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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +2, dicembre (20)] [Credits & Disclaimers]



Un incontro inaspettato

Allart Regis-Duvic Hastur MacAnndra

Sentendosi a un tempo stanco e appagato, dopo il primo giorno trascorso alla Torre dei Comyn, Allart si coricò sereno, senza sospettare o presagire che quella notte il sonno gli avrebbe riservato parecchie sorprese.
Allart sognò. Sognò - prima stranezza - un sogno lucido, lui che al sonno si abbandonava completamente, e ne conservò a lungo un ricordo distinto; concluse, quindi, di essere uscito dal proprio corpo. E questa era la seconda stranezza, perché, con l'addestramento di Arilinn, come poteva una cosa del genere accadergli senza che egli se ne avvedesse?
Queste stesse domande presero a fluttuargli nella mente già all'inizio del sogno, non appena si vide sulla soglia della propria stanza; ma, spinto dalla curiosità, egli decise di non curarsene: nella Torre c'erano tante cose da vedere, tante stanze da esplorare... Senza ulteriori indugi (o riflessioni), varcò la soglia e si dedicò all'esplorazione con tutto l'ardore di un ragazzo che può abbandonarsi solo di rado al passatempo preferito.
Muovendosi con la massima disinvoltura nello spazio-tempo contratto, che caratterizza la realtà onirica, percorse l'intera Torre in un lasso di tempo che non avrebbe saputo quantificare, ma che era direttamente proporzionale all'attenzione con cui osservava la realtà circostante. In seguito, avrebbe ricordato di essersi soffermato soprattutto sulla delicata e complessa architettura degli schermi, alla ricerca di quello psicocinetico e dei suoi segreti, prima; sugli ascensori ad energia poi. Ma, giunto a questo punto, interruppe la propria ricerca, sentendosi inesplicabilmente frustrato, come se gli stesse sfuggendo qualcosa, anzi la cosa più importante di tutte, la chiave di tutti i misteri che l'antica Torre custodiva.
Ma di cosa poteva trattarsi?
Concentrandosi, avvertì... una presenza vagamente inquietante, strettamente connessa ad un senso di... energia? Potere? Ma non riusciva a localizzarla.
Sorpreso - era ben difficile che le presenze, di qualunque genere fossero, sfuggissero alla sua attenzione, e ancor più che, una volta avvertite, resistessero ai suoi tentativi di individuarne la fonte - approfondì la concentrazione...
... E si ritrovò in una stanza azzurra - dello stesso azzurro che aveva imparato ad associare con le matrici - dove le dimensioni spaziali sembravano perdere significato.
"Ha senso che mi chieda "dove" sono?"
"Ancora quella presenza!"
Sollevò gli occhi di scatto, per ritrovarsi a fissare un trono e colei che vi stava assisa: una donna minuta e impassibile, i tratti celati dalla luce azzurrina, eppur vigile e quasi vibrante.
"Nessun dubbio, ecco la fonte della mia sensazione."
"Chi siete, vai domna?"
Lo spettro di un sorriso parve affacciarsi sul volto senza età; all'improvviso, la donna si levò in piedi, non più immersa nell'azzurro, bensì ammantata nel cremisi delle Custodi, e cresceva, cresceva... Imponente e vicina, gli occhi sempre azzurri, come le insondabili profondità della matrice o i segreti di un ghiacciaio insidioso. Quegli occhi mandarono un lampo, uno solo; ma Allart comprese che, in quel brevissimo contatto, la leronis aveva scoperto di lui tutto ciò che le poteva interessare.
"Una Custode che entra nella mente altrui per... per capriccio?"
Ma Allart non ebbe il tempo di sconvolgersi adeguatamente di fronte a questa flagrante violazione dell'etica delle Torri: le labbra della maestosa figura, pressoché invisibili su quel viso dal colore indefinito, si schiusero e ne emerse una voce chiara come il cristallo, priva di inflessioni, ma palpitante di forza.
«Benvenuto nella mia dimora, Nobile Allart; siete il primo ospite ad onorarla da molti e molti anni.»
«Voi... siete...»
«Io sono Ashara Alton, prima per età e per senno, tra i Custodi di Darkover.»
"Una Alton! Ma certo... il rapporto forzato, ecco come ha potuto sondare la mia mente..." Allart rabbrividì, comprendendo quanto precisa fosse stata l'operazione: Ashara aveva letto tutto e solo quello che le interessava.
Qualunque cosa fosse.
«Vai leronis... Madre Ashara... mio è l'onore inaudito di trovarmi al vostro cospetto,» disse Allart, sincero, accompagnando le parole con un profondo inchino, «e vi chiedo perdono, se mi presento nelle vostre stanze (o qualunque cosa sia questo..."posto") senza invito... e, per la verità, senza averne intenzione. Ma vi confesso che sono lusingato di avere - così mi sembra - destato il vostro interesse e, se permettete, vorrei conoscerne la ragione.» "Non sarà un discorso diplomatico... Per il nono inferno di Zandru, non capisco neppure dove mi sia capitato di finire, e mi preoccupo della diplomazia?"
«Apprezzo la vostra franchezza. Ma debbo correggervi: a portarvi qui è stata proprio la vostra intenzione. Non è forse vero,» e quegli occhi si affissero sul suo volto, «che voi cercate ciò che è andato perduto, la conoscenza dei grandi laranzu'in del passato?»
«Avete ragione. Non me n'ero mai reso pienamente conto, prima d'ora, ma è così. Ciò che mi è stato insegnato non mi basta più... io stesso non comprendo il perché... ma mi scopro ad invidiare coloro che vissero nelle Ere del Caos, perché conoscevano se stessi e il proprio laran come noi non possiamo neppur sperare... Sebbene,» si affrettò ad aggiungere, «io non provi altro che orrore per le armi da codardi che hanno inferto a Darkover ferite non ancora guarite!»
L'azzurro negli occhi dell'antica leronis parve addensarsi, farsi più intenso.
"La tua ricerca ti ha condotto, inconsapevole, dove altri, più anziani di te, non sono potuti entrare, benché lo volessero con tutte le loro forze. Sei un giovane dotato, chiyu, molto dotato, e questo basta a suscitare in me un grande interesse..."
Il piacere per quella lode inattesa - al pari del tono confidenziale - impedirono ad Allart di notare che la Custode aveva schermato i propri pensieri. Si avvide che, per qualche motivo, quella voce mentale gli aveva fatto drizzare i capelli sulla nuca.
La voce riprese a parlare e Allart si sorprese a trattenere il respiro.
«Che l'addestramento da voi ricevuto sia inadeguato rispetto al vostro potenziale, Nobile Allart, è un fatto inconfutabile. E tuttavia, vorrei chiedervi: a che pro' andare in cerca di conoscenze e abilità perdute, quando molto di quello che già possedete appare superfluo? Voi, come tecnico delle matrici, siete in grado di operare dal primo al sesto livello; tuttavia, ben di rado la Torre richiede che valichiate il quarto. Eppure, c'è stato un tempo in cui le Torri richiedevano e sfruttavano non solo tutte le capacità dei tecnici, ma altresì una categoria superiore, di cui oggi si è quasi perso il ricordo: i lettori del pensiero, telepati capaci di operare con matrici del settimo e dell'ottavo livello (e con le superiori, ma soltanto all'interno di un Cerchio).»
«Non ho mai sentito parlare di questi... lettori del pensiero,» osservò Allart, dubbioso suo malgrado.
«E perché mai avreste dovuto? Oggigiorno, soltanto le Custodi sarebbero in grado di operare a quei livelli... Ma proprio perché le Torri fossero costantemente provviste di individui con le egregie doti naturali richieste ad un lettore del pensiero, proprio per questo i Comyn accettarono il programma genetico che ha fissato i grandi Doni nella carne e nel sangue delle Sette Famiglie.»
Il giovane non poté reprimere un brivido: la sola menzione delle manipolazioni genetiche con cui si erano dilettate generazioni di laranzu'in gli suscitava un orrore viscerale e irrefrenabile.
«Un sentimento condiviso da ogni persona onesta, Nobile Allart. Tuttavia, vi esorto a considerare, piuttosto, in quale altissima stima fosse tenuta, allora, l'opera delle Torri, mentre oggi si vedono Comyn riluttanti a prestarvi servizio, quasi si trattasse di una perdita di tempo o di prestigio personale. E' mia ferma convinzione,» proseguì la voce, in quel tono curioso, a metà tra il narrativo e il didascalico, «che il declino delle Torri si debba anche allo scadimento della loro importanza nell'opinione comune e, perciò, anche negli stessi operatori. Un'altra causa - in un certo senso opposta - è la sfiducia nei confronti dei telepati come individui. Imposto il Patto, affinché non potessero ripetersi quegli episodi di abusi o di laran fuori controllo che oggi sono leggenda, i Comyn vollero che tutti i telepati operassero sotto la stretta sorveglianza delle Torri. Così, ai giorni nostri, neppure una Custode oserebbe operare al di fuori del proprio Cerchio, se non in casi eccezionali; il che danneggia attività come la guarigione, giacché il trasporto dei malati non è agevole. Eppure, Nobile Allart, mi chiedo fino a quando le Torri e Darkover potranno permettersi il lusso di far compiere il lavoro di un solo tecnico ben addestrato ad un Cerchio intero.»
«Comprendo le vostre preoccupazioni, vai leronis, e posso assicurarvi che non siete la sola a nutrirle... Anzi, mi chiedo...» Esitò.
«Non abbiate timore di parlare: nulla di ciò che direte potrà danneggiarvi.»
«Ebbene... poiché voi mi fornite questa assicurazione... Oggi ho preso parte ad una seduta del Consiglio e... pare che un gruppo di telepati abbia deciso di fondare una nuova Torre!»
Gli occhi allungati di Ashara restarono impassibili, tuttavia ad Allart parve di scorgervi un fugace lampo di soddisfazione.
«Molto bene: siete giunto all'argomento che speravo.»
«Vai leronis?» fece il giovane, totalmente perso.
La Custode interpretò rettamente la sua confusione:
«Non crediate che io ignori ciò che si discute in Consiglio, solo perché da tempo non sono più in grado di parteciparvi, e neppure che il futuro delle Torri o di Darkover mi sia indifferente... Ditemi, al Consiglio sono note le intenzioni di costoro, che hanno avuto l'audacia di fondare una Torre senza un decreto dei Comyn
«Ecco... per la verità, qualcuno ha osservato che tecnicamente la Torre non è stata fondata... Pare che sia una di quelle distrutte durante le Ere del Caos. Quanto poi alle intenzioni di coloro che vi si sono recati, non abbiamo ancora avuto modo di interpellarli direttamente,» Allart non notò neppure di aver usato il plurale, «ma, secondo le voci giunte fino a noi, essi vorrebbero riscoprire antiche abilità e tecniche del laran... Ah!» esclamò, illuminandosi in volto. «Scorgo chiaramente il fine del vostro discorso. Se le loro intenzioni collimassero con i vostri auspicii...»
«E' quanto vi chiedo di appurare, Nobile Allart.»
Al Nobile Allart accadeva ben di rado di restare senza parole, ma adesso pareva letteralmente folgorato.
Pensò la Custode a trarlo d'impaccio, dando voce alle sue domande inespresse:
«Vedete, da molto tempo ho colto segni di attività, intorno a quella Torre - le loro precauzioni difficilmente potrebbero occultarla a me - ma non posso andare io stessa ad ispezionarne l'attività... Suppongo che il Consiglio disporrà un'ispezione, non credete?»
«Non - non saprei. Per ora, predomina la cautela... anche se una Torre tanto vicina ad Aldaran non potrebbe cavarsela con niente di meno.»
«Tuttavia, ciò che interessa al Consiglio non coincide necessariamente con gli interessi miei.» Allart ponderò un istante sull'ambigua formulazione della frase. «Se veramente questi telepati intendono incoraggiare il lavoro individuale, o se almeno riuscissero a formare Cerchi con un numero minore di membri... anche solo questo potrebbe salvare Darkover e le Torri. Inoltre, temo che costoro siano la vostra sola speranza di vedere sfruttate appieno le doti che già possedete e di progredire ulteriormente nell'addestramento. La sola alternativa sarebbe un ritorno all'antico... ma, oggi, chi accetterebbe mai un tenerèzu
Allart non aveva mai udito la parola Custode usata al maschile. Riuscì soltanto a pensare che in quel colloquio stava facendo una figura ben magra, visto che continuava a rimanere a bocca aperta.
«Un tempo, quando i Cerchi miravano a raggiungere la massima potenza e combattevano al pari di un esercito intero, vi erano soltanto Custodi di sesso maschile,» spiegò l'antica leronis, sempre impassibile. «Voi, probabilmente, avreste il potenziale necessario - dopotutto, siete un tecnico molto abile - ma nessuno accetterebbe di impartirvi quell'addestramento... posto pure che voi foste disposto a riceverlo. Perciò, Nobile Allart, vi chiedo di recarvi presso questa antica Torre e colà appurare se le mie speranze sono ben riposte... o se anche questa Torre, come tante altre, dovrà rassegnarsi all'inattività e alla morte.»
La spiegazione era servita, se non altro, perché Allart si calmasse e riprendesse il dominio di sé. Controllato quasi quanto la sua interlocutrice, udì nella propria voce lo stesso tono di partecipazione distaccata:
«Rendervi questo servigio sarebbe per me un onore, vai leronis... Permettete tuttavia che vi parli a cuore aperto: temo di non essere in grado di condurre a compimento una missione tanto importante. Anche se una mia scomparsa non interessasse altri, certamente mia cugina Marelie di Arilinn sarà riluttante a separarsi dal suo tecnico migliore, che ha addestrato di persona... Concedetemi, dunque, di riflettere fino al termine della stagione del Consiglio.» La sua voce perse tosto ogni freddezza, per farsi solenne e vibrante di orgoglio. «Avete la mia parola di Hastur che tornerò, allo spirar del termine, per comunicarvi la mia decisione.»
Ashara tacque un istante, poi annuì, approvando:
«Le vostre parole sono sagge, Nobile Allart. Permettetemi tuttavia di avvertirvi che tornare qui potrebbe non essere facile come credete.»
Il modo in cui la leronis aveva pronunziato l'avverbio ridestò la curiosità del ragazzo:
«Ho dimenticato di chiedervelo, vai leronis. In che luogo ci troviamo? Ammesso che si possa definire un luogo...»
«Avete tutti gli elementi per giungere da solo ad una risposta. Mi limiterò a dirvi che qui, come nel Supramondo, luogo è sinonimo di condizione e non possiede altri significati - le dimensioni spaziali qui perdono significato, l'avete notato voi stesso, e così pure il tempo.»
"Io sono Ashara, e il gran flusso del Tempo non mi tange... al di sopra dello Spazio, al di sopra del Tempo, al di sopra della Morte, io sono."
«Perciò, vedete bene che non si tratta di un luogo - o condizione - in cui sia facile entrare. Per il vero, anche l'uscita non è priva di pericoli; ma non temete, vi aiuterò per quanto posso.»
Allart azzardò un sorriso:
«Il Tecnico è nelle vostre mani, tenerèsteis
Per un attimo, uno soltanto, parve che Ashara stessa sorridesse in risposta. Poi la luce azzurrina si fece più intensa ed ella portò le mani al collo; solo in quell'istante, Allart si accorse che l'antica leronis non indossava una matrice.
"Adelandeyo," fu il sussurro mentale di commiato della Custode.
E Allart poté finalmente sprofondare nel sonno ristoratore cui le sue notti agognavano; però l'indomani, al risveglio, mangiò come se avesse lavorato agli schermi per una giornata intera, e nei lavori più sfibranti.










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Disclaimers

Una sera, in circostanze che a lui per primo appaiono poco chiare, Allart incontra la Custode Ashara, che dimostra un inatteso interesse per gli argomenti di cui si dibatte in Consiglio e, in particolare, per Elvas.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008