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[J.K. Rowling's Harry Potter] [L'ultimo Horcrux] [capitolo 1] [capitolo 3] [salva]

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Titolo: L'ultimo Horcrux
Capitolo 2/5: Il primo giorno
Autore: sssilvia
Serie: J.K. Rowling's Harry Potter
Status: concluso
Disclaimer: Tutti i personaggi appartengono a JK Rowling, anche quelli che ho inventato io, se li vuole!
Warning: Può contenere SPOILER per HARRY POTTER AND THE HALF-BLOOD PRINCE.
Note: vai al primo capitolo...
Archivio: SLC, Fanfiction.net
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L'ultimo Horcrux

sssilvia



capitolo 2

Il primo giorno

Tom junior aveva dormito pochissimo tutta la notte. La sera prima nessuno gli aveva parlato, e lui aveva fatto lo stesso.
Sua mamma gli aveva spiegato che papà non stava simpatico a molte persone, per via di un certo numero di piccoli eccidi che aveva compiuto in gioventù.
«L'hanno messo dentro?» aveva chiesto Tom, all'epoca, stupito.
«No. Il Ministero della Magia preferisce far finta di niente.»
A Tom il discorso non era molto chiaro, ma sul momento non aveva chiesto altro. Più tardi sua sorella gli aveva spiegato che aveva qualcosa a che fare con: «Non titillare il drago che dorme.» Sembrava che al Ministero della Magia non trovassero molto rassicurante l'idea di incontrare papà. Se lui non faceva niente non avrebbero fatto niente neanche loro.
La mamma gli aveva anche detto che forse i primi tempi a scuola qualcuno non sarebbe stato gentile con lui e sua sorella. Che forse li avrebbero presi in giro per gli occhi rossi o che non avrebbero voluto parlargli. Ma non aveva importanza, perché presto tutti avrebbero capito quanto carini, gentili e intelligenti erano.
E avrebbero avuto molti amici.
E nessuno li avrebbe maltrattati.
Suo papà, invece, gli aveva detto: «Se qualcuno ti da' fastidio sparagli una fattura urticante. Se non funziona mandami un gufo e ci penso io.»
Così, quella mattina, Tom scese dal letto e si tirò indietro i capelli corvini, preparandosi mentalmente per andare a far colazione.
Nella sua camera c'erano Jimmy, Fleming e un altro ragazzino di nome Neil Thomas. Questo non appena lo vide cacciò un urlo e richiuse di scatto le tende del suo baldacchino.
«Hey, che diavolo succede?» disse la voce secca di Jimmy.
«L-l-lui...» piagnucolò una vocetta da dietro le tende, «...m-mi ha guardato male...»
«Non ti ho guardato male,» provò a difendersi Tom.
Jimmy gli lanciò un'occhiataccia.
«Non ho fatto niente,» protestò Tom.
«Hai lo sguardo malvagio,» replicò Jimmy, tutto serio. «E un'anima malvagia.»
Tom allargò gli occhi, completamente smarrito, ma Jimmy stava già uscendo dalla stanza. Tom richiuse le tende e iniziò a frignare.

***

Priscilla aprì gli occhi e scostò le tende, guardandosi intorno con aria determinata. Athena si stava svegliando in quel momento. Le loro due compagne di stanza, Rosaline Brown e Mary Patil, erano già impegnate a pettinarsi con cura i capelli.
«Stamattina abbiamo due ore di Incantesimi con i Serpeverde, poi la prima lezione di volo. Oggi pomeriggio Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure,» informò tutti Athena.
«Calmati, Athena, è solo il primo giorno!» rise Rosaline, continuando a pettinarsi. Aveva lunghi capelli biondi e lisci. Athena, dal canto proprio era rossa e ricciola, e non sembrava che un pettine avrebbe potuto fare qualche differenza per lei.
«Proprio perché è il primo giorno dobbiamo iniziare subito col piede giusto,» replicò la ragazza, severa.
Priscilla stese sul letto i suoi vestiti e si vestì con metodo, senza intervenire.
«Scommetto che tu conosci Piton,» le rivolse la parola, però Athene.
Priscilla si strinse nelle spalle. «Lui e papà sono una specie di amici,» si tenne sul vago.
«Ma sei davvero la figlia di Tu-sai-chi?» chiese Mary Patil, che si stava infilando una decina di braccialetti in un polso.
Priscilla le rivolse uno sguardo freddo. «Secondo te ho solo gli occhi un po' arrossati?»
Mary fece un salto indietro.
Priscilla sorrise. Così andava bene. Fece un gesto ad Athena. «Andiamo a mettere qualcosa sotto i denti.»

***

«Lucius è davvero scomparso,» riferì Lord Voldemort a Lene.
«Sarà andato in vacanza,» rispose lei, continuando a strigliare uno dei suoi due cavalli. A Voldemort quelle bestie non piacevano un granché. Innanzitutto puzzavano di cavallo (essendo, in effetti, cavalli), e poi cercavano sempre di calciarlo sul sedere.
Così fu tenendosi a rispettosa distanza che rispose: «Credi che non abbia controllato? E' scomparso, ti dico. E anche suo figlio.»
Lene si strinse nelle spalle. «E allora?»
«E se stesse architettando qualcosa? Lucius è malvagio, se te ne fossi dimenticata.»
Lei ridacchiò: «Non pensavo che ti interessasse.»
«Oh, non è questo...» borbottò Voldemort, infastidito.
Lene rise più forte. «Ah, certo! Lo so! Sei offeso perché non ti ha chiesto di partecipare!»
Voldemort, di pessimo umore, uscì dalla stalla, facendo ben attenzione di passare molto lontano dalle zampe posteriori dei cavalli.

***

Tom si trascinò mogiamente fino al tavolo della colazione. Per fortuna uno dei vantaggi di avere gli occhi rossi era che non si notava mai se avevi pianto.
Sua sorella era già là, immersa in una fitta conversazione scolastica con Athena Waesley. A quanto pareva stavano discutendo di incantesimi a livello GUFO, e con un certo calore. Si sedette accanto a lei.
«Oh, a me quello viene da decenni,» stava spiegando Athena.
«E' piuttosto facile, però... non come gli incantesimi di appello...»
«L'unica volta che ci ho provato l'oggetto che stavo chiamando mi si è spiaccicato in faccia,» si intromise Tom, con voce flebile.
«Toh, guarda: mio fratello. Come mai non sei da qualche parte a piagnucolare?»
«Hey, io non...»
«Non importa. Passami un po' di tè, per favore.»
Tom, remissivo, le passò la teiera. Poi la prese per una manica e le sussurrò: «Jimmy stamattina ha detto che ho lo sguardo malvagio e l'anima malvagia.»
«Jimmy Potter è un deficiente,» dichiarò Athena. «Io lo so bene: è mio cugino. Non si fida mai di nessuno, ma una volta che lo conosci non è tanto male.»
Tom le sorrise, grato.
Priscilla, invece, stava sghignazzando. «Tu lo sguardo malvagio? Ma fammi il piacere! Se non parli nemmeno il serpentese!»
Athena sgranò gli occhi. «Tu parli...»
«Naturalmente,» disse Priscilla, con orgoglio.
«Anche il papà di Jimmy,» disse l'altra. «Lui, però, no.»
Priscilla si strinse nelle spalle. «Neanche mio fratello. Mamma dice che ha preso da lei. Capisce quello che dicono i cavalli.»
«Si dice essere equofoni!» protestò Tom.
«Sì, ma tanto i cavalli non ti rispondono!»
«Solo perché non gli va!»
«Alla mamma danno retta!»
«Ma a te no!»
«Io non parlo la loro lingua. E neanche papà.»
Tom, per la prima volta, rise. Dopo un secondo rise anche Priscilla, anche se sempre con un certo cipiglio.
«Perché ridete?» chiese Athena.
Loro risero di più. Alla fine Priscilla disse: «Jenny-Sbuffa cerca sempre di calciarlo nel sedere.»
«Ci riesce quasi sempre,» confermò Tom.

***

Harry Potter si aggirava frustrato per il suo soggiorno. Non gli piaceva che Lucius Malfoy fosse sfuggito alla sua sorveglianza. Erano più di undici anni che cercava di sorvegliare tutti gli ex-mangiamorte che erano ancora in circolazione. Alcuni erano scappati, altri erano riusciti a cavarsela, e altri avevano semplicemente cambiato paese (Tiger, per quel che ne sapeva viveva felicemente sull'Himalaya, insieme ad uno yeti), ma Harry aveva tenuto un occhio su di loro.
Non era stato difficile con il suo lavoro di Auror.
Malfoy era uno di quelli che aveva sostenuto con successo di essere stato sotto alla maledizione Imperius, sottolineando le sue parole donando sacchi di galeoni per questo o quel progetto ministeriale.
Era stato creduto.
Harry era stato l'unico a suggerire che si chiedesse una testimonianza a Voldemort in persona, ma al Ministero preferiva continuare a far finta che non esistesse.
"E in ogni caso," avevano aggiunto, "perché mai dovrebbe dirci la verità?" Alla qual cosa Harry non aveva saputo obbiettare.
Malgrado questo, però, aveva la sensazione che se qualcuno gli avesse chiesto qualcosa Voldemort non avrebbe mentito, motivo per cui gli credeva quando sosteneva di non sapere dove fosse finito Malfoy.
Solo una cosa, in tutta quella faccenda, gli era chiara: se Lucius era scomparso non poteva essere per un motivo innocente.

***

La prima lezione di Incantesimi con il Professor Vitius filò abbastanza liscia. Il piccolo insegnante si limitò a spiegare in che cosa consisteva la materia e a illustrare il programma dell'anno.
La prima lezione di volo fu molto più interessante. Madama Bumb li fece disporre in fila, con le scope appoggiate a terra accanto a loro.
Jimmy sembrava particolarmente gasato, con la sua scintillante Firebolt ultimo modello. Riuscì a farla salire fino alla sua mano al primo tentativo, lasciando il resto della classe ammirato.
«Vieni qua!» strillava Priscilla, invece. La sua scopa non si muoveva di un millimetro e la giovane strega sembrava considerarlo un affronto personale.
Tom, concentratissimo, riuscì a farla sollevare al terzo tentativo. Si aprì in un sorriso radioso e cercò con gli occhi l'insegnante.
«Molto bene, Riddle,» lo gratificò lei, e Tom parve quasi sul punto di esplodere per la contentezza.
Athena, come Priscilla, non stava avendo grande successo.
«Vingardium Leviosa,» la sentì sussurrare, ma questo non migliorò molto la situazione.
Jimmy Potter, nel frattempo, stava già svolazzando a tutto spiano, mentre Madama Bumb gli gridava di scendere immediatamente.
Dopo essersi guardato attentamente intorno anche Tom decise di provarci e si sollevò lentamente da terra.
«Riddle! Scendi subito! Puoi farti male!» urlò l'insegnante.
«Non ci riesco,» rispose Tom, provando a fare qualche curva. Jimmy gli si affiancò. «Sei proprio una frana» sussurrò. Tom sorrise e si portò velocemente un dito alla bocca. «Shh, non era vero...»
Jimmy, per la prima volta, gli sorrise.
«Facciamo a chi arriva primo alla torre di Astronomia!»
Tom annuì e si sistemò meglio sulla scopa.
Jimmy partì a tutta velocità, distanziandolo quasi subito, ma Tom riuscì a raggiungerlo, anche se un po' sbilanciato. Jimmy fece un giro attorno alla torre e si fermò a mezz'aria.
«Sei proprio bravo, per essere la prima volta,» disse Tom, sinceramente.
Jimmy rise: «Ma quale prima volta! Mio padre mi ha insegnato appena nato o giù di lì!»
«Davvero? Io non avevo mai visto una scopa in vita mia.»
«Com'è possibile?»
Tom si strinse nelle spalle (e quasi cadde di sotto): «Mamma e papà non volano in scopa. Anzi, non volano proprio per niente. Si materializzano di qua e di là. Oh, e poi la mamma ha un paio di Thesral.»
«Sono cavalli volanti, vero? Senza peli, neri, e con le ali di pipistrello?»
Tom si strinse di nuovo nelle spalle. «Così dicono. Io non riesco a vederli. Sono trasparenti.»
«Papà dice che tirano le carrozze di Hogwarts.»
«Mamma dice che è meglio se non li vedo, perché sono bruttini.»
«Papà dice che è meglio se non li vedi, perché li possono vedere solo quelli che hanno visto la morte.»
Tom arricciò il naso. «Davvero?»
«Così dice lui.»
Tom meditò brevemente sull'informazione. Poi scosse la testa e disse: «Se non scendiamo Madama Bumb ci fa le chiappe a strisce.»

***

Il sotterraneo di Piton era illuminato fiocamente da torce, quando Grifondoro e Serpeverde entrarono per la prima lezione del pomeriggio.
«Questo professore dev'essere un allegrone, eh?» mormorò qualcuno.
Tom, Priscilla, Jimmy, Athena e Fleming piazzarono i propri calderoni davanti a sé e si guardarono furtivamente intorno.
Piton entrò spalancando la porta con gesto plateale, e attaccò con un discorso sull'importanza delle pozioni con voce stentorea.
«E adesso,» disse, quando il pistolotto fu terminato. «Iniziamo con qualcosa di semplice. Le istruzioni sono sulla lavagna.» Con un colpo di bacchetta le fece apparire.
Priscilla aggrottò la fronte e si mise immediatamente al lavoro.
Gli altri la seguirono molto più impacciati.
Piton girava tra i banchi come un grosso falco in procinto di beccare qualcuno.
«Che cos'è questa puzza?» disse, facendo una smorfia, quando fu accanto al calderone di Fleming. «Come ti chiami?»
Il ragazzo lo guardò con espressione terrorizzata. «F-Fleming Paciock, signore.»
Piton sospirò teatralmente.
«Il figlio di Neville Paciock, conosciuto anche come il peggior nozionista del secolo. A quanto pare hai ereditato la sua completa inettitudine. Questa roba è da buttare.»
E detto questo roteò la bacchetta sopra al suo calderone e fece evanescere l'intero contenuto.
«E che cosa abbiamo qui? Puoi aver dimenticato la pervincula?» chiese, quando fu affianco a Jimmy, strafottente.
Jimmy guardò la lavagna e poi il proprio calderone. «Hem...» disse.
«Il tuo nome?»
«Jimmy Potter, signore.»
Piton alzò gli occhi al cielo. «Fantastico. Tuo padre era il secondo peggior nozionista di ogni tempo, quindi i tuoi risultati non mi stupiscono. Deve trattarsi di sciatteria ereditaria. Penso che questo ti frutterà un bel T.»
«Hem... non posso aggiungere la pervincula ora?» si azzardò Jimmy.
Piton lo guardò come se avesse appena fatto un commento offensivo su sua madre.
«No, Potter. Il meglio che tu possa fare è stare lontano da quel calderone!»
Detto questo, si voltò ostentatamente da un'altra parte e occhieggiò il calderone di Tom.
«Troppa bubbolinfa... Riddle,» aggiunse, sollevando gli occhi su di lui.
Scivolò via, diretto al banco di Athena.
«Questo è appena passabile,» disse, evidentemente seccato di non trovare niente da criticare.
Guardò dentro al calderone di Priscilla.
«Oh, questo sembra correttamente eseguito. Ha un colore un po' troppo verde, a dire il vero...»
«E' perché ho aggiunto una goccia di sangue di drago, signore,» spiegò lei.
Piton la fissò con serietà.
«E come mai non ha seguito le istruzioni che c'erano sulla lavagna, signorina Riddle?»
Priscilla tentennò. «Hem... perché il sangue di drago dovrebbe contrastare l'effetto collaterale di spossatezza?»
Piton sembrò congelarsi.
«Questo è esatto,» disse, con un piccolo sorriso tutt'altro che rassicurante. «E anche se da ora in poi è pregata di attenersi alle istruzioni, questo varrà dieci punti ai Serpeverde.»
«Io sono nei Grifondoro,» protestò flebilmente lei.
Piton inarcò le sopracciglia.
«Ah. Beh, immagino che siano dieci punti ai Grifondoro, allora. E dieci punti in meno per essere palesemente nella casa sbagliata.»
Priscilla fece per obiettare qualcosa, ma Jimmy la fermò pestandole un piede sotto al banco.
«Sì? Voleva chiedere qualcosa, signorina Riddle?» si voltò Piton con aria untuosa.
«Hem... no, signore. Solo... papà le porge i suoi saluti,» disse lei, con un bel sorriso.
Piton diventò color del gesso, poi cercò di ricambiare il sorriso, ottenendo solo una sorta di generale irrigidimento dei suoi muscoli facciali, e rispose: «Molto gentile. Ricambio.»
Si allontanò in tutta fretta, sfregandosi il braccio destro al di sotto della manica.
«Non avresti dovuto farlo,» le sussurrò Tom, sporgendosi davanti a Jimmy. «Se papà lo scopre ti spella viva.»
Priscilla sorrise malignamente: «Non lo scoprirà mai. E poi ho intenzione di farlo ancora e ancora, perché è odioso e se lo merita. Anzi, credo che la prossima volta aggiungerò qualche altro dettaglio, come: l'altra sera, mentre papà giocava a gobbiglie con il suo vecchio amico Paciock... Questo dovrebbe funzionare.»
Fleming le lanciò uno sguardo stupito: «Ma mio papà non gioca mai a gobbiglie con...»
Priscilla sorrise più intensamente: «Già. Ma Piton non lo sa, giusto? E scommetto che non andrà a chiederlo.»
Jimmy, tappando il suo flacone di pozione, ridacchiò soddisfatto.

***

Quando arrivarono nell'aula di Difesa contro le Arti Oscure stavano ancora ridendo.
Il professore aveva i capelli completamente grigi e indossava un completo piuttosto stinto.
«Prendete posto, prendete posto... io sono il professor Remus Lupin e per oggi non ci sarà bisogno dei libri.»
«Dicono che zio Remus è un ottimo insegnante...» sussurrò Athena nell'orecchio di Priscilla.
«Zio?» fece lei.
«Si fa per dire. Ma qui dobbiamo chiamarlo professore.»
Il professore in quel preciso momento lanciò loro un'occhiataccia, così si sedettero in silenzio.
«Per questo primo anno ho in mente di fornirvi le basi della difesa contro le Arti Oscure. Iniziamo dal concetto stesso: che cosa sono le arti oscure? Weasley?»
Athena, infatti, aveva alzato la mano a metà della domanda e la agitava freneticamente.
«Le Arti Oscure comprendono tutti i tipi di magia intesi a danneggiare o ferire un altro essere umano, sia che si tratti di incantesimi, pozioni, fatture, trasfigurazioni, o altro.»
«Molto bene signorina Weasley. Qualcuno può fare un esempio?»
Questa volta anche Priscilla fu lesta ad alzare la mano.
Lupin inclinò leggermente la testa da un lato.
«Signorina Riddle?»
«Ad esempio gettare una maledizione su un oggetto perché faccia del male a chi lo prende.»
«E' un buon esempio, signorina Riddle. Può essere più specifica?»
Priscilla si guardò nervosamente intorno.
«Ad esempio ogni volta che provi a prendere il vasetto del miele quello può farti una pernacchia...» disse, ma la sua voce si spense leggermente.
Lupin rise: «Credo che quello sia più un espediente di difesa domestica, signorina Riddle. In fondo il vasetto del miele non fa niente di male alla persona che lo prende, giusto?»
Priscilla aprì la bocca un paio di volte. «E' più... tipo... un'umiliazione psicologica, ecco!»
Tutta la classe scoppiò a ridere.
«Da non sottovalutare, certo,» concesse Lupin, ridendo sotto i baffi. «Qualcuno conosce un esempio un po' più... hem... oscuro
Jimmy Potter alzò la mano.
«Potter?»
«Uccidere qualcuno con una maledizione,» disse.
La classe tornò immediatamente al silenzio.
«Questo naturalmente è vero,» approvò Lupin. «Alcuni maghi particolarmente malvagi l'hanno fatto, in passato. Quello su cui vorrei attirare la vostra attenzione oggi, però, è come i confini delle Arti Oscure siano spesso difficili da individuare.»
«Alcune magie innocue possono essere molto pericolose se usate fuori contesto, mentre altre nate per infliggere sofferenza possono, in casi eccezionali, essere utili.»
«Ci sono poi alcune creature che per la loro natura cercano di fare del male a chi le incontra. In questo caso non si tratta di vera malignità, visto che queste seguono semplicemente il proprio istinto, ma ciò non significa che non dobbiamo essere in grado di difenderci se ci imbattiamo in una di loro.»
«Qualcuno di voi sa che cos'è un Molliccio?»
Priscilla alzò di nuovo la mano. Lupin le fece cenno di parlare.
«Il Molliccio è un essere senza forma che vive nei luoghi stretti, come armadi, pentole, cassetti, e che si trasforma nella cosa che fa più paura a chi lo sta guardando.»
«Molto bene. E secondo lei, signorina Riddle, il Molliccio è un essere particolarmente crudele?»
Priscilla tentennò.
«No, non lo è,» intervenne Tom, sottovoce. «Ma quando ne trovi uno è meglio farlo svanire con il Ridikkulos. Non fa piacere averne uno intorno.»
«Perché terrorizza chi lo guarda. Giusto.»
«Ma non tutta la magia nera è così,» continuò Tom, che sembrava aver superato la timidezza. Lupin gli rivolse uno sguardo interrogativo e vagamente teso.
«Se uno vuole fare del male a qualcuno, allora quella è vera magia nerissima,» concluse il ragazzo.
Lupin inclinò la testa da un lato.
«I maghi cattivi fanno del male alle persone perché vogliono farlo. Perché ne trarranno un beneficio, denaro o potere, o perché si vogliono vendicare, o perché gli piace far soffrire gli altri.»
Lupin annuì. «E noi dobbiamo essere in grado di difenderci, naturalmente. Ci sono tre livelli di difesa che ogni mago dovrebbe tenere in considerazione: il primo è la conoscenza. A che cosa serve conoscere?»
«Se sappiamo come funziona qualcosa possiamo sapere come combatterlo, o evitarlo,» rispose Athena, prontamente.
«Esatto. Il secondo livello è la vigilanza. Perché?»
«Dobbiamo sempre stare attenti per non lasciarci cogliere di sorpresa,» disse Jimmy. Poi sorrise: «Vigilanza costante!»
Lupin, suo malgrado, ridacchiò di fronte alla perfetta imitazione di Malocchio Moody.
Quando si fu ricomposto aggiunse: «Il terzo livello è la prontezza. Che cosa significa?»
«U-uno deve essere pronto ad a-agire...» rispose Fleming.
«Giusto, signor Paciock. Conoscere e vigilare non basta. Bisogna anche saper mettere in atto le adeguate contromisure con prontezza.»
Lupin si alzò e fece il giro della scrivania.
«Sgranchiamoci il cervello insieme, va bene? Adesso io vi prospetterò alcune situazioni e voi dovrete cercare di dirmi che cosa fareste in quella circostanza.»
Si sedette sulla scrivania, grattandosi il mento come se stesse pensando.
«E' estate e fa caldo. Sono vicino a un lago e decido di fare un bagno. Ma mentre nuoto sento qualcosa che mi afferra per una caviglia. Che cosa sta succedendo?»
«Un polpo gigante!» esclamò un ragazzino, dal fondo dell'aula.
«Se è il lago di Hogwarts potrebbe anche essere, signor Scott. Ma presto mi accorgo che non si tratta di un polpo gigante, bensì di una creatura acquatica di aspetto vagamente antropomorfo, con lunghe dita sottili...»
«Un avvincino!» trillò Athena.
«Molto bene. Dieci punti per Grifondoro. E' un avvincino, e ora?»
«Lo schianto?» fece una ragazza al secondo banco.
«Qual'è il punto debole di un avvincino, signorina Rosebound?»
La ragazza tentennò: «Forse le dita?»
«Giusto. Lunghe e sottili, anche se molto forti. Dieci punti anche per lei.»
Lupin sorrise e continuò; «Allora, in questo caso, io conoscevo l'esistenza degli avvincini, vigilavo, in quanto avevo la mia bacchetta con me anche mentre facevo il bagno ed ero pronto ad agire, in modo da liberarmi... Benissimo. Facciamo un altro esempio.»
Il professore si fece serio e prese un'aria quasi affabulatoria. «Sto camminando lemme lemme sulla strada di casa, quand'ecco che, a un tratto, qualcuno mi schianta alle spalle. Che cosa sta succedendo?»
«Un altro mago mi ha colpito,» disse Jimmy, il viso arrossato per l'emozione.
«Io sono caduto a terra. Magari un mago mi ha colpito, ma sono sicuro che sia un mago solo?»
«Allora più maghi. Potrebbero essere molti!»
«Che cosa faccio?»
«Mi volto e gli sparo una maledizione!»
«Prima di farlo.»
«Hem...»
Gli studenti si guardarono tra loro perplessi. Se qualcuno ti attaccava era giusto rispondere al fuoco, no? O magari prima bisognava urlare qualcosa o...
«Penso,» mormorò Tom, a bassa voce.
Lupin sorrise. «Eccellente opzione. E che cosa penso?»
«E' una rapina? Ho un nemico che da tempo ce l'ha con me? Conosco qualcuno che mi vuole male?» Tom sospirò pesantemente. «Sono nato babbano, sono di razza mista, sono contro qualcosa, sono un criminale?»
Lupin lo guardò senza parole.
Tom continuò: «Qualcuno vuole quello che ho? Qualcuno odia quello che sono?»
Il professore annuì. «E dopo aver risposto a queste domande, che molto velocemente mi sarò posto, forse saprò chi mi ha attaccato. E potrò passare al pensare al da farsi.»
Sorrise di nuovo.
«Bene, per oggi direi che possiamo fermarci qua. Come vedete il discorso è complesso e sfaccettato e noi abbiamo molto, molto lavoro da fare. Dieci punti a Grifondoro per la meditata risposta di Riddle.»
I ragazzi cominciarono a rimettere i rotoli e le penne nelle borse e ad uscire dalla classe.
«Tom?» chiamò Lupin, mentre questo gli passava davanti. «Posso dirti due parole?»
Tom, rassegnato, annuì.

***

Da: Harry Potter
Per: Lord Voldemort
Ho appurato che Bellatrix Lestrange ha rimesso piede in Gran Bretagna. E' stata avvistata sulla Manica da un paio di turisti che hanno avvertito subito il Ministero. Purtroppo da quando la segnalazione è stata controllata hanno perso le sue tracce.
Tu naturalmente non ne sai niente?

***

L'ufficio del professor Lupin era pieno di oggetti bizzarri. In una vasca c'era quello che era quasi sicuramente un avvincino, varie tavolette di cioccolata già aperte, dei libri, un bollitore, un armadio che si scuoteva tutto, varie pozioni e un dettagliatissimo calendario lunare.
Tom lo seguì un po' in soggezione.
«Siediti, Tom,» disse Lupin, con voce gentile. «Ti va un po' di tè?»
Tom scosse appena la testa.
«Non ho intenzione di avvelenarlo, sai?» scherzò il professore.
Tom gli rivolse un sottile sorrisino, mentre si sedeva con cautela su una vecchia poltrona.
Lupin si sedette di fronte a lui e con un colpo di bacchetta accese il bollitore.
«Mi è molto piaciuta la tua risposta di prima,» disse, accavallando le gambe. «Se più persone pensassero prima di colpire saremmo a metà strada per il paradiso.»
Tom rimase in silenzio, mentre Lupin versava dell'acqua calda in due tazze e ci ficcava dentro due bustine di tè.
«Ma credo che qualcuno dei tuoi compagni sia rimasto un po' turbato dal resto della tua risposta.»
«Mi dispiace, signore,» mormorò Tom.
Lupin sorrise. «A me no. Se vuoi saperlo la seconda parte della tua risposta mi è piaciuta ancora di più della prima. Era... molto realistica. Molto adeguata.»
Tom sollevò lo sguardo su di lui, poi si strinse nelle spalle. Prese la sua tazza di tè e diede un sorsetto.
«Ti stai trovando bene ad Hogwarts?» chiese Lupin.
«Abbastanza, signore.»
Lupin si limitò a scrutarlo.
«Tua madre era un po' preoccupata. Mi ha scritto, prima dell'inizio della scuola.»
Tom avvampò, ma rimase in silenzio.
Lupin appoggiò la testa su una mano, cercando le parole da dire dopo.
«Forse non sai che sono un lupo mannaro,» disse, alla fine. Tom sollevò la testa con quieto interesse. «Quando venivo a scuola, in questa stessa scuola, la mia più grande paura era che qualcuno scoprisse quello che ero. I lupi mannari sono cattivi, i lupi mannari sono pericolosi...» Tom continuava a guardarlo in silenzio.
«Non volevo che gli altri ragazzi pensassero che ero cattivo e pericoloso, perché non lo ero, a parte quando c'era la luna piena.»
«C'è una pozione che...» mormorò Tom.
«All'epoca non c'era. Quindi ero assolutamente terrorizzato. Non volevo che qualcuno sapesse che cos'ero e che pensasse quelle cose di me. Mi sono nascosto,» Lupin sorrise. «Ma tu non puoi nasconderti, vero?» chiese, dolcemente.
Tom lo guardò con aria smarrita.
«Io...» disse.
«E temi che qualcuno dica di te che sei cattivo e pericoloso,» aggiunse Lupin, lentamente.
Tom aggrottò la fronte e abbassò gli occhi. «Già fatto,» disse, con un mezzo sorriso.
Lupin annuì con aria comprensiva.
«Ma perché io sì e mia sorella no?» sbottò Tom, appoggiando bruscamente la tazza di tè.
L'altro si passò una mano sul mento.
«Perché tua sorella è una ragazza, e un sacco di gente sciocca pensa che le ragazze non siano altrettanto pericolose. Il che, tra l'altro, significa che quando ne conosceranno una un po' più da vicino si faranno molto male. Perché tua sorella non è il ritratto sputato di tuo padre alla tua età. E perché tua sorella, come mi ha scritto tua madre è "più energica", mentre tu sei più riflessivo.»
«Ma è mia sorella che è più simile a papà! Lei parla serpentese, lei è brava con le pozioni e... e... lei è senza paura.»
«Sono sicuro che anche lei ha paura di qualcosa.»
Tom sorrise. «Beh, sì, certo. Ma lei è più brava a non farsene accorgere.»
«Credimi, a volte non è un vantaggio. Mi risulta che tu e Priscilla siete molto legati.»
Tom grugnì. «A volte,» concesse.
«Tua madre mi chiedeva se secondo me non sarebbe stato meglio darvi lezioni private,» disse Lupin.
«Perché ha scritto a lei?» chiese Tom, che stava pensando alla cosa solo in quel momento.
«Ci conosciamo da molto, molto tempo.»
«Davvero?»
«Davvero. Ero con lei quando ha comprato la prima bacchetta. Anche se era molto tempo che non ci sentivamo credo che sapesse che sono suo amico.»
Tom annuì. «Io volevo venire a Hogwarts,» aggiunse.
«Sì, anche tua sorella. Lene me l'ha scritto. Infatti io le ho risposto che se volevate venire doveva lasciarvelo fare.»
«Ed eccomi qua,» disse Tom. Lupin era stupito del suo buon carattere. Aveva pensato che fosse chiuso, diffidente, spaventato. Invece era spaventato, naturalmente, ma anche incredibilmente fiducioso.
«Beh, non credo di essere stato così fondamentale, sai. Lene mi ha detto che tuo padre ha insistito parecchio,» gli sorrise.
Lui sembrò soppesarlo con lo sguardo, sempre con una certa fiducia. Non per misurarlo, ma solo curioso.
«So che papà era uno stregone cattivo...» mormorò, «... ma con me, con Priscilla e con la mamma è sempre stato buono. Mi porta sempre a pescare e prendiamo il miele, e quando ero piccolo mi faceva volare e mi portava in giro sulle spalle. Mi dispiace che tutti pensano che è cattivo...»
Lupin si appoggiò una mano sul mento, senza parole.
«E che tutti pensano che sono cattivo anch'io.»
Tom aveva parlato in tono molto calmo, da giovane adulto, pensò Lupin, perciò meritava una risposta da adulto.
«Tuo padre ha fatto molto male a molte persone, me compreso. E coloro che hanno sofferto a causa sua non sono disposti a perdonarlo, ma questo non significa che tu ne debba fare le spese. Chi lo pensa è peggio che ingiusto e più che crudele.»
Tom lo guardò seriamente. «Invece è quello che succederà,» disse.
Lupin sorrise tristemente. «Sì, può darsi. E' quasi certo. Perché, vedi... molte persone sono ingiuste e crudeli. Ma non tutte. E sono queste ultime quelle che contano.»
«Va bene» rispose Tom, quietamente.

***

Da: Thomas Riddle (aka Lord Voldemort)
Per: Harry Potter
Non mi stupisco che il Ministero abbia perso così velocemente le sue tracce. E, naturalmente, io non ne so niente. Ritengo, però, che la situazione potrebbe riservare sgradevoli sorprese, anche se non so per chi. Probabilmente per te.

***

Remus una volta che Tom fu uscito Remus scostò le tende della finestra del suo ufficio e guardò il prato, giù in basso. Il sole stava per tramontare e l'aria sicuramente doveva essere fresca, forse persino fredda.
Gli alberi della Foresta Proibita formavano un compatto muro verde subito dietro alla casa del guardiacaccia. A giudicare dal filo di fumo che usciva dal camino Hagrid doveva essere all'interno.
Dopo pochi minuti, come si aspettava, una sottile figura intabarrata nella divisa scolastica attraversò il prato con la scopa in mano. I capelli neri del ragazzo ondeggiavano mossi dal vento e nei suoi passi c'era una certa grazia infantile, mentre camminava lungo il pendio, finendo per scomparire alla vista.
Remus aveva già visto ragazzini come lui, negli anni di insegnamento ad Hogwarts. Calmi, dal carattere dolce, piccoli adulti coscienziosi e riflessivi, che non facevano amicizia facilmente con i coetanei. Appartenevano a quella classe di ragazzini molto amati, a volte figli di genitori anziani, che non speravano più di avere figli e li avevano accolti come doni del cielo.
Tutto quell'amore, pensò Remus, continuando a guardare fuori dalla finestra, lo sguardo perso nelle lievi increspature dell'acqua del lago ora, li rendeva persone generose e sensibili, ma senza protezione.
Tom Junior sembrava una tartaruga senza guscio, come se il destino avesse voluto giocargli un brutto scherzo, lasciando privo di protezione proprio chi ne avrebbe avuto maggiormente bisogno.
Quando lo aveva visto la prima volta, allo Smistamento, ne era rimasto incredibilmente colpito. La sua somiglianza col padre ti metteva i brividi, ma non appena il ragazzo si era seduto sullo sgabello, tutto bagnato e con lo sguardo spaventato, terrorizzato da quello che avrebbe detto il Cappello, Remus aveva capito che la somiglianza era solo fisica.
«Lo mangeranno vivo» aveva pensato, osservando come attraversava i tavoli con lo sguardo a terra. Lo odieranno per quello che sembra e lui non saprà difendersi.
Poteva capire come mai Lene era sembrata così preoccupata, nella lettera.
«Thomas lo adora,» gli aveva scritto. «Adora anche Priscilla, naturalmente, ma lei è quel che si potrebbe dire un osso duro. Tom Junior è diligente, tranquillo, molto acuto. Riflette sempre attentamente sulle cose e a volte penso che fargli del male sia fin troppo facile. Non riesce a nascondere niente, e la cosa mi preoccupa terribilmente.»
Remus non poteva immaginare Voldemort adorare nessuno, anche se razionalmente intuiva che Lene doveva essere rimasta con lui per qualche motivo, che in qualche modo per lui incomprensibile, doveva aver trovato del buono in lui.
Ciò nonostante l'idea gli repelleva come avrebbe potuto repellergli un grosso ragno tra le lenzuola.
Ma, come aveva detto, non era colpa di Tom, e il ragazzo non c'entrava niente.
Per questo avrebbe cercato di proteggerlo, per quanto possibile.







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