Il dolore la colpì improvvisamente, facendola piegare in due, una fitta al basso ventre, forte come non ne aveva mai provate. Istintivamente, rialzò tutte le barriere, e la sofferenza si trasformò in una debole eco. Chi era, a soffrire in questo modo, e cosa, per gli Dei, provocava questo dolore? Abbandonò le foglie secche che stava sminuzzando, seguendo rapidamente la scia di spasmi. Essa la guidò al primo piano della Gilda, davanti ad una porta chiusa.
"Aurora!"
Senza fermarsi a bussare, spalancò la porta. La ragazza giaceva a terra, raggomitolata in posizione fetale, con una tazza rovesciata accanto a sé e la testa lucida di sudore. Vivienne ricordò subito come, al momento di tagliarsi i capelli, Aurora non si fosse accontentata di lasciarli lunghi due o tre dita, come faceva la maggior parte delle Rinunciatarie, ma avesse piuttosto chiesto un rasoio da uomo, per cancellare del tutto quella che era forse la sua maggiore bellezza. Ora i capelli iniziavano lentamente a ricrescere, ed erano una leggera ombra bruna sul capo.
Poi ricordò molte altre piccole cose, tutte insieme: ricordò che Aurora era lì da almeno quaranta giorni e non aveva ancora avuto il suo ciclo; ricordò il suo fiato sospeso e gli occhi attenti, mentre ascoltava la spiegazione di Dana sulle piante abortive; ricordò quanto l'altra fosse restia a parlare del proprio passato, ed il suo risentimento verso gli uomini. Riunì all'istante tutti i tasselli, poi le fu accanto, a sostenerla, a sfiorarle la fronte bollente. Aurora alzò su di lei lo sguardo offuscato, senza dar segno di averla riconosciuta.
«Chiya, cos'hai fatto?»
«Io ho... sono... nel mio periodo...» mormorò confusamente, «fa male...»
"Non cercare d'ingannarmi ancora!" Per un attimo, Vivienne fu tentata di urlare, ma provava pietà per il corpo straziato e la mente delirante della ragazza. Cercò di arginare il flusso di sensazioni che l'invadevano, per riuscire a pensare lucidamente.
"Come abbiamo fatto a non accorgercene prima? Non se n'è resa conto nessuna di noi, accidenti?"
«Avresti dovuto chiederci aiuto,» le sussurrò, «non ti sei resa conto del pericolo che avresti corso? Se anche è questa la tua decisione, ci sono molti modi per arrivarci.» Trasmise sensazioni di calma e di pace alla ragazza ed al piccolo esserino che le si aggrappava dall'interno, finché non sentì che almeno il panico diminuiva, se non le fitte.
Aurora era incinta, ed aveva desiderato abortire senza farlo sapere a nessuno, questo era chiaro. Ma era anche poco esperta nell'uso medicinale delle piante, e forse fin troppo convinta nelle proprie scelte, ed aveva usato un decotto troppo forte. Probabilmente questo avrebbe davvero ucciso il bambino che portava, ma anche lei stessa era in pericolo di vita. Faticosamente, la trascinò sul letto; la ragazza semicosciente si lasciò trasportare come un peso morto, gemendo di tanto in tanto a bassa voce. Aborto o non aborto, Vivienne sapeva di dover fermare la reazione alle erbe, prima che fosse troppo tardi.
Estrasse la matrice dal proprio sacchetto e tentò di concentrarsi, pur con qualche difficoltà. Conosceva benissimo le ragioni che avevano spinto Aurora a quel gesto disperato: ella stessa era stata più di una volta sul punto di compierlo - quello o uno simile - per liberarsi della gravidanza non desiderata. E tuttavia uno spontaneo attaccamento alla bambina l'aveva sempre trattenuta dal compiere qualcosa di avventato. Sperò che la comprensione potesse sostituire l'esperienza che le mancava.
Si calò nel corpo della ragazza ed individuò il veleno in azione. Cautamente, iniziò ad arginarne l'effetto, lavorando ai margini dell'infiammazione. Ad un certo punto, dopo alcuni minuti di lavoro, si rese conto di una presenza accanto alla sua: una presenza che, in perfetta sintonia con il suo lavoro, le dissolveva il disagio nella gamba sinistra che altrimenti sarebbe diventato un crampo. Distraendosi per un istante, riconobbe Dana, che doveva essere seduta poco lontano.
"Sono venuta appena mi sono resa conto..."
"Anch'io. So che avrei dovuto avvisare te o qualcun altro, ma non volevo aspettare ancora. Non so per quanto tempo sia rimasta qui, arginando il dolore, prima che potessimo sentirla."
Con un tacito accordo, si rimisero al lavoro, Vivienne che guariva e Dana che controllava. Quando ebbero finito, la giovane giaceva immobile sul letto, respirando lentamente. Il volto pallido era imperlato di sudore ed una chiazza di sangue fresco macchiava i pantaloni larghi, ma il pericolo più immediato sembrava scongiurato: l'embrione restava al suo posto, almeno per il momento, ed Aurora non era in pericolo di vita.