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Titolo: Amici
Autore: Genkai
Serie: Darkover di Marion Zimmer Bradley e il gioco "The Elvas Project" ad esso ispirato
Pairing: Duane x Patrick
Spoiler: Come sarebbero potute andare le cose tra Duane e Patrick, se il primo non avesse incontrato Brydar. Si svolge dopo "Catalizzatore" di Elorie MacAran
Rating: NC-17 - A/U - Yaoi
Parti: 1
Status: concluso
Disclaimer: tutti i diritti su Darkover sono di Marion Zimmer Bradley e di chi la rappresenta. I personaggi di Elvas appartengono agli autori delle storie che li coinvolgono
Archivio: HSC

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: Amici :

< Genkai >



«Duane? Duane, ma che hai ti sei incantato?»
Keith segui lo sguardo del fratello e si trovò a fissare Kasentlaya, la ragazza cui entrambi facevano la corte che, accompagnata da un giovane alto e prestante, si dirigeva verso la Torre. Keith diede di gomito a Duane.
«Adesso ho capito! Però il nostro patto prevedeva una concorrenza leale, non vale che tu la ammiri senza dirmi niente!»
Duane si riscosse come da un sogno.
«Cosa? Ma no che dici!»
«Dico che stai cercando di avvantaggiarti nella conquista di quella splendida fanciulla a dispetto del nostro patto!» Fece per tirargli un pugno che Duane schivò abilmente mettendosi a correre.
«Non riuscirai mai a colpirmi Keith!»
«A sì, adesso vediamo!» e scattò all'inseguimento del fratello. Stava per prenderlo quando Duane inciampò e rotolò a terra subito travolto dal fratello. Keith si alzò subito, mentre Duane rimaneva a terra. Una donna gli si avvicinò e chiese:
«Dove ti fa male?»
Duane sentiva la gamba destra pulsargli dolorosamente all'altezza del polpaccio e la pulsazione rimbombava nella sua testa ovattando tutte le sue percezioni.
«La gamba, credo che sia rotta!»
La donna si chinò, ma appena sfiorò il giovane con la punta delle dita, Duane fu travolto da una forza immensa e quasi fisica che lo fece svenire.


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Duane si risvegliò in una stanza calda e profumata, le pareti foderate di seta. Il dolore alla gamba era passato quasi del tutto, la sentiva solo indolenzita, in compenso nella sua testa c'era uno strano ronzio e in sottofondo dei sussurri incomprensibili come se qualcuno parlasse sottovoce appena fuori della sua portata. Il sole entrava dalla finestra alla destra del letto, illuminando il camino in cui scoppiettava un bel fuoco ed una comoda poltrona di velluto verde. Cercò di alzarsi e il lieve cigolio del letto, che gli sembrò più forte ed acuto del grido di un banshee, lo fece gemere. Allora provò a girare la testa, sul tavolino accanto al letto una bottiglia piena a metà di un liquido trasparente lievemente dorato e un bicchiere, ma anche quel semplice movimento gli fece venire vertigini e nausea.
Come in risposta al suo gemito la porta si aprì ed entrò una Rinunciataria, alta con corti capelli castani. I suoi occhi saettavano da una parte all'altra come se in ogni angolo della stanza si potesse nascondere un pericolo.
«Vedo che hai ripreso conoscenza.»
La Rinunciataria aveva parlato in tono normale, ma sua voce gli giunse alta come se lei avesse urlato.
«Dove sono?» La sua voce era impastata e distante, come se avesse parlato qualcun altro.
«Sei in una stanza della Torre.»
«Perché? Cos'è successo? E la mia gamba?»
Duane ebbe l'impressione che la Rinunciataria sbuffasse, ma era sicuro di non aver visto la sua bocca muoversi.
«Il tuo laran è stato risvegliato improvvisamente, e la tua gamba si era rotta, ma l'osso è già stato saldato. Scusa ma adesso ho da fare.»
Senza lasciargli tempo di replicare la Rinunciataria gli volse le spalle e lo lasciò solo.
Il ronzio continuava tormentargli le orecchie, ma il sussurro per qualche tempo si quietò.
Doveva essersi appisolato perché quando riaprì gli occhi la luce non entrava più dalla finestra, anzi la stanza era illuminata solo dal fuoco nel camino. Non si accorse dell'uomo che era entrato e si era seduto sulla poltrona, che era stata spostata accanto al letto finché l'uomo parlò.
«Ben svegliato! Come ti senti?»
«La gamba non mi fa più male. É che sento uno strano ronzio e dei continui sussurri. Solo che appena provo a muovermi mi viene la nausea.»
«Allora ti consiglio di star fermo e tranquillo, prima che ti vengano nuovamente le convulsioni.»
«Convulsioni?»
«Sì, hai avuto un attacco di Mal della Soglia, non troppo forte, ma è meglio non forzare le cose. La gamba sarà come prima in un paio di giorni. Posso controllarti?»
«Che cosa vuol dire?»
«Adesso controllerò con il laran le tue condizioni di salute.Vedi il laran passa nel tuo corpo in alcuni canali, che sono gli stessi dell'energia sessuale... Ma che stupido, sto dimenticando le prime regole dell'educazione. Io sono Kelan MacAran e tu?»
«Duane McKee.»
«McKee? Sei parente di Shann e Benton?»
«Sì sono i miei zii.»
«Dovresti scostare le coperte.»
Duane fece come gli era stato detto e scoprì una comoda veste da camera di flanella.
Kelan gli si avvicinò e portò due dita a pochi centimetri dalla sua pelle e li passò lungo tutto il suo corpo.
«Molto bene, la situazione è migliorata ancora. Ti dà fastidio se accendo una candela?»
Duane cercò di scuotere la testa, ma ottenne solo un violento capogiro. Respirò profondamente un paio di volte e riuscì a parlare di nuovo.
«No, la luce non mi dà fastidio.»
Kelan prese la candela e si portò vicino al camino, dove con un bastoncino incendiato ad un capo, accese lo stoppino. Duane ora poteva vedere il suo interlocutore. Un uomo sui venticinque, ventisei alto, gli occhi chiari ed i capelli scuri in cui la fiamma accendeva riflessi ramati. Kelan lo stava osservando attentamente.
«Duane... quanti anni hai?»
«Diciassette!» Disse con orgoglio.
«Diciassette...» il volto di Kelan si fece pensieroso e Duane ebbe l'impressione di veder delle onde di perplessità irradiarsi dall'uomo.
«Duane, quando sei diventato uomo?»
Duane arrossì.
«Intendo quanto tempo fa hai cambiato la voce e ha cominciato a crescerti la barba?»
«Ah, tre o quattro anni fa.»
«E quando è successo non sei stato male?»
«Beh, non mi ricordo, dovreste chiedere a mia madre, però forse è stato in quel periodo...» Duane si morse un labbro cercando di ricordare. «C'è stato un periodo in cui soffrivo di violenti capogiri e a volte avevo anche la nausea, ma forse è stato qualcosa che ho mangiato.»
«Potrebbe essere stato il Mal della Soglia. Ma devo parlarne con Fiona.» Kelan lo guardò negli occhi per qualche istante, sembrava indeciso, alla fine sospirò. Doveva aver preso la sua decisione perché si voltò verso il tavolino e versò nel bicchiere due dita di liquido. Gli porse il bicchiere.
«Adesso bevi questo, e dopo riposa.»
I giorni seguenti Duane li trascorse tra il sonno indotto dal distillato del kireseth e la veglia tormentata dal ronzio e dai sussurri. Quando si svegliava trovava a volte Kelan MacAran, altre una Rinunciataria che si era presentata come Dana n'ha Angela. Un risveglio rimase particolarmente impresso nella sua memoria perché entrò nella stanza quel giovane cha aveva visto quel giorno della settimana precedente con Kasentlaya.
Il giovane fece un segno a Kelan che scusandosi con Duane si alzò ed uscì. Al suo posto entrò un uomo.
«Chi era?» gli chiese Duane non appena l'uomo si fu accomodato.
Con un sorriso d'intesa l'uomo rispose.
«Pat, l'ultimo acquisto della nostra Torre, prima che arrivassi tu. E anche se non sembro destare il tuo interesse come Pat, io sono Mikhail Ardais.»
Duane arrossì fino alla punta dei capelli, mentre Mikhail sghignazzava sotto i baffi.


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Erano passati altri quattro giorni quando una mattina Kelan entrò nella sua stanza con un gran sorriso.
«Bene Duane, ho una bella notizia. Oggi puoi alzarti! La Custode vuole esaminarti per scoprire quanto laran hai.»
Appena uscirono dalla porta il ronzio quasi cesso, ma i sussurri divennero molto più forti, quando incrociavano qualcuno nei corridoi, Duane sentiva i suoi pensieri urlatigli nella mente.
Salirono alcuni piani le scale della Torre fino ad entrare in una stanza dove li attendeva la Custode.
«Purtroppo non hai molto laran, giusto quel che ti permette di sentire i pensieri degli altri se non sei ben barricato.»
«Posso insegnarglielo io, Fiona. Non richiederà molto tempo e fatica.»
«Va bene Kelan.»
«Andiamo Duane.»
Tornarono nella stanza foderata di seta in cui Duane aveva alloggiato in quei giorni.
«Sediamoci. Dunque il laran e i donas sono delle capacità mentali che permettono di fare le cose più disparate, per esempio gli Alton possono entrare nella mente di chiunque, per quanto sia barricato, o gli Ardais possono attivare il laran sopito delle persone che li circondano con un semplice tocco.»
«Allora la donna che mi ha toccato è un'Ardais?»
«No è mia sorella, una MacAran, ma il figlio che porta in grembo ha ereditato in pieno il donas degli Ardais. Non sempre i donas si manifestano alla massima potenza e purezza, anzi è molto raro che succeda. Secondo la quantità e purezza di laran che una persona possiede, può fare determinate cose. Io non ho tantissimo laran e sono un monitore, ma per esempio mia sorella Elorie, quella che ti ha sfiorato, non ne ha neanche un goccio. Tu ne hai veramente poco, quindi ti crea più complicazioni che altro, per come si sono messe le cose. Mi hai detto di aver sofferto di capogiri e nausea quando sei diventato uomo, quelli probabilmente erano debolissimi attacchi di Mal della Soglia. Sono stati così lievi proprio perché hai pochissimo laran, chi ne ha di più rischia di morire nel periodo dell'adolescenza se non è curato in tempo.»
«E cosa posso fare?»
«Devi semplicemente imparare ad alzare le pareti del tuo nido, in modo che i pensieri degli altri non ti raggiungano e che i tuoi pensieri non assordino gli altri. Tu in questi giorni hai sentito i pensieri degli altri come sussurri, ma appena uno di noi abbassava momentaneamente le pareti i tuoi pensieri gli arrivavano ben forti.»
«Mi dispiace infinitamente!»
«Non ti preoccupare, ognuno di noi è stato nelle tue condizioni e quindi ti capiamo perfettamente. Dunque,» trasse un profondo sospiro, «ognuno visualizza il laran in maniera diversa. Io sono un MacAran e il donas della mia famiglia è la comunicazione con gli animali, nelle Ere del Caos i miei antenati controllavano gli uccelli sentinella. Insomma Fiona dice che quando parlo del laran parlo come un uccello, può essere che sia perché visualizzo le correnti d'energon come stormi d'uccelli. Ma torniamo a quel che devo insegnarti. Adesso ti faccio vedere il mio nido.» Kelan protese una mano verso Duane e attraverso il contatto gli mostro il perfetto nido di ramoscelli che circondava la sua mente.
«Quando vuoi aprire un contatto telepatico non fai altro che aprire delle entrate nelle pareti, così,» e in una parete si aprì un varco rotondo da cui uscì una piccola aquila.
Dopo alcuni tentativi le barriere di Duane furono perfette.
«Scendiamo in cucina, che mentre mangiamo di spiego alcune delle regole fondamentali.»
Giunti in cucina Duane ormai sapeva come comportarsi in una Torre. Duane, alla vista del cibo, scoprì di aver fame. Si servirono di fette di pane e barrette di cereali. Seduto al tavolo a magiare pane e miele c'era Pat. Kelan sfiorò al mente di Duane in un invito ad aprirsi, lo stesso fece con Pat.
"Pat questo è Duane, Duane lui è Pat."
"Piacere"
"Pi ..Piacere mio..."
"Adesso vi lascio, Fiona ha bisogno di me per il Cerchio."
Tra i due scese il silenzio, dopo che il monitore se ne fu andato.
«Come mai tu non lavori nel Cerchio?»
"Non sono ancora in grado di controllare appieno le mie capacità! Hai superato il malessere?"
Duane fu sorpreso dalla risposta telepatica. Pat sorrise.
"Un altra cosa che non controllo più sono le corde vocali, riesco a comunicare solo in questo modo."
"Adesso sto meglio, grazie. Credi che possiamo uscire dalla Torre?"
"Non credo, tu sei appena guarito e in questo momento gli altri stanno lavorando nel Cerchio, dovremo aspettare almeno domani pomeriggio."
"Cosa si fa qui per ingannare il tempo?"
"C'è una sala di musica, una biblioteca molto fornita, manca solo una palestra, ma mi hanno assicurato che dopo aver lavorato nel Cerchio non si ha molta voglia di fare attività fisica."


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Nei giorni seguenti Pat e Duane passarono molto tempo assieme, più che altro era Duane che raccontava episodi divertenti della sua vita. Passavano interi pomeriggi nella sala di musica dove Duane suonava dolci e tristi ballate degli Hellers. Ogni giorno di più si rendeva conto che nel momento in cui avrebbe dovuto lasciare la Torre, avrebbe sentito acutamente la mancanza di Pat.
"Mio fratello sarà gelosissimo! Sarà assolutamente convinto che io abbai trascorso questi giorni in perenne compagnia di Kasentlaya e se gli giurassi che neanche l'ho vista non ci crederebbe!"
La mattina seguente Duane ebbe il permesso da Kelan di uscire dalla Torre. Cercò immediatamente Pat, ma il rosso era in addestramento e non fu libero fino a sera. Duane raggiunse Pat nella sua stanza.
"Mi hanno accordato il permesso di uscire, sono abbastanza sicuri che io non abbia una ricaduta e che abbia delle barriere sufficienti a non farmi impazzire! Che ne dici di andare alle terme?"


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Uscirono dalla Torre e si diressero con passo spedito alle terme, la fredda serata li incitava a raggiungere il tepore dell'acqua nelle vasche sotterranee.
La Vedova li accolse con un ampio sorriso.
«Credevo che questa sera non si sarebbe fatto vivo nessuno!»
«Mi hanno detto che Alar e Mikhail la aspettano allo Scoundrel per una chiacchierata.»
«Ma non posso lasciarvi qui da soli!»
«Ma sì che può! Siamo alti a sufficienza da non affogare in quelle vaschette, non trova?»
La Vedova li squadrò con occhio clinico da capo a piedi e poi assentì, deglutendo sonoramente.
«In effetti...» si girò a prendere il mantello che Pat l'aiutò ad indossare. «Grazie, io vado, quando uscite chiudete la porta, va bene?»
«Sissignora!»
In silenzio scesero le scale e scelsero una delle polle più grandi.
Duane lasciò tutti i propri indumenti sul pavimento fuori della vasca e s'immerse nell'acqua piacevolmente calda e leggermente odorosa di zolfo, si girò a guardare l'amico mentre questi si sfilava la camicia rimanendo a torso nudo. Duane sentì un nodo alla gola osservando i muscoli del rosso che si flettevano e tendevano nello spogliarsi. Mentre Pat, nudo, s'immergeva nella vasca Duane si accorse di essere notevolmente eccitato, e di desiderare che il loro rapporto dall'amicizia si evolvesse in qualcosa di più profondo. Trasse le gambe al petto, non aveva idea di quale avrebbe potuto essere la reazione di Pat.
Si fronteggiavano, Pat le gambe tese, quelle di Duane raccolte. Pat mosse i piedi con fare invitante e Duane raccolse la sfida. Giocarono per qualche minuto ad avere il sopravvento l'uno sull'altro in quella buffa lotta coi piedi, sfiorandosi appena.
"Si sta proprio bene qui, non trovi?"
"Sì è perfetto!"
Pat si avvicinò a Duane e si mise al suo fianco.
"Posso chiederti una cosa Duane?"
"Certo."
"Mi chiedevo come mai hai aspettato fino adesso per uscire e non sei corso a casa da tua madre e tuo fratello, non appena ti hanno accordato il permesso di uscire."
"Volevo salutarti e poi mi trovo bene con te e volevo trascorrere una po' di tempo da solo con te."
Duane si rese conto della verità di quel pensiero mentre lo formulava. Soprattutto si rese conto che sentimenti, che provava per l'altro, erano notevolmente cambiati dal semplice cameratismo, dovuto all'amicizia che era nata tra loro.
"Ma abbiamo passato da soli tutta la settimana!"
"Alla Torre non eravamo davvero soli. Qui sì!
Decise di tentare il tutto per tutto e gli prese una mano tra le sue. Pat percepì in quella stretta un'incredibile ondata d'affetto e desiderio, ma non respinse il contatto, anzi aprì la propria mente per svelare che ricambiava quell'affetto, nonostante credesse di non aver fatto molto per meritarselo.
Duane si protese verso l'orecchio dell'altro e sussurrò.
«Patrick...»
Per poi protendere la punta della lingua a sfiorare il lobo ed indugiare per qualche istante.
Il brivido che scosse Pat fu evidente anche per Duane che si fece più ardito. La mano di Duane salì ad accarezzare il torace del rosso soffermandosi sui capezzoli che si fecero turgidi. Pat sciolse le mani dalla stretta di Duane che s'immobilizzò, stava per essere respinto, n'era sicuro, invece le mani di Pat cominciarono ad accarezzargli le braccia e si spostarono sulla schiena. Duane attirò a sé Pat fino a farlo sedere sulle proprie gambe. Cominciò ad esplorare il torace dell'altro con la bocca, lasciando una scia di lievi baci un po' dappertutto soffermandosi più a lungo sui capezzoli, quando ne mordicchiò uno, Pat s'inarcò contro di lui trattenendo il fiato e stringendogli le spalle. Duane sollevò il volto, fissò Pat negli occhi.
«Posso baciarti, Pat?» La sua voce si era fatta roca. Senza rispondergli Pat si chinò su di lui e le loro labbra si sfiorarono. Duane fece guizzare la lingua sulle labbra del suo compagno, che le dischiuse lasciando libero accesso a Duane. Duellarono per qualche istante per la supremazia, ma la mancanza di fiato li costrinse a separarsi. I loro membri duri e frementi si sfioravano in languide carezze. Duane non riusciva più a pensare coerentemente, e nemmeno Pat, il contatto tra i loro corpi rendeva il contatto telepatico, quasi una fusione e l'uno dall'altro ricevevano ondate di piacere e di prepotente desiderio.
Le mani di Duane scesero a stimolare la fessura tra i glutei di Pat, l'acqua lubrificava naturalmente i loro corpi. Pat s'irrigidì e Duane massaggiò dolcemente i glutei per farli rilassare.
«Patrick, non resisto più. Ti... ti desidero così tanto, ma rilassati o sentirai solo dolore.»
Duane, sollevato leggermente Pat, spinse delicatamente con la punta tra i glutei dell'altro.
«Rilassati Patrick, rilassati.»
Nel momento in Duane lo penetrò Pat sentì un dolore allucinante percorrergli ogni singolo nervo come una scossa elettrica. Duane rimase fermo per permetter a Pat di abituarsi alle sue dimensioni, poi cominciò a muoversi piano, sollevando Pat con le mani strette alla sua vita. Gli occhi di Pat che si erano serrati molto forte nel momento della penetrazione, e da cui erano sfuggite due lacrime lungo le gote, si rilassarono e anche l'espressione del rosso mutò: da contratta per il dolore si era fatta stupita, la bocca aperta a prendere grandi boccate d'aria. Ormai si muoveva da solo, facendo forza sulle ginocchia posate sul fondo della vasca.
"Duane, Duane ti prego, più veloce."
Pat spalancò gli occhi, quando le mani di Duane scesero a prendersi cura del membro congestionato e fremente del rosso.
Duane era al limite della resistenza, sentire il corpo di Pat stretto attorno a sé, la sua virilità tra le mani, guardargli il volto, arrossato, su cui si alternavano piacere e stupore... non gli era mai capitata un'esperienza così eccitante.
Con un grido venne all'interno del corpo caldo di Pat, che dopo pochi istanti venne tra le sue mani, accasciandosi contro il suo corpo. Duane lo sollevò e lentamente uscì dal corpo dell'altro.
Giacquero abbracciati nell'acqua calda per molto tempo, assopiti l'uno nelle braccia dell'altro e nel tepore dell'acqua.
«Patrick...» Duane si rendeva perfettamente conto che, dopo quel che era successo tra loro, Pat sapeva già ciò che stava per dirgli, ma Duane sentiva il bisogno di pronunciare quelle parole, come se fosse un incantesimo che li avrebbe legati per sempre.
«Patrick, io credo, no io sono sicuro. Io... Io ti amo...»
"Anche io Duane."














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