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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 17
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 17

Ombre dal passato

Ellemir, percorrendo i silenziosi corridoi dell'ala che ospitava il suo appartamento, continuava a ripetersi che non avrebbe dovuto lasciare Edric e Taksya da soli. Aveva visto di persona il comportamento poco ortodosso che l'uomo aveva tenuto mentre era stato al suo fianco per controllare l'Amazzone durante le crisi e adesso aveva il timore che Edric sfogasse il rancore che nutriva nei confronti di Taksya, approfittando della sua debolezza, scatenando chissà quali reazioni.
Anche lei infatti, anche se non con lo stesso timore panico di Alaric, non sapeva cosa aspettarsi dai poteri di Taksya. Il laran appena risvegliato aveva acuito la sua capacità di lettura del pensiero ma, non riuscendo a risalire molto oltre nel suo albero genealogico, Ellemir non riusciva neppure ad immaginare quale potesse essere il suo vero donas e quali problemi avrebbero potuto incontrare nel doverlo imbrigliare.
Arrivò nei pressi dell'antica Torre del castello mentre era ancora immersa nei suoi pensieri e, quando la vecchia leronis di Castel Aldaran le si fece incontro, perse completamente la prima parte del suo discorso.
«Stavo dicendo,» la vecchia sembrò molto accondiscendente nei suoi confronti, sapeva cosa stava tormentando Ellemir e poteva comprendere il suo comportamento, «che questa è la parte più antica dell'intero castello, antecedente addirittura alle guerre del caos.»
Ellemir sollevò lo sguardo, cercando si seguire la struttura della scalinata che sembrava scaturire dal nulla, crescendo nel bel mezzo di un salone arricchito da preziosi arazzi, i cui disegni erano ormai stati sbiaditi dai secoli. La parete curva della sala ricordava la struttura originaria della torre ma, dopo innumerevoli rimaneggiamenti eseguiti per incorporarla nelle nuove costruzioni, aveva perso la sua forma autonoma.
«Di tutto il primo piano della Torre solo la scala è rimasta intatta,» la leronis indicò ad Ellemir che potevano procedere. «Esistono dei vecchi disegni di questa parte del castello, sembra che la Torre fosse stata costruita in modo da poter isolare completamente i piani superiori in caso di attacco. Bastava far crollare la scalinata e nessuno, tranne che sfruttando il laran, sarebbe più riuscito a salire. Probabilmente esisteva anche una sorta di protezione, sul modello di quella che utilizzano tutte le Torri per proteggersi da visite indesiderate, in modo da sventare anche questo rischio, ma oramai il suo effetto deve essere completamente svanito.»
Ellemir annuì. Quella costruzione era impressionante, molto diversa da tutte le altre Torri. Una volta raggiunto quello che doveva essere il terzo piano, la costruzione sembrava riprendere la sua forma originale e le mura diventavano improvvisamente perfettamente rotonde, mentre la scala in pietra continuava a salire nell'oscurità. Le stanze private degli operatori dovevano essere contenute nei piani ora inglobati nella struttura massiccia e squadrata del castello, mentre numerose porte si aprivano ad intervalli regolari lungo tutto il percorso.
La salita continuò ancora per molto mentre l'ampiezza della scala andava riducendosi e le pesanti porte in legno, che conducevano in stanze abbandonate da secoli, si riducevano di numero. Ellemir ricordava vagamente la torre rotonda che si stagliava oltre il più alto bastione del castello e, con un lieve senso di angoscia, si chiese per quanto ancora avrebbero dovuto salire.
Improvvisamente la scala si interruppe davanti una pesante porta in legno decorato. «Eccoci qua!» la vecchia fece scattare la serratura a matrice che teneva chiusa la porta. «Questa è la stanza principale della Torre, dove un tempo si riunivano per il lavoro con le matrici. Altre simili sono nei piani inferiori ma questa è quella più grande e meglio isolata, probabilmente quella riservata al Cerchio principale. Nessuno dei ragazzi è mai salito volentieri quassù. Edric preferisce utilizzare la camera più bassa, dice che qui non si sente a suo agio,» la donna si guardò attorno, osservando le pareti azzurrine con una sorta di malinconia. «È un vero peccato che nessuno voglia più utilizzare questa meraviglia.»
Ellemir studiò la sala, grande quasi quanto quella da cui partiva lo scalone. Grazie alle pareti colorate con una delicata sfumatura azzurrina sembrava addirittura più ampia e la sua prima sensazione fu quella di trovarsi dentro una sorta di gigantesca matrice.
«Trovo strano che l'abbiano costruita in questo modo,» commentò, continuando ad esplorare la stanza. «Solitamente il lavoro viene svolto in camere sotterranee, isolate dal rumore esterno. Qui siamo ad un'altezza vertiginosa.»
«Per chi vive tra gli Hellers il silenzio più grande è quello delle cime più alte. Avete mai provato a scalare una montagna?» Ellemir fece segno di no con la testa. «Quando arrivate in vetta i soli rumori che sentite sono quelli del vento e del vostro respiro. Quassù è la stessa cosa, il rumore di fondo che disturba tanto i telepati arriva con la stessa intensità che in una delle vostre stanze sotterranee. La Torre è tutta completamente isolata e il solo rumore che può disturbare è quello del vento in tempesta.»
Ellemir sorrise. «Forse è per questo che a Edric non piace. L'ordine è la tranquillità prima di tutto. Il vento è il caos e non riuscirebbe mai a lavorare tranquillamente sapendo di essere circondato da cose che non può completamente controllare.»
«Lo conoscete bene,» la vecchia donna le fece segno che dovevano proseguire nella salita.
«Meno di quanto credessi,» commentò Ellemir, tristemente.
La vecchia leronis indicò ad Ellemir una piccola porta celata dietro uno degli arazzi e, in silenzio, ripresero a salire lungo una nuova scala che sembrava diventare sempre più ripida e stretta. Dopo poco sbucarono in un terrazzo coperto da vetrate colorate, la serra più impressionante che Ellemir avesse mai visto. La leronis sorrise all'espressione della donna, era la stessa che compariva sul volto di tutti coloro che vedevano per la prima volta il suo piccolo regno.
«Questa serra è antica quanto la Torre,» disse semplicemente.
«Non ho mai visto una cosa del genere,» Ellemir entrò nel giardino e fissò con attenzione la copertura di vetri colorati. «Per quale motivo è così?»
«Non sapete forse che ogni pianta reagisce diversamente ai vari colori dell'iride?»
«Certamente, ma non avevo mai pensavo che qualcuno avrebbe potuto utilizzare il sistema su così vasta scala.»
La vecchia sorrise, negli Hellers il tempo non è mai favorevole, bisogna sfruttare qual poco che il clima concede. Così i costruttori della Torre avevano ideato un sistema, semplice e pratico, per poter coltivare tutte le piante che occorrevano loro. I vetri erano stati forgiati in modo da catturare e potenziare quella poca luce che il sole darkovano concedeva a quelle altezze e i colori erano stati distribuiti in aree ben definite, per permettere ad ogni singola pianta di ricevere il giusto stimolo per crescere rigogliosa.
«Qui vengono coltivate tutte le piante che servono per le cucine, a parte quelle che i contadini dei nostri possedimenti attorno Caer Donn ci inviano in frutto di un contratto vecchio di secoli. Mentre,» indicò ad Ellemir un angolo riposto della serra, chiuso da vetri e isolato dal resto dell'ambiente, «qui vengono cresciute tutte quelle che possono servire a Edric ed ai ragazzi per il loro lavoro.»
Ellemir scrutò interessata oltre i vetri. «Vedo che non ci sono fiori di kireseth. Mi aspettavo anche una loro piccola aiuola. Per non dover sempre andare in giro per le vallate alla loro ricerca,» il tono non voleva essere scherzoso, ma la vecchia leronis ridacchiò.
«La visita non è ancora terminata,» disse con fare da cospiratore. «Neppure Edric conosce questo passaggio. Solo in due, io e un'altra persona di cui mi fidavo, ne siamo a conoscenza. Ma è bene che voi vediate con i vostri occhi.»
Dietro una parete apparentemente solida era nascosto un passaggio, chiuso da una serratura a matrice. Ci vollero un paio di tentativi prima che Ellemir riuscisse a scoprire la frequenza giusta, sotto lo sguardo attento delle vecchia, ma, alla fine, riuscì ad aprire il meccanismo e la parete rientrò verso l'interno di un'altra piccola stanza.
«Questo posto, una volta chiusa la parete, è sigillato e completamente isolato dal resto della serra. Prima di entrare è sempre meglio dare un'attenta occhiata allo stato di crescita delle piante.»
Ad Ellemir mancò il fiato. La stanza era piccola ed era sigillata da vetri, la serra vera e propria era bloccata da un'altra chiusura a matrice, che si sarebbe aperta con una difficoltà ancora maggiore di quella del passaggio segreto. Oltre il vetro una distesa di piccoli fiori azzurri, tanti da rifornire di kirian tutto il circuito delle Torri di Darkover per anni.
«È incredibile,» sussurrò, «non ho mai visto nulla del genere.»
«Qui viene coltivato il kireseth che serve a tutto il nostro fabbisogno. Non dobbiamo fare affidamento al tempo e alla fioritura spontanea. Ci sono fiori ad ogni livello di crescita, c'è almeno un terzo della coltivazione sempre in fase di fioritura. Non è bene entrare senza protezione e mai quando una parte dei fiori si è già liberata del polline.»
Ellemir annuì, ancora stupefatta di fronte al mare azzurro dorato creato dai fiori. «Quindi,» disse non appena si fu ripresa dallo stupore, «ora siamo in tre a conoscere il segreto. Non temete che si possa correre il rischio di rivelarlo?»
«Come avete visto, le due serrature sono molto complicate da azionare. Solo qualcuno con le capacità di una Custode, o una persona dotata di un laran incredibilmente potente, potrebbe riuscire ad entrare in questa stanza,» indicò ad Ellemir che ora potevano uscire. «Comunque, siamo solo noi due a conoscere questo piccolo segreto. La terza se ne è andata ormai da tempo... probabilmente è morta da anni.»
Tornate nella camera azzurra la leronis si fermò di nuovo ed Ellemir ebbe come la sensazione che la donna volesse dirle qualcosa, come per potersi liberare da un dubbio che la tormentava. Le disse gentilmente che, se voleva, potevano fermarsi ancora nella sala, prima di riprendere la discesa. La donna annuì e si sedette su una delle poltrone messe a cerchio in mezzo ad essa.
«Non so se posso dirvelo,» disse a bassa voce, attendendo che Ellemir si fosse a sua volta accomodata, nella poltrona davanti alla sua. «È una storia che pochi ricordano, Dom Kevin non ne ha mai fatto parola neppure ai suoi figli, il solo che sapeva qualcosa era il maggiore, Coryn, ma anche lui è ormai morto da anni.»
Ellemir annuì in silenzio, ricordava quando il messo inviato da Dom Kevin era arrivato a Tramontana ed aveva detto a Edric che il padre lo rivoleva al castello per investirlo come suo Erede. Era accaduto almeno cinque anni prima e, da allora, Ellemir aveva sentito la sua mancanza ogni giorno sempre più dolorosamente.
«Non mi pare che ora la pensiate allo stesso modo,» la vecchia non aveva potuto fare a meno di captare i suoi pensieri, in quella stanza non c'era nulla che potesse interferire o confonderli.
«Le cose cambiano,» rispose semplicemente Ellemir. «Se non potete dirmi nulla, non importa. Non credo che la cosa possa coinvolgermi, specie se è accaduta così tanto tempo fa...»
Lo sguardo della vecchia leronis si fece per qualche istante assente, come se stesse mettendo a fuoco immagini lontane. «Non ne sarei certa. Mi potreste dire il nome completo della vostra amica Amazzone?»
«Taksya n'ha Roslyn,» Ellemir non riusciva a capire cosa potesse centrare lei con i fatti che la vecchia temeva di rivelare.
«Questo significa che Roslyn era il nome della madre... cosa potete dirmi di lei, del suo passato.»
Ellemir scosse la testa, sospirando, cominciando a raccontare quello che sapeva di Taksya, molto poco a dire il vero. «La sola cosa certa è che deve avere sangue comyn,» disse alla fine del racconto. «I suoi capelli in realtà non sono della sfumatura tipica delle Terre Aride come vorrebbe far credere, di certo sono rossi ed ora stanno tornando al loro colore naturale.»
«Non sapete nulla delle sua origini,» commentò la vecchia, «un vero peccato non sapere in anticipo quale strada potrebbero prendere i suoi poteri.»
«Ha delle premonizioni, ma la cosa non ci aiuta molto. È un donas molto frequente in buona parte delle famiglie, oltre che tra gli Aldaran e gli Elhalyn, se non erro.»
La vecchia annuì, silenziosamente. «Non c'è motivo di tenervi nascosta la cosa,» aggiunse all'improvviso, «abitate nelle sue stanze quindi, presto o tardi, Dom Kevin farà qualche commento a riguardo. È bene che sappiate almeno di cosa parla. Cosa sapete della madre dei gemelli?»
«Era di sangue Ardais,» disse semplicemente Ellemir, «e credo che abbia avuto molti problemi di salute, subito dopo l'ultima gravidanza,» volendo intendere, in modo non offensivo, che probabilmente la pazzia tipica della famiglia aveva di sicuro colpito anche lei. «Questo è almeno quello che i racconti di Edric mi hanno fatto capire ma, se ben ricordo, anche quello che lui sapeva veniva dalle storie che la sua governante gli raccontava a proposito della sua infanzia.»
La leronis annuì. «Si può dire Edric non abbia mai conosciuto la madre. Lei morì quando loro erano ancora piccoli, credo si ricordino poco di lei.»
«C'è però una cosa che mi ha sempre incuriosito,» la interruppe Ellemir, prima che proseguisse con il suo racconto, «Edric mi ha sempre parlato di un'altra donna, che per prima gli avrebbe parlato delle Torri e del loro potere. Ma, stranamente, ha sempre dovuto ammettere di non averla mai conosciuta di persona.»
Questo tolse ogni inibizione alla vecchia, se Edric aveva parlato di Domna Roslyn, allora anche lei poteva fare qualche accenno a quelle vicende seppellite dagli anni.
«La sorella di sua madre, probabilmente. Aveva un laran molto potente, prima che arrivasse da noi aveva cominciato l'addestramento come Custode ma, non so di preciso per quale problema, fu costretta ad abbandonare. Il padre, vedovo e con due figlie femmine, riuscì a liberarsi di entrambe nel momento in cui la seconda moglie gli diede il primo erede maschio. Mandandole qua, nel Dominio Rinnegato, le escluse completamente dei giochi per l'eredità. La pazzia lo teneva al riparo da commenti sgradevoli ma, nonostante questo, quale altra famiglia avrebbe accettato le due sorelle se avessero deciso di tornare tra i comyn
Ellemir sorrise, era lo stesso che Fiona, la Custode di Neskaya, aveva detto a lei quando l'aveva sciolta dal giuramento. Tra i comyn, se fosse sopravvissuta alla trappola che l'attendeva, avrebbe potuto ricominciare una vita normale da un gradino piuttosto alto della società darkovana ma, dopo essere stata tra gli Aldaran, nessuno dei suoi parenti l'avrebbe più voluta intorno.
«Melisendra, la madre dei gemelli,» la leronis aveva ripreso il racconto, «convinse la sorella a soddisfare il marito, durante la sua prima gravidanza. Quello che non sapeva, o che non voleva vedere, era che la sorella era molto più benvoluta dagli abitanti del castello. Nonostante fosse stata ad un passo dal poter comandare in una Torre, lei trattava tutti come persone e non come oggetti, come invece era solita fare Melisendra. Quando si rese conto che anche Dom Kevin cominciava a preferirla a lei andò su tutte le furie, anche quando venne rapita dagli Scathfell, a causa della faida che c'era tra i due rami degli Aldaran, Melisendra non riusciva a capire perché suo marito potesse preoccuparsi tanto della sorte della cognata.»
«Ma perché avrebbero dovuto rapire la cognata e non la moglie di Dom Kevin?»
«Uno scambio di persona,» rispose la leronis. «La vittima designata era Melisendra, ma in quel periodo era incinta dei gemelli e non dormiva più con il marito. Quando gli Scathfell si accorsero dell'errore era ormai troppo tardi. Lasciarono la preda, che scottava molto di più di quello che avevano previsto, come compenso alla banda di criminali che l'aveva rapita e, con una grande faccia tosta, cercarono di convincere Dom Kevin della loro estraneità al rapimento.»
«Non capisco,» la interruppe nuovamente Ellemir, «perché mai doveva essere più rischioso tenere lei rispetto alla moglie legittima?»
«Prima che il padre decidesse di esiliarla tra gli Hellers, era promessa all'Erede degli Alton. Nessuno poteva immaginare che lei avrebbe ceduto alle attenzioni di Dom Kevin, non dopo il suo addestramento da Custode, quindi tutti potevano credere in una violenza subita dopo il rapimento e cercare di vendicarla. Non potevano sapere se gli Alton fossero interessati o meno a riaverla indietro, ma non potevano correre il rischio.»
«Qualsiasi scusa sarebbe stata buona per una nuova guerra,» commentò Ellemir, che ben ricordava gli istinti bellicosi che tutti i comyn nutrivano nei confronti degli Aldaran. «Ricordo una vicenda del genere, quando vivevo ancora con mia nonna lei passava le serate raccontandomi tutti i pettegolezzi che circolavano su tutte le famiglie, ma ancora non capisco cosa possa centrare tutto questo con Edric.»
«Dal momento in cui Melisendra seppe di essere restata incinta per la seconda volta, pregò la sorella di tenere sotto controllo il bambino. Non si fidava di me e credeva che stessimo tutti complottando contro di lei. Ma, purtroppo, le cose presero una piega molto sbagliata... quando scoprì le potenzialità del nipote cominciò ad istruirlo sulla potenza del laran e sulla magia delle Torri.»
«Non ci posso credere!» Ellemir avvampò, come se lei stessa fosse stata coinvolta in quell'azione illegale. «Questo è proibito dal giuramento che ogni telepate fa prima dell'addestramento, come ha potuto compiere un'azione del genere. Una cosa simile, fatta subire ad un cervello ancora in fase di formazione poi, poteva rovinare completamente lo sviluppo di Edric... di entrambi i gemelli.»
«Come avete detto per la sorella, anche lei era una Ardais.»
Ellemir comprese improvvisamente le ragioni dei problemi che erano insorti durante il Malessere di Edric. La donna, durante le sue manovre, aveva plasmato il cervello ancora in formazione del feto inducendolo a considerare come fulcro della propria esistenza solo il laran. Se non fosse stato per questo probabilmente Edric non avrebbe neppure risentito del Malessere, come il fratello.
«È stata una follia, entrambi i gemelli potevano morire,» commentò alla fine.
«Non aveva previsto come sarebbe andata a finire, che sarebbe stata rapita e che non avrebbe potuto seguire lo sviluppo del suo protetto,» disse la leronis, anche se non in tono di giustificazione per l'azione compiuta.
«Ancora non capisco,» riprese Ellemir, «come tutto questo possa centrare con noi, con Taksya in particolare.»
«La zia dei gemelli si chiamava Roslyn, Roslyn Lanart-Alton y Ardais, per dire il nome completo come piace a voi comyn,» fu la semplice risposta.
Ellemir scosse la testa. «Una semplice coincidenza, perché la madre di Taksya si chiamava allo stesso modo non significa che siano la stessa persona.»
Per quanto la cosa potesse sembrare assurda agli occhi di Ellemir, per ogni istante che passava la vecchia trovava sempre più punti che collegavano l'Amazzone alla figura di Roslyn. Provò a spiegarli ad Ellemir ma lei, convinta che la cosa fosse un'assurdità, non li prese neppure in considerazione.
«Se fosse vero Taksya dovrebbe essere a conoscenza dei legami che la uniscono a questa famiglia,» disse Ellemir. «Invece non sembra sapere nulla delle proprie origini,» concluse alzandosi, avviandosi verso la scala che l'avrebbe riportata nel cuore del castello.
«Potrebbe darsi che non le sia mai interessato scoprire o meno se tra i suoi parenti ci fossero comyn o banditi di montagna,» le disse la vecchia, senza accennare a seguirla. «Le avete mai chiesto cosa sapesse di lei?»
L'ultima frase raggiunse Ellemir sulla scalinata e sembrò riecheggiare nella sua mente per tutta la durata della discesa. Il racconto della vecchia aveva sciolto molti degli interrogativi che ancora la tormentavano riguardo alcune strane ossessioni di Edric, adesso almeno sapeva perché teneva in modo così morboso all'idea di costruire una propria Torre ma, nonostante cercasse di non pensarci, nella sua mente continuavano a rincorrersi le parole che la vecchia leronis aveva detto a proposito della zia dei gemelli. Questa Roslyn doveva essere la sola altra persona a conoscenza dei segreti della Torre, avendo ricevuto l'addestramento da Custode era sicuramente in grado di aprire le varie serrature a matrice che ne bloccavano l'ingresso.
Rimaneva convinta che l'omonimia delle due donne, la zia di Edric e la madre di Taksya, fosse del tutto casuale e che non fossero la stessa persona. Anche se, a pensarci bene, c'erano fin troppe similitudini tra l'educazione imposta al primo, quando ancora era nel grembo della madre, e quella a cui Taksya era stata sottoposta durante l'infanzia.
Arrivata al salone da cui dipartiva la scalinata, Ellemir stava per dirigersi verso i propri appartamenti quando venne bloccata da Darren. Lui e Dorilys volevano che fosse loro ospite per il pranzo. Sembrava che nessuno degli altri si fosse reso disponibile quindi avevano deciso di organizzare qualcosa nel loro appartamento, approfittando del momento di intimità per discutere su come avrebbero proceduto ora che il problema del destino di Taksya sembrava essersi risolto per il meglio.
Ellemir avrebbe voluto rifiutare ma, per non offendere la sensibilità di Dorilys, non doveva dimenticare quello che aveva fatto per Taksya nonostante la sua personale avversione per l'Amazzone, si limitò a seguire Darren docilmente, ripromettendosi di scappare al più presto una volta terminato il pranzo.
La cosa durò molto più del previsto. Giunti ad appena metà delle portate, Dorilys cominciò a discutere su come avrebbero dovuto organizzare la loro Torre e sulle cose, la maggior parte delle quali stavano particolarmente a cuore ad Alyssa e Alaric, che potevano invece passare nettamente in secondo piano. Ellemir ascoltò in silenzio le teorie della donna, del resto molto poco interessata i piani di grandezza previsti per il loro futuro.
La sua mente continuava ancora a vagliare le informazioni che la vecchia leronis le aveva fornito durante il loro colloquio. Si ritrovò a chiedersi se per caso anche Darren fosse a conoscenza di qualche aneddoto risalente al periodo della nascita dei gemelli. Ma la sua famiglia era originaria di Darriel, quindi aveva pochi contatti con gli Aldaran di Caer Donn e poteva conoscere una versione dei fatti meno attinente alla realtà.
Quando Ellemir si rese conto che non riusciva più a seguire i discorsi dei suoi ospiti, si scusò gentilmente, trovando come giustificazione il fatto che si sentiva ancora molto stanca a causa del grande lavoro dei giorni precedenti, si congedò e riprese il cammino verso il suo appartamento. Fortunatamente non incontrò più nessun altro e, dopo pochi minuti, si ritrovò al sicuro tra le mura della propria camera.

***

Prima di passare nella stanza di Taksya, Ellemir si diede una rapida rinfrescata. Il pranzo era stato abbondante e lei si sentiva appesantita ma non aveva tempo per distendersi e riposare. Le storie della leronis avevano risvegliato in lei una grande curiosità ed ora voleva assolutamente scoprire tutto il possibile sull'infanzia di Taksya.
Edric aveva stabilito che l'indomani, al massimo tra un paio di giorni, a seconda della sua ripresa, sarebbe dovuto cominciare il suo addestramento. Prima si liberavano anche di quel problema prima avrebbero potuto affrontare quello serio, costituito dalla trappola nel sopramondo. Ma Ellemir sapeva benissimo che non avrebbero potuto affrontare l'addestramento di Taksya fino a quando lei non fosse stata completamente disponibile. Il solo fatto che desiderasse essere addestrata per impedire agli altri di leggere liberamente i suoi pensieri non bastava come motivazione.
Nei giorni passati aveva più volte visto l'origine del problema che bloccava Taksya ma, senza il suo aiuto, avrebbero potuto fare ben poco. Ora doveva cercare di abbattere quel muro di diffidenza che lei aveva nei confronti del laran e cercare di trovare l'approccio migliore affinché potesse imparare al più presto come proteggere la propria mente dalle intrusioni o dalle trasmissioni involontarie. Per fare questo, Ellemir avrebbe dovuto costringere Taksya a rivelare tutto del suo passato e questo le avrebbe anche permesso di verificare le certezze della leronis riguardo l'identità della madre di Taksya.
Prima di entrare nella stanza Ellemir sondò per qualche istante le sue condizioni. Taksya era sveglia e stava meditando di alzarsi per raggiungere la finestra. Non sapeva se le gambe avrebbero retto allo sforzo, infondo era da una settimana che non si alzava, ma era sicura che, se le fosse capitato qualcosa, nel giro di pochi minuti metà della popolazione del castello si sarebbe riversata nella sua camera per vedere cosa fosse accaduto.
Ellemir varcò la soglia nel momento in cui Taksya stava per posare i piedi a terra. «Io non lo farei,» le disse facendola sobbalzare. «Sei ancora debole, almeno fino a domani rimani a letto.»
Taksya arrossì. «Non vi avevo sentito,» disse, alludendo al fatto di non aver sentito la sua presenza.
«Eri troppo impegnata,» Ellemir si sedette sulla poltrona accanto al letto, facendole cenno che poteva restare seduta. «Non importa che usi quel tono ufficiale, mi pare di avertelo già chiesto. Mi hai salvato la vita, non mi pare il caso di mantenere queste distanze formali.»
«A dire il vero,» la interruppe Taksya. «Sei stata tu a salvare la mia. Non ho problemi a riguardo solo, mi sembra strano rivolgermi a te come se fossi una mia pari. Qualcuno potrebbe non essere d'accordo.»
Ellemir sorrise, trasmettendo mentalmente a Taksya il ricordo che lei aveva dei momenti passati insieme in quegli ultimi giorni e, nel contempo, la certezza che non le importava nulla di quello che gli altri avrebbero detto a riguardo. L'Amazzone arrossì nuovamente, l'intimità creata dai suoi nuovi poteri telepatici era un'altra delle cose che non riusciva ancora ad accettare, non era così che le era stato insegnato.
«Cosa ti è stato detto?» Ellemir prese la palla al balzo. «La sola cosa che sono riuscita a capire è che tua madre ti ha instillato una visione del tutto particolare del mondo delle Torri e del laran
«Ci sono molte cose che ha fatto,» Taksya si ridistese sul letto, cominciava a chiudersi a riccio, come sempre quando il discorso puntava verso quest'argomento.
«Se vogliamo che tu riesca ad accettare la tua nuova condizione,» riprese Ellemir con tono calmo, «devo sapere cosa ti ha insegnato. Finché continuerai ad essere soggiogata dal ricordo non riuscirai ad affrontare quello che ti aspetta.»
«Saresti un'ottima insegnante,» borbottò Taksya. «Quando si entra a far parte delle della Sorellanza delle Rinunciatarie ti fanno affrontare a forza i problemi che ti hanno portato a quella decisione, fino a quando non siano più un problema. Temono che il solo rancore possa essere dannoso e che dopo il primo momento, quando il dolore è passato, tu decida di essersi sbagliata e voglia andartene e ripetere così gli stessi errori.»
«Non devo aggiungere altro, è quello che voglio che tu faccia adesso.» Si protese verso Taksya e le prese le mani, cercando di instaurare un contatto più completo. «Il tuo solo problema adesso è riuscire ad affrontare il fatto che tu hai il laran. Tua madre era convinta che fossi dotata di qualche potere, devi accettare che aveva ragione. Può avere detto cose che non sono esattamente la verità, ma almeno su questo non ha mentito.»
«Mia madre!» Taksya si sollevò a sedere, liberando con uno scatto le sue mani dalla stretta di Ellemir. «Mia madre non ha fatto altro che entrare a forza nella mia testa dal primo giorno che mi ha messo al mondo,» il tono della voce si fece più freddo e tagliente, «se non prima! Continuava a ripetere che, non appena il donas si fosse risvegliato in me, mi avrebbe utilizzata per fuggire dalla sua prigione. Non si è mai curata di quello che io potessi pensare, se ne stava lì, a frugare qui dentro,» si indicò la fronte con un dito, «aspettando solo il primo segnale che le confermasse che il momento era finalmente giunto. Allora, mi diceva, avrebbe fatto in modo di procurarmi una matrice e, dopo aver attivato tutti i centri del laran che potevano servirle, mi avrebbe utilizzato come amplificatore dei suoi poteri, perché lei era stata separata dalla sua matrice e non poteva fare nulla di quello che aveva progettato... non senza usare me come una marionetta ai suoi comandi.»
Ellemir avrebbe voluto stringerla a sé, per farle capire che lei comprendeva il suo dolore e per darle un po' di quell'affetto che sembrava esserle stato completamente negato da bambina. Ma aveva paura che, in quel momento, Taksya avrebbe potuto rifiutarla e troncare qualsiasi accenno di avvicinamento nei suoi confronti.
«Poi,» Taksya riprese il suo racconto, «quando scoprì di essere incinta dell'uomo che l'aveva rapita, il terreno cominciò a mancarle da sotto i piedi e decise di risvegliare il mio donas, rischiando il tutto per tutto. Se avesse avuto successo, saremmo riuscite a fuggire dalle Terre Aride, in caso contrario io sarei morta e lei, così diceva, si sarebbe uccisa subito dopo.»
«Tu sei sopravvissuta,» azzardò Ellemir, cercando di ritrovare il contatto con le mani di Taksya.
L'Amazzone fissò le delicate mani di Ellemir come se le vedesse per la prima volta ma non trovò la forza di stringerle. «Non posso,» sospirò.
«Mi hai già fatto vedere parte della tua infanzia, la prima notte che abbiamo passato qui,» cercò di tranquillizzarla Ellemir. «Adesso voglio solo che tu che venga a patti con il tuo passato e che accetti la tua nuova condizione, in modo da poter affrontare l'addestramento a cui dovrai sottoporti senza resistenze.»
«Credevo di avere finalmente chiuso con il passato,» sospirò Taksya dopo un po' «invece, adesso mi ritrovo a combattere contro gli stessi fantasmi di allora.»
«In questo ti sbagli,» cercò di rassicurarla Ellemir, completamente dimentica della curiosità sulle origini della madre di Taksya che l'aveva divorata fino a pochi minuti prima. «Non ti costringerò a fare cose che tu stessa non voglia fare. Ti insegnerò come schermare la tua mente, in modo che tu possa gestire a tuo piacimento i contatti con ogni telepate che incontrerai. Sarai tu a dirmi fin dove vorrai spingerti.»
Taksya si lasciò andare contro i cuscini, stringendo finalmente le mani di Ellemir, come se fossero la sua unica ancora di salvezza. «Non è facile come credi.»
«Non sarà facile per nessuna delle due.»
«Tu sei la Custode di questo posto,» il tono di Taksya si fece improvvisamente triste, «questo è quello che tutti pensano e presto ti convinceranno che hanno ragione.»
«Qui tutti pensano di sapere quello che io posso desiderare, ma a nessuno di loro sembra interessare veramente quello che io voglio,» c'era rammarico nella sua voce. «Quello che hai visto nella mia mente ieri è quello che sento nel mio cuore. Mi hai fatto capire quanto sia importante essere donna, non Custode o comynara, ma solo me stessa, senza dover obbedire ad altri desideri che non siano i miei.»
«Mia madre avrebbe detto che i tuoi desideri non sono altro che oscenità,» disse piano Taksya, distogliendo gli occhi dallo sguardo penetrante di Ellemir.
«Quello che ti ho mostrato ieri è quello che ho visto nelle mie premonizioni per anni,» le spiegò dolcemente, «ma prima non avevo mai capito il loro significato. Non ho mai creduto possibile che nel mio futuro potesse esserci altro che una vita da Custode, ma trovavo indecifrabile quello che interpretavo come una presenza costante al mio fianco.» Ellemir si ritrovò a sorridere tristemente, «un tempo pensavo che potesse essere Edric ma, ora, so che mi sbagliavo.»
L'immagine di loro due, vicine come amanti ma anche come membri dello stesso potente Cerchio di matrici tornò a forza nella mente di Taksya. «Ma è impossibile,» disse. «Non posso legarmi a te ed avere anche solo il timore di poterti perdere. Mi è già successo una volta, non lo potrei sopportare ancora.»
«Non accadrà, ne sono certa.» Il tono di Ellemir non ammetteva repliche e le ci volle molto poco a raccontarle della visione che aveva avuto la sera del loro arrivo, subito dopo lo strano colloquio avvenuto in quella stessa stanza.
Taksya annuì, restando in silenzio. Più passavano i minuti più si convinceva che Ellemir poteva avere ragione. Molte delle cose che sua madre le aveva detto durante i lunghi anni della sua infanzia si erano rivelate errate, perché non questa allora.
"Forse perché è una tradizione," il pensiero balenò all'improvviso nella sua mente, ma Taksya non avrebbe saputo dire se era suo o di Ellemir. «Edric ha detto che è impensabile il voler cambiare una tradizione,» disse comunque in risposta ad esso.
«Anche le tradizioni possono essere cambiate. Non è forse tradizione il volere le Custodi e le Torri inattaccabili,» il tono si fece ancora più serio, ripensando alla misteriosa minaccia che pesava sul suo capo. «Eppure hanno cercato di uccidermi mentre lavoravo con il mio Cerchio. Basta solo una persona che voglia veramente cambiare le cose e il gioco è fatto. Se saremo in due, nessuno potrà fermarci per cambiare le tradizioni dell'intero pianeta.»
Taksya annuì, sembravano quasi le stesse parole che lei aveva detto poche ore prima a Edric. Sapeva che entrambe avrebbero dovuto faticare per liberarsi dei ricordi e dagli insegnamenti subiti durante un'intera vita. La cosa più grave era che nessuno le avrebbe aiutate in questo, soprattutto non gli abitanti del castello, che sembravano desiderare solo di trovare il modo per mettersi alla pari con gli altri Domini, incatenando nuovamente Ellemir alle sue catene dorate di Custode.
Questo pensiero da solo avrebbe dato a Taksya la forza di continuare a lottare. Essere incatenata, contro il proprio volere in fede solo alle tradizioni, era il suo incubo peggiore. Aveva giurato che questo non le sarebbe mai capitato, non le fu difficile promettere la stessa cosa anche per Ellemir. Da quel momento in poi i loro destini sarebbero stati uno solo, anche se per farlo avrebbero dovuto sovvertire tutte le regole morali e sociali di Darkover e, doveva ammettere, la cosa aveva lo strano potere di renderla euforica.







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