sarei più riuscita a sopravvivere all'esterno di una Torre. Avevo perso fiducia in tutto e tutti. Mio padre si vide costretto ad annullare il mio contratto matrimoniale, non ho mai saputo se lo fece perché non avrebbe mai potuto dare in sposa ad un Di Asturien, anche se non di grado elevato, una mezza donna... oppure se lo fece per il mio bene. Comunque, non potei fare altro che ringraziarlo, nella Torre avevo ritrovato la mia completezza, avevo un lavoro da compiere e mi sentivo al sicuro e ben voluta. C'era un ordine che raramente veniva infranto, non c'era nessuna possibilità che potesse accadere qualcosa che non fosse lecito o previsto.
«Poi,» non riuscì a trattenersi dal sospirare, «arrivò Darren. Entrammo subito in sintonia, aiutati anche dalle premure della nostra Custode, e ben presto capimmo di esserci innamorati. Un lampo a ciel sereno, dissero i nostri colleghi, ma erano tutti contenti per me, per noi. Quando comunicai alla mia famiglia il desiderio di uscire dalla Torre e di sposare Darren, mio padre fu rapido nell'accettare. I Sirtys offrirono alla mia famiglia vantaggi notevoli, che li avrebbero agevolati nei commerci con gli Alton e gli stessi Hastur, non poteva rifiutare. Per loro, del resto, voleva dire salire un gradino nella gerarchia comyn... insomma, tutti avevano da guadagnarci e noi, dopo solo un anno, ci sposammo di catenas.
«Quando uscì dalla Torre, erano passati quattro anni dalla morte di mio fratello e, ancora, non mi sentivo pronta ad affrontare pienamente i miei doveri di comynara, di fronte al Consiglio e all'Hastur. Darren, da parte sua, si sentiva ancora isolato dal resto dei comyn, a causa della sua parentela con il clan degli Aldaran, ma, quando mi propose di venire ad abitare qui, dove di sicuro avremmo trovato pace e comprensione, accettai immediatamente.»
Dorilys terminò così il suo lungo racconto, sarebbe stato più semplice per entrambe usufruire del contatto telepatico, ma sia lei che Ellemir avevano alcune cose che volevano tenere celate. Sapendo del legame che univa la Custode a Edric, Dorilys preferiva non dirle che non aveva mai apprezzato gli studi del cognato sull'utilizzo delle matrici, sentiva che era sbagliato andare oltre quello che già si faceva nelle Torri.
«Avevo pensato che, dal momento che una vera Custode sarebbe giunta qui,» disse poi, dopo una breve pausa di riflessione, «di sicuro le cose sarebbero tornate normali. Edric non è in grado di portare avanti da solo il suo piano di fondare un Torre, ma con voi, se deciderete di accettare i suoi progetti, potremmo di sicuro compiere un buon lavoro. L'ordine tornerà al Castello, non dovremo più ospitare ed addestrare chiunque abbia un pizzico di laran in più degli altri!»
Ellemir annuì silenziosamente. Dorilys aveva subito un grave trauma, dal quale era riuscita a stento a riprendersi. Si sentiva ancora legata alla figura pacata e irremovibile della Custode che l'aveva curata e, da quello che aveva capito dalle sue parole, non gradiva che le cose andassero fuori da limiti ben precisi, gli stessi limiti che avevano governato anche la Torre di Tramontana.
Ellemir non poteva permettersi di perdere la collaborazione di Dorilys, se avesse accettato di guidare un Cerchio la forza e l'addestramento della donna sarebbero stati insostituibili. Si trattenne quindi dal spiegare che lei non aveva alcuna intenzione di accettare le proposte di Edric, non perché volesse rispettare le regole volute dai comyn ma perché non aveva la benché minima intenzione di riprendere ad onorare i vincoli da cui era stata dispensata.
«Credo che resteremo per molto ad un punto morto,» disse invece Ellemir. «Fino a quando non riuscirò a liberare la mia strada per il sopramondo, non sarò neppure in grado di eseguire le manovre più semplici.»
«Edric escogiterà qualcosa,» disse con convinzione Dorilys, «si può dire di tutto, ma quando c'è un problema ci rimugina sopra fino a quando non ha trovato un sistema per risolverlo.»
«Non credo che sarà così semplice,» Ellemir non riusciva ad accettare l'ottimismo con cui tutti reagivano di fronte al suo dramma personale.
Dorilys ignorò la reazione della Custode alle sue parole, capì che in quel momento la donna non poteva vedere nulla di roseo dinnanzi a sé ma, se avesse avuto fiducia in loro, sarebbe riuscita a creare qualcosa di veramente nuovo e potente.
«Perché non andate a controllare le condizioni della vostra Amazzone,» disse poi, riferendosi a Taksya come se fosse stata il suo animaletto da compagnia preferito.
«Lo farò sicuramente,» rispose in tono forzatamente neutro Ellemir. «Vi ringrazio di tutto quello che avete fatto per lei.»
«I desideri di Edric sono i miei,» si schermì Dorilys. «Spero solo che non sia stato un lavoro inutile.»
Ellemir uscì dall'appartamento prima di esplodere. Era riuscita a salutare convenientemente Dorilys, ora che le cose si erano chiarite e che la donna aveva trovato in lei un nuovo punto di riferimento e di stabilità era inutile rovinare tutto con un commento male interpretato. Invece, era riuscita a lasciare la giovane donna contenta e soddisfatta, convinta di aver finalmente trovato una colonna a cui appoggiarsi e che potesse reggere tutto il peso dei suoi problemi.

***

Dopo aver lasciato sole le due donne, Edric e Darren si erano recati a controllare la situazione nell'appartamento della Custode. Appena varcata la soglia trovarono Alaric comodamente sdraiato sul divano, sempre più sconsolato e sempre bloccato fuori dalla stanza dell'Amazzone.
«Dicono che non vogliono uomini tra i piedi!» fu il suo unico commento.
Non volendo incorrere nelle ire delle donne, anche Edric e Darren si accomodarono sulle poltrone, commentando brevemente tra loro il lavoro compiuto da Dorilys. In poche parole, Alaric aveva messo al corrente il gemello di tutto quello che era accaduto durante l'operazione e l'espressione di Edric si fece sempre più cupa mano a mano che il racconto andava avanti.
«Come possono esserci così tante stranezze in quella donna,» commentò alla fine.
«Una sfida alle tue conoscenze,» ridacchiò Darren. «Tu e la tua Custode avrete molto da lavorare, se non si riprende in fretta,» concluse, indicando con il capo la porta che conduceva alla stanza di Taksya.
In quello, la vecchia leronis fece il suo ingresso nel salotto.
«Sapete quando sarà di ritorno?» chiese, facendo riferimento ad Ellemir, indicandone la stanza con un dito.
«Sta parlando con Dorilys,» rispose Edric, «di cosa avete bisogno, leronis? Forse posso esservi d'aiuto anch'io.»
La donna scosse la testa. «Qualcuno di voi sa se vostro padre ha portato via qualcosa da queste stanze, prima che venissero riaperte e sistemate?»
I tre uomini si guardarono l'un l'altro con aria interrogativa. «Non credo,» rispose Alaric per tutti. «Pensate che manchi qualcosa che possa essere utile per Ellemir?»
«Certamente non alla Custode,» fu l'ambigua risposta, dopo di che la leronis uscì dalla stanza, borbottando tra sé che non c'era nulla lì dentro che potesse essere utile a nessuno tranne che ai fantasmi.
I tre si guardarono ancora, sempre più perplessi. «Stanno diventando tutte matte?» fu il solo commento di Darren.
«Sono sicuro di sì!»
«Perché Alaric?»
«Fratello, ti sembra normale che Renata, la nostra vecchia Renata, la nostra governante tutta d'un pezzo che non si commuove neppure davanti ad una ballata strappalacrime, si metta a piagnucolare sistemando dei vestiti in un armadio?»
Edric e Darren si scambiarono un'occhiata interrogativa. «Renata?» chiesero all'unisono.
«Sistemando quei vecchi abiti che erano qui da anni e che adesso sono nell'armadio di Taksya,» rispose Alaric, annuendo.
Non poterono perdersi in altre congetture perché, finalmente, dall'altra stanza venne dato loro il permesso di entrare e visitare Taksya.

***

Ellemir era quasi giunta davanti alle proprie stanze quando venne fermata dalla vecchia leronis. Non ci fu bisogno di parole o presentazioni, un breve contatto ed entrambe le donne seppero senza possibilità di errore, con chi stavano parlando.
«Non preoccupatevi per la ragazza,» disse immediatamente la vecchia. «Riuscirà a venirne fuori, la sua fibra è resistente... ed ha tutto il sostegno di cui potrebbe necessitare.» Ellemir non sapeva cosa rispondere, ma leronis non le avrebbe comunque dato nessuna possibilità di parlare, riprendendo immediatamente le redini del discorso. «Spero di non risultare offensiva, o troppo curiosa,» disse, conducendola verso la porta della camera, «ma, mi chiedevo, potrei dare una piccola occhiata alla vostra stanza?»
Pur non capendo il motivo di tale richiesta, Ellemir aprì la porta e si fece da parte, permettendo alla vecchia di entrare nella camera e di controllare quello che voleva. La donna si diresse a colpo sicuro verso la piccola credenza che sorreggeva lo specchio. La leronis guardò con sufficienza tutti i ninnoli che Dorilys aveva fatto portare ma, con un gesto di stizza, sembrò non trovare quello che era venuta a cercare.
«Vi ringrazio,» disse congedandosi, lasciando l'altra senza parole.
Ellemir restò per qualche istante in attesa, quasi sicura che la donna sarebbe tornata, facendole qualche altra folle richiesta ma, dopo qualche minuto, si convinse che ormai si era allontanata definitivamente. Si diresse allora verso la stanza di Taksya, trovandovi riunito il clan Aldaran quasi al completo.
«Vai leronis, vi aspettavamo,» fu il benvenuto di Alyssa.
Ellemir rispose con un cenno del capo, la sua attenzione era irrimediabilmente calamitata dalla presenza di Taksya. Controllò immediatamente le condizioni dei suoi canali e li trovò perfetti, brillanti e puliti come solo quelli di una Custode potevano essere.
Senza pensarci, posò una mano sulla sua fronte, ricordandosi solo un attimo dopo del fatto che a Taksya non piacevano le intromissioni nel proprio cervello. Ma questa volta Ellemir non poteva evitarlo, doveva cercare di mettersi in comunicazione con lei, anche utilizzando il proprio donas, nel tentativo di farle comprendere quello che avrebbe dovuto fare.
Edric rimase ad osservarla. Non poteva credere che Ellemir riuscisse a toccare Taksya senza esitazioni, quando non era stata neppure in grado di fare a lui una semplice carezza fraterna. Invece, in quel momento, stava accarezzando la fronte dell'Amazzone, tenendole nel contempo stretta al petto una mano. Non sapeva quello che Ellemir stava cercando di fare, ma era comunque sconvolto dalla facilità con cui riusciva ad effettuare quel contatto fisico senza risentirne.
Renata, pur non capendo quello che la nuova arrivata stava facendo, si affrettò a fare uscire tutti dalla stanza. Aveva la certezza che lei volesse stare sola con l'amica, non le importava di quello che Edric aveva raccontato o di quello che tutti credevano. Lei sentiva che Taksya voleva essere lasciata sola con l'altra donna, quindi era irremovibile.
Edric ed Alaric protestarono vivamente ma, capendo che comunque non avrebbero ottenuto nulla, uscirono brontolando dalla stanza, spinti fuori a viva forza da Darren e seguiti da Alyssa e dalla stessa Renata.
«Vi ringrazio,» disse Ellemir alla vecchia governante, un istante prima che si chiudesse alle spalle la pesante porta.
Renata le sorrise maternamente. «È quello che entrambe desiderate,» le rispose semplicemente, chiudendo senza rumore la porta dietro di sé.
Come consapevole dell'uscita della folla che continuava a soffocarla, Taksya cominciò a trasmettere i suoi pensieri direttamente nella mente di Ellemir, che rimase sorpresa dalla potenza con cui essi venivano inviati.
«Ti sento, Taksya,» le sussurrò dolcemente. «Non affaticarti.»
"Cosa devo fare," il pensiero esplose nella sua mente. "Ho paura, non capisco dove sono, sento solo la tua vicinanza... Ellemir," il suo era un grido disperato, "aiutami! "
Ellemir strinse le sue mani su quelle di Taksya, cercando di infonderle coraggio poi, non senza difficoltà, tentò di fendere e diradare il caos che ancora regnava nella mente della donna.
Poteva vedere la barriera che Alaric aveva costruito e, come lui stesso aveva confermato, si accorse che era stata realizzata sfruttando il resistente muro che esisteva da prima del suo contatto. Ellemir era riuscita a studiarlo, prima che le cose precipitassero, e si era resa conto solo superficialmente della potenza e della portata che esso raggiungeva ma, cosa che prima non aveva notato, ora sembrava percorso da una lunga e profonda crepa.
«Non devi fare resistenza,» continuò a parlare a Taksya, nella speranza che lei riuscisse a sentirla. Non poteva arrischiarsi utilizzando la telepatia, non ora che aveva visto lo stato pericolante della sua barriera protettiva.
Se avesse forzato la sua mente, utilizzando il Dono degli Alton per imporle il proprio pensiero, il trauma avrebbe potuto far crollare la sua protezione. Ellemir non aveva idea di cosa si celasse al di là di quel muro ma, questo riusciva a percepirlo, non sarebbe stato un bene per nessuno se esso fosse andato in pezzi prima del suo termine naturale.
«Taksya,» riprese Ellemir, più dolcemente, «devi lasciare che l'energia defluisca lungo il tuo corpo, non tentare di bloccarla, per quanto strano o doloroso possa essere, non tentare di fare resistenza.»
"Perché?" la domanda era disarmante, come quella di un bambino. Come poteva Ellemir spiegare la cosa senza far cadere Taksya nella confusione e, forse, nel panico più completo.
«Devi familiarizzarti con delle sensazioni nuove per il tuo corpo,» disse evasivamente Ellemir. «Se impedirai a queste nuove sensazioni di uscire allo scoperto, allora non potrò impedire il peggio.»
"Mi aiuterai?" fu la semplice domanda di Taksya.
"Ne puoi dubitare, breda?" Ellemir si strinse più vicino a lei, cercando di farle sentire la propria vicinanza, di incuterle sicurezza.
"No!" rispose Taksya piombando, immediatamente dopo, nel caos più totale.

***

Al riparo nel suo studio privato, Dom Kevin aveva brillantemente evitato qualsiasi incontro con le ospiti portate al castello dai suoi figli. Si era un po' dispiaciuto nei confronti del giovane comyn, asserragliato nei suoi appartamenti dal momento del suo arrivo, ma non poteva dargli torto. Del resto era la stessa cosa che stava facendo lui.
Da informazioni ricavate dalla vecchia governante, Dom Kevin aveva seguito momento per momento le varie fasi delle operazioni che si stavano svolgendo nei vecchi appartamenti. Ovviamente non aveva fatto domande ma, conoscendo Renata, non ne avrebbe comunque avuto il tempo. Una sola cosa lo lasciava perplesso. Sia Renata che, almeno da quanto la donna gli aveva riferito, la vecchia leronis avevano come riconosciuto una certa familiarità nell'Amazzone arrivata al seguito della famosa Custode.
Dom Kevin si era divertito all'idea del figlio che cercava di trovare le parole giuste per comunicargli la presenza al castello di una Rinunciataria non solo ferita ma in punto di morte. Chissà quando Edric avrebbe trovato il coraggio di venire a conferirgli le ultime novità. Erano anni che ricopriva il ruolo di Erede del Dominio e ancora non sapeva che lui aveva i suoi informatori e che nessun avvenimento che si svolgesse all'interno delle mura di Castel Aldaran poteva sfuggirgli?
Dom Kevin rise tra sé, amaramente. Il suo casato sarebbe andato davvero in buone mani e, ormai, era tardi per sperare che il suo erede mettesse la testa a posto.
Seduto sulla sua poltrona preferita, Dom Kevin continuava a trastullarsi con una piccola scatola di legno decorato, pensando a quello che le due donne più vecchie dell'intero castello gli avevano riferito. Come era possibile che una persona insignificante come poteva essere quella Amazzone riuscisse a riportare alla mente fatti così lontani nel tempo. Ma, forse, era stata la concomitanza della riapertura di quell'ala dimenticata del castello a caricare le fantasie delle due donne.
Dom Kevin si mise a studiare la piccola scatola che, fino a pochi giorni prima, aveva troneggiato sulla specchiera dell'appartamento ora abitato da Ellemir. Era di legno pregiato e finemente decorata, chiusa da una piccola serratura a matrice che chiunque, persino lui, sarebbe riuscito ad aprire. Erano ore che lui non faceva altro che aprire a chiudere quella piccola scatola, continuando a ripetersi che non poteva essere vero quello che vedeva.
All'interno una pietra matrice di notevoli dimensioni, adatta ad adornare il collo di una Custode, era rimasta come morta per anni, il colore più vicino al grigio spento che al vivido azzurro di qualsiasi matrice. Era da soli due giorni, in corrispondenza dell'arrivo di Alaric e delle due donne, che la pietra aveva come ricominciato a vivere, riprendendo una sfumatura azzurrina.
Anche in quel momento, sotto gli occhi stupiti del Dom, la pietra si era fatta improvvisamente più luminosa, come se stesse cercando di collegarsi con il legittimo proprietario ma, nonostante tutti gli sforzi, non riuscisse a completare l'operazione.
Dom Kevin chiuse con violenza la scatola, posandola sulla sua scrivania, cercando di resistere alla tentazione di aprirla per guardare di nuovo nelle profondità di quella pietra.
«Non è possibile!» esclamò a se stesso. «Sono passati troppi anni perché sia ancora viva, non può essere...»
Crollò nuovamente sulla poltrona, erano passati davvero tanti anni e, a dispetto delle promesse che aveva fatto a se stesso durante tutto quel periodo, presto avrebbe dovuto raccontare quella storia a qualcuno, prima che la stranezza della cosa lo facesse uscire di senno definitivamente.







StrangeLandsChronicles © 2004
© Simona Degli Esposti