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Titolo: L'ultimo Horcrux
Capitolo 4/5: Il Patronus
Autore: sssilvia
Serie: J.K. Rowling's Harry Potter
Status: concluso
Disclaimer: Tutti i personaggi appartengono a JK Rowling, anche quelli che ho inventato io, se li vuole!
Warning: Può contenere SPOILER per HARRY POTTER AND THE HALF-BLOOD PRINCE.
Note: vai al primo capitolo...
Archivio: SLC, Fanfiction.net
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L'ultimo Horcrux

sssilvia



capitolo 4

Il Patronus

Gli studenti, nella sala grande, stavano tifando per le proprie case nella grande partita a scacchi quando la Preside ricomparve.
«Un attimo di attenzione,» disse, mentre le voci dei ragazzi si spengevano.
«Chiunque di voi sia in grado di produrre un Patronus corporeo è pregato di seguirmi,» disse. «Vi garantisco che non c'è alcun pericolo,» aggiunse, vedendo le facce perplesse che la guardavano.
Un gruppetto di ragazzi del settimo anno si fece avanti, piuttosto titubante.
Un paio di sesto anno fecero lo stesso. Un ragazzo del quinto. Erano nove in tutto. Nel silenzio più totale il giovane Tom Riddle fece un passo avanti. Dopo di lui Athena Weasley.
La McGrannit annuì.
«Dietro di me, per favore.»

***

Sette maghi dalle facce scure guardavano giù dai torrioni.
«Credo che abbiamo trovato il ricordo,» li accolse Lupin, rivolto alla McGrannit.
«Ah sì?»
«Sì,» annuì l'altro. «Ti ricordi quando Harry e Thomas hanno cessato le ostilità?»
«Non potrei definirlo propriamente un bel ricordo.»
Lupin sorrise. «Sì, pare che nessuno lo consideri tale, ma sono tutti concordi nel definire il rinfresco a seguire uno dei momenti migliori della propria vita.»
La McGrannit si aggiustò il cappello con sussiego. «Le tartine erano deliziose,» ammise.
I ragazzi seguivano il dialogo con aria smarrita.
«Oh, non preoccupatevi,» disse la McGrannit. «Voi dovete emettere un normale Patronus come avete sempre fatto.»
«Okay, il piano è questo,» disse l'alto stregone con gli occhi serpentini, staccandosi dal parapetto e fronteggiando gli studenti.
«Dopo che noialtri avremo creato un Patronus Composito - lo riconoscerete per la stazza imponente... Hey, ragazzino! Smettila di tremare e ascolta. Puoi riprendere ad essere terrorizzato da me dopo che avremmo spazzato via i Dissennatori.»
Il ragazzino in questione, un sesto anno alto un paio di metri e dotato di notevolissime (ancorché tremanti) spalle larghe, deglutì un paio di volte e cercò di assumere un'espressione più tranquilla.
«Molto meglio. Dicevo... dopo che noi avremo creato il Patronus Composito, voi emetterete i vostri e li inciterete a entrare nel Patronus più grande. Ci sono domande?»
Athena alzò baldanzosamente la mano.
«Sì?» fece Voldemort, pensando che a quei ragazzini qualcuno avrebbe dovuto insegnare il concetto di domanda retorica.
«E se i nostri Patronus non vogliono entrare?» chiese.
Voldemort sospirò. «Beh, se non vogliono non possiamo obbligarli, vero?»
Athena annuì, molto sollevata. Il suo Patronus non le dava sempre retta.
I maghi adulti formarono un cerchio vicino al parapetto e si guardarono tra loro in attesa di un cenno. «Uno, due... tre» sussurrò la McGrannit.
Otto "Expecto Patronus" risuonarono contemporaneamente.
Dalla bacchetta di Lene emerse un cavallino argentato dall'aria irritabile, da quella di Harry un cervo, una lontra da quella di Hermione, un gabbiano da Lupin, un pipistrello per Piton, un gatto per la McGrannit, un gufo per Vitius e da quella di Voldemort un grosso, sibilante basilisco.
Il basilisco iniziò ad arrotolarsi lentamente attorno agli altri Patronus. Il cavallino di Lene fu il primo a venire inglobato.
«Funziona!» gridò Harry, mentre anche il suo cervo scompariva in quella che ormai sembrava una grossa massa informe argentea.
«Certo che funziona!» sibilò Voldemort, offeso da tanta mancanza di fiducia.
Ormai tutti i Patronus si erano consociati tra loro e iniziavano ad avere una forma più definita.
«Adesso!» gridò Lupin, alla volta degli studenti.
Altri undici "Expecto Patronus" echeggiarono sugli spalti.
«Dentro! Vai dentro!» implorò il suo pinguino Athena. Questi saltò allegramente dentro il Patronus più grande. Il gatto di Tom Junior lo seguì con un balzo e presto anche tutti gli altri fecero lo stesso.
Il Patronus composito era grande come una balenottera, e fluttuava a mezz'aria sopra le loro teste.
«Disperdili,» ordinò Voldemort, che sembrava l'unico ancora in possesso dei suoi nervi.
L'enorme, possente fenice argentea planò lentamente giù dalle mura.

***

La scena che seguì fu strabiliante. Ovunque l'immensa fenice passasse i Dissennatori si disperdevano e si davano alla fuga, nella più tremenda confusione.
Le falangi degli assedianti si scompaginarono, prima di iniziare a ritirasi scompostamente.
«Tornate di sotto, voi!» gridò la McGrannit, quando si fu ripresa a sufficienza dallo stupore da parlare.
Ma i ragazzi erano come congelati al proprio posto, troppo affascinati per ascoltarla.
I Dissennatori continuavano a scappare.
«Adesso Lucius e gli altri,» disse una voce gelida, poco lontano. «Non li lascerò scappare.»
Lord Voldemort era salito sul parapetto e guardava di sotto come un maligno gargoyle. Il suo mantello nero svolazzava dietro alle sue spalle, emettendo degli schiocchi sinistri.
Lo videro inclinarsi dolcemente in avanti e saltare giù.
Un attimo dopo, sotto di loro, lo stesso mantello nero si allargava nell'aria come fosse le ali di un grosso pipistrello. Voldemort stava planando tranquillamente verso il cancello.
«Ne voglio un pezzo anch'io!» gridò Lene e si tuffò dietro di lui.
La sua figura snella fendette l'aria come un coltello da lancio e si allontanò velocemente.
«Ma che cazz...» mormorò Harry Potter. «Accio firebolt di mio figlio!» gridò, e dopo pochi istanti una scopa entrò sibilando dalle scale. Potter ci saltò sopra e si lanciò dietro gli altri due.
La McGrannit usò la propria bacchetta per trasfigurarsi in un corvo, e gli volò appresso.
Vitius la seguì levitando a mezz'aria. Piton estrasse un piccola fiala di vetro e ne ingurgitò il contenuto. Un attimo dopo svolazzava come un palloncino gonfio di elio.
Lupin si voltò verso i ragazzi e ripeté.
«Tornate nella sala grande. Adesso.»
Aspettò di vederli imboccare le scale prima di fischiare un richiamo.
L'ippogrifo un tempo conosciuto come Fierobecco se lo caricò sulla possente schiena, insieme ad Hermione.

***

Lucius Malfoy non si rese conto che qualcosa stava planando su di lui finché non fu troppo tardi. Era stato di gran lunga troppo impegnato a cercare di far serrare le fila ai Dissennatori per accorgersi di qualcosa.
Adesso tutti i Dissennatori erano scappati via e i suoi problemi non finivano qua.
Quello che a prima vista gli era sembrato un gigantesco pipistrello nero, una volta atterrato si rivelò essere invece un Lord Voldemort di pessimo umore.
«Che cosa volevi fare, Lucius?» lo apostrofò, con voce gelida.
L'uomo deglutì un paio di volte.
«Pensavo... pensavo che l'idea le sarebbe piaciuta...»
Voldemort incrociò le braccia. «Nemmeno un imbecille come te avrebbe potuto pensarlo. Ci sono i miei figli, dentro quella scuola... ma, naturalmente, questo non ti riguarda più,» aggiunse, alzando oziosamente la bacchetta.
«Non ucciderlo, Tom!» gridò una voce dietro di lui. Lucius ringraziò mentalmente chiunque l'avesse detto.
«Non era mia intenzione,» replicò Voldemort, calmo.
Dalla punta della sua bacchetta sprizzò un lungo getto di luce verde che si contorse a mezz'aria come un serpente, prima di avvincersi strettamente intorno al corpo di Lucius Malfoy.
Quest'ultimo urlò. La stringa di luce lo stava strizzando lentamente modello boa constrinctor.
Voldemort gli si avvicinò di un passo e si abbassò su di lui.
«Dì basta, Lucius,» sibilò.
«Basta! Per favore, basta, mio Signore!»
«Io non sono il tuo signore più di quanto non sia un addestratore di vermi. Anche se i vermi, al tuo confronto, sono animali rispettabili.»
Il senso di strizzamento terminò, lasciando Lucius comunque legato come un salame.
«Non sai neanche tu quanto sei stato...»
«Muori, lercia babbana!» gridò una voce acuta, dietro di loro.
Voldemort si voltò di scatto. Lucius poteva vedere meglio la scena, adesso. Quel che rimaneva dei mangiamorte, gli uomini che aveva messo insieme con tanta fatica, stavano soccombendo sotto i colpi dei maghi di Hogwarts.
Codaliscia giaceva sotto al ginocchio di Remus, Greyback stava combattendo contro la McGrannit e Vitus, Draco sembrava essere sul punto di avere la peggio contro Harry Potter e...
Bellatrix doveva aver attaccato Lene alle spalle, perché lei era a terra e perdeva sangue da un braccio.
Lucius vide Voldemort alzare la mano che teneva la bacchetta e prepararsi a lanciare una maledizione mortale.
«Stupeficium!» gridò una voce femminile, e Bellatrix prese una violenta schienata a terra.
Lucius vide Hermione Granger correre verso di lei.
L'Oscuro Signore schizzò in avanti e si accovacciò accanto a Lene.
«Come ti senti? Che cosa...»
«Mi ha preso alla sprovvista... quella... puttana...»
«Lene!» Voldemort la scosse per una spalla. Vedendo che lei non rispondeva le passò velocemente la bacchetta lungo il corpo. Il sangue che le gocciolava dal braccio si arrestò.
Voldemort appoggiò cautamente il suo corpo a terra e si voltò verso Hermione e Bellatrix.
«L'ho schiantata,» disse Hermione.
Voldemort si inginocchiò li affianco. «Innerva,» sussurrò. Bellatrix, legata come un salame, sbatté lentamente le palpebre.
«Che maledizione hai usato?» sibilò Voldemort, stringendola per i risvolti del vestito. Bellatrix rise.
«Parla! O ti torturerò fino a quando non avrai altra speranza che la morte!»
Bellatrix rise ancora.
«La Lenta Morte, povero sciocco che sei diventato!»
Se Voldemort non fosse già stato del colore del gesso Hermione avrebbe detto che era impallidito. Lasciò lentamente la presa sul vestito di Bellatrix, la bocca spalancata per l'orrore, e si alzò barcollando.
Remus gli andò incontro.
«Hey, che cosa...»
Voldemort gli passò affianco senza neanche accorgersi di lui.
«Che cosa...» ripeté Remus ad Hermione.
«Bellatrix ha colpito Lene con qualcosa chiamato La Lenta Morte, non so che cosa sia... non ho mai sentito nominare una maledizione del genere...»
«No, non l'hai mai sentita...» giunse loro la voce atona di Voldemort.
Era in piedi, con il corpo di Lene tra le braccia e due lacrime simmetriche gli scorrevano giù dagli occhi rosso cupo.
«L'ho inventata io,» aggiunse.
Poi si sollevò lentamente in aria.
Bellatrix continuava a ridere.







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