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Titolo: Ho sparato a Lord Voldemort
Capitolo 9/11: Un potere a lui sconosciuto
Autore: sssilvia
Serie: J.K. Rowling's Harry Potter
Status: concluso
Archivio: SLC, Fanfiction.net
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Ho sparato a Lord Voldemort

sssilvia



capitolo 9

Un potere a lui sconosciuto

Voldemort rifletteva intensamente. Checché ne dicessero i suoi oppositori era in grado di riflessioni estremamente intense, una volta che riusciva a mettere da parte il delirio di onnipotenza, e tutte le altre nevrosi di poco conto di cui soffriva.
Il suo piano si era rivelato vincente.
L'aveva formulato partendo da una serie di ragionamenti molto brillanti e acuti, ma non ci si poteva aspettare altro da una persona brillante e acuta come lui. Sghignazzò, fregandosi le mani.
Il ragionamento era stato semplice, una volta che si era accostato nel modo corretto al problema.
Lene viveva al di fuori di qualsiasi probabilità. Non c'era niente in lei che fosse come ci si sarebbe aspettati che fosse. Anche se questa sua particolarità era estremamente seccante, era anche molto utile, quando capivi come sfruttarla a tuo vantaggio.
Bastava pensare al contrario.
Voldemort ci aveva riflettuto per bene, stilando mentalmente i seguenti punti:
1) Che probabilità c'erano che una bambina discendente di una antica famiglia e dotata di forti poteri magici non fosse individuata dal Ministero della Magia texano (o quello che avevano da quelle parti)?
2) Che probabilità c'erano che lei non si rendesse conto di essere un tantino differente dagli altri cow-boy del vicinato, non fosse altro che per il fatto che i suoi cavalli le parlavano?
3) Che probabilità c'erano che sparasse per sbaglio al nemico pubblico numero uno della comunità magica internazionale? In un mercatino babbano all'aperto?
4) Che probabilità c'erano che il mago summenzionato non la facesse secca all'istante, una volta rintracciata?
5) Che probabilità c'erano che lo trovasse abbastanza sexy da... hem. Voldemort a questo punto si era grattato la nuca, di fronte a un problema di autostima. "Effettivamente," aveva pensato, le probabilità non erano così basse. Lui era un gran pezzo di crotalo, a guardare bene...
In ogni caso, seguendo questa geniale linea di ragionamento, non vedeva per quale motivo Lene non avrebbe semplicemente presentarsi al suo arci-nemico e farsi rivelare il suo segreto più nascosto, quello che nemmeno Voldemort era mai riuscito a cavargli fuori dal cervello, quello per il quale Potter avrebbe ucciso e sarebbe morto, quello che mai, mai, mai, nemmeno sotto tortura avrebbe mai confessato.
E aveva avuto ragione.
Era stato semplicissimo, praticamente scontato.
Come rubare una caramella a un bambino (uno degli sport preferiti di Voldemort, meglio se il bambino era su una sedia a rotelle).
Naturalmente era un gioco duro. Bisognava essere corazzati, per scendere in campo. Bisognava essere disposti a fronteggiare improvvise richieste di gelato distruggi-pathos e cavalli brucanti nella vasca da bagno... bisognava tollerare di andare in giro con una stellina appiccicata sui boxer (e, maledizione, non si staccava!) e sviluppare la pazienza di un buddista.
Ma Voldemort era abituato al gioco duro. Non importava quanti mangiamorte avesse fatto svenire, quanti attacchi di ulcera gli fossero venuti (ormai masticava tavolette anti-acido come cingomme), quante stelline si sarebbe trovato impigliate nelle parti basse e quanti scivoloni, ruzzoloni ed ematomi avrebbe dovuto sopportare. Lui avrebbe vinto. E quel lercio quattrocchi dall'aria indisponente avrebbe perso!
Ah-ah-ah! (Risata satanica).
Adesso che era finalmente venuto a conoscenza dell'intera profezia (si era aspettato un po' di più dal finale, a dire il vero, qualcosa di meno scontato) la vittoria era praticamente nelle sue mani.
Anche il fatto che un attacco isterico gli avesse impedito di eliminare Potter all'istante era stato una fortuna.
Com'è che diceva? Avrà un potere a lui sconosciuto...
Ah-ah! Sconosciuto!
Niente poteva essergli tenuto segreto. Era solo necessaria una veloce opera di documentazione.
Tempo una settimana avrebbe saputo dell'amore tutto quello che c'era da sapere!
«Ti ho portato un cono alla menta,» disse in quel momento una voce, da dietro alle sue spalle.

***

Lucius e Draco Malfoy, Piton, Tiger, Boyle, Bellatrix, Nott, Codaliscia, McNair e vari altri fissavano tutti vacuamente il loro signore e padrone che passeggiava avanti e indietro nella lugubre sala (stelline a parte), leccando un cono gelato alla menta.
La sua lingua biforcuta era il dettaglio di gran lunga meno inquietante dell'intera faccenda.
«Lucius?» stava dando le sue disposizioni, comunque, il Signore Oscuro. «Devi procurarmi tutti i film con una certa Julia Roberts.»
Lucius aggrottò la fronte. «Film?»
«Artefatti babbani, Lucius. E anche un lettore divuddì. Una specie di doppio-piccolo-vudù, dovresti ricordartelo.»
«Sì, Maestro.»
Voldemort, passò al mangiamorte successivo, dando un'altra leccata al suo cono.
«Draco? L'intera annata 2005 di "I Più Grandi Romanzi d'Amore di Tutti i Tempi", solo quelli della collana Struggimento Romantico. Gli altri non sono di interesse.»
Draco si inchinò fino a terra, cercando di nascondere l'espressione terrorizzata che aveva in viso.
«Tiger? Boyle? Qualcosa all'altezza delle vostre sublimi intelligenze: collezionate il maggior numero di biglietti di San Valentino che riuscite a trovare e portatemeli. Draco vi spiegherà di che cosa si tratta.»
I due annuirono bovinamente.
«Nott, tu dovrai rapire Celine Dion e recapitarmela.»
«Chi?»
«Una cantante. O una nave affondata. Adesso non ricordo.»
«Sì, maestro.»
«Bella? Credo che la tua sensibilità femminile sarà di utilità. Mi serve una selezione scelta delle migliori poesie romantiche di tutti i tempi. Romantiche significa che non devono contenere peti o pernacchie.»
«McNair? Evoca tali Romeo e Giulietta e tienili a mia disposizione.»
«Codaliscia? Compra una cassa di melassa, qualsiasi cosa sia.»
Voldemort finì di sgranocchiare il suo cono gelato e si leccò i baffi. Poi si fermò davanti a Piton e lo guardò con aria corrucciata.
«Tu sai cosa devi fare,» concluse.
Piton si inchinò rigidamente (la sciatica) e sussurrò:
«Ne è proprio sicuro, Maestro?»
Voldemort sospirò.
«Temo che sarà inevitabile.»

***

Harry Potter era rientrato in Grimmaud Place anche più abbacchiato di quando ne era uscito. Come aveva fatto ad essere così stupido?
Come gli era venuto in mente di spifferare alla prima sconosciuta il suo segreto più importante?
Doveva essere stato vittima di una potentissima fattura. Beh, almeno il gelato era buono.
Aveva strisciato fino alla cucina e aveva preso un grosso pezzo di cioccolata. Remus lasciava pezzi di cioccolata ovunque passasse, e Harry sospettava fortemente che fosse così povero perché spendeva tutto in dolciumi. E poi chissà com'erano ridotti i suoi denti. Compativa il suo dentista. Già mettere le mani dentro alla bocca di un lupo mannaro non doveva essere il massimo della vita...
In ogni caso in quel momento le carie erano l'ultimo dei suoi problemi.
Quella cosiddetta babbana era una traditrice, non c'erano dubbi.
Eppure... a Harry era parso che non sapesse con esattezza quali erano le carte in tavola.
Era tutto molto strano. Anche Voldemort gli era sembrato un po' strano. Come... leggermente isterico.
Quale nuova diavoleria aveva escogitato?

***

Aveva guardato tutti i film con Julia Roberts (lei non era affatto educata: ogni volta che l'aveva salutata era andata avanti a fare le sue cose senza degnarlo di uno sguardo). Aveva letto un buon numero di libri Struggimento Romantico, aveva sentito cantare Celine Dion (l'aveva silenziata dopo cinque secondi: quel che è troppo è troppo), aveva osservato Romeo e Giulietta che tubavano (avevano un certo gusto per gli avvelenamenti che glieli aveva resi simpatici), aveva letto alcune poesie d'amore.
Tra queste ultime gli era rimasta impressa quella che diceva "odio e amo". Gli aveva aperto alcune interessanti prospettive.
Aveva visionato centinaia di biglietti di San Valentino e si era nutrito esclusivamente di melassa, ottenendo il doppio risultato di ingrassare di due chili (quando gli avevano detto che l'antiestetico pannicolo che gli si era formato in zona fianchi andava sotto il nome di maniglie dell'amore aveva esultato) e di andare in iperglicemia.
Adesso, stordito, nauseato, stanchissimo, sentiva di aver appreso le basi dell'oggetto noto come amore.
La prima cosa che aveva notato era che le persone innamorate subivano un brusco abbassamento del QI. Iniziavano a fare cose stupide e ridicole come passare il tempo in equilibrio sulla prua di grosse imbarcazioni destinate all'affondamento, travestirsi da donna se uomini e da uomini se donne, sospirare senza motivo, passeggiare nelle fontane, camminare a piedi nudi nei parchi pubblici (apparentemente ignari del pericolo di pestare cacche di cane), ridere o piangere come stupidi, e affittare aerei privati cantando canzoni pop.
L'altra cosa che aveva notato era che essere innamorati poteva essere molto pericoloso per la salute. Aveva assistito a suicidi, avvelenamenti, fratture, sparatorie, annegamenti, ingiurie di vario tipo a oggetti di buona fattura e considerevoli perdite economiche.
Quindi, in conclusione, come aveva sempre sospettato, gli innamorati erano persone intontite che andavano in giro facendosi molto male.
Non riusciva a capire come questo potesse venirgli comodo in qualche modo.
Tuttavia, visto che Voldemort era un tipo che si applicava seriamente sui problemi, aveva provato a fare tutte le cose che facevano gli innamorati.
Si era travestito da donna (il perizoma era decisamente scomodissimo), aveva sospirato molto, aveva fatto il bagno nella fontana di Trafalgare (un vigile l'aveva multato quasi subito - ed era morto), aveva composto commuoventi poesie d'amore (quella che giudicava migliore faceva: O tenera fanciulla, il tuo cuore gorgoglia sangue, i tuoi vestiti sono di nailon rosso, i tuoi occhi assomigliano a monete da un galeone - quindi dammeli - e i tuoi capelli sono i dolci fili che sostengono il tuo corpo mentre penzola dall'albero) e si era fatto cadere un cocomero su un piede.
Sentiva di essere a tanto così dall'entrare nel giusto stato d'animo.
Adesso mancava solo il tocco finale.
Convocò Piton e gli chiese di portargli quello che gli aveva richiesto.

***

Piton non era abituato a preparare pozioni d'amore. Conosceva ottime ricette per cambiare il proprio aspetto, per avvelenare i nemici, per guarire le ferite, per far crescere le piante... ma erano anni che nessuno gli chiedeva più una pozione d'amore.
Aveva fatto qualche prudente esperimento (quella era magia dannatamente pericolosa) e aveva finito per comprarne una già pronta da Tiri Vispi Weasley.
Vide Lord Voldemort che fissava la confezione rosa con aria scettica e sperò ardentemente che cambiasse idea all'ultimo istante.
«Come funziona con esattezza?» chiese, invece, lui.
Piton deglutì. «E' molto semplice, Maestro. Dopo l'assunzione si innamorerà perdutamente del primo essere vivente che incontrerà. Per ventiquattro ore.»
«Santo Cielo... Occorre un altro essere vivente, eh?»
Piton sbatté un paio di volte le palpebre. L'Oscuro Signore era più indietro di quanto pensasse.
«Hem... temo che sia indispensabile, Maestro.»
Voldemort appoggiò la testa su una mano, pensieroso.
«Va bene un qualsiasi essere vivente, vero?»
Piton fece un cauto passo indietro.
«Credo che dovrebbe scegliere con cura, Maestro. Chi prende la pozione tende ad essere, hem, molto appassionato.»
«Oh, ma sono sicuro che non può essere così tremendo. Ho visto molti film d'amore. Credo che mi limiterò ad andare in giro intontito per un po' inciampando dappertutto.»
«Potrebbe essere un po' più serio di così, Maestro. Mi dicono che quelle pozioni danno una bella botta, se così si può dire.»
Voldemort sventolò una lunga mano bianca con fare infastidito.
«Sciocchezze. Che qualcuno mi porti Nagini, ad ogni modo.»
Potter, l'elfo domestico, si avviò lungo un oscuro corridoio (stelline a parte) con aria depressa.
«Nagini?» chiese stolidamente Piton.
Voldemort sollevò su di lui i freddi occhi rossi. «Ti assicuro che è un essere vivente. E' anche molto affettuosa. O golosa, che dir si voglia.»
Piton rimase in silenzio chiedendosi se il suo capo non fosse completamente impazzito anche senza bisogno della pozione.
Potter rientrò con alle spalle l'enorme serpente (che lo guardava palesemente con l'acquolina in bocca) e si allontanò in fretta.
Voldemort diede un paio di pacchette in testa a Nagini e le mormorò: «Si tratta solo di ventiquattro ore, mia cara. Cosa vuoi che siano in confronto a tredici anni di incorporeità e sofferenza?»
Detto questo bevve tutto d'un fiato la pozione.
Piton fece altri dieci passi indietro (molto velocemente) e si appiattì contro un muro.
Voldemort sollevò gli occhi e...
Un grosso scoppio verde abbatté una delle pareti della sala. Nagini corse a nascondersi sotto al tappeto.
In mezzo ai calcinacci qualcuno tossì e disse:
«Solo un piccolo disguido, capo.»

***

Harry Potter stava effettivamente per confessare il suo piccolo errore a Ron. Lo stava per fare da un paio di giorni. Gli era solo mancata l'occasione, tutto qua.
Quella sera stava, quindi, per prendere Ron da parte e dirgli: «Mi è successo qualcosa di un po' strano, l'altro giorno...» ma anche quella volta sembrava che non fosse destinato al successo.
Improvvisamente si sentì colmo di una forte, prepotente, melensissima sensazione di... amore.

***

Piton fissò come in trance il suo padrone che guardava la strega del Chili.
Gli occhi di Voldemort sembrarono appannarsi e poi cominciare a risplendere di luce propria. Il suo viso si aprì in un sorriso ebete ed estatico. Le sue guance diventarono rosso porpora.
E poi sospirò.
Piton si nascose gli occhi con una mano. Era troppo. Quello era troppo. Non poteva restare a guardare.
«Oh, meravigliosa creatura dai capelli corvini e dalle dolci labbra...» sentì sospirare. Aprì un occhio. Poteva quella essere la voce del suo padrone? Così... hem... romantica ed appassionata?
Piton richiuse l'occhio. Sì, poteva. E a quanto pareva l'Oscuro Signore aveva anche appena avvertito il bisogno di gettarsi ai piedi della sua amata.
«Ti amo! Ti amo con tutto il cuore! Non esiste nessuna più bella di te... il tuo profumo di viole mi inebria lo spirito... la tua presenza mi fa palpitare...»
Piton non riuscì a resistere oltre.
«Maestro!» gridò, correndo verso di lui. «Maestro, le preparerò immediatamente un antidoto!»
Voldemort non lo sentì nemmeno, gli occhi sognanti fissi sull'oggetto del suo desiderio.
«Non esiste un antidoto per quello che provo per te, dolcissima Magdalene. Mai donna fu creata più bella, più saggia, più perfetta...»
«Sì che esiste, Maestro! Lo preparerò all'istante!»
«Hey, come hai detto che sono i miei capelli?» parlò per la prima volta Lene, che era rimasta come fulminata, con la bacchetta in mano e i calcinacci in testa.
Voldemort sospirò, abbracciato strettamente alle sue ginocchia, e i suoi occhi diventarono un altro po' più lucenti. «Soffici come seta, neri come la notte, sottili come le voci delle fate, soffici come petali...»
«Ok, ok. Hey, Severus... che cosa hai detto che ha bevuto?»
«Una potente pozione d'amore. Rimarrà così per altre ventiquattro ore, se non prenderà un antidoto.»
«Niente mi potrà separare da lei, vile marrano! Io la Amo, Ella è mia!»
«...»
«Oh, Voldie... che cosa romantica!»
Voldemort sembrò tornare in sé per un istante. «Romantico...» borbottò con un sorrisetto soddisfatto. Poi tornò ad avvincersi alle sue gambe, l'espressione adorante.
«Vattene squallido nasone! Non ti permetto di offendere la mia dolce pasticcina con il tuo sguardo laido un secondo in più!»
Piton si toccò involontariamente il naso. Non era così grande, pensò, ma certo non poteva mettersi a discutere con un uomo folle d'amore che tra l'altro conosceva anche un numero imponderabile di modi per uccidere.
No, non era affatto saggio.
Le ultime parole che sentì mentre scivolava via furono:
«Oh, meraviglioso fiore... lascia che io baci la tua mano...»







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