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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +1, aprile (7)] [Credits & Disclaimers]



Il dono si rivela

Allart Regis-Duvic Hastur MacAnndra

Una mattina allegra e vivace, come solo le mattine di Primavera sanno essere, circondava il piccolo gruppo di viaggiatori; ma né gli scherzetti del sole di sangue, intento a giocherellare con ogni ombra del paesaggio, né i primi germogli che spuntavano qua e là, ancora assediati nella neve, né la musica gagliarda di un torrente di montagna, gonfio per il disgelo e ricco di spruzzi iridescenti, nulla, insomma, pareva scalfire il malumore in cui si avvolgeva, quasi fosse un'armatura, il ragazzo alto che cavalcava in mezzo alle Guardie, accanto ad una donna che, pur vestita con semplicità, inalberava, come lui, una sorta di stendardo naturale: i capelli rosso fiamma che proclamavano a monti e valli il loro retaggio di Comyn.
In quel momento, il ragazzo avrebbe spedito nelle più fetenti latrine di Zandru tanto il suddetto retaggio quanto tutte le bellezze naturali che lo attorniavano - e in particolare i torrenti gelidi, buoni solo a schizzarti da capo a piedi - se solo ciò fosse servito a procurargli una mezza giornata di sonno ininterrotto, un po' di sollievo alle piaghe da sella, una cavalcatura a cui fosse abituato e un pasto degno di questo nome.
L'eccitazione del viaggio era svanita da un pezzo, evaporata da qualche parte lungo la strada, tra il sudore dei cavalli, l'avidità dei locandieri, il cibo pessimo e l'andatura massacrante. Allart era un buon cavallerizzo, dal momento che, nella Valle, un bambino quasi non faceva in tempo a nascere che già doveva imparare a reggersi, prima, sull'arcione di un cavallino di legno, poi su un pony; inoltre, il figlio del Dom doveva saper cavalcare come il Signore che sarebbe stato e perciò - anche dopo giorni di viaggio, anche con tutte le piaghe da sella che gli trafiggevano il fondoschiena - il giovane Hastur riusciva a conservare una postura impeccabile. Tuttavia, egli non era mai uscito dalla Valle e certo non era allenato né ai viaggi lunghi né alle marce forzate; e nemmeno a cavalcare su un cavallo vero, dal momento che, a dispetto di una statura già ragguardevole, finora si era accontentato del suo pony, sognando, per la maggiore età, un vero cavallo e una spada. Un vecchio proverbio ammonisce: "Attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo". Ora cavalcava il cavallo dei suoi sogni, un animale fiero, dal manto nero e lustro come quello di Avarra, insomma una cavalcatura degna di un Hastur; e la spada che portava al fianco recava il motto del clan, Permanedàl; tuttavia, non ne traeva il benché minimo piacere, si sentiva del tutto incapace di gioia, anzi, quando spostò lo sguardo sulla donna al suo fianco, il volto sfatto si ricompose in una maschera di odio puro.
Doveva le piaghe da sella, tutte quante, una per una, a Domna Melora Leynier, leronis nella Torre di Neskaya. Era lei che insisteva perché mantenessero quell'andatura impossibile, lei che gli ripeteva che le piaghe da sella erano molto, molto meglio del malessere della soglia. Rallentare? Neanche a parlarne! Lo capiva, sì o no, che una crisi fuori della Torre poteva essergli fatale?
Furioso e spaventato in egual misura, tormentato dalla fame e dal posteriore in fiamme, Allart si reggeva in sella soltanto con la forza dell'orgoglio. Negli ultimi due giorni aveva perfino smesso di lamentarsi, lasciandosi sprofondare in un mutismo astioso che preoccupava parecchio la sua accompagnatrice; fino a quel momento, però, del temuto malessere ancora non si scorgeva traccia.
«Guardate!» esclamò la Guardia in testa alla colonna. «Neskaya!»
Eccola, dopo l'ennesimo tornante e l'ennesimo crinale, acciambellata in una valle, sovrastata da un edificio slanciato, alto e bianco.
La Torre.
La prospettiva del riposo sortì un effetto disastroso sul giovane Hastur, riacutizzando tutti i suoi dolori, dolorini e doloretti. Sentiva anche una certa oppressione allo stomaco, un senso di nausea, leggero e fastidioso come il ronzio di una zanzara.
Era stanco... tanto stanco.
Forse si addormentò, perchè riaprì gli occhi di scatto. Il cavallo aveva cambiato passo: finalmente, procedevano in piano, erano scesi nella valle. Ma non riuscì a levare lo sguardo verso la città: da un lato, il suo stomaco cominciava a inviargli fitte decisamente fastidiose; e, dall'altro, il cuoio della sella, così ricco di piccole screpolature, attirava la sua attenzione in modo quasi irresistibile, come se quella ragnatela di incisioni e di ombre celasse un messaggio recondito, importantissimo...
«Nobile Allart!»
Se sua madre lo avesse allevato in maniera un po' meno rigida, avrebbe sbuffato; invece si voltò con grazia e mantenne un tono civile. «Sì, vai leronis
Domna Melora sorrise: un sorriso tirato, poiché anche il suo volto era segnato dalla fatica, ma tanto sincero che, per un attimo,dissipò il malanimo del ragazzo. «Finalmente siamo arrivati! Adesso siete al sicuro.»
Allart provò a ricambiare il sorriso, ma ottenne solo la smorfia tipica dei sofferenti di stomaco. Ma non aveva importanza, poiché la leronis aveva distolto il suo sguardo da lui: stavano salendo verso la Torre,la costruzione candida, dall'aria innocua, che ella certamente considerava casa propria. Un covo di streghe e di stregoni, avrebbe detto il popolino: dopotutto, cos'altro erano i Comyn?
"Già, che cosa sono io?
Uno stregone, forse?
Certo, uno stregone che non riesce a farsi passare il mal di stomaco, la nausea, le macchie davanti agli occhi...
Datemi un bagno caldo e un buon letto, e potete anche tenervi tutta la magia di Darkover.
Che cos'è uno stregone, dopotutto? Che cos'è un
Comyn?"
Forse lo avrebbe scoperto lì, in quell'edificio... strano. Cercava di non fissarlo direttamente, perchè qualcosa, in quelle pareti candide,lisce in maniera innaturale, gli faceva rizzare i capelli sulla nuca.
«Siamo arrivati,» annunciò la Guardia di testa; e tutti sospirarono di sollievo.
Il viaggio era finito.
Allart era troppo stanco per preoccuparsi di ciò che sarebbe accaduto in seguito, tanto stanco che dovettero aiutarlo a smontare di sella. Si sentiva rigido come un pezzo di legno... un pezzo di legno in preda ai capogiri.
Domna Melora dovette notare qualcosa di allarmante nel suo aspetto, perchè gli afferrò il polso - lei, che usualmente evitava il contatto fisico - e lo trascinò, quasi di corsa, all'interno dell'edificio, senza badare affatto al suo debole grugnito di protesta.


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Allart fissò la matrice. Il senso di nausea era sempre più pronunciato, ma non riusciva - non riusciva! - a distogliere lo sguardo. Il terrore accumulato nel corso dell'intero viaggio premeva contro le pareti del suo stomaco; lottò per non mettersi a urlare e, con uno sforzo che lo fece barcollare, strappò la propria faccia dalla luminescenza azzurra. Cadde a terra per il contraccolpo, ma la Custode non si avvicinò neppure, lo fece aiutare da un kyrri.
Sentendosi molto malfermo sulle gambe, il ragazzo si forzò di tenere gli occhi fissi sulla figura ammantata di rosso (grazie a tutti gli Dei, la matrice era di nuovo coperta!). forse la testa avrebbe smesso di girare, di pulsare... la testa... eppure non gli sembrava di aver preso una botta così forte da vedere...
"Doppio? Triplo?"
"Quante Custodi c'erano?"
Sei, sette volti, con espressioni diverse, età diverse, ma appartenenti alla stessa persona e, in qualche modo, collegati a lui.
Questa intuizione fu troppo per i suoi nervi, già provati oltre misura; crollò di nuovo sul pavimento, svenuto.
Ma, in qualche angolo della sua mente, echeggiava una conversazione preoccupata.
"Melora, il ragazzo ha il Dono degli Elhalyn."
"Misericordiosa Avarra!"
"Si è risvegliato mentre lo stavo esaminando. Temo che questo scatenerà il malessere della soglia; se ancora non è successo, è questione di ore."
Non ci fu risposta, solo un'ondata di preoccupazione e angoscia che lo fece gemere.
"Qui, per lui, possiamo fare ben poco; non sappiamo come addestrare un telepate con quel Dono."
"Io sono personalmente responsabile del Nobile Allart, vai tenerésteis."
"Me ne rendo conto, Melora; ma non possiamo addestrarlo, qui a Neskaya. Potremmo, sì, fargli superare il malessere della soglia..."
"Ci dev'essere un modo!"
"Tra le mura di una Torre, non c'è posto per un telepate non addestrato con quel Dono infernale. Non hai idea di cosa potrebbe trasmettere... ci farebbe impazzire tutti quanti!"
Nessuna risposta, soltanto collera trattenuta a stento.
La voce riprese, più gentilmente:
"Non ho nessuna intenzione di lasciarlo morire, Melora; vieni, accompagnami ai relé."

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«Nobile Allart.»
Il ragazzo aprì gli occhi. Il sonno non gli consentiva di mettere a fuoco la stanza, ma l'assenza di dolori da piaghe e la superficie morbida sotto la schiena potevano significare solo una cosa: era arrivato.
Ma quanto aveva dormito?
Aggrottò la fronte, riuscendo, infine, a mettere a fuoco Domna Melora, in ginocchio accanto al letto; ella interpretò correttamente la sua espressione e disse:
«Ci troviamo nella Torre, Nobile Allart. La Custode vi ha esaminato e ha scoperto che voi possedete uno dei sette grandi Doni, quello degli Elhalyn, per la precisione.»
La famiglia reale. Non c'era da stupirsi: erano parenti stretti degli Hastur. Non aveva la forza di chiedere in cosa consistesse il loro Dono.
«Purtroppo,» proseguì Domna Melora, «da molte generazioni, ormai, la Torre di Neskaya non ha più avuto modo di accogliere telepati con questo Dono, così non sappiamo come addestrarlo.» La leronis ringraziò mentalmente tutti gli Dèi: il ragazzo non leggeva ancora i pensieri e non poteva scoprire la parte di verità che era meglio tenergli nascosta, cioè che nessuno, su tutto Darkover, aveva la minima idea di come addestrare un telepate con quel Dono. «Di conseguenza, ci siamo rivolti alla Torre di Arilinn, dove si conservano molte delle antiche conoscenze, e la Custode, Marelie Hastur, ha preso tanto a cuore il vostro caso che si è impegnata ad addestrarvi personalmente.» Trasse un profondo respiro e concluse: «Dobbiamo partire per Arilinn, al più presto.»
«Cosa?» Allart avrebbe voluto gridare, ma disponeva solo di un filo di voce.
«Sarei ben lieta di lasciarvi riposare - e di concedermi un po' di riposo io stessa - ma non c'è tempo da perdere: il malessere della soglia si scatenerà a momenti e non possiamo aspettare che lo superiate, non sappiamo quanto tempo ci vorrà.» "E neanche se lo supererete." «La prima crisi potrebbe cogliervi mentre siamo in viaggio, quindi non potrete assolutamente cavalcare: viaggerete in lettiga.»
Il ragazzo si fece rosso e tentò addirittura di scendere dal letto: solo vecchi e invalidi viaggiavano in lettiga! Ma la leronis non ebbe neppure bisogno di trattenerlo: gli mancarono fiato e forze. Ricadde in mezzo alle coperte scompigliate, afflitto da un cerchio pesantissimo alla testa, ma ben più dalla propria debolezza.
Melora, invece, si preoccupava dell'eccessiva lentezza di un viaggio in lettiga: forse, sarebbe stato meglio sedare il ragazzo, legarlo per bene in groppa a un cavallo e galoppare verso Arilinn a spron battuto. Ma, anche legato, il ragazzo non sarebbe stato al sicuro: un movimento troppo brusco avrebbe potuto far sbandare il cavallo e, sugli stretti sentieri delle montagne, ciò equivaleva ad un suicidio.
Una lettiga leggera, allora...
Ma come evitare che il malessere si scatenasse durante il viaggio?
"Una lettiga leggera e trainata da cavalli robusti non dovrebbe rallentarvi troppo," la rassicurò la Custode, che si era tenuta in contatto mentale con lei per tutto il tempo. "Per il malessere, uhm... in un caso come questo, eviterei il kirian; credo proprio che sia meglio il raivannin."
"Bloccare il laran, invece di agevolarne la manifestazione? Beh, potrebbe essere un'idea..."
"Perlomeno, impedirebbe al ragazzo di farti impazzire: hai un'idea delle immagini mentali che potrebbe trasmettere, se il Dono degli Elhalyn si risvegliasse appieno?"
"Sono in grado di schermarmi."
"Certamente, ma considera un altro punto: non è facile accettare un Dono che ti fa vedere tutti i futuri possibili. Probabilmente, molti di coloro che lo possiedono impazziscono proprio perché non accettano un potere così spaventoso, lo rifiutano e lo combattono. Non credo che il giovane Allart farà eccezione: sarà di sicuro terrorizzato. Più tardi il suo laran si manifesterà, maggiori saranno le probabilità di salvarlo."
"Molto bene. Allora, lettiga e raivannin."
"Se fossi in te, gli somministrerei subito la prima dose."
La nota di urgenza nella voce mentale non poteva essere ignorata. "Dove...?"
"Te la sta portando un kyrri."
"Siano lodati gli Dei!"
Il ragazzo si era riaddormentato e Melora non ebbe cuore di svegliarlo; per fortuna, la sua bocca era socchiusa, così non le fu difficile farvi gocciolare la droga. Il ragazzo emise un lieve sospiro.
"Melora," incalzò la Custode, "la lettiga vi aspetta!"
"Di già?" La Leynier non poté trattenere la protesta.
"Lo so, sei stanca e avresti tutto il diritto di riposarti, ma non c'è tempo!"
Con un sospiro fisico e mentale, Domna Melora si fece forza e si alzò.
"Non ho tempo neanche per un bagno, vero?"
"No, direi proprio di no. Ma il tuo bagaglio è già pronto e contiene alcuni abiti puliti."
"Insomma, non posso neppure cambiarmi." Stava già imboccando le scale.
"Non fino alla prima sosta. Ecco... sono arrivate anche le Guardie. Ti aspettano fuori delle scuderie, con il tuo cavallo."
"E il ragazzo?"
"Lo porteranno giù i kyrri. Andate e che gli Dei vi accompagnino."
Un cenno mentale di commiato e la presenza della Custode svanì.
"Gli Dei? E perché no? Ci serve tutto l'aiuto possibile."









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Disclaimers

Allart arriva a Neskaya, ma, in occasione del primo controllo, il suo donas si manifesta appieno. Conscia di non essere in grado di addestrarlo, la Custode contatta Arilinn e Marelie Hastur, appresa la gravità della situazione, accetta di farsi carico del suo addestramento.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008