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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +2, maggio (23)] [Credits & Disclaimers]



Darkover

Anthea Yllana Crowley

Anthea si guardò intorno, affascinata. La sera prima, quando erano atterrati, era troppo stanca e imbottita di droghe del viaggio per notare qualunque cosa, ma ora un mondo nuovo si apriva davanti ai suoi occhi. Viaggiando con suo padre aveva visitato un sacco di mondi, ma questo le dava una sensazione strana. Anche se non era mai stata su un pianeta simile, provava una particolare sensazione di riconoscimento. Non era come tornare a casa dopo molto tempo, quanto piuttosto come vedere un posto visitato in sogno. Faceva un freddo terribile, ma Anthea aveva sempre preferito il freddo al caldo, e poi si era coperta bene. Le informazioni su Darkover non erano molte, ma durante il viaggio, per non sprecare tempo, lei e suo padre si erano collegati a una macchina onirica per imparare il necessario. La ragazza sapeva addirittura parlare, anche se in modo semplice ed essenziale, qualche parola di Darkovano, pur essendo la sua conoscenza condizionata dal limitato vocabolario che avevano sviluppato nel poco tempo trascorso dal primo atterraggio dell'Impero su Darkover. E ora lei era lì, e guardava affascinata il cielo violetto e l'enorme sole rosso. Le montagne si stendevano a perdita d'occhio, e i terrestri erano lì da troppo poco tempo per aver costruito un vero insediamento. Solo pochi edifici prefabbricati sorgevano nella piccola cittadina sulle montagne. Caer Donn. La ragazza trovava che fosse un nome stupendo, riecheggiante di antiche leggende britanniche. E anche i Darkovani erano affascinanti. Le sembrava di essere atterrata nel bel mezzo di una fiaba medievale. E i profumi che si sentivano per strada... spezie, incenso, forti aromi di cibi sconosciuti. Girando con suo padre, vedeva le occhiate un po' scandalizzate che le lanciavano gli abitanti di Caer Donn, e percepiva la sorpresa mista a un po' di disgusto che proveniva dagli sconosciuti. Guardavano i suoi abiti e i suoi capelli sciolti, e a un certo punto si sentì talmente a disagio che disse a suo padre: «Per favore cerchiamo un negozio di vestiti.» Suo padre la guardò stupito. «Ma puoi avere tutti i vestiti che vuoi al sintetizzatore!» Anthea sospirò per la mancanza di comprensione di suo padre. «Se voglio girare per la città senza farmi notare troppo devo essere come loro. Vorrei solo un vestito da mettere per uscire senza essere guardata come un fenomeno da baraccone.»
Suo padre scrollò le spalle e chiese informazioni a un passante in un darkovano stentato. Anthea pensò che non avesse proprio nessuna predisposizione per le lingue. Quando finalmente riuscì a capire qualcosa, si avviarono in una stradina dove trovarono un negozio di vestiti.
Il negoziante li guardò diffidente, ed ebbero qualche difficoltà a fargli capire cosa volevano, ma alla fine uscirono soddisfatti. Anthea aveva trovato una gonna semplice, verde scuro, e una maglia di lana di una tonalità più chiara. Aveva pensato di prendere anche un mantello, ma non sopportava la pelliccia vera, e quindi aveva deciso di farselo al sintetizzatore. Passarono anche da un calzolaio e gli commissionarono un paio di stivali, nonostante qualche difficoltà a fargli capire che non voleva l'interno di pelliccia.
Quando finalmente tornarono al quartiere terrestre Anthea era stanca ma contenta. Dal giorno dopo avrebbe potuto esplorare un po' Caer Donn.
Quella sera, però, l'attendeva la presentazione ufficiale.
Ogni volta che cambiavano mondo, Anthea era costretta ad andare a quelle interminabili feste per ufficiali in cui suo padre veniva presentato al resto dello staff dello spazioporto di turno. Un tempo suo padre era stato un vero soldato, ma quando si era sposato con Viola, la madre di Anthea, era passato all'amministrativo. Lei non sopportava di vederlo partire ogni volta con la sensazione che non sarebbe tornato. Eppure alla fine era stata lei a lasciarli, e Anthea era cresciuta senza una madre. E così ora era costretta ad andare lei alle cene con suo padre, e il più delle volte erano una noia mortale. L'unico piacere di quelle occasioni era che le permettevano di sfoggiare abiti e pettinature particolarmente elaborati, e Anthea si divertiva molto a disegnarsi gli uni e le altre. Questa volta usò il suo programma di grafica per fare un abito intonato a quella sensazione che le aveva comunicato Darkover. Disegnò un abito viola, con una lunghissima gonna ampia e frusciante, e uno scollo che le lasciava le spalle scoperte. Le maniche erano ampie ma strette sul polso, con un effetto di semi trasparenza. Aveva una strana sensazione, come se quella avesse potuto essere una serata che avrebbe condizionato il resto della sua vita. Disegnò anche una collana sottile, quasi una catenina, con delle piccole pietruzze dello stesso colore del vestito e un paio di orecchini intonati. Decise, per una volta, di lasciare i capelli sciolti, con un leggero effetto ondulato. Mentre il sintetizzatore stampava il suo vestito, la collana e gli orecchini si fece una doccia veloce e si truccò, mantenendo il viola come colore dominante.
Quando suo padre venne a prenderla in camera, sentì il suo stupore come una piacevole scossa di adrenalina.
«Sei bellissima,» disse semplicemente.
Lei gli rivolse un inchino scherzoso, e insieme si avviarono al ricevimento.


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"La Dea sia ringraziata per gli insediamenti recenti!" pensò quando vide le poche persone presenti. Era abituata ai ricevimenti con centinaia di persone, e lì fortunatamente ce n'erano circa una cinquantina. Non si era mai trovata molto a suo agio nelle folle. D'altra parte, negli insediamenti recenti di solito c'era poco spazio per i ragazzi della sua età (si prediligevano i lavoratori agli studenti nei primi tempi, anche a causa dell'impossibilità di realizzare scuole reali), e proprio per questo motivo rimase stupita di vedere altri due ragazzi più o meno della sua età, un maschio e una femmina. Non appena suo padre la lasciò libera, si diresse verso di loro. La ragazza era alta, molto carina con i capelli neri e le pelle chiarissima, e aveva un'aria sperduta. Quando le si avvicinò, sentì la sua confusione mista a un po' di paura e a un grande senso di inadeguatezza.
«Ciao!» le disse sorridendo. La ragazza sobbalzò, e Anthea si rese contò che era talmente presa dai suoi pensieri che non l'aveva nemmeno vista avvicinarsi. «Io sono Anthea, la figlia del Comandante Crowley.»
«P-piacere,» disse la ragazza sorpresa, si rese contò Anthea, dal fatto che qualcuno le avesse rivolto la parola. Chissà cosa le era successo per essere così insicura... «Io sono Chandra.»
Anthea sorrise di nuovo, cercando di comunicarle un po' di sicurezza.
«Sono contenta di vedere che qui c'è qualcuno sotto i trenta. Non è una cosa comune da trovare in un insediamento recente come questo. Da dove vieni?»
«Da Nolavan.»
«Ne ho sentito parlare, ma non ci sono mai stata. È simile alla Terra, vero?»
«Così dicono. Non sono mai stata sulla Terra. In realtà, ho sempre vissuto su Nolavan. E in realtà lo vedo più simile a Darkover. Quanto meno come... impostazione sociale. Anche lì c'è un governo monarchico basato su una rango ereditario, anche se ci sono molte differenze.»
Anthea sorrise mentalmente, soddisfatta di essere riuscita a mettere a suo agio Chandra.
«Io vengo da Myralis. Almeno, quello è l'ultimo posto i cui ho vissuto. È molto diverso sia da Darkover che dalla Terra. Gli abitanti ignorano completamente il significato della parola tabù, e credimi, a volte può essere piuttosto imbarazzante se non ci sei abituata!»
Chandra fece un risolino nervoso. Quella ragazza era davvero strana.
«Come sei finita su Darkover?» chiese, cambiando argomento.
«Mia madre ha chiesto il trasferimento dopo il divorzio. Non sopportava di stare sullo stesso pianeta di mio padre.»
«Mi dispiace, non avrei dovuto chiedertelo...» ma fu più una reazione automatica che altro. Non sentiva nessun dispiacere provenire da Chandra, se non per il suo pianeta natio e per i suoi amici.
«Non ti preoccupare. Quando i tuoi non fanno altro che litigare qualunque cosa cambi quella situazione è gradita. Meglio così che com'era prima. Soprattutto quando la tensione è tale che finiscono per scaricarla su di te.»
La ragazza si bloccò, e Anthea la sentì chiudersi in se stessa, come se si fosse resa conto all'improvviso di aver già detto troppo a una che dopo tutto era una perfetta sconosciuta. Beh, se non altro adesso sapeva cosa l'aveva portata ad avere un simile atteggiamento di inferiorità.
«Cosa studi?» disse, cambiando di nuovo, bruscamente, argomento.
«Fisica quantistica. O almeno, ci arriverò. Per ora sono alla fisica di base.»
«Wow. Dev'essere interessante.»
Anthea era davvero affascinata. Nessuno dei suoi amici aveva mai avuto una passione per qualunque tipo di fisica.
«Abbastanza, anche se questa prima parte è un po' pallosa. Sai, pesi e leve...»
«Sì, quelli li ho studiati persino io!»
«Tu che studi fai?»
Anthea si rese conto che era la prima domanda che le faceva. Evidentemente era riuscita a costruire un ponte.
«Io studio psicologia e sociologia. E anche filosofia.»
«Perché?»
Anthea sbatté le palpebre.
«Cosa?»
«Ti ho chiesto perché. Perché hai scelto quel tipo di studi?»
«Io... non lo so. Mi interessa... studiare le persone. Ma soprattutto mi interessa la sociologia. Stavo pensando di passare a antropologia. Dopotutto ho già girato mezza galassia, e mi interessa molto...»
"Sta eludendo la domanda. Cos'è che non vuole dire?"
Anthea la guardò con gli occhi sgranati. Si erano appena incontrate, lei non poteva già chiederle certe cose...
«Come hai detto scusa?»
Chandra fece una faccia strana.
«Io non ho detto niente.»
"Cos'ha le allucinazioni?"
Anthea deglutì rumorosamente e riprese a parlare come se niente fosse, ma intanto pensava: "Possibile? Prima potevo sentire solo le emozioni e ora... i pensieri? È assurdo! O no? Sto veramente impazzendo?"
Andarono avanti per qualche minuto a parlare della scuola e dei compiti, ma ormai la mente di Anthea era altrove.
Poi sentì una voce alle sue spalle.
E il tempo sembrò fermarsi.
Si girò lentamente e vide davanti a se il ragazzo che aveva notato prima. Ai suoi occhi era bello, bellissimo. Aveva i capelli biondo scuro e gli occhi verdi, penetranti. Da lui sentiva irradiare una tristezza profonda, un tormento interminabile, e se ne sentiva irrimediabilmente attratta.
Poi lui parlò di nuovo.
«Sei nuova di qui?»
Aveva una dolce voce da basso, che le faceva venire i brividi.
«Sì, sono arrivata ieri sera con mio padre,» riuscì a dire a fatica. Aveva paura di rompere l'incanto.
«Bene arrivata. Io sono Sean.»
«Anthea Yllana.»
Chissà perché in quel momento le era sembrato giusto usare anche il suo secondo nome, quello che le aveva dato la madre un attimo prima di morire. Non lo diceva mai, quando si presentava. Ma questa volta non ci aveva pensato un secondo.
«Incantato,» disse serio, accennando a un inchino.
Chandra, sentendosi esclusa all'improvviso, disse in tono ironico: «Sean è qui da una settimana e già si sente Darkovano. Non ti sembra di esagerare un po'?»
Sean si girò verso di lei sorridendo.
«Non vi sarete mica offesa, damisela Chandra? Scusatemi se non sono all'altezza delle vostre aspettative. Non era mia intenzione offendervi. Ora sono abbastanza Darkovano
Chandra si arrese alla cortesia del ragazzo, e gli si inchinò scherzosamente.
«Non datevi pensiero per questo, caro Sean, se offesa c'è stata sarà certo dimenticata in fretta.»
Si misero a ridere tutti e tre, e così facendo gettarono le basi della loro lunga amicizia.









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Disclaimers

Anthea, giovane terrestre, sbarca su Cottman IV per seguire il padre durante il suo nuovo incarico. Una breve sosta prima di ripartire per continuare gli studi altrove...

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008