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Titolo: L'ultimo Horcrux
Capitolo 3/5: Una brutta serata
Autore: sssilvia
Serie: J.K. Rowling's Harry Potter
Status: concluso
Disclaimer: Tutti i personaggi appartengono a JK Rowling, anche quelli che ho inventato io, se li vuole!
Warning: Può contenere SPOILER per HARRY POTTER AND THE HALF-BLOOD PRINCE.
Note: vai al primo capitolo...
Archivio: SLC, Fanfiction.net
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L'ultimo Horcrux

sssilvia



capitolo 3

Una brutta serata

Il campo da Quidditch non era deserto come Tom aveva sperato. Voleva solo volare per i fatti suoi per un po', giusto per digerire il suo primo massacrante giorno di scuola.
Invece sul campo c'era già qualcun altro.
Questi voleva con una grazia incredibile, rincorrendo uno scintillante boccino nell'aria. Tom saltò sulla scopa e si alzò fino ad arrivargli abbastanza vicino.
«Jimmy» disse, riconoscendolo, con un misto di sollievo e di timore.
«Ah. Riddle,» rispose freddamente il ragazzino.
Fece una mezza giravolta e prese il boccino a mezz'aria.
«Voglio fare domanda per entrare nella squadra,» spiegò, mentre la piccola sfera alata gli si contorceva tra le dita.
«Sei molto bravo» disse candidamente Tom. Poi si strinse nelle spalle: «Mi volevo esercitare un po'.»
Jimmy rise. «Non dirmi che vuoi entrare nella squadra anche tu!»
L'altro accennò un sorriso. «Beh, potrei sempre spaventare tutti gli avversari, no?»
Il giovane Potter sembrò colpito dall'idea.
«Vieni, facciamo due passaggi,» propose. «Scommetto che non hai mai giocato a Quidditch.»
«Hem, no. Ma tifo per I Magnifici Sette.»
Jimmy gli rivolse la prima vera occhiata di rispetto da quando lo aveva visto per la prima volta. «Hey, anch'io!»
Volarono in alto e Jimmy lanciò una palla velocissima verso Riddle.
Lui, concentrato, fece per pararla, ma... all'ultimo momento la palla gli rimbalzò con forza contro la faccia.
«Ma allora sei tonto!» gridò Jimmy, scocciato.
Tom non rispose.
Solo, col naso sanguinante e gli occhi sgranati, indicò qualcosa dietro di lui.

***

Da: Harry Potter
Per: Lord Voldemort
Abbiamo un altro avvistamento di Bellatrix Lestrange. Ha eseguito una fattura contro una babbana a Newcastle. Sembra che stia andando verso nord materializzandosi di frequente. Comportamento inspiegabile.

***

Dietro i cancelli della scuola, neri contro il nero della notte che ormai era quasi del tutto calata, c'erano degli enormi esseri intabarrati di nero, completamente nascosti dal mantello.
«Dissennatori!» sussurrò Jimmy, affiancandosi a Tom a mezz'aria.
«Perché pensi che siano lì?» chiese Tom, annuendo.
«Non lo so. Ma non mi piace. Dovremmo dirlo alla McGrannit.»
Tom rifletté con calma sulla questione.
«Sì, è meglio,» concluse.
«Provo a volare un po' più vicino,» aggiunse Jimmy. «Così possiamo dirle quanti sono.»
Una parte del cervello di Tom gli stava dicendo che quella non era una grande idea, che i Dissennatori erano pericolosi e che era meglio tornare subito al castello.
«Vengo anch'io,» disse. L'altra parte del suo cervello, infatti, aveva obbiettato che Jimmy gli avrebbe dato del fifone, e che non sarebbe mai diventato suo amico, se lui non fosse andato.
Volarono lentamente verso i cancelli.
«Mio Dio, ma sono centinaia!» sussurrò Jimmy, una volta che la visuale migliorò.
Sembrava che fuori dai cancelli, a circondare tutta la scuola, si fosse radunato un intero esercito di Dissennatori, tutti avvolti nei loro lugubri mantelli neri.
E, poi, improvvisamente, Jimmy incominciò a cadere.
Tom lo inseguì più veloce che poteva. Sapeva che stava cadendo perché un Dissennatore gli si era avvicinato troppo e aveva trovato qualche terribile ricordo da portare alla luce.
Lui stesso stava iniziando distintamente a vedere quel pomeriggio in delle parsone maleducate e cattive avevano provato a tirare dei sassi a lui e a sua madre.
Concentrandosi intensamente sulla volta che aveva pescato una trota di quaranta centimetri, Tom urlò: «Expecto Patronus
Un filamento argenteo uscì dalla sua bacchetta, e si modellò sulla forma di un grosso gatto. Il gatto saltò verso il basso, facendo fare due passi indietro ai Dissennatori più vicini. Ma erano troppi per poter essere messi in fuga da un solo Patronus.
Tom afferrò Jimmy per le ascelle e iniziò a volare nella direzione opposta.
Non appena furono abbastanza distanti il ragazzo iniziò a riprendersi.
«Oh cavoli...» mormorò. «...Cavoli, cavoli, cavoli...»
«Stai bene, Jimmy?»
L'altro lo guardò spaesato. Poi sembrò rendersi conto di chi era la mano che lo stava sorreggendo, e la cosa gli piacque poco. Non gli piaceva dover essere salvato. Tom lo guardava con espressione preoccupata e fiduciosa. Jimmy sorrise.
«Sì, grazie per avermi preso.»
«Hem... devo dirti qualcosa...»
«Che cosa? Dobbiamo andare dalla McGrannit.»
Tom cercò di sorridere disperatamente. «Sto per cadere da questa scopa, Jimmy. Penso che sia meglio se guidi tu.»

***

Da: Thomas Riddle
Per: Harry Potter
Non è affatto un comportamento inspiegabile. Stava sabotando le linee della Metropolvere. Sei fai una prova, vedrai che adesso non funziona. Immagino che il Ministero stia provvedendo.

***

La maggioranza degli studenti erano già seduti ai tavoli per la cena, quando Tom e Jimmy schizzarono dentro alla sala grande a cavalcioni di due scope.
Mastro Gazza schizzò in piedi, roteando il pugno: «Piccola feccia! Come vi permettete...»
Ma le code delle due scope gli passarono sopra la testa così vicine da pettinarlo, e Gazza si affrettò a buttarsi da un lato. I due ragazzi saltarono giù davanti al tavolo degli insegnanti e presero letteralmente la McGrannit per le maniche.
Ci fu un breve diverbio, poi la preside, con espressione tesa, seguì Tom e Jimmy fuori dalla sala.
Dalla torre di Astronomia la McGrannit guardò in basso.
Fila e fila di Dissennatori si accalcavano fuori dai cancelli e tutto intorno alla scuola, sul perimetro dell'area protetta dai più sicuri incantesimi antintrusione.
Forse non potevano entrare, pensò la preside, però erano tantissimi. Che cosa ci facevano lì, o meglio, chi ce li aveva portati?
«Aspettatemi qua,» disse, rivolta ai due ragazzi.
Prese da un sacchettino una manciata di polvere e la gettò nel camino.
«Al Ministero della Magia!» ordinò, decisa, una volta dentro alle fiamme.
Ma non successe niente.
Allora, salendo i gradini a quattro per volta nonostante l'età non più giovanile, la McGrannit corse verso la guferia.

***

Da: Minerva McGrannit, Preside di Hogwarts
Per: Il Ministero della Magia
La scuola di Hogwarts è al momento circondata da un esercito di Dissennatori. La Metropolvere è inutilizzabile. E' impossibile uscire dalla scuola, e l'alto numero di Dissennatori (nell'ordine delle migliaia) rende sconsigliabile ogni attacco diretto. Si richiede un immediato intervento. Massima urgenza.

***

Harry guardò con aria stupita la lettera che era appena arrivata via gufo. Iniziava a vedere un senso negli ultimi avvenimenti.
Gli Auror al momento disponibili erano pochi, visto che la maggioranza stava cercando di combattere contro le fatture che erano state posizionate dentro alla Metropolvere, e che avevano già ferito numerosi maghi che cercavano di spostarsi.
In ufficio rimanevano solo lui, Ron e Neville.
Si guardarono con aria smarrita.
«Dobbiamo cercare di aprire un canale della Metropolvere fino a Hogwarts,» disse Ron, con il volto cinereo. Non era l'Auror che stava parlando, ma il genitore. Tutti e tre erano padri di qualcuno che in quel momento si trovava ad Hogwarts.
«Migliaia?» disse, invece Neville, con aria incredula. «Non credevo nemmeno che ne fossero rimasti migliaia, in Gran Bretagna.»
Harry scosse la testa. «Apparentemente sì. E io credo anche di sapere chi c'è dietro a tutto questo.»
«Tu-sai-chi?» fece Ron, il viso rosso di rabbia.
«Sì, io credo di saperlo,» rispose Harry.
«No, intendo dire: tu credi che dietro ci sia Tu-sai-chi?»
Harry socchiuse gli occhi.
«No,» rispose, dopo qualche secondo. «Ma sto andando a scoprirlo. Tu e Neville, intanto vedete se riuscite a liberare una linea per Hogwarts.»
E, detto questo, si smaterializzò.

***

Lord Voldemort stava tranquillamente guardando un programma televisivo chiamato "Guarda un po' chi ti scrive", stravaccato sul divano e con i piedi appoggiati su un tavolino.
Un invitato stava giusto riabbracciando un suo cugino di secondo grado perso di vista da vent'anni quando il quadro sopra al caminetto iniziò ad urlare: «C'è un intruso fuori dal giardino, signore!»
«Ha gli occhiali e una cicatrice sulla fronte?» chiese Voldemort, cercando nello stesso tempo di non perdersi una parola della riunione dei due, in televisione.
«Sì, signore.»
«Allora, fallo entrare. Silenzio, adesso. Stanno per mettersi a piangere!»
«Chi sta per mettersi a piangere?» disse una voce guardinga, dalla porta del salotto.
Voldemort si voltò da quella parte, irritato.
«I due partecipanti di oggi!» esclamò. «A "Guarda un po' chi ti scrive"! Non l'hai mai visto?»
Harry Potter lanciò un'occhiata dubbiosa allo schermo.
«Com'è che segui i programmi babbani?» domandò sospettoso.
Voldemort si sporse in avanti, mesmerizzato dalle immagini. «Acc! Hanno fatto pace anche questi!» E con un rapido gesto del telecomando spense l'apparecchio.
«Continua a sperare che un giorno qualcuno si ammazzi in diretta,» spiegò Lene, entrando nella stanza e facendo un cenno di saluto a Harry. «In effetti una volta ci sono andati vicino...»
«E quello stacco pubblicitario inserito in tutta fretta?» aggiunse Voldemort, con aria tipo Eh-no-a-me-non-me-la-fate.
Ogni volta che vedeva quei due interagire (fortunatamente non molto spesso) Harry veniva preso dai brividi. Sembravano una vecchia coppia inacidita. Beh, naturalmente adesso erano una vecchia coppia, ma si comportavano così anche due giorni dopo essersi incontrati.
«Vi dirò, non sono venuto qua per partecipare a un dibattito su qualche stupido programma babbano,» disse, quindi, Harry, sperando di farli smettere.
«Oh, certo! Il Prescelto non si muove per simili sciocchezze...» cantilenò Voldemort con aria insolente. Non aveva minimamente accennato ad alzarsi dal divano e non aveva tolto i piedi dal tavolo.
Harry sospirò. Non ci aveva pensato: quando Voldemort e Lene non battibeccavano significava che Voldemort se la stava prendendo con qualcun altro. Di solito con lui.
«Non fare il sarcastico, Tom. Harry, non farci caso. Vuoi qualcosa da bere?» disse Lene, con un sorriso simpatico. Beh, Lene era simpatica. Solo non si capiva come potesse aver deciso di accoppiarsi con un irascibile, crudele, dispotico, malvagio e bruttacchiolo per dirla tutta, mezzo-serpente. Forse, semplicemente, non si rendeva conto di nessuna di queste cose.
«Hem... no grazie, sono venuto per...»
«Assaggiare questo!» gridò Voldemort, balzando in piedi di colpo, come folgorato da un'idea. Corse fino ad uno stipo, estrasse un barattolo di qualcosa e tornò indietro tutto baldanzoso.
«Assaggia subito questo!» ordinò Voldemort con voce autoritaria.
Harry deglutì, e fissò spaventato il cucchiaino che incombeva a pochi millimetri dalle sue labbra.
«Ora! Tranquillo: non è mortale... credo.»
Harry, completamente contro la sua volontà, si ritrovò ad assaporare qualcosa di viscoso e... dolce. Buono. Molto appetitoso.
«Hey, ma questo é...»
«Miele, naturalmente» rispose Voldemort, riponendo il barattolo al suo posto «Che cosa credevi? Adesso saltella, per favore.»
Harry inarcò un sopracciglio.
«Avanti,» fece Voldemort, impaziente.
Harry, tanto per farlo contento, saltellò. Si levò in aria di un metro buono, prima di atterrare dolcemente.
Voldemort tirò fuori una macchina fotografica e lo immortalò a mezz'aria. «Eccellente,» disse. «Ho già un'idea per l'etichetta: "Miele Rimbalzante: il preferito del Prescelto". Molto bene davvero.»
Harry insorse immediatamente: «Hey, questo è sfruttamento illegale dell'immagine!»
«Perché? E'un marchio registrato?»
«Beh, no...»
«E quindi?»
«Beh, che cosa diresti se mi mettessi a vendere trappole per topi, reclamizzando: "fanno paura anche a Lord Voldemort"
L'altro corrugò la fronte. «Lord Voldemort è un marchio registrato. Non crederai che lo abbia lasciato copyright-free, dopo tutta la fatica che ho fatto per anagrammare il mio nome eccetera, significati nascosti e tutto. E poi, non vorrei sbagliarmi, ma non erano i tuoi cognati a vendere caramelle costipanti il cui nome suonava quasi come Tu-sai-chi? Solo che al posto di Chi, se non sbaglio...»
«Padrone! Padrone! Un altro intruso fuori dal giardino!» lo interruppe il quadro.
Voldemort, irritato, si voltò verso il ritratto: «Chi è questa volta?»
«Una tizia sui trenta con molti capelli castani e...»
«Hermione,» disse Harry. «Dev'essere venuta a sapere della faccenda ed è corsa a cercarmi.»
Voldemort inarcò un sopracciglio.
«Quale faccenda?» disse. «Non sei venuto per il miele?»

***

La scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, nel frattempo, era praticamente nel panico. Ormai tutti sapevano che c'era un esercito di Dissennatori fuori dal cancello, che la Metropolvere non funzionava e che nessun gufo poteva lasciare l'edificio senza essere intercettato e abbattuto.
I professori cercavano di tenere a bada il caos.

***

Lord Voldemort guardò Harry Potter per un attimo senza parole. Poi sbottò: «Ma perché Hogwarts? Perché non il Ministero della Magia?»
«Come, non capisci? Il vero centro di tutto è sempre stata Hogwarts,» replicò Hermione, con voce quieta.
«Forse quando Silente era ancora vivo,» replicò Voldemort, teso.
«A Hogwarts ci sono le speranze di una generazione,» spiegò Hermione.
«Chi se ne importa?» sussurrò Lene. «Là ci sono i miei figli.»
«Là ci sono i figli di tutti,» disse Harry Potter con espressione amara. «Eravamo così contenti che la guerra fosse finita...»
«Io vado là,» dichiarò Lene, fermamente. I suoi lineamenti esprimevano la massima determinazione, ora.
«E come?» replicò Hermione, in tono disperato. Ma sembrava che una lieve speranza si fosse insinuata nella sua voce. «Il castello è circondato. E non ci si può materializzare a Hogwarts
Lene scosse la testa, caparbia. «Non esiste un posto dove non ci si possa materializzare. Io troverò un buco nelle probabilità.»
«Non ce ne sarà bisogno,» replicò Voldemort, quieto. Gli altri tre si voltarono dalla sua parte.
Lui fece un sorrisetto. «Aprirò uno squarcio,» disse, semplicemente. «E lo richiuderò non appena saremo dentro.»
«Ma non è possibile...» ripeté Hermione.
«Scusa se ti contraddico, ma è possibile. E vado a dimostrarlo.»
Negli angoli della sala apparvero di colpo quattro alti bracieri fumanti e sul pavimento iniziarono ad incidersi, come se fossero vive nel legno, linee complicate e rune antiche.
Voldemort fece ruotare lentamente la sua bacchetta nell'aria
«Vedi, Harry,» spiegò Voldemort, dolcemente. «Quel vecchio bietolone di Silente ha sempre esercitato un tipo di magia molto raffinata. Ma anche la magia più raffinata non può niente contro la forza bruta.» Dai segni sul pavimento iniziarono a scaturire sottili raggi di luce vermiglia, come se ad ogni linea corrispondesse una fenditura.
«Ed ora...» mormorò Voldemort. «... Se non vi dispiace sporcarvi le mani con un po' di magia nera... vi consiglio di aggrapparvi saldamente a qualche punto della mia persona. L'atterraggio potrebbe essere un po' brusco.»
Lene gli si ancorò immediatamente a un braccio. Harry ed Hermione si scambiarono uno sguardo, poi afferrarono ciascuno una parte del suo altro braccio.
Voldemort annuì brevemente e sibilò qualcosa in una lingua che doveva essere morta da varie generazioni.
Fu più o meno come passare in uno schiacciasassi.
I quattro sentirono ogni fibra del loro corpo comprimersi e poi tirare in mille diverse direzioni, urlando di dolore. Poi fu come se andassero a sbattere contro un muro a 200 km all'ora.
E il muro si ruppe.

***

Gli studenti erano tutti radunati nella sala grande, troppo terrorizzati per parlare ad alta voce, ma troppo nervosi per rimanere in silenzio.
Quindi l'intero ambiente era saturo di un bisbiglio a bassa frequenza, costante e a modo suo fragoroso.
Gli insegnanti stavano cercando di mettere a punto un piano di difesa, ma l'idea generale degli studenti era che non ci fossero molte speranze.
Alcuni bambini dei primi anni piagnucolavano, mentre i prefetti facevano del loro meglio per tenere la situazione sotto controllo.
La professoressa Sprite occhieggiava cupamente fuori da una finestra, mentre Hagrid accarezzava ritmicamente il suo cane sulla testa.
Tutti gli altri professori erano in giro per il castello a tappare ogni buco possibile, o ad organizzare la resistenza.
Ad un tratto proprio nel mezzo del salone si innalzarono quattro metri di fiamme viola, che crepitavano orrendamente.
Gli studenti più vicini si ritrassero, urlando, e tutti gli altri pensarono: «Ecco, ci siamo. Sono entrati.»
Ma poi il fuoco si spense di colpo come era divampato ed emersero nitide quattro figure.
«Fermi!» urlò la più alta, con voce metallica ed imperiosa. «Devo chiudere lo squarcio!»
Tutto quello che gli studenti sentirono dopo fu un sussurro in una lingua arcana, il cui solo suono metteva la pelle d'oca.
La Sprite ed Hagrid si erano già avvicinati, la prima con la bacchetta in pugno, il secondo tenendo davanti a sé il suo ombrello rosa.
Il mormorio cessò.
«Ci scusiamo per l'entrata brusca,» parlò di nuovo la figura, stavolta in tono più morbido, anche se non meno terrorizzante.
«Hagrid!» gridò uno degli altri, appena più basso del primo. «Siamo noi!»
Il mezzo gigante sbatté le palpebre. «Harry? Hermione? Che cosa...»
«Non potevamo rimanere fuori,» spiegò Harry Potter in tono lieve. «Ci siamo fatti dare uno strappo.»
«Tu!» tartagliò Hagrid, il vocione scosso, puntando l'ombrello sulla figura più alta.
«E' parecchio che non ci incontriamo,» rispose l'altro, quasi languidamente. «Ma se non ti dispiace ricorderemo i vecchi tempi più tardi Rubeus. Adesso... dove sono i miei figli?»
«Papà! Mamma!» urlarono due vocette nella calca.
Tom si lanciò come un pesce nelle braccia di suo padre, che lo sollevò da terra e se lo strinse addosso, premendo la guancia contro la sua. Lo stesso fece Priscilla con sua madre, che la abbracciò come se volesse romperle qualche costola.
«State bene...» mormorò Lene, con voce flebile. «Sia ringraziato il cielo...»
Altri due ragazzini, entrambi dotati di accecanti capelli rossi stavano correndo verso di loro, chiamando i propri genitori. Jimmy e Athena finirono nelle braccia dei rispettivi parenti.
Finalmente Voldemort riappoggiò a terra suo figlio, il quale corse dalla madre e fissò la Sprite con aria seria.
«Sembra che per questa volta siamo sulla stessa barca,» disse. Non sembrava minimamente preoccupato dalla bacchetta che lei continuava a puntargli contro.
In quanto alla Sprite, i ragazzi non l'avevano mai vista altrettanto pallida, neanche quando le avevano detto che erano sotto assedio.
«Come...»
Voldemort si strinse nelle spalle. «Il solito, no? Sangue di serpente e coda di rospo. Harry? Credo che dovremmo parlare con la McGrannit.»
«Non dovrai cercarmi a lungo!» esclamò una voce, dal fondo della sala.
La professoressa McGrannit stava sulla soglia, seguita da Severus Piton, Remus Lupin e il piccolo professor Vitius.
«Professoressa McGrannit...» iniziò Harry Potter, facendo un passo avanti.
«Credo che sia meglio discuterne nel mio ufficio,» fece lei, le narici frementi, e fece cenno ai quattro di seguirla.

***

L'ufficio che una volta era stato di Silente non era cambiato molto negli anni. Alcuni degli strumenti che erano sugli scaffali erano diversi, mentre il numero dei volumi di magia era semplicemente cresciuto, ma nella sostanza non era cambiato molto.
I ritratti dei presidi passati, alle pareti, sembrarono risvegliarsi all'ingresso della numerosa delegazione.
«Harry...» disse uno di questi, poi sgranò gli occhi. «Tom» aggiunse.
Entrambi gli interpellati alzarono lo sguardo verso il vecchio dai lunghissimi capelli bianchi che aveva parlato dalla cornice.
«Albus,» mormorò Voldemort. «Silente!» esclamò Harry, all'unisono con Hermione.
«Signorina Granger. E' un piacere rivederla, anche se in questi tempi bui. Anzi, forse dovrei dire signore, vero? E lei dev'essere una certa Magdalene Rice di cui ho molto sentito parlare. I suoi stivali sono stati il dettaglio rivelatore.»
«Albus,» disse la McGrannit, in tono fermo.
«Chiedo scusa. Sto diventando un vecchio ritratto chiacchierone.»
La McGrannit si sedette dietro alla scrivania e fece cenno agli altri di accomodarsi.
«Chi inizia a spiegarmi che cosa ci fate voi qua e come avete fatto ad entrare?»
«Abbiamo sentito la notizia. Tutti l'hanno sentita,» iniziò Harry Potter. «E abbiamo deciso di venire qua a porgere il nostro aiuto. La situazione non sembrava rosea per voi. E poi, naturalmente, qua ci sono i nostri figli.»
«Qua ci sono i figli di un sacco di gente,» replicò la McGrannit, rigida.
«A quanto pare siamo i soli che sono riusciti ad entrare,» considerò pacatamente Voldemort. «E'stata una decisione estemporanea, oserei dire.»
La McGrannit lo guardò gelidamente. «E come siete entrati?» ripeté.
«Ho l'impressione che Tom abbia usato le maniere forti,» disse la voce calma di Silente, dal ritratto. «Come suo solito.»
«Senza nulla togliere alle eccellenti difese che hai eretto,» concesse Voldemort, magnanimo.
«E perché mai tu vorresti aiutarci?» lo interruppe la McGrannit. «Non sono amici tuoi, quelli qua fuori? Perché dovremmo fidarci di te?»
«A parte perché non siete in grado di mandarmi via?» domandò l'altro, soave.
«Questo è tutto da vedere.»
Voldemort si strinse nelle spalle. «Nessuna buona azione resterà impunita, non è così che si dice? Ad ogni modo quelli là fuori non sono amici miei. Chi minaccia la vita dei miei figli difficilmente ha la mia approvazione.»
Passeggiò fino alla finestra e scostò appena una tenda, apparentemente ignaro della selva di bacchette che aveva puntate alla schiena.
«Quanti sono? Tre, quattromila? Quattromila Dissennatori alle vostre porte. E'un bel numero. Mi vien da pensare che Lucius debba aver fatto un bel po' di lavoro per metterli insieme. Naturalmente tu non ne sapevi niente, Severus,» aggiunse, voltandosi dalla sua parte.
Piton contrasse le labbra. «No, niente, mio... hem... Riddle.»
Voldemort socchiuse gli occhi, sospettoso. «No,» disse alla fine. «Lucius non si fida di te, e Bellatrix non ti può sopportare.»
«Non avrei mai...»
«Certo. Ma questo è un discorso futile, visto che non hai avuto la possibilità di tradire nessuno... e visto che sei dentro al castello credo che tu non abbia alcun interesse a cambiare bandiera proprio ora.»
«Se non sbaglio stavamo parlando della tua bandiera, Riddle,» sbottò la McGrannit.
Voldemort abbozzò un sorrisetto. «Te l'ho già detto. Io sto dalla parte dei miei figli. E' ben vero che potrei prenderli e riportarli a casa...» aggiunse, accentuando il sorriso. «... Ma tengo molto alla loro istruzione.»
«Penso che dovremmo pensare piuttosto a come sconfiggerli,» disse Harry Potter, incrociando le braccia. «Per quanto strano sia, in quest'occasione garantisco io per lui.»
«Ben gentile, da parte tua.»
«Io voglio aiutare,» interruppe il possibile inizio di battibecco Lene, facendo un passo avanti.
La McGrannit la fissò con aria torva. «Ecco un'altra traditrice.»
«Io e te non siamo mai state sulla stessa barca, cocca. Ma posso lo stesso aiutare a rompere un po' di culi, là fuori.»
«Che prosa elegante.»
«Sarò elegante quando sarà il caso. Per adesso sono parecchio incazzata.»
«Anch'io voglio aiutare,» si fece avanti Hermione.
Per la prima volta da quando erano entrati nell'ufficio la McGrannit sorrise.
«A me sta bene,» intervenne Lupin, abbracciando con lo sguardo tutti i presenti.
«Onestamente,» disse Piton, che raramente aveva pronunciato queste parole in buona fede. «L'aiuto di altri quattro maghi esperti può servirci.»
«Tre maghi esperti e il più grande stregone vivente, vorrai dire,» corresse modestamente Voldemort, scoccando uno sguardo sornione al ritratto si Silente.
La McGrannit sembrò sul punto di esplodere, ma in qualche modo si trattenne.
«Forse è il caso di analizzare la situazione,» intervenne Vitious, con la sua vocetta sottile.
«Direi di sì,» concordò Harry Potter.

***

Nella sala grande il brusio era aumentato di volume non appena i quattro erano usciti.
Tom, Athena, Priscilla, Jimmy e Fleming stavano tenendo una specie di consulto.
«Come hanno fatto ad entrare?» sussurrava istericamente Athena.
«Hai sentito papà,» rispose Priscilla, in tono sicuro. «Magia nera. Papà è piuttosto in gamba quando si tratta di trovare delle soluzioni creative.»
Jimmy sbuffò.
«V-voi pensate... che possano sconfiggere i-i D-dissennatori?» chiese Paciock.
«Sono troppi,» replicò Athena, con aria sconsolata. «Ma forse possiamo svignarcela in qualche modo.»
«Se avessero pensato che scappare era una buona idea ci avrebbero già portati via,» disse Tom.
«Ma perché tutti quei Dissennatori ci stanno attaccando?» chiese Priscilla.
Jimmy aggrottò la fronte. «Non credo proprio che sia stata una loro idea. Deve esserci qualche mago dietro.»
«Ho sentito dire alla Cooman che forse, hem... poteva esserci vostro padre dietro,» mormorò Athena, evidentemente a disagio.
«Papà non lo farebbe mai!» sbottò Tom, fedele.
Priscilla aggrottò la fronte. «Magari papà lo farebbe anche...» corresse leggermente il tiro di suo fratello. «Ma non con noi dentro.»
«Non credo che c'entri niente,» ammise Jimmy, suo malgrado. «E' arrivato qui insieme a mio padre e alla madre di Athena.»
«E poi la mamma non glielo lascerebbe fare, ecco,» aggiunse Tom.
«No di sicuro,» concordò Priscilla.
«A-allora pensate che c-combatterà contro i Dissennatori?» si arrischiò a chiedere Fleming. Sembrava che tutto sommato la cosa lo rassicurasse un po'.
«Forse,» si mantenne sul vago Priscilla.
«Guarda, stanno rientrando!» disse in quel mentre Jimmy.
La sala grande, infatti era ripiombata nel silenzio, mentre una fila di maghi adulti entrava e puntava verso le finestre.
La McGrannit era il testa e subito dietro c'era Harry Potter. Si disposero lungo le finestre, occhieggiando fuori, poi si voltarono verso i ragazzi, come per prendere atto della loro esistenza.
Potter incrociò le braccia e sussurrò qualcosa a Lene, alla sua sinistra. Lei arricciò il naso. Poi sorrise. Fece un passo avanti.
«Hem... se potessi avere l'attenzione di tutti...» incominciò. Gli studenti che non la conoscevano la guardarono vacuamente, gli altri, invece, sembravano piuttosto curiosi di guardarla più da vicino.
Di certo non si poteva dire che si fosse vista un granché in giro negli ultimi undici anni, ma alcuni di loro sapevano che era stata lei a far entrare in tregua il Ministero con i mangiamorte.
«Me l'ero sempre immaginata alta e pallida,» disse a mezza voce un ragazzotto nelle retrovie, abbastanza vicino a Priscilla perché lei sentisse. Priscilla cercò di non ridere. Sua madre non raggiungeva il metro e settanta (di almeno sette o otto centimetri, per l'esattezza), era piuttosto fibrosa e aveva una faccia simpatica con grandi occhi azzurri e naso all'insù, spruzzato di efelidi. Era piuttosto abbronzata tranne che nella metà superiore della fronte, visto che portava quasi sempre un buffo cappello da cow-boy. I jeans che aveva addosso erano piuttosto sdruciti, e la camicia a quadri bianchi e neri aveva visto giorni migliori.
«Dunque... intanto che risolviamo questa faccenda dei Dissennatori pensavamo che magari vi sareste divertiti a giocare una partita a scacchi su larga scala, eh?»
Sventolò la bacchetta e dal nulla apparvero degli enormi pezzi da scacchi, alti quasi come Hagrid e rivestiti di fiammante vinile rosa per i bianchi e verde acido per i neri.
«Propongo che Tassorosso e Corvonero eleggano i propri rappresentanti per il primo match, mentre Serpeverde e Grifondoro si cimenteranno sull'altra scacchiera,» mentre diceva questo sventolò ancora la bacchetta, e altri colossali pezzi apparvero dal nulla. Questa volta i colori erano azzurro cielo e giallo fluorescente.
I pezzi iniziarono a posizionarsi cautamente sulle mattonelle della sala grande, guardandosi attorno con aria stralunata.
I pedoni fucsia stavano anche consultandosi su come aggiustarsi meglio i vaporosi tutù che vestivano. Nella sala si liberarono alcune risatine nervose.
«Eccellente. La professoressa Sprite e Hagrid possono fare da arbitri, vero?»
I due interpellati le rivolsero uno sguardo vacuo.
«Più tardi verrà servito un buffet,» concluse Lene, con un ultimo sorrisino.

***

Gli otto maghi uscirono dalla sala mentre le prima grida di incitamento si levavano per questa o quella squadra.
«Ma come diavolo fai?» chiese Hermione, guardando Lene con sospetto. «E' un incantesimo?»
Lei sghignazzò: «Probabilità,» rispose. «Ho sempre avuto un certo talento nel far succedere le cose più improbabili.»
«Va da sé che ho smesso di contare le volte in cui dall'uovo fritto della colazione è uscito un pulcino,» intervenne Voldemort in tono di piatto risentimento. Hermione rise.
Vista dagli spalti del castello la situazione non era migliore. Migliaia di Dissennatori si accalcavano contro le recinzioni di Hogwarts, cercando di divellerle.
«Stanno aprendosi un buco smontando pezzo a pezzo le difese,» disse la McGrannit, indicandoli con la bacchetta. «E il peggio è che se continuano così ci riusciranno.»
«Dove sono Malfoy e gli altri?» chiese Harry.
«Là dietro da qualche parte, pensiamo.»
«Già, tipico. Ma chi sono gli altri di cui continuate a parlare?» chiese Voldemort scrutando in basso con espressione attenta. «Pensavo che il grosso dei mangiamorte fosse ad Azkaban.»
«Beh, non Lucius, naturalmente,» spiegò Lupin, quieto, mentre tra gli altri si diffondeva un mormorio di disapprovazione. «Visto che ha sostenuto, efficacemente temo, di essere sotto la Maledizione Imperius. Contatti al Ministero.»
«Ah, certo.»
«Bellatrix si è data alla macchia.»
«Lo so. E' venuta a chiedermi ospitalità, anni fa. Peccato che Nagini non abbia più i riflessi di un tempo.»
«Pensavo che l'avessi fatta sparite tu,» disse Harry.
«Io mi occupo di api, non di arpie,» replicò Voldemort.
«Ah, api... certo. L'Allegro Apicultore.»
«Anche Peter Minus è scappato,» mise fine al battibecco Lupin.
«Nascondersi è quello che gli viene meglio.»
«E Greyback,» aggiunse Remus con un ringhio sordo.
«Mmmh.»
Voldemort distolse lo sguardo dalle schiere di Dissennatori e si voltò verso di loro.
«Dunque, l'ideale sarebbe prima far fuori loro e poi disperdere i Dissennatori. Solo non credo che sia possibile, visto che loro si nascondono dietro ai Dissennatori.»
«Già, fin qua c'eravamo arrivati anche da soli,» fece Remus.
«Quindi,» continuò Voldemort, come se non l'avesse sentito. «Bisogna fare al contrario. Immagino che non ci sia a disposizione un bello spazio ampio per confinarceli, vero?»
«Confinare...» sussurrò Hermione, con aria interrogativa.
«Beh, non puoi uccidere un Dissennatore, giusto? Ma lo puoi confinare per un lungo tempo lontano dal suo nutrimento, finché non diventa troppo debole per fare qualsiasi cosa.»
«Non ho mai sentito dire...»
«Con le cose che non hai mai sentito dire si potrebbe scrivere un libro, scommetto. Allora, avete uno spazio del genere oppure no?»
La McGrannit scosse la testa. «No,» disse.
«Allora dobbiamo disperderli e basta. Non è una buona soluzione, ma è la migliore possibile.»
«Vold-Osc-Riddle?» fece Vitius, tirandogli un lembo della veste nera per attirare l'attenzione. «Forse ha notato che ce ne sono quattro migliaia?»
Voldemort chinò la testa verso di lui. «Non mi è sfuggito, grazie.» La rialzò. «Credo che serva un Patronus cumulativo.»
Piton sollevò le sopracciglia e parlò per la prima volta. «Per quel che ne so si tratta di un concetto puramente teorico.»
«Baggianate. Non c'è niente di puramente teorico, in magia. Al limite qualcosa che non è ancora stato provato.»
«Okay,» fece Harry. «Ma di cosa si tratta?»
Voldemort inclinò la testa da un lato. «Beh... se più persone si concentrano sullo stesso ricordo felice in teoria i loro Patronus possono fondersi e formarne uno più grande e quattro volte più potente.»
«Quattro volte?»
«La progressione è esponenziale, sì. Se non sbaglio noi siamo in otto. Possiamo trovare qualche altro volontario tra gli studenti, forse?»
«Alcuni dei miei studenti hanno imparato a creare un Patronus,» disse Lupin, lentamente.
«Tom lo sa fare,» disse Lene.
«Certo che lo sa fare, è il più potente mago vivente!» sbottò Piton.
«Intendevo mio figlio, deficiente!» replicò Lene.
«Oh. Davvero? Ma non ha undici anni... ah, suppongo che qualcuno glielo abbia insegnato, eh?»
«Brillante, Severus,» chiuse la discussione Voldemort, con un gesto della lunga mano candida.
«Rimane un problema,» disse la McGrannit.
Varie teste si voltarono a guardarla. A nessuno piaceva sentire che c'era anche un altro problema.
«Se non ricordo male, il ricordo felice deve essere lo stesso per tutti, no?»
Voldemort si grattò la testa.
«Beh, è così,» ammise. «Anche se io credo che una volta che la maggioranza dei Patronus si sono conglomerati gli altri tendano a venir risucchiati dentro quello più grande indipendentemente dal pensiero d'origine. Con gli Incubus funziona così, non vedo perché i Patronus dovrebbero...»
«Gli Incubus?» lo interruppe Hermione, incredula. «Non avrai mica... oh, è orribile, Hai...» sembrò riflettere un attimo. «Certo che l'hai fatto,» convenne, alla fine. «Domanda stupida.»
«Che roba è?» chiese Harry, che non stava più seguendo il discorso.
Hermione si mordicchiò un labbro.
«Beh, dunque... ho letto da qualche parte che un Incubus è una manifestazione simile a un Patronus, ma di segno inverso. E' qualcosa di molto, molto cattivo e... impossibile da controllare.»
Voldemort le sorrise con gusto.
«Questo non è esatto. Sono comunque impressionato dalla tua preparazione in materia.»
«Che cosa non è esatto?» ribatté Hermione, punta sul vivo.
«Che non si possano controllare. Gli Incubus diventano incredibilmente servizievoli non appena trovano qualcuno più cattivo di loro. Ma non credo che questo sia all'ordine del giorno, adesso. Come dicevo, penso che una volta che un Patronus Cumulativo si è formato tutti gli altri Patronus intorno vengano risucchiati naturalmente al suo interno. La parte più difficile dev'essere guidarlo, credo. Serve notevole coesione. Niente ordini in conflitto tra loro. Se no quasi sicuramente si disgregherebbe.»
«Okay, va bene,» disse Harry. «Quante persone almeno devono concentrarsi sullo stesso ricordo?»
Voldemort si grattò il mento. «Penso che noi otto possiamo bastare.»
La McGrannit rise istericamente.
«Non crederai davvero che io possa avere un ricordo felice in comune con te?»
Voldemort la guardò freddamente. «Non sei tifosa dei Magnifici Sette?»
La McGrannit arrossì. «Beh, sì.»
«E la loro ultima vittoria contro le Vespe di Winbournenon è stata un momento felicissimo?»
«Certo.»
«Ed ecco trovato un...»
«Hey, io tifo per le Vespe!» sbottò Remus.
Gli altri lo guardarono come se fosse un appestato. «Tifi per le Vespe?» chiese Harry, scandalizzato.
«E allora? Nessuno si ricorda dell'ultimo incontro a...» iniziò ad accalorarsi l'altro.
«Magari potremmo provare con la vittoria dell'Inghilterra agli ultimi mondiali?» lo interruppe Voldemort, infastidito.
«Io tenevo Scozia,» fece la McGrannit.
«Ma la Scozia è stata eliminata al primo turno!» strillò Lene.
«Sì, dall'Inghilterra!» replicò l'altra.
Voldemort sospirò.
«Okay, lasciamo perdere il Quidditch. Qualcuno ha un'idea migliore?»







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