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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 21
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 21

Discussioni

Alyssa era ormai arrivata davanti alla sala da cui si poteva accedere al piccolo giardino interno quando si rese conto di non essersi neppure preoccupata di spiegare a Taksya come fare per raggiungerla. Era la prima volta che l'Amazzone lasciava la camera in cui era stata confinata per più di due settimane e non conosceva ancora il castello, di sicuro si sarebbe persa nel labirinto formato dai corridoi. Taksya non meritava di trascorrere il resto della sua prima giornata in libera uscita vagando per gli infidi corridoi della parte vecchia di Castel Aldaran.
Stava per tornare verso la Torre quando l'Amazzone entrò fischiettando nella sala, fermandosi davanti alla grande vetrata, sbirciando attraverso i pesanti tendaggi la situazione del tempo ed attendendo che Alyssa aprisse la porta-finestra in modo da poter uscire all'aperto.
«Me lo ricordavo più grande,» mormorò a bassa voce, senza sorprendersi troppo dei propri ricordi, «però non è cambiato molto.»
Alyssa si voltò verso di lei, invitandola a seguirla. «Dicevi?» chiese incuriosita.
Taksya scosse la testa. «Nulla,» rispose in tono evasivo, «stavo pensando a come doveva essere in passato questo posto.» Si ricordava del commento fatto dall'altra quando le aveva rivelato di ricordare l'appartamento in cui lei ed Ellemir erano state sistemate. Non voleva nuovamente sentirsi dire che era solo il frutto della sua immaginazione.
Il giardino era un piccolo fazzoletto di verde incastonato tra le vecchie mura del castello. Sull'erba erano sparse delle panche di pietra, poste al riparo di alberi e cespugli, era incredibile la quantità di piante che erano riusciti a piantare in quello spazio così esiguo. Non vi erano aperture verso l'esterno, il solo modo per accedervi era attraverso la vetrata di quello che doveva essere stato una specie di salotto. Un utilizzo così massiccio di vetro, materiale difficile da realizzare a basso costo, e di stoffe preziose per gli arazzi che ricoprivano le pareti dava l'idea di una donna abituata agli agi ed alla vita di una regina. Probabilmente sia il giardino che il salotto e le stanze adiacenti erano stati un tempo proprietà privata di qualche antica Domna degli Aldaran.
Le due donne rimasero al riparo sotto il porticato che correva lungo il perimetro del cortile, osservando la pioggia che continuava a cadere copiosa e, apparentemente, per nulla intenzionata a fermarsi. I lampi continuavano ad illuminare la scena, anche se con meno frequenza rispetto a qualche ora prima.
«Sembra che la tempesta si stia allontanando,» sospirò Alyssa. «Forse avremo il tempo di riparare come si deve la stalla. Se smette di piovere potremmo tenere i cavalli all'aperto per il resto della giornata e sistemare la parte rovinata senza troppa fatica.»
«Se vi serve una mano,» si offrì Taksya.
«Non dirlo neppure per scherzo,» la bloccò subito Alyssa. «Non ti dovresti sforzare troppo, non per i primi giorni.»
«Sono due settimane che mi dite che non devo affaticarmi,» protestò Taksya, rientrando nella sala.
«Due settimane passate rinchiusa nella tua stanza,» le ricordò Alyssa. «Oggi sei uscita per la prima volta e, tanto per cominciare con qualcosa di facile, hai dovuto salvare Ellemir e Edric dalle loro follie suicide.»
«Non potevo di certo lasciare che Ellemir andasse da sola,» il suo spirito di Amazzone fremette di sdegno al pensiero di doverla abbandonare a morte certa solo perché non avrebbe dovuto sottoporsi a sforzi. «Inoltre mi sono stancata di sentirmi dire quello che posso o non posso fare, specialmente dal vostro carissimo Edric. Il fatto che non sopporti la mia presenza non gli concede il diritto di trattarmi come una stupida!»
Lo sguardo di Alyssa, fattosi improvvisamente serio, le fece capire che forse aveva esagerato nel lasciarsi andare a quello sfogo. Non era salutare parlare male di chi ti sta ospitando, specialmente se costui è anche l'Erede della casata.
«Come puoi dire che Edric non ti sopporta?» le chiese Alyssa, in tono forzatamente neutro. Erano anni che viveva fianco a fianco con lui e non aveva mai sentito nessuno lamentarsi del suo comportamento. «Ti è stato accanto per tutto il periodo del tuo Malessere, assistendo Ellemir. Non l'avrebbe fatto se la cosa andava contro i suoi sentimenti!»
Taksya si sedette su una piccola poltrona, accanto al camino spento. «Vuoi dire che non ha mai fatto cenno alle intenzioni di Ellemir per il proprio futuro? Non si è mai lamentato del fatto che lei non vuole riprendere il suo ruolo di Custode e non ha mai detto che la mia presenza al suo fianco impedirebbe ogni tentativo di farle cambiare idea,» affermò ironica. «Mi spiace, ma non posso crederci!»
Alyssa era arrossita violentemente. Alaric le aveva riferito tutto quello che aveva saputo riguardo le intenzioni di Ellemir nei confronti della loro futura Torre e, senza farne mistero, le aveva anche raccontato, con ricchezza di particolari, quello che Edric pensava della persona che riteneva responsabile del fallimento di tutti i suoi sogni.
In principio aveva pensato che il suo compagno avesse esagerato nell'esporle le ultime novità, come faceva di solito, ma ascoltando le parole dell'Amazzone si era resa conto che, per una volta, Alaric non aveva fatto altro che riferirle i fatti nudi e crudi.
«Come pensavo,» commentò tristemente Taksya, come se fosse stata in grado di leggere nella sua mente quello che aveva appena pensato. «Per cortesia,» riprese subito l'Amazzone, «adesso non dire che è impossibile, perché sei schermata e quindi non posso sentire i tuoi pensieri. Nessuno sembra voler prendere in considerazione il fatto che io ci riesco lo stesso.»
Alyssa sospirò, si sedette accanto a Taksya e cercò di riordinare la propria mente. «Ricominciamo da capo,» le disse, cercando di sorridere. «Io so solo quello che Alaric mi ha raccontato e lui tende a ricamare molto sulle cose che riferisce.»
Taksya cercò di essere il più breve e concisa possibile, omettendo dal suo racconto quello che Ellemir era davvero intenzionata ad ottenere per il proprio futuro. Non voleva rischiare più del necessario, raccontando tutto quello che era accaduto in quei pochi giorni senza avere la certezza di potersi fidare completamente di chi la stava ascoltando.
Per tutta la durata del racconto Alyssa continuò ad annuire silenziosamente. Adesso tutto aveva più senso. Non riusciva a capire cosa Ellemir poteva sperare di trovare, rinunciando ai privilegi dovuti al ruolo di Custode, ma lei era l'ultima persona che poteva criticarla. Del resto sia lei che sua sorella avevano abbandonato tutto quello che la famiglia poteva offrire loro, nel suo caso per ricoprire un ruolo che, agli occhi di molti, valeva solo un frammento di più di quello di una qualsiasi barragana.
Alyssa non era in grado di dire quale fosse la situazione migliore. Se quella di Ellemir, troppo vecchia anche per sperare di farsi una famiglia, o la propria, dove poteva solo sperare che i suoi figli fossero inseriti tra i futuri eredi del clan Aldaran.
«Credo che tu sia in grado di capire le sue scelte meglio di chiunque altro,» disse alla fine. «Suppongo anche che qualsiasi tentativo di farle cambiare idea non farà altro che sortire l'effetto opposto.» Taksya annuì, senza parlare. «Non saremo né io né Alaric a mettervi i bastoni tra le ruote. Da come me ne parlava, credo che lui abbia già dato per scontato la perdita di Ellemir come nostra Custode. Può non capirne del tutto i motivi, ma è troppo corretto per pretendere che lei faccia quello che altri credono sia giusto per lei, specialmente se lei non è d'accordo.»
Taksya si alzò, sentendosi per un attimo instabile sulle gambe. «Credo che tornerò in camera,» disse congedandosi. «Spero che gli altri non stiano troppo lassù,» indicò il soffitto con un dito, alludendo chiaramente alla Torre. «Ellemir deve spiegarmi alcune delle cose che sono accadute. Credo che mi sfugga ancora qualcosa di quello che Edric ritiene impossibile che io faccia.»
«Ti accompagno,» disse Alyssa, facendo per alzarsi.
«Non importa,» la bloccò Taksya, desiderosa di starsene un po' in compagnia di se stessa, «conosco la strada.»
Non diede tempo alla donna di decidere di seguirla comunque e, in pochi minuti, si ritrovò davanti alla porta della propria camera. Se Alyssa l'avesse accompagnata avrebbe notato con stupore che Taksya aveva preso una sorta di scorciatoia, seguendo un dedalo di corridoi dimenticati che le aveva permesso di evitare almeno metà del percorso che lei stessa avrebbe seguito.
Una volta al sicuro dentro il suo piccolo regno, Taksya si convinse di essere stata troppo maleducata piantando in asso Alyssa in quella maniera. Ma aveva cominciato a sentirsi stanca ed aveva voglia di riposare un po', in pace. Per quanto Alyssa potesse restare in silenzio, la sua mente era sempre in caotico movimento e Taksya si era sentita più di una volta travolta dalla vitalità dell'altra.
"Ma," pensò ironicamente, distendendosi sul letto in cerca di un po' di riposo, "tutto questo è impossibile se sono schermati."
La stanchezza accumulata durante il breve, ma intenso, sopralluogo nel sopramondo le crollo addosso senza preavviso e, dopo pochi istanti, era già profondamente addormentata.

***

Quando Ellemir rientrò dalla Torre, dopo quasi due ore passate a discutere con Edric riguardo la natura della trappola e l'identità sconosciuta del loro assalitore, durante le quali nessuno dei due aveva prestato la benché minima attenzione ad Alaric, che aveva tentato con ogni mezzo di convincerli dell'inutilità dei loro discorsi e dell'importanza delle parole di Taksya, trovò la donna ancora completamente vestita ma profondamente addormentata sul suo letto.
Tentò inutilmente di svegliarla, ricavando solo qualche protesta intelleggibile da parte della sua compagna. Alla fine, vedendo l'inutilità dei propri sforzi, Ellemir rintracciò una delle cameriere messe a loro disposizione e le comunicò che anche per quella sera avrebbero consumato la cena nel loro appartamento. La cosa non avrebbe fatto piacere a Edric, ma lei sentiva più che mai il bisogno di stare lontana da lui almeno per il resto di quella giornata.
Cenare con il resto della famiglia voleva dire vederla costretta a rientrare nei suoi vecchi abiti, per mantenere il patto fatto con lui. Sinceramente, Ellemir non se la sentiva di affrontare la contentezza con cui tutti avrebbero appreso la notizia della sua ritrovata libertà, non dopo quello che era accaduto. L'indomani, forse, sarebbe riuscita ad affrontare le richieste di Edric riguardo la Torre e, sicuramente, si sarebbe messa alla ricerca della persona più adatta a sostituirla nel ruolo di Custode della Torre di Edric Aldaran.
L'indomani, Ellemir Alton avrebbe fatto il suo ingresso ufficiale tra gli abitanti di Castel Aldaran, conoscendo finalmente di persona Dom Kevin e regolarizzando una volta per tutte la presenza di Taksya n'ha Roslyn al suo fianco. Se qualcuno si fosse mostrato contrario alla sua entrata tra i membri del ristretto numero di telepati che Edric avrebbe raccolto attorno a sé per formare il suo Cerchio, allora lei avrebbe formalmente ringraziato Dom Kevin dell'ospitalità, avrebbe tolto il disturbo e cominciato a cercare con Taksya un altro posto dove vivere in pace.
«E dove vorresti andare?» la voce di Taksya la colse di sorpresa, facendola sobbalzare. «Chi altro potrebbe accettare un'ex Custode fuggiasca, oltre tutto con un'Amazzone al seguito, se non quei pazzi degli Aldaran.»
Ellemir rimase appoggiata alla porta di comunicazione tra le loro camere, fissando l'Amazzone sorridendo. Taksya si era sollevata a sedere, con i gomiti poggiati sulle gambe incrociate ed il viso posato sulle mani unite. Non si pose il problema di come fosse riuscita a percepire i suoi pensieri, avrebbero trovato con calma una spiegazione, rimase invece ad osservare in silenzio il sole, spuntato timidamente tra le nubi solo poche ore prima di scomparire nuovamente dietro le montagne, risplendere tra i capelli di Taksya, accentuandone il caldo colore ramato.
«Cosa proponi?» chiese allora Ellemir, avvicinandosi al letto.
«La Casa di Caer Donn è una delle più antiche come fondazione,» disse in tono propagandistico Taksya. «Alcune sostengono che sia stata fondata subito dopo quella di Thendara, la prima in assoluto.»
Ellemir scosse la testa. «Mi pare di aver già esposto i miei dubbi a riguardo. Non credo sia la vita adatta per me.»
«Non ne sarei così sicura se fossi in te.»
Ellemir la fissò perplessa, sorpresa di trovare sul viso di Taksya un'espressione tranquilla e quasi amorevole, in netto contrasto con il tono serio e professionale della voce. L'improvvisa necessità di stringerla a sé quasi la travolse. Cercando di fare forza a se stessa, Ellemir cominciò a lisciare la coperta di pelliccia che era stata scompostamente buttata in fondo al letto.
«Non sarei in grado di vivere come voi,» disse alla fine, evitando di guardare Taksya negli occhi.
«Cosa credi di stare facendo, anche adesso,» le rispose lei, prendendole una mano per costringerla a guardarla. «Dal momento in cui hai deciso di fare come volevi tu, e non come era stato scritto da altri, hai acquistato il diritto di scegliere per il tuo futuro. Stai lottando per mantenere una promessa che hai fatto a te stessa, a nessuna Rinunciataria verrebbe chiesto altro per mantenere il Giuramento.»
Ellemir scosse la testa, negativamente. «Solo perché ci sei tu,» mormorò.
«Non è vero!» Taksya la costrinse nuovamente a fissarla negli occhi. «Non lo fai per me!»
Ellemir si ritrasse, come se l'avessero schiaffeggiata. «Come puoi dirlo. Pensi ancora che io stia scherzando, non credi a quello che ti ho mostrato?»
Taksya cercò di tirarla vicino a sé, ma dovette rinunciare tanta era la forza opposta da Ellemir. «Se io non ci fossi, se mi vedessi costretta ad andarmene, tu cederesti al volere di Edric Aldaran? Ti faresti nuovamente rinchiudere in una Torre? Oppure prenderesti la tua vita e decideresti da sola cosa fare con essa?»
«Non te ne puoi andare,» mormorò Ellemir con un filo di voce, travolta al solo pensiero di restare di nuovo sola.
«No!» fu la secca risposta dell'Amazzone. «Dovrebbero uccidermi, e non lo dico solo perché ho giurato di restare al tuo fianco per proteggerti, non riuscirei più ad abbandonarti.» Finalmente Taksya riuscì a trascinare accanto al suo il sottile corpo di Ellemir. Sotto le sue mani poteva sentirlo vibrare, scosso da violenti brividi. «Ma devi decidere per te stessa, non per avere me accanto. Finché vedranno in me la causa delle tue decisioni, non ti daranno pace.»
«Edric non cederà mai,» la voce di Ellemir si era fatta più ferma, ma il suo corpo continuava a tremare, nonostante Taksya la tenesse fermamente stretta al suo fianco. «Non importa quello che io dirò, non abbandonerà mai il suo sogno. Non credo che esista nulla al mondo che riuscirebbe a fargli cambiare idea. È troppo importante per lui, i desideri degli altri sono nulla in confronto.»
Il pensiero di Taksya corse direttamente alla madre. Anche lei avrebbe voluto passare la sua vita in una Torre, non desiderava marito o figli, solo la possibilità di servire il potere delle matrici con il proprio potere. Ma aveva fallito, era stata allontanata dalle Torri che tanto desiderava perché il suo corpo non reagiva come avrebbe dovuto e, ironia della sorte, solo dopo averla concepita aveva scoperto che tutte le sue funzioni si erano finalmente stabilizzate.
Solo allora, incatenata come un animale in un serraglio sperduto nelle Terre Aride, con a carico una figlia che, probabilmente, non sarebbe mai stata riconosciuta dal resto dei comyn come una di loro, aveva capito che tutto quello che le Torri le avevano promesso per anni le era da sempre stato a portata di mano. Solo i ferrei pregiudizi che ancora regolavano il sistema le avevano impedito tutto il successo che aveva sentito di meritarsi e l'avevano scaraventata all'inferno.
Allora era impazzita. Non poteva ammettere di aver fallito a causa del sistema che aveva da sempre adorato, quindi aveva riscritto la storia dal proprio punto di vista, riempendole la testa di falsità e riuscendo solo in parte nel suo intento di plagiarla. Se non fosse morta avrebbe ucciso persino la propria figlia, pur di ottenere il paradiso che le era stato negato.
«Non è diverso per Edric,» disse Taksya, sapendo che Ellemir aveva seguito ogni particolare dei suoi ricordi. «Ha snaturalizzato il suo sogno, vede solo quello che vuole ottenere, non gli importa se altri non lo condividono o se, nel corso del tempo, quello che lui desiderava è mutato o fuggito oltre la sua portata. Fino a quando non riuscirà a rivedere se stesso oltre l'immagine che si è costruito attorno, non riuscirà a vedere neppure gli altri.»
Ellemir aveva seguito a stento il discorso di Taksya. Era rimasta colpita dai ricordi che l'Amazzone aveva evocato della madre e, come la prima volta che l'aveva sentita parlare del suo passato, la sensazione che lei avrebbe dovuto ricordare quella storia continuava ad echeggiare nella sua mente.
«Non capisco dove vuoi arrivare,» disse senza sbilanciarsi.
«Dagli quello che vuole, almeno in apparenza. Quando troverà qualcosa che comincerà a far vacillare le sue certezze e tutto il mondo che si è costruito attorno gli impedirà di realizzare i suoi nuovi desideri, allora capirà quello che tu hai cercato inutilmente di fargli capire.»
«Potrebbero passare anni,» sospirò Ellemir, abbandonandosi completamente all'abbraccio di Taksya.
«Non è detto,» le parole della donna suonarono come una minaccia alle sue orecchie. «Le cose, a volte, sembrano cambiare molto più in fretta del previsto.»
L'idea di Edric vittima degli stessi tormenti d'animo che in quei pochi giorni aveva inflitto a lei fece sorridere Ellemir. Non credeva la cosa possibile ma il pensarci la rendeva più propensa ad affrontare con serenità il prossimo futuro.
«Un mese fa non avresti creduto possibile neppure questo,» mormorò Taksya, sfiorando con estrema delicatezza le sue mani. Ellemir annuì silenziosamente, non riuscendo a reprimere un brivido quando la mano di Taksya scese lungo il suo fianco, fermandosi sulle sue ginocchia.
«Non volevo,» disse immediatamente Taksya, spaventata dalla reazione istintiva di Ellemir. «Scusami.»
Ellemir posò una mano su quella di Taksya, tenendola stretta sul suo fianco. «Non è come pensi,» disse piano, lasciando che la sua testa prendesse posto nell'incavo formato dalla spalla della donna. «Non so neppure io cosa voglio,» mormorò.
Rimasero così, strettamente abbracciate ed in silenzio, fino all'arrivo della domestica con la loro cena.

***

Mentre la cameriera di Ellemir stava comunicando alla famiglia, riunita in attesa della cena nel solito salottino, che le loro ospiti non sarebbero uscite dai loro appartamenti anche Alaric si ritrovò a desiderare di poter pranzare, almeno per una volta, da solo con la sua compagna.
Era un privilegio che solo Darren e Dorilys sembravano avere, potendo ritirarsi quando volevano nella solitudine dei loro possedimenti delle Terre Alte. Lui ed Alyssa erano praticamente costretti a partecipare a tutti i pranzi, cene e colazioni di Castel Aldaran. Potevano solo sperare in una qualche indisposizione di Dom Kevin, cosa improbabile quasi quanto un invito a partecipare al Consiglio dei Comyn a Thendara.
Come era prevedibile, nonostante tutti i tentativi di Edric di cambiare più volte discorso, l'argomento principale della serata fu il mirabolante salvataggio di Ellemir e Edric dalla trappola nel sopramondo. La descrizione dei fatti, eseguita con dovizia di particolari da Alaric, aveva soddisfatto la curiosità di tutti i presenti e la notizia della mancata presenza di Ellemir per la cena non stupì nessuno.
«Posso capirla,» commentò Dorilys, «dopo quello che deve aver passato in queste ultime settimane avrà sicuramente bisogno di una buona notte di sonno.»
«Probabilmente non le basterebbe una giornata,» ribatté sottovoce Alyssa, rivolta al compagno. «Anche Taksya deve essere piuttosto affaticata,» aggiunse poi a voce più alta. «Come prima esperienza nel sopramondo la sua non è stata di certo tra le più rilassanti!»
Il sentir nominare l'Amazzone provocò una reazione di stizza in Edric, Alyssa lo guardò con stupore alzarsi dalla sua poltrona e cominciare a camminare nervosamente davanti al camino. Non lo aveva mai visto comportarsi così, "forse Taksya ha veramente ragione," pensò per un istante, prima di andare a controllare se la cena fosse pronta per essere servita. Anche Alaric rimase colpito dal comportamento del gemello e si ripromise di parlare con lui a quattr'occhi, quella sera stessa se fosse stato possibile.
Si avvicinò a lui ed attese che tutti fossero usciti dalla stanza. «Dobbiamo parlare,» gli disse, trattenendolo per un attimo nel salottino, al riparo da orecchie indiscrete.
«Abbiamo già discusso abbastanza questo pomeriggio,» il tono del gemello non ammetteva repliche.
«Piantala di fare lo stupido,» riprese Alaric, ma non fece in tempo a concludere la sua ramanzina che Edric si era già allontanato.

***

La cena si concluse rapidamente e, mancando la vecchia leronis, impegnata nella preparazione di chissà quale mistura per uno dei cavalli di Lyanella rimasto ferito durante la grandinata del mattino, non fu costretto a raccontare i fatti da lui vissuti in prima persona.
Un conto era convincere il cugino e agli altri di famiglia che lui aveva perso i sensi immediatamente dopo Ellemir e che quindi poteva dire ben poco riguardo la prodigiosa apparizione di Taksya, ma far credere la stessa cosa alla leronis era tutto un altro paio di maniche.
Alaric si era trattenuto dallo smentire il fratello, capitava sempre più di frequente che entrambi tentassero di coinvolgere il meno possibile Dorilys nei loro affari privati. Entrambi i gemelli sentivano quasi fisicamente il bisogno della cognata di intromettersi in tutti gli affari di famiglia, una sensazione che andava aumentando col passare dei mesi, divenendo sempre più sgradevole.
Solo Alyssa rimase dubbiosa davanti al comportamento del cognato. La chiacchierata del pomeriggio l'aveva resa ipersensibile nei confronti degli atteggiamenti di Edric e ogni sua mossa veniva esaminata e catalogata. Sfortunatamente tutto quello che lui faceva, specialmente quando era Taksya il soggetto principale della conversazione, non faceva altro che confermare il giudizio dato su di lui dall'Amazzone.
L'atmosfera si rilassò lievemente quando Darren e consorte lasciarono il resto del gruppo per coricarsi e, subito dopo, quando Edric cominciò a raccontare della sua visita allo spazioporto.
«Inoltre,» disse alla fine, «i Lorne hanno qualcosa da comunicarci. Hanno detto che lo faranno durante la Festa, vogliono che tutti sappiano la notizia.»
Dom Kevin alzò gli occhi al cielo. «Un'altra sorpresa che grava sulle nostre povere spalle!» Si voltò a fissare il figlio con occhi imperscrutabili, «spero che non ci siano altre novità in agguato per quella sera. Sarà già abbastanza dura tenere a freno i nostri ospiti, senza contare la tua Custode e le premure che le Rinunciatarie, che quell'incosciente di tuo fratello ha invitato, riserveranno per la nostra Amazzone!»
«Padre!» esclamò quasi inorridito Alaric. «Vorresti ripudiare il nostro accordo!»
Dom Kevin si voltò a guardare il figlio, cercando di nascondere un sorriso compiaciuto, era deliziato dallo scoprire che almeno uno dei suoi figli riusciva a ricordarsi come comportarsi nei confronti dei contratti ufficiali stipulati. Peccato che non fosse il suo Erede a farlo.
«Lo so!» esclamò Edric, prima che qualcuno pensasse di chiederglielo. «Se non vengono loro l'equilibrio che abbiamo raggiunto con i nostri vicini potrebbe cominciare a vacillare.» Dom Kevin annuì silenziosamente, forse avrebbe dovuto ricredersi anche riguardo le capacità del suo Erede. «Potrebbe anche darsi che Madre Rowena decida di portarsi dietro la nostra Amazzone,» aggiunse poi con indifferenza.
«Lo credo poco probabile,» commentò Dom Kevin, prima di salutare i figli per andare a rinchiudersi nei suoi appartamenti privati. Doveva controllare la matrice e decidere se l'indomani avrebbe parlato di lei con la Custode.

***

Alaric attese con pazienza che il padre si fosse allontanato e che la quiete tornasse nei corridoi vicini alla stanza in cui si trovavano poi, cercando sostegno nello sguardo della sua compagna, decise di affrontare una volta per tutte il gemello.
«Adesso devi spiegarci perché ti stai comportando in questa maniera!» non era una richiesta.
«Sembra un ordine,» cercò di scherzare Edric, cercando di evitare la discussione.
«Se vuoi, puoi anche intenderlo così!»
«Cosa dovrei fare?» Edric si alzò, dirigendosi verso la finestra chiusa da pesanti tendaggi. «Raccontare a tutti che la donna che stiamo ospitando, a rischio della nostra stessa incolumità, non è per nulla intenzionata a diventare la Custode della nostra Torre?»
Alyssa si sistemò meglio sulla poltrona, cercando di trovare le parole più adatte ad esporre il proprio punto di vista, ma il cognato la bloccò ancor prima che potesse aprir bocca.
«Posso immaginare quello che ti avrà raccontato Taksya oggi pomeriggio,» si voltò verso di lei, fulminandola con uno sguardo di gelido rancore. «Non posso negare di trovare la sua presenza intollerabile. Se lei non fosse sopravvissuta all'agguato, adesso Ellemir non si sarebbe convinta di voler rinunciare al suo lavoro con le matrici. È solo la sua presenza che ci impedisce di portare avanti il nostro progetto!»
«Dimentichi un piccolo particolare,» disse Alaric, un lieve sorriso increspava le sue labbra ma né il gemello né Alyssa riuscivano a capire cosa avesse in mente. «Se Taksya fosse morta anche Ellemir non sarebbe riuscita a sopravvivere.»
«Questo nessuno lo può dire,» ribatté Edric.
«Posso anche darti ragione, ma…»
Edric lo interruppe bruscamente. «Non esistono ma, Ellemir non avrebbe rifiutato di diventare Custode se non ci fosse stata quella donna di mezzo. La conosco bene, non avrebbe esitato a seguirmi in questa impresa. E non venirmi a dire che lo fa solo perché è stata dispensata dal Giuramento, sappiamo benissimo tutti e due che la cosa non l'avrebbe per nulla preoccupata.»
«Mi avete stancata,» Alyssa si alzò di scatto, sistemandosi poi con cura le pieghe dell'abito. «Sarà bene per tutti, e non solo per voi due, che troviate un accordo. Che Ellemir sia o meno la Custode della nostra Torre ha un'importanza relativa, non se continuerete a discutere come state facendo ora. Non riusciremo mai a fare nulla di buono!»
I gemelli guardarono costernati la donna uscire dalla stanza lasciando sbattere dietro di sé la pesante porta di legno. Seguì un lungo periodo di silenzio, durante il quale continuarono a studiarsi come due duellanti, ma nessuno dei due sembrava voler lanciare il primo assalto.
«Sei geloso,» disse alla fine Alaric, continuando a sorridere in maniera irritante.
«Non dire assurdità!»
«Hai sempre avuto l'attenzione di Ellemir su di te, anche dopo che sei stato costretto ad abbandonare Tramontana. Avete sempre condiviso gli stessi interessi e adesso speravi di coinvolgerla nei tuoi progetti senza che lei potesse dire nulla.»
«Sarebbe stato così, se non si fosse messa in mezzo quella donna.»
«La sola colpa di Taksya è di aver incentrato su di sé tutte le attenzioni di Ellemir. Stai tranquillo, non comincerò a dire che è stato grazie a lei che Ellemir ha potuto vedere oltre la vita che era stata scritta per lei, sarebbe bassa propaganda, anche se è la verità.»
«Lei non ha mai dovuto desiderare altro,» ribatté fieramente Edric, certo della verità delle sue parole.
«Neanche adesso che può farlo?»
«Cosa può sperare di trovare accanto a lei? Qualcosa di più che essere a capo di una Torre?»
Alaric sorrise tristemente, non per Ellemir ma per suo fratello. Aveva capito solo quella mattina quanto profondo fosse il legame tra le due donne e sapeva che Edric non avrebbe mai compreso la cosa.
«Non credo che tu possa capire,» gli disse dolcemente. «In fondo, spero che tu non sia costretto a farlo a tue spese,» concluse alzandosi.
Edric tornò a sedersi, osservando il fratello mentre usciva. «Perché non sarei in grado di capire?» gli chiese, un istante prima che la porta si chiudesse alle sue spalle, ma la sola risposta che ottenne dal gemello fu l'eco dell'immagine di Alyssa.







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© Simona Degli Esposti