[Home] [La storia del Progetto Elvas] [Regole Utilizzate]
[Personaggi] [Luoghi] [Racconti] [Download]
[Cronologia] [Genealogia] [Dizionario] [Musiche] [Immagini e Disegni]
[Giocatori] [Incontri] [Aggiornamenti] [Credits] [Link] [Mail]
barra spaziatrice
[torna a Racconti] [E.S.T. prima parte:dE +1, settembre - seconda parte: dicembre (2)] [Credits & Disclaimers]



Liriel e Benton

Aliciana Alton

Parte Prima - L'Angelo Muto

Il suo lavoro era concluso, per quel giorno.
Un sonoro sospiro sfuggì dalle labbra del giovane, che si avviava lungo il sentiero verso la sua piccola fattoria.
Anche quel giorno non era venuto a capo di nulla.
Sapeva che il suo sogno era ancora lontano dal realizzarsi.
Mentre rimuginava sui possibili incroci e sulle improbabili variazioni genetiche attuabili sui suoi esemplari di cervine, giunse in prossimità della sua dimora, ancora assorto e pensieroso.
Non si accorse che c'era qualcosa ai piedi della porta, un fagotto di stracci luridi, si poteva dire.
Rimase alquanto colpito quando si accorse di ciò che sostava davanti alla sua casa, ed ancora di più lo fu, quando vide quel fagotto muoversi, sollevarsi.
Di certo non era qualcosa di inanimato!
Si trattava di una ragazza, una ragazza veramente bellissima, nonostante lo sporco che la ricopriva.
I suoi occhi erano azzurri e profondi come sorgenti di montagna,le labbra carnose e rosse, i capelli biondi e lunghi, sebbene opachi di terriccio.
Lo sguardo della ragazza si posò su di lui, uno sguardo pieno di paura ed insieme di speranza.
Quella creatura aveva bisogno di aiuto.
«Buongiorno,» cominciò Benton, titubante, «cosa posso fare per te?»
La ragazza sorrise delicatamente, e abbassando il capo fece segno alla casa.
«Non puoi parlare?» disse il ragazzo. La giovane scosse la testa.
Benton sospirò. La giovane si avvicinò a lui, speranzosa, in cerca di qualcosa che potesse essere simile ad un aiuto. Gli sorrise, e Benton si sentì rapito dalla bellezza di qual volto.
Il suo cuore gli diceva una sola cosa: doveva aiutare a tutti i costi quella ragazza.


barra

Benton le aveva mostrato in modo sommario la piccola casa, e poi, dopo averle preparato una tinozza d'acqua calda (di certo non poteva mandarla alle Terme, dove sarebbe stata oggetto di incredibili pettegolezzi), era uscito di casa, per cercare di pensare alla situazione in modo razionale, aiutato dalla frizzante aria della sera.
Stava seduto su di una sedia, poco lontano dalla porta; accarezzava la testa di Wymee, che era arrivato correndo attraverso la pianura, di certo di ritorno da una bella caccia.
Uggiolò, avvertendo la presenza di una persona estranea; Benton lo tranquillizzò, assicurandogli che presto sarebbe diventato amico di quella nuova venuta.
Intanto la ragazza stava approfittando del tepore dell'acqua per riaversi dal terribile viaggio che aveva dovuto compiere per giungere in quell'amena vallata.
Forse che finalmente aveva trovato un posto tranquillo dove vivere la sua vita, rispettata, padrona di se stessa e della sua dignità?
Dopotutto quello che le era accaduto, si rifiutava di parlare: da quando i suoi genitori erano morti nel terribile incendio della loro casa, dieci anni prima, le corde vocali della giovane non avevano più prodotto suono.
Aveva dimenticato tutto del suo passato felice, con la sua famiglia, e fino a qualche giorno prima la sua vita era stata solo violenza e massacrante lavoro; mai un aiuto, una parola gentile, una carezza.
Nemmeno ricordava il suo nome: ma dove aveva vissuto fino a quel momento il suo nome non era importante, anche con quello sarebbe sempre rimasta un animale.
Ma una notte, dopo dieci anni di buio e tenebre, la sua mente era stata colpita da un lampo di luce: una breve immagine, della sua antica e distrutta famiglia, un'immagine di felicità totale, di serenità pacifica, di rispetto e amore. Ed ora quell'immagine era l'unica che avesse nella mente, l'unica che la spronasse a proseguire, a continuare a vivere. Il suo sogno era ora costruire per lei quello che si era sgretolato in pochi attimi tanti anni prima. Ma dove aveva vissuto quel sogno era destinato a morire, come qualsiasi sogno, divorato dalla bestialità degli uomini e dalla loro avidità. C'era una sola strada per continuare a vivere, fuggire.
Non sapeva dove andare, nemmeno la direzione in cui dirigersi, ma una cosa di certo la sapeva: era stanca di vivere sfruttata come un animale, schiava e serva, considerata meno di nulla.
E così, senza portare nulla con sé, solamente la sua mente sconvolta e disgustata, con il favore della notte, era scappata, correndo lontano, ancora una volta, dal suo passato.
Ed era stata veramente fortunata: un bellissimo ragazzo l'aveva aiutata, accolta, dato la possibilità di riposare e lavarsi. Un sorriso si dipinse sulle labbra rosse della ragazza, e rilassando gli ultimi muscoli contratti si lasciò andare nell'acqua tiepida, finendo per assopirsi.
Benton cercava una soluzione per quello strano problema che gli si presentava: una bellissima ragazza muta gli era piombata addosso come un fulmine a ciel sereno... come poteva aiutarla?
C'erano svariate possibilità: portarla al villaggio, affidandola alle cure delle Rinunciatarie; chiedere alla Custode della Torre, Fiona, che cosa si poteva fare per aiutarla a recuperare l'uso della parola; tenerla con sé, come un suo segreto, un suo tesoro, nella sua piccola fattoria ai margini del mondo e della realtà.
Benton sorrise: non era una decisione da prendere alla leggera, ma gli sarebbe piaciuto enormemente potersi prendere personalmente cura della giovane.
E poi, quanti anni poteva avere: sedici, diciassette? Il ragazzo non ne aveva idea, non era il suo forte giudicare l'età delle persone a prima vista.
Benton si rese conto che ormai era notte, e che anche le ultime braci del rosso sole si erano spente, lasciando il posto alle tenebre ed all'oscurità; il tempo era trascorso più velocemente di quanto avesse pensato.
Disse a Wymee di rimanere fuori dalla porta, almeno fino a quando Benton non lo avesse chiamato all'interno della casa: non voleva spaventare ulteriormente la già spaesata ragazza.
Bussò alla porta, annunciando ad alta voce la sua volontà di entrare in casa, sperando che la ragazza avesse finito di lavarsi e fosse... presentabile.
Un ultimo colpo di tosse e Benton si decise ad entrare; no, la giovane non era presentabile.
Era ancora immersa nella tinozza, con gli occhi chiusi e l'aria serena, persa in chissà quale sogno.
Il giovane allontanò lo sguardo arrossendo dalla spalla nuda che fuoriusciva dall'acqua, e cercò di concentrarsi sul suo viso. I lineamenti del volto erano regolari e precisi, il colore della pelle caldo e rosato, gli occhi ben disegnati, la bocca morbida e rossa come una rosa.
Benton deglutì, decidendo che non era il caso di rimanere in quella innaturale contemplazione: vedendo che la giovane non aveva nessuna intenzione di svegliarsi, prese il telo di cotone che aveva preparato per lei, e, rigorosamente senza guardare, avvolse in esso il flessuoso corpo della giovane; la prese tra le braccia e l'adagiò poi sul suo giaciglio, preparato accanto al fuoco accesso.
Mise sul fuoco un calderone con dello stufato per due, dedicandosi poi all'analisi di ciò che tanto gli stava a cuore: i possibili incroci fra i suoi adorati cervine.
Dopo quelli che gli sembrarono pochi minuti, assorto com'era nei suoi calcoli, avvertì strani rumori provenire dalla ragazza, e la vide muoversi e stiracchiarsi, con un pacifico sorriso sulle labbra, di chi ha dormito a lungo e in maniera splendida, un sonno capace di cancellare tutte le ansie e le paure.
Fu subito però spaventata del luogo in cui si trovava, che non corrispondeva affatto a quello in cui sarebbe dovuta trovarsi, si coprì in fretta con la coperta che era caduta a terra mentre si stiracchiava, e guardò nella direzione di Benton con aria truce.
Il ragazzo ridacchiò, rassicurandola: «Non preoccuparti, non ho fatto nulla di male... Ti eri addormentata mentre facevi il bagno, e quando sono entrato ti ho trovata così; ho pensato fosse meglio metterti al caldo, invece che lasciarti a mollo... Ho fatto poi così male?» concluse, sorridendo.
La ragazza scosse energicamente la testa, accennando poi ad uscire dal letto.
Rendendosi poi conto di com'era conciata si rivolse ancora a Benton, con aria interrogativa.
«Mi dispiace... non ho nessun indumento femminile! Posso darti solo una mia camicia ed un paio di pantaloni, fino a quando non ti comprerò qualcosa di meglio!»
La ragazza annuì energicamente, informando Benton con strani gesti che lei sapeva cucire, e che quindi sarebbero bastate delle stoffe.
Benton sorrise, e prese gli indumenti dal piccolo armadio vicino alla porta.
Si voltò rispettosamente mentre lei si cambiava, e fischiò ammirato quando lei si fu vestita: anche con quei semplicissimi indumenti, era veramente bellissima.
Il giovane si chiese se fosse ancora vergine, ma si vergognò di quel pensiero, e lo allontanò subito, indispettito.
Le fece segno di accomodarsi a tavola, perché la cena era pronta.
La giovane, senza nemmeno badarlo, prese due ciotole dalla mensola sopra il fuoco, e con maestria servì la cena ad entrambi.
Benton ne fu divertito ma subito le disse: «Non preoccuparti, qui sei mia ospite, non dovrai lavorare! Eh... beh, devo sapere come chiamarti, non mi pare un bel nome 'Ehi!'. Non credi?»
La ragazza annuì sorridendo, ma poi tornò ad intristirsi; Benton capì che nemmeno lei conosceva il proprio nome.
«Beh... lo so, non è il massimo, ma potrei dartene uno io. Per convenzione, comodità e... umanità!»
Gli occhi della giovane, a quella parola, si illuminarono: Benton si rese conto che non era affatto stupida, ed anzi poteva essere molto più intelligente di lui. Magari era pure nobile: i tratti del viso di certo non lo escludevano, e nemmeno i suoi capelli biondi.
«Bene... io ti proporrò alcune opzioni... dimmi quale preferisci, va bene?»
La ragazza annuì decisamente, sempre con un dolce sorriso sulle labbra, ed uno sguardo riconoscente ed adorante negli occhi.
Benton si rese conto che quella situazione non gli dispiaceva affatto, e sempre più si convinceva a tenere con sé la giovane.
«Allora... che ne dici di Carlisia?» la ragazza arricciò il naso. «Ho capito... non ti piace... Anya?» la giovane scosse il capo, «e... Romilda?» ancora nulla da fare, la ragazza era assolutamente contraria!
«Certo che sei proprio difficile. Fammi pensare... è complicato! Sono abituato a dare nomi ad animali, non a persone. È come se dovessi scegliere il nome di mia figlia!» La ragazza arrossì e scosse la testa, decisa a far capire a Benton che lei era tutto fuorché sua figlia.
«Ho trovato! Che ne dici di Liriel?» La giovane fu scossa da un brivido e annuì energicamente: i suoi occhi sembravano dire "Non sarei mai riuscita a trovare nome migliore!"
«Bene, Liriel, io sono Benton McKee, e qui, se tu dovessi non saperlo, siamo nella valle di Elvas, poco distanti dall'omonimo villaggio e dalla Torre Verde di Elvas. Per un po' rimarrai qui con me. Più che altro perché non saprei che altra sistemazione darti. E perché di sicuro qui non sarai un fastidio per nessuno, tantomeno per me!» sorrise affabile il giovane, dimostrando con lo sguardo tutta l'ammirazione che provava per quella misteriosa giovane. Nonostante avesse solo le mani per comunicare, era in grado di farsi comprendere perfettamente, e la stessa incredibile espressività del suo volto sembrava essere una finestra aperta sulla sua mente.
Sembrava quasi non servisse altro per comunicare, niente, tantomeno un legame telepatico.
Liriel sorrise in risposta alle parole del giovane, e con lo sguardo puntato su di lui, gli fece capire che, almeno per ora, non aveva intenzione di andarsene dalla casa di colui che l'aveva accolta con tanta tenerezza; quantomeno prima avrebbe dovuto ripagare quanto Benton aveva fatto per lei.
«Oh, ho dimenticato di presentarti qualcuno,» disse ad un tratto il giovane, e così detto andò ad aprire la porta; Wymee sgusciò dentro senza far rumore, e si sedette ai piedi del suo padrone, in attesa. «Questo è Wymee! Spero che farete presto amicizia, è buono, docile e remissivo. Non hai nulla da temere da lui.»
Liriel si inginocchiò vicino al cane, e ne accarezzò piano il pelo lucido, con un triste sorriso sulle labbra.
Poi schioccò un bacio sulla fronte dell'animale, e quindi si sedette a tavola.
Mangiarono la cena in fretta, entrambi incredibilmente affamati, e poi Liriel si coricò subito; l'eccitazione per la nuova conoscenza e per il meraviglioso modo in cui era stata accolta non avevano diminuito la stanchezza dovuta al lunghissimo viaggio.
Benton le fece segno che poteva dormire sul suo letto, lui avrebbe steso una coperta davanti al fuoco.
Incredula di fronte a tanta generosità Liriel si commosse, ed i suoi occhi si riempirono di lacrime di riconoscenza: si alzò in punta di piedi e depose un dolce e soffice bacio sulla guancia di Benton, augurandogli così la buonanotte e ringraziandolo allo stesso tempo di tutto ciò che aveva fatto per lei.
Benton si stese dinanzi al fuoco, e si addormentò pensando ancora al sorriso e al dolce bacio di Liriel.
Ogni minuto che passava con lei lo convinceva sempre più a tenerla con sé.


barra

Nei giorni successivi Liriel prese dimestichezza con la casa, con Wymee e soprattutto con Benton. Il ragazzo si stupiva sempre di più delle abilità della ragazza: era un'ottima cuoca, una bravissima sarta ed anche un'abile cacciatrice. Una sera era tornato a casa e aveva trovato in tavola un delizioso arrosto di coniglio.
Era rimasto veramente impressionato dalle capacità della sua ospite, ed ogni giorno che passava consolidava in lui la convinzione di non affidare a nessuno la giovane.
eppure nella sua mente spesso si creava un dubbio, assillante ed insistente: era giusto che nessuno fosse a conoscenza dell'esistenza di Liriel? Non era forse trattarla come un giocattolo, un animaletto da tenere per sé?
Di certo alla Torre ci sarebbe stato qualcuno in grado di aiutarla a riacquistare la voce, e di fare capire anche a lui la situazione della giovane.
Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere alla ragazza la sua provenienza, né qualcosa del suo passato; sicuramente lei sarebbe stata in grado di farsi comprendere, se solo avesse voluto.
Qualcosa però diceva a Benton che Liriel non voleva assolutamente tornare neppure per un secondo al passato: la giovane era evidentemente soddisfatta della sua vita con Benton, della serenità e pace che aveva acquistato nell'abitare con lui.
A Benton certo non sfuggivano le occhiate di ammirazione, prossima all'adorazione, che spesso la ragazza gli lanciava; ma credeva che assecondare l'attrazione che provava per lei sarebbe stato quasi tradirla, disonorarla.
Una notte, mentre ancora rimaneva sveglio, assillato dai suoi dubbi su Liriel, sentì la ragazza gemere nel sonno, agitarsi e singhiozzare; tendeva le mani verso l'alto, spasmodicamente, quasi volesse allontanare qualcosa, terrorizzata; infine lanciò un urlo terribile, agghiacciante, e scoppiò a piangere.
Benton si precipitò accanto a lei, mentre lei si svegliava e lo attirava a sé, stringendoglisi contro, prendendo a piangere ancora più forte contro la sua spalla.
In quel momento il giovane realizzò che Liriel non parlava perché non poteva, ma perché non voleva.
Le sue corde vocali funzionavano benissimo, solo che qualcosa le impediva di usarle liberamente. Le accarezzò piano i capelli, cercando di calmarla con dolci parole, mentre il pianto di lei scemava in singhiozzi soffocati. La ragazza si strinse ancora a lui, e poi, improvvisamente, ritornò al suo sonno, che ora sembrava calmo e sereno.
Benton si staccò da lei con riluttanza, ma grazie a quella esperienza aveva finalmente preso una decisione: il giorno successivo avrebbe discusso della questione con il fratello Shann.


barra

Benton sapeva perfettamente cosa il fratello gli avrebbe detto: portala dalle Rinunciatarie.
E cos'altro poteva dire lui, libero compagno della Madre della Gilda?
Ma il giovane sentiva di avere comunque bisogno del consiglio del fratello maggiore, almeno per prendere una decisione dopo aver ascoltato un ulteriore parere sul suo problema.
Lasciando così per una mattina il suo lavoro e la sua compagna, mentre il rosso sole cominciava la sua scalata all'azzurro cielo autunnale, Benton si avviò verso la casa del fratello, che sorgeva al limite del villaggio di Elvas.
Shann era seduto presso la porta, investito dalla luce mattutina, mentre lavorava all'affilatura di un pugnale.
Era talmente concentrato, che non sentì nemmeno arrivare il fratello.
«Salve,» esordì Benton, mentre già mille dubbi si rincorrevano nella sua mente, su Liriel e su ciò che stava facendo, «avrei urgente bisogno di parlarti; avresti cinque minuti da dedicarmi?»
«Ben trovato, Benton,» cominciò allegro Shann, «qual buon vento ti porta? Per tutti i banshee affamati degli Hellers, hai una faccia... sembri appena uscito dal settimo inferno di Zandru! Siediti qui vicino a me, e raccontami ciò che ti angoscia.»
Shann gli indicò una sedia e Benton la prese, sedendosi vicino al fratello: «Qualche giorno fa, tornando dal mio lavoro, ho trovato qualcosa di nuovo... una ragazza...»
«Cosa? Hai finalmente deciso di accasarti? Ed io che ti credevo uno scapolo convinto, fratellino!»
Benton avvampò, irritato e intimidito: «No Shann, non è la mia fidanzata. L'ho trovata davanti alla mia porta, reduce evidentemente da un lungo e pericoloso viaggio, e... muta. L'ho accolta ed aiutata, e lei mi ha ripagato svolgendo con maestria tutte le faccende domestiche, è veramente un'ottima cuoca! Credevo che il suo mutismo fosse una malattia, una malformazione, qualcosa di fisico, insomma. Invece stanotte, in preda ad un incubo, ha urlato. E come ha urlato! Come mai un muto avrebbe potuto fare. Ho capito a quel punto che non parlava perché non voleva, non perché non potesse. Avevo deciso di tenerla con me, senza informare nessuno della sua presenza, e tantomeno della sua situazione. Ma dopo questo episodio, puoi capire, che la soluzione, purtroppo deve essere un'altra.»
Shann lo ascoltava pensieroso, tenendosi il mento barbuto fra le mani, posizione tipica che denotava la sua riflessione.
«Portala dalle Rinunciatarie!» concluse poi Shann. Benton sorrise: esattamente le parole che si era aspettato.
«Ma, Shann, non credo che sia la soluzione adatta. Lei si è così affezionata a me, e dover stare per... quanto? Per sempre? Senza la presenza e l'appoggio di chi l'ha salvata non sarebbe positivo per lei. Ne sono sicuro! Io pensavo piuttosto alla Torre. Forse la Custode può fare qualcosa per lei, molto di più di quanto potrebbero mai fare le Rinunciatarie!»
«Forse hai ragione,» lo assecondò il fratello, «ma vorrei prima parlarne con Gwennis... Va bene per te? Dopotutto credo che sia più saggia di me e te messi assieme. Credo che lei potrebbe veramente trovare la soluzione adatta.»
Benton ci pensò su, ma poi decise che effettivamente era la scelta giusta da fare, soprattutto nell'interesse di Liriel: «Va bene fratello. Facciamo a modo tuo. Parlarne con la Madre della Gilda, e poi dimmi cosa consiglia.»
Detto questo Benton stava già per avviarsi, quando Shann lo richiamò, con un sorriso malizioso stampato sulla faccia: «Ma dimmi Benton, è carina? Com'è fatta? Sembrerebbe proprio che questa situazione cada a fagiolo... Non hai nemmeno fatto un pensierino?» Benton arrossì fino alla punta delle orecchie, e senza dire una parola uscì dalla casa del fratello, avviandosi frettolosamente verso la sua fattoria.


barra

Quel giorno il tempo sembrò non passare mai.
Voleva una risposta, desiderava ardentemente trovare una situazione a quel problema.
Ma più di tutto, lo doveva ammettere, desiderava sentire la voce di Liriel.
Il sole non aveva ancora cominciato a svanire dietro le montagne, che Benton decise di tornare a casa e passare un po' di tempo con la sua protetta.
Come ogni sera, quando Liriel sentiva il furioso abbaiare di Wymee, e capiva che Benton era finalmente tornato a casa (mai troppo presto, secondo il parere della giovane), correva fuori dalla piccola casa, per dare al suo salvatore un degno e caldo benvenuto: gli correva incontro, lo abbracciava e posava sulla sua guancia un tenero bacio.
Anche quella sera il rituale si compì, ma Liriel avvertì distintamente che qualcosa turbava Benton: parlava a monosillabi, nonostante lei lo scuotesse e gli facesse ampi ed energici cenni perché le raccontasse la sua giornata.
Ma niente, quella sera proprio non andava.
Il giovane entrò a testa bassa in casa, sedendosi davanti al focolare e togliendosi gli stivali.
Liriel si avvicinò, sedendosi vicino a lui, occhi azzurri e profondi che fissavano preoccupati il viso di Benton.
Un prolungato sospiro, e Benton di decise a parlare: «Perché non parli? Stanotte hai urlato durante il sonno. Tu puoi parlare, le tue corde vocali funzionano, e pure mi neghi di sentire il suono della tua voce... Perché, che cosa ti spaventa?»
Il viso di Liriel divenne una maschera di pura tristezza, mentre le lacrime salivano a riempirle i bellissimi occhi azzurri.
«No ti prego, non piangere! Ti prego, io sto solo cercando di aiutarti!»
Liriel lo guardò, ora lo sguardo acceso di ira e disappunto; aprì la bocca, ma non articolò suono; poi scosse energicamente la testa, in segno di diniego, e dopo aver fatto un altro esauriente gesto con le mani, si alzò, considerando chiuso il discorso.
Si mise a preparare la cena, senza più badare a Benton, che sedeva ancora pensieroso davanti al fuoco.
Il giovane non sapeva cosa fare; la situazione era difficile da risolvere, e lui desiderava solo poter tenere accanto a sé Liriel, senza segreti e senza dover fare ogni giorno mille e mille illazioni.
Si avvicinò alla ragazza, le mise le mani sulle spalle, e le parlò con tutta la gentilezza ed il tatto di cui era capace: «Liriel, ascoltami. Perché non comprendi la mia ansia? Ti ho accolta, senza farti nemmeno una domanda, non solo perché eri muta, ma perché ti porto rispetto; ma ora so che puoi parlare... se solo volessi! Ma perché? Capisci che voglio, devo saperlo? Io voglio tenerti con me, ma come posso farlo se tu...» Liriel pose un dito sottile sulle labbra di Benton, per farlo tacere.
Gli sorrise, accarezzandogli il volto, facendogli capire che non era arrabbiata.
Poi però, con ancora le lacrime negli occhi, scosse la testa, con le labbra atteggiate ad un sorriso infinitamente triste.
I suoi occhi dicevano quello che la sua bocca non voleva dire: voglio anch'io stare qui con te, sto benissimo insieme a te.
Ma se non parlo ho le mie ragioni, ti prego di non cercare di trovarle.
Benton era lì, davanti a lei, rapito dal suo volto e dalla sua dolcezza, incapace di sentire altro profumo se non quello dei suoi lunghi capelli biondi; dentro di lui cresceva ad ogni attimo il desiderio di tenere con sé quella straordinaria ragazza, di proteggerla da ogni pericolo, di farla sua per sempre, anche.
Eppure quel mistero lo preoccupava, gli faceva paura; voleva sapere, voleva comprendere.
Vedendo i suoi occhi pieni di dubbio e desiderio, di tenerezza e paura, Liriel sorrise, questa volta dolcemente e serenamente; prese tra le mani il volto di Benton, e dopo averlo guardato per un altro attimo negli occhi, gli sfiorò piano la labbra con le labbra, quasi con la paura che lui potesse dissolversi nell'aria da un momento all'altro.
Benton sentì la testa che gli girava, mise le sue mani su quelle di lei, poi l'abbracciò, rispondendo al bacio teneramente.
Tutto parve svanire in quell'attimo, tutto ciò che li circondava non aveva più la minima importanza. Lacrime scorsero dagli occhi di Liriel, lacrime di felicità miste a lacrime di dolore, lacrime di tenerezza miste a lacrime di dubbio e paura.
Ma poi sentì le braccia di Benton circondarla e stringerla a sé; intrecciò le mani dietro al suo collo, sperando che quello fosse veramente l'inizio della vita che aveva sempre sognato.


barra

Parte Seconda - Il Canto Dell'Angelo

Gwennis non aveva lasciato possibilità a Shann per quanto riguardava il futuro della misteriosa giovane che suo fratello Benton ospitava: la ragazza doveva essere accolta nella Gilda delle Rinunciatarie, e lì accudita, aiutata, e per ultimo, esaminata da una sapiente.
Bisognava al più presto interrompere la convivenza con Benton: l'esclusività del loro rapporto non avrebbe certo giovato a Liriel.
Così Shann, con le sue cattive notizie, si avviò di buon mattino verso la piccola fattoria di Benton, convinto che il fratello non avrebbe mai acconsentito a separarsi dalla sua protetta, e tantomeno, immaginava Shann, avrebbe fatto lei.
Ma dopotutto la ragazza non gli apparteneva, ed anche se l'aveva aiutata ed ospitata, non poteva disporre della sua vita come gli pareva. Il suo unico dubbio era il legame che ci poteva essere fra i due: Benton gli aveva detto che non era la sua fidanzata, ma sarebbe poi stato vero?
Il sole appena sorto investiva la piccola casetta, un alone rossastro e quasi magico l'avvolgeva.
Shann bussò alla porta, senza però avere risposta; era troppo presto perché Benton fosse al lavoro, e non gli risultava che la ragazza, oltre ad essere muta, fosse anche sorda: i due dovevano ancora essere addormentati.
Dischiuse piano l'uscio, impreparato alla scena che lo attendeva: sul letto di Benton i due ragazzi dormivano abbracciati, stretti l'una all'altro, i volti sereni e rilassati.
I capelli della giovane ricoprivano il petto del fratello, come infiniti fili d'oro; una mano del ragazzo era ancora intrecciata alla massa bionda e fluente. La ragazza teneva delicatamente tra le proprie la mano di Benton, tenendola vicino alle labbra, quasi in un bacio interrotto dal sopraggiungere del sonno.
Il quadretto era alquanto suggestivo, ma per Shann esso voleva dire solo mille e ancora mille problemi.
Sbuffò con disappunto, e Benton fu svegliato da quel suono.
Notò subito la sagoma del fratello, davanti alla porta, investita dalla luce del mattino che entrava dalla porta; arrossì, indispettito ed intimidito.
«Meno male che non eravate compagni, vero fratello? E adesso che combiniamo? Altro che Gilda: quella non ti si staccherà più di dosso! Benton... come pensi di risolvere il problema, ora?»
Benton si rendeva conto che la situazione non era della migliori, ma non gli sembrava nemmeno così disperata.
Liriel, che strani rumori avevano riportato alla realtà, si stiracchiò come un gatto sul petto di Benton, pronta a cominciare la giornata proprio come la precedente si era conclusa.
Ma si rese subito conto che non erano soli nella casa, e, in fretta e furia, si coprì con la coperta, dando poi le spalle alla stanza.
Benton le accarezzò i capelli, informandola dell'identità dell'inopportuno visitatore.
Liriel riprese coraggio, e con un sorriso smagliante e con un gesto del capo, salutò il fratello del suo amato.
Shann, sinceramente colpito dalla bellezza della giovane, cominciava a capire come avesse potuto Benton cacciarsi in quella situazione.
Sorrise magnanimo, pentito di aver detto cose poco rispettose sul suo conto.
Benton, intanto cercava di ricomporre i propri pensieri, così bruscamente interrotti la sera precedente dal bacio di Liriel; sospirando confuso, rispose al fratello: «Gilda? Chi ha mai parlato di portare Liriel dalle Rinunciatarie? Ti avevo espressamente detto che quella non era l'idea migliore per risolvere il problema! Ma cosa ti ha detto Gwennis?»
«Gwennis,» riprese Shann, «ha affermato che l'unica soluzione plausibile è proprio quella della Gilda. Liriel non può vivere con te, senza avere altri contatti, deve essere accudita da chi è in grado di farlo.»
Liriel, che aveva perfettamente compreso il senso del discorso, si aggrappò con aria disperata a Benton, scotendo la testa, come un piccolo cerbiatto che non vuole essere catturato.
Benton sospirò ancora: «Liriel non lascerà questa casa, se non di sua volontà. Non so se voglia essere aiutata, ma di certo non vuole essere reclusa o portata via da chi la ama.»
A queste parole Liriel gli sorrise teneramente, annuendo poi con energia.
«Per tutti gli inferni di Zandru! Lei non se ne va da nessuna parte! La porterò oggi stesso alla Torre, perché venga controllata, ma non voglio che rimanga un solo momento lontana da me.»
«Ma Benton, non puoi fare così! Io capisco che lei voglia stare con te, dopotutto sei tu che l'hai salvata. Ma non credi che sarebbe meglio proporle una scelta oculata, invece di tenerla qui come un tuo tesoro? Sei tu che la recludi! Non ti dico che non la potrai più vedere, o che l'amerai di meno... solo vorrei, e con me anche Gwennis, che potesse avere la possibilità di... conoscere il luogo in cui... vivrà. E dovrebbe avere anche la possibilità di decidere della sua vita; nella Gilda sarà esaminata, e forse troveremo un modo per sciogliere le sue corde vocali.»
Liriel ascoltava spaventata: aveva trovato la felicità. Per quale motivo avrebbe dovuto abbandonarla? Cos'era poi una Gilda? E che cosa avrebbero voluto da lei, una volta che fosse entrata in essa? Volevano farla parlare? Nessuno avrebbe mai potuto costringerla. Se avesse voluto, si sarebbe aperta ad una sola persona, al suo Benton. Ma anche per quello era troppo presto; tornare al passato ancora troppo doloroso.
Scosse la testa, facendo segno al fratello di Benton di smettere quel suo stupido ed inutile discorso: lei sarebbe rimasta lì, punto e basta.
Ma mentre Liriel si impuntava nella sua idea, Benton riconosceva la validità della soluzione del fratello: la ragazza non avrebbe dovuto prestare giuramento come Rinunciataria, né tantomeno avrebbe dovuto avere particolari obblighi verso la Gilda; sarebbe solo stato un periodo, più breve possibile, in cui Liriel non avrebbe vissuto con lui, in cui lei avrebbe imparato ad aprirsi non solo a lui, ma anche al resto del mondo; e, magari, pure a parlare di nuovo.
«È indubbio, fratello. Hai ragione. Ne parlerò con Liriel. Verrò da te questa sera, per comunicarti la nostra decisione. Ti ringrazio infinitamente per il tuo interessamento. Mi hai aperto gli occhi.»
Shann annuì soddisfatto, saluto il fratello e la sua... fidanzata, e se ne andò.
Benton era sconsolato, ma risoluto.
Liriel lo implorava, le mani giunte, le lacrime agli occhi; perché dovevano dividersi quando si erano appena trovati?
Il giovane spiegò alla ragazza che la loro separazione non sarebbe stata affatto lunga, e che le avrebbe giovato molto più di quanto lei credesse.
Ma Liriel non si voleva piegare all'idea di lasciare l'amore che aveva appena trovato.
«Ci potremo vedere tutti i giorni, piccola mia, non temere!» cercava di consolarla Benton.
Ma nulla poteva convincerla che il proprio bene fosse quello di abbandonare Benton; piangeva sconsolata, le mani sul volto, seduta per terra, come una bambina appena sgridata.
Benton si sedette vicino a lei, le prese le mani tra le proprie, le scostò dal viso bagnato di lacrime; le accarezzò piano i capelli, mentre lei lo guardava sconsolata, abbattuta, come se fosse stata tradita.
«Amore mio,» sussurrò Benton, «non devi temere che ti abbandonerò. Non ti tradisco, chiedendoti di allontanarti per un breve periodo da me. Ti rendi conto che il nostro modo di vivere non è... normale?»
Liriel scosse la testa, poco convinta dalla spiegazione del giovane.
«Credimi, lo faccio solo ed unicamente per il tuo bene. Non hai idea di quante cose tu possa imparare nella Gilda. E poi, pensa, potrai far sfoggio dei tuoi meravigliosi manicaretti. Oh, Liriel, credimi! Ti verrò a trovare tutti i giorni, e non ti mancherà mai niente; si prenderanno cura di te, molto meglio di quanto non possa fare io. E ricorda, io sarò comunque sempre con te.» Liriel non era ancora convinta, ma capì che se Benton pensava che quel soggiorno le avrebbe fatto bene, allora poteva fidarsi di lui. Doveva fidarsi di lui. Perché al mondo non aveva nessun altro.


barra

La loro separazione fu quanto di più commovente si possa immaginare.
Liriel piangeva, le lacrime le scorrevano lungo il viso, senza che le scappasse, però, nemmeno un singhiozzo.
La Madre della Gilda, Gwennis, li aspettava sulla porta, un sorriso amichevole e incoraggiante sul bel volto.
Davanti a lei l'ansia di Liriel si allentò un poco: dopotutto non avrebbe dovuto vivere in mezzo a nemici.
Si asciugò frettolosamente le lacrime con la manica della tunica, cercando di darsi un contegno.
Benton fece le presentazioni, e, dopo che Gwennis ebbe spiegato un po' a Liriel ciò che le Rinunciatarie si proponevano di fare per lei, fu il momento degli addii.
Liriel abbracciò Benton, quasi rischiando di soffocarlo, e il ragazzo fece lo stesso; la ragazza lo baciò mille volte, incurante degli sguardi non molto accondiscendenti che Gwennis lanciava al giovane.
Alla fine Benton sussurrò all'orecchio della giovane che era tempo di lasciarsi: Liriel si staccò da lui, gli sorrise, e lo lasciò senza versare una lacrima; Benton sorrise a sua volta, sapendo che non sarebbe mai riuscito a resistere un giorno senza quella meravigliosa creatura.


barra

Gwennis accompagnò Liriel nel proprio studio, e cominciò a spiegarle quale sarebbe stata la sua vita nella Gilda; le illustrò l'organizzazione dell'ordine delle Rinunciatarie, i legami con il mondo esterno ed i compiti delle Libere Amazzoni.
Liriel, che non aveva nessuna intenzione di trattenersi a lungo in quel posto, ascoltava distrattamente, più affascinata dalla stanza che non dal discorso della Madre della Gilda. Gwennis non sembrava accorgersi della distrazione della giovane, e continuava imperterrita il suo lungo discorso introduttivo.
Gwennis non possedeva laran, ma sapeva, da quello che le aveva raccontato Shann sulla situazione della ragazza, che la giovane doveva essere al più presto esaminata. "Non ora," pensò però Gwennis, "lasciamola prima ambientare tra noi, e poi Dana potrà esaminarla con tutta calma."
«Liriel, ora ti condurrò alla tua stanza, e poi una Rinunciataria ti mostrerà la Gilda. Va bene?»
Liriel annuì, riportando la sua attenzione sul volto gentile della Madre della Gilda.
Se tutte le Libere Amazzoni erano come lei, non si sarebbe poi trovata così male, in quello strano posto.
Le assegnarono una camera singola, e poi una simpatica Rinunciataria di nome Dana l'accompagnò in un piccolo giro turistico.
C'era una cucina con forni per il pane e moltissime pentole e vasellame, una palestra, una stalla con svariati cavalli di ottima razza; e poi un magazzino, una sala comune per le riunioni e la musica, un refettorio, una piccola erboristeria annessa ad una splendida serra, posta nel passaggio che univa la Gilda alla Torre verde di Elvas.
Liriel era entusiasta: mai aveva visto tante meraviglie! Lì poteva imparare moltissime cose, proprio come Benton aveva detto! Per un attimo ebbe pure l'impressione di poter tornare a parlare, di poter diventare una ragazza normale, come tutte le altre. Ma poi si disse che avrebbe dovuto diffidare di tutto e di tutti, lì dentro, nonostante le facce amichevoli che le sorridevano lungo i corridoi: Liriel sapeva bene che la buona fede e la sincerità sono qualità molto rare, e che la fiducia non si regala agli estranei.
Nonostante questo fece subito amicizia con Dana, che sembrava vederla quasi come una sua protetta e con Gwennis, che l'aveva accolta con simpatia ed aria materna.
Da principio Liriel fu assegnata alle cucine, ed il vitto della Gilda conobbe un insperato incremento nella qualità; tutte le Rinunciatarie guardavano alla giovane come ad una salvatrice: non che alla Gilda si mangiasse poi così male, ma mai nessuno aveva assaggiato uno stufato buono come quello della piccola Liriel.
Fu poi il turno dell'erboristeria e della serra; ma Liriel si distinse anche come cacciatrice, come tessitrice, come ginnasta.
Ogni compito che le veniva assegnato era svolto dalla ragazza nel migliore dei modi: apprendeva tutto con velocità ed interesse, quasi come una bambina di fronte all'incredibile molteplicità degli impieghi che può offrire il mondo degli adulti.
Piano piano, giorno dopo giorno, la Gilda diveniva la sua casa, un luogo in cui era rispettata e stimata da tutti.


barra

Ogni sera Benton incontrava Liriel a casa del fratello, dove la ragazza arrivava accompagnata da Gwennis.
Benton non poteva non accorgersi del fuoco che brillava negli occhi di lei, un fuoco che non aveva mai visto.
Liriel aveva una mente pronta, agile, elastica; era nata per imparare, per conoscere, per sapere.
La Gilda le forniva tutti i mezzi per crescere e maturare, per diventare veramente adulta.
Benton capiva che oramai Liriel non era più la paurosa e docile bambina che aveva trovato una sera davanti alla sua porta: ora era una donna, una bellissima e meravigliosa donna.
Nonostante lei continuasse a nutrire per il giovane un amore smisurato, Benton cominciava ad essere geloso di tutti, persino delle Rinunciatarie.
Aveva paura che alla fine lei si sarebbe stancata di rimanere con un semplice contadino, temeva che volesse diventare una Rinunciataria, era terrorizzato dall'idea che non volesse sposarlo.
Naturalmente non aveva mai detto nulla delle sue paure a Liriel, e continuava a vivere così nel dubbio e nella venerazione, che ogni visita alimentava in lui.
Ogni sera, quando tornava alla sua fattoria dopo la visita a Liriel, dopo il suo ultimo dolce e frettoloso bacio, una nuova preoccupazione si accumulava nella mente del giovane; passava le serate quasi sempre da solo, rimuginando davanti al fuoco, ma a volte anche alla taverna di Alar, dove spesso finiva per annegare le sue preoccupazioni nell'alcool.
Liriel, completamente assorbita da tutte le novità, che quasi la travolgevano, non era in grado di vedere questo cambiamento in Benton: egli le appariva sempre lo stesso dolce e tenero ragazzo che l'aveva salvata dal terrore della solitudine e l'aveva immersa nella radiosa luce dell'amore.
Liriel sapeva che sarebbe tornata da lui, nonostante alla Gilda si trovasse molto molto bene: mai una volta nei mesi passati con le Rinunciatarie le era passata nella mente l'idea di diventare una di loro.


barra

Benton era seduto ad un tavolo della taverna, sorseggiando piano la sua birra, sperando di trovare soluzione ai suoi gravosi problemi con Liriel.
Aveva cercato di farsene una ragione, pensando che forse, anche se fosse diventata una Rinunciataria, la ragazza sarebbe rimasta con lui, non avrebbe smesso di amarlo.
Spesso le speranze lo avevano portato addirittura a pensare che in fondo Liriel non volesse prestare giuramento tra le Amazzoni, e che quindi avrebbe acconsentito a sposarlo non appena lui gliel'avesse chiesto.
Ma poi, una visita alla giovane lo faceva ripiombare nel dubbio, nella sofferenza: lei era così felice di rimanere alla Gilda!
E poi, dov'erano finite le promesse delle Rinunciatarie di fare qualcosa per la voce di Liriel?
Erano ormai tre mesi che la ragazza rimaneva alla Loggia, ma continuava a non parlare!
Quante volte in quei tre mesi Benton si era pentito di averla lasciata andare.
Ma aveva poi capito che pensarla così voleva dire essere assolutamente egoista e possessivo nei confronti della povera ragazza: con le Rinunciatarie Liriel aveva acquistato sicurezza, indipendenza, aveva imparato mille e mille cose, che le sarebbero sempre state utili... Benton non riusciva a vedere solo male in quella situazione!
Se la felicità di Liriel significava la propria sofferenza, allora avrebbe senza dubbio accettato quelle condizioni.
Ma poi ripensava ai giorni felici che aveva passato con la giovane nella propria casa e sentiva la mente annebbiarsi, il cuore colmarsi di rabbia e disperazione: non sarebbe più stato così? Non avrebbero mai più vissuto insieme?
Benton tracannò la birra, e ne chiese un'altra ad Alar: l'unica cosa che gli faceva dimenticare il viso di Liriel ed i suoi baci quando pensava che avrebbe potuto non averli più, era una bella sbornia. Quella sera voleva proprio darci dentro.
Ma proprio mentre Alar gli allungava l'ennesima birra, una mano fermò il suo braccio teso.
Incredulo, ma anche un po' brillo, si girò verso quell'incauto rompiscatole: con enorme sorpresa si ritrovò di fronte a Dana.
«Smettila di bere,» disse la donna, «e vieni con me.»
Benton non l'aveva mai vista con un'aria così truce, preoccupata, seria.
Malfermo sulle gambe il giovane seguì la Rinunciataria fuori dalla taverna, fino alla fontana.
Qui, senza troppi complimenti Dana disse: «Dobbiamo parlare di cose serie, ho bisogno che tu sia lucido!» Detto questo aveva sferrato un poderoso pugno alla mascella del ragazzo, facendolo cadere in terra.
Benton si era rialzato boccheggiando, ma certamente più presente di prima.
«Da come ti comporti, deve essere qualcosa di terribile... E se è così, dimmi che non riguarda Liriel!»
«Riguarda Liriel,» rispose Dana, «ma non è affatto terribile...» Guardò il giovane con aria incerta, timorosa, ma vedendo che si rilassava, lo invitò a sedersi sul bordo della fontana insieme a lei.
«Oggi ho esaminato Liriel. Finora non l'avevo mai fatto per timore di trovarla ancora chiusa, diffidente, troppo introversa per tentare il minimo contatto telepatico. Ma vedendo che ormai la Gilda per lei era diventata una nuova casa, ho deciso di provare. Non è che sia servito a molto... ho trovato un muro, un potentissimo muro costruito con il dolore e le lacrime, un muro che non consente a nessuno di fare il benché minimo passo dentro di lei.
«Ma il vero problema, la vera rivelazione, è che quel muro è stato costruito con dei poteri mentali. Ho scorto una sola immagine, l'immagine di una famiglia, la famiglia di Liriel, immagino, e poi il fuoco che divorava tutto.
«Questa è la mia ipotesi: Liriel è una comynara, dotata di laran, che perse la sua famiglia in un incendio.
«Questa perdita ha evidentemente scatenato in lei il rifiuto di comunicare, e la creazione del muro di cui ti ho parlato. Il tutto tramite il laran, della cui origine non sono comunque riuscita ad accertarmi.
«In realtà non so nemmeno se Liriel sia a conoscenza del suo potere, né tantomeno se sia capace di usarlo.
«Durante il controllo lei non ha dato segno di paura, né di timore di essere scoperta.
«Questa è la situazione, Benton. Sicuramente Liriel ha perduto la memoria, ma non ho la più pallida idea di come fare per farla tornare a parlare. Non posso distruggere il muro che blocca la comunicazione, senza il rischio di gravi danni. L'unica che può distruggerlo è lei stessa. Ma, ripeto, non so se lei sappia come fare, né se l'abbia costruito consapevolmente.»
Benton era sconvolto. Una comynara?
Come poteva una comynara amare un semplice contadino, come poteva voler sposarlo, vivere con lui?
Si prese la testa fra le mani, disperato. Liriel non sapeva la sua vera identità, ma se l'avesse conosciuta, che cosa avrebbe fatto? E poi, perché lui non ci aveva pensato prima, a quella possibilità? Dopotutto trovare una ragazza con gli occhi azzurri non era cosa così facile negli strati sociali più bassi della popolazione di Darkover.
Mille immagini si rincorsero nella sua mente, distruggendo pezzo dopo pezzo il mondo che lui aveva immaginato, la sua vita con Liriel, la sua vita con la ragazza che amava.
Dana percepì tutti i suoi pensieri, e vide il flusso di immagini disastrose nella mente di Benton. Sorrise teneramente, consapevole del sentimento che univa i due ragazzi; consapevole anche del fatto che non sarebbe poi stato così facile distruggerlo: «Non devi temere,» disse, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo. «Liriel ti ama, ti ama follemente. Niente e nessuno, credo, potrebbe mai portarla via da te. La situazione non è affatto disperata! Un muro mentale può essere distrutto con estrema facilità, basta che l'artefice lo voglia. E credo che tu possa indurla a farlo, penso che sia l'unico in grado di portarla alla normalità, l'unico che possa far cantare di nuovo quell'angelo muto.» Detto questo Dana si alzò, lasciando Benton interdetto, ma con qualche speranza.
Ora Benton sapeva cosa fare: doveva chiedere a Liriel di sposarlo. Era tutto così semplice, così dannatamente semplice, e lui non ci aveva mai pensato. Certo, aveva agito in modo da non pressare Liriel più del necessario, voleva lasciarla libera di scegliere. Ma le parole di Dana avevano, come una vento impetuoso, spazzato via tutte le sue paure, le sue ansie ed i suoi dubbi, tutto quel peso che aveva accumulato sul cuore in quei mesi di attesa, di solitudine, di lacerazione.
La notte era inoltrata, le stelle brillavano luminose nel cielo, il momento ideale per una perfetta dichiarazione.
La stanza di Liriel era situata nella parte frontale della Gilda, al primo piano (Benton lo sapeva perché la ragazza gliel'aveva mostrata da fuori, entusiasta, la prima volta che lui era andato a trovarla), e quindi non difficile da raggiungere, né con la voce, né con espedienti più romantici.
E si decise proprio per una classica romanticheria: con due tre sassolini, prese a bersagliare la finestra buia di Liriel.
La ragazza si affacciò poco dopo, assonnata e titubante: guardò giù, insicura sul da farsi, ma appena il suo sguardo si posò su Benton ogni incertezza si dissolse. Benton le fece segno di scendere, e, pochi minuti dopo, la ragazza correva tra le braccia del giovane. Benton sorrideva, incredulo di fronte a ciò che stava per fare, ma allo steso tempo estremamente determinato.
«Liriel, devo parlarti. Qualche minuto fa mi sono incontrato con Dana, ed abbiamo parlato di te. Di te, del tuo passato... e del tuo futuro.» Liriel annuì, incerta. Sapeva perfettamente di quello che stava parlando, ma aveva paura di dove il ragazzo volesse giungere. La giovane non aveva intenzione di fare nulla: non sarebbe andata in cerca del suo passato, non avrebbe aperto bocca... o comunque l'avrebbe fatto solo con Benton.
«Il tuo passato: non ho idea di cosa tu sappia. Io so che la tua condizione era molto più elevata di quella attuale. Questo mi fa paura, perché ci divide irrimediabilmente. Ma non posso non avere fiducia nei miei sentimenti. Ho passato questi mesi nell'angoscia che tu volessi rimanere con le Rinunciatarie, geloso, invidioso, nemico di tutti coloro che condividevano un tuo sorriso. Ho avuto paura, ho avuto mille incertezze. Ma ora è tutto chiaro, è come se un velo si fosse alzato davanti ai miei occhi: so ciò che voglio, e spero di poterlo ottenere.
«Il tuo futuro: ho una proposta. Non sei obbligata a rispondere subito, né ad accettare. Se vorrai seguire il tuo passato, io seguirò te, se vorrai rimanere qui io non ti lascerò, qualsiasi cosa farai io ti sarò sempre a fianco. Perché ti amo, e perché il mio più grande desiderio, l'unico, e di amarti, amarti per sempre. Il mio unico sogno è essere tuo marito.»
Liriel ascoltava con gli occhi sgranati, la bocca spalancata, incredula. Piacevolmente incredula.
Lentamente l'incredulità dipinta sul suo volto si trasformò in un dolce e tenero sorriso, quello che era riservato al suo Benton. Quando il giovane fu giunto alla fine del discorso, Liriel non poté far altro che deglutire e prendere fiato.
Non sapeva cosa fare: era di fronte alla scelta più importante della sua vita.
Non le sarebbe stato necessario che un secondo per decidere cosa fare: voleva sposare Benton!
Ma come dirglielo? Annuire, gettargli le braccia al collo, oppure... dire si!?
Tutto stava avvenendo così velocemente che la situazione le sfuggiva velocemente di mano: nemmeno nei suoi sogni più rosei Benton le chiedeva di sposarlo con quella dolce dichiarazione, né lo faceva in modo così repentino, né tanto presto.
Liriel sentiva una volontà fortissima di parlare, qualcosa che la spingeva già a muovere la lingua ed a proferire la fatidica sillaba; ma dalla sua mente proveniva invece una stentorea negazione di quel suo bisogno, un bisogno che stava quasi diventando fisico. A chi doveva sottomettersi? Cosa era più importante per lei? Il passato, o il futuro?
Una sola risposta si formò dentro di lei, una risposta che cancellò tutto, ogni timore ed ogni titubanza: la cosa più importante era Benton!
Aveva la bocca impastata, le girava la testa, le sembrava di compiere uno sforzo sovraumano.
Guardò negli occhi Benton, occhi fiduciosi, pieni di speranza, lo sguardo consapevole della gravità di quel momento, uno sguardo gentile, comprensivo, paziente.
Liriel respirò ancora, affannosamente, quasi soffocando.
Sentiva qualcosa che bloccava la voce dentro di lei, qualcosa che l'aveva tenuta muta fino ad allora; si ribellò, prossima alle lacrime, decisa, determinata, inflessibile: con quello sforzo Liriel voleva dare a Benton la massima prova del suo amore per lui; l'unica prova che, lo sapeva, lui avrebbe accettato senza riserva alcuna.
Sentì qualcosa, nella sua mente, che piano piano si incrinava, cadeva in pezzi, come una corazza, un'armatura che l'aveva tenuta prigioniera del suo passato.
Un altro respiro, profondo, intenso, quasi vibrante.
«Si...» sussurrò piano Liriel, la voce incrinata dalle lacrime, dalla sofferenza, ma anche dalla gioia.
Benton rimase basito: questo era quello che aveva voluto ottenere, ma non sperava in un risultato tanto eccelso.
«Si!» ripeté più forte la ragazza; sembrava inebriata dal suono della sua voce, inebriata da quella conquista, da quell'ultima fondamentale e decisiva emancipazione.
«SI!» urlò adesso Liriel, mentre gettava le braccia al collo di Benton; il viso di entrambi era ora percorso dalla lacrime.
Benton la strinse, tuffando il viso tra i capelli della ragazza, mentre il suo cuore batteva inverosimilmente veloce.
«Liriel...» sussurrò piano il giovane, annusando il profumo della ragazza, come se fosse la prima volta.
«Benton...» rispose Liriel, ancora incredula, ma con il cuore colmo di una felicità immensa.
«Te l'ha mai detto nessuno che hai una voce bellissima, dolce Liriel?» chiese sorridendo Benton, mentre la guardava negli occhi.
«No.. tu sei il primo, amore mio!» rispose Liriel, ridacchiando, mentre accarezzava i capelli del suo futuro marito.
Benton rise, mentre stringeva la ragazza; si baciarono, come se fosse il loro primo bacio.
Come se quel bacio suggellasse il vero inizio della loro vita.
Intanto l'urlo di Liriel aveva svegliato qualcuno, nella Loggia: Dana e Gwennis osservavano gongolanti il quadretto, nascoste dietro la porta. Erano consapevoli che quella vittoria era anche loro, non solo di Liriel: se la giovane era riuscita ad aprirsi era anche merito loro, e di tutte le Rinunciatarie. Fra loro Liriel sarebbe sempre stata accolta come una sorella.
«Ben fatto,» ridacchiò Dana, «proprio una degna fine per questa storia!»
«Già... e poi, pensa che fortuna sfacciata: siamo state le prime ad ascoltare il canto dell'angelo!»









barra









Disclaimers

Davanti alla propria porta, Benton McKee trova una ragazza sconosciuta. Grazie al suo amore accadrà un piccolo miracolo.

Credits

La canzone scelta come accompagnamento al racconto è A past and future secret, dei Blind Guardian. Seguendo il link, che vi porterà alle pagine della sezione musicale, avrete ulteriori informazioni sulla canzone e sugli autori.


torna all'inizio







The Elvas Project © 1999 - 2008
© SDE Creations
Ultimo aggiornamento: 31/12/2008