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[torna a Racconti][E.S.T. pE -1, marzo] [Credits & Disclaimers]



Il richiamo del dovere

Dannil Macrae y Lindir-Aillard

Dobbiamo partire un'altra volta, Dannil, non si può rimandare la visita a Lindirsholme alle sorelle di nostra madre e nemmeno ignorare l'invito della Madre del Dominio,» disse mia sorella, in piedi davanti a me.
«Io non voglio andare dalle nostre parenti Lindir. Andiamo a Dalereuth per una breve visita, mentre mamma va da sola con kiyu Dannil,» dissi io.
«E come facciamo con la tenuta? Non possiamo lasciarla a nessun'altro.»
«C'è kiyu Mical e sua moglie... non crollerà tutto in una sola decina, vedrai che saremo di ritorno prestissimo.»
«Non credo proprio! Kiya Clarissa non sa un accidente della conduzione di una casa... è stata allevata come leronis, lei. E Mical starebbe a discutere con tutti i servitori prima di accettare i loro consigli. E la sera si dedicherebbe a saccheggiare la cantina di nostro padre.»
«Non stai dando un'alternativa pratica! Stai solo criticando le mie soluzioni,» le feci notare io.
«Non possiamo evitare ancora le sorelle della mamma,» si lamentò lei. «Sembrerà che lo facciamo apposta.»
«E' così!» assentii io con forza, avvicinai il suo viso ai miei occhi dilatati. «Ti ricordi cosa è successo l'ultima volta?» le iridi verdi si nascosero dietro le palpebre per un attimo, le pagliuzze viola brillarono sinistre.
«Sì. Ma non possiamo lasciare la mamma nelle grinfie delle zie. E con il coridom che si è appena districato da quella situazione a Temora, vedranno solo il peggio di noi.»
«Va bene,» concessi io, «finiamola. Che cosa facciamo? Andiamo prima a Lindir e poi a Dalereuth?» questo non risolveva proprio niente, chi sarebbe rimasto a Hollow Tree?
«No, dividiamoci. Io andrò a Lindirsholme con la mamma e tu a Castel Aillard con Juliano,» disse mesta e triste... «poi io ti raggiungerò con tutta la velocità che il mio cavallo riesce a raggiungere.»
«Sai bene che ti toccherà stare con i nostri cugini per un bel po',» protestai.
«Che importa! Puoi restare anche un mese dalla Madre.»
«E il lavoro qui? Abbiamo i segugi del dom Di Asturien da addestrare, è un parente degli Hastur di Carcosa e non è il caso di farlo aspettare!» obiettai. Avevo faticato molto per ottenere quella commessa, in barba ai MacAran di Poggio del Falco. Accontentare un cliente del genere avrebbe significato più entrate e una buona reputazione.
«Per non parlare della marchiatura del bestiame che ci è arrivato l'altra decina,» mi fece eco la voce del mio scudiero, un passo dietro di me. Sobbalzai. Quando mai un telepate era stato colto di sorpresa in questo modo?
«Juliano! Quando sei arrivato? Non ti ho sentito.» "Non ti ho percepito," inviai titubante. Quando si tiene così in conto i sensi telepatici, ci si scorda che anch'essi possono fallire o essere ingannati.
«Colpa mia... ho coperto i suoi pensieri,» fece Arliss. «E' una tecnica che volevo provare: nascondi il pensiero aumentando il chiacchiericcio mentale di sottofondo. Se l'ascoltatore non è concentrato sulla ricerca può completamente ignorare le persone intorno a lui, se non fanno rumore o si mostrano agli occhi.»
«E perché proprio ora ti va di giocare con il laran
«Mi aiuta a pensare meglio,» disse lei, con un sorriso in tralice. Mia sorella aveva un modo affascinante di socchiudere gli occhi, non riuscivo mai a concentrarmi su nient'altro, quando notavo la sua bellezza dagli occhi viola e dai capelli biondi chiari.
«Naturalmente coprire i pensieri di altri è più facile che coprire i propri... e consuma comunque molta energia,» continuò lei. Era stata la mia insegnante in molte materie e assumeva sempre il tono professionale quando parlava di laran e donas. Io lo trovavo buffo, ma insieme carino. Volsi gli occhi verso il mio scudiero, che la guardava rapito dallo sguardo e dai lineamenti.
«Che fai qui? Ti avrei cercato più tardi: andiamo a Castel Aillard per una breve visita.»
«Ancora? Che bello!» disse lui, canzonandomi. Era ovvio che, nascosto da mia sorella aveva ascoltato in parte la nostra conversazione. Guardai il muro di pietre alla sua destra e desiderai con tutte le forze che un masso si staccasse per schiacciare lui e la sua risata. Per sua fortuna, non possedevo che una sola goccia di telecinesi, adatta solo a sollevare piccoli oggetti, monetine e poco altro. Sospirai, desiderando anche quel donas, oltre al mio proprio.
"Spero non per usarlo contro di me, dom," mi giunse il suo pensiero.
«No, certo che no, bredu,» risi con affetto e calore.
«Allora, va bene la mia proposta?» chiese mia sorella.
«Io e Julo a corte e tu con la mamma e le nostre terribili zie? Affare fatto,» mi affrettai ad accettare. Non capitava spesso di poter evitare il lavoro. Ma avevamo una scusa e il lavoro, a parte quei nove cani da caccia per un nobile comyn, poteva aspettare. Avremmo fatto le corse per rimetterci in pari in estate e i nuovi braccianti venuti da Aillard avrebbero certo alleggerito il lavoro alle reti, per quest'anno.
«Andiamo a dirlo alla domna?» propose Juliano.
«Sì. E' meglio parlargliene subito. Altrimenti deciderà lei e finiremo per doverla accompagnare entrambi,» assentì Arliss. Ci dirigemmo subito alla sala del cucito, passando brevemente nella cucina per far preparare qualcosa per il viaggio. Nessuna delle due destinazioni era lontana: noi ci trovavamo a due giorni da Dalereuth e Lindirsholme era a due, forse tre giorni, se mia madre, come suo solito, non avesse insistito per prendere la via lunga, che costeggiava il mare per un tratto e poi piegava verso le terre delle sue parenti.


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Alar, il mio cavallo dal manto rossiccio e dal carattere malinconico, stava ora al passo con il castrone montato da Juliano. Eravamo soli e ne eravamo felici, ma sia io sia lui avevamo il pensiero rivolto a mia sorella. Avevamo fatto sempre tutto in tre, da quando io ricordavo. Lezioni di scherma, equitazione, pesca... Lui era maggiore di un solo anno rispetto ad Arliss e di ben tre nei miei confronti, eppure era sempre stato chiaro, fra noi, che non era lui a comandare. Non ci sgridava mai, al limite, in rare occasioni, ci consigliava quello che secondo lui era meglio fare. Ma accettava sempre qualsiasi decisione io o mia sorella prendevamo. Ci aveva insegnato a cacciare e a disporre trappole, ad orientarci con le stelle e le costellazioni, aveva appreso da noi - lettori del pensiero già da piccoli - semplici tecniche di utilizzo del laran e piccoli trucchi per avere la meglio in una discussione. Avevamo insegnato al mio uomo giurato a parlare meglio il casta e il cahuenga, a danzare e a far di conto. Era il nostro fratello maggiore ed era diventato il mio scudiero. Ma più importante: era diventato il nostro uomo giurato, sia mio che di mia sorella. Una cosa che non sapevo fosse possibile, di qua come di là del fiume Valeron. Ma era così. L'avevamo fatto giurare sulla sua spada e avevamo scambiato i coltelli con lui. Il mio lo teneva al fianco, il piccolo stiletto di Arliss lo aveva infilato nello stivale. Io tenevo il suo, per tutti e due noi Macrae. Juliano Hodge era il mio amato bredu, e lo era anche di mia sorella. Era stato un anno strano, per questa sorta di rapporto esclusivo tra noi e lui. Ero certo che gli altri soldati della tenuta lo invidiassero molto... Arliss non faceva mistero dei suoi sentimenti e aveva più volte parlato di sposarlo. Non avevano ancora fatto del sesso. Strano, poiché era chiaro che lui era innamorato di mia sorella e lei non era tipo di lasciarsi sfuggire un'occasione. In uno strano modo ero geloso... a me non sarebbe stato permesso di avvicinarmi così a mia sorella... eravamo uguali, io e lei. Se fossimo nati nelle epoche del caos, quando esistevano i matrimoni di gruppo… ma forse neanche allora. Sollevai le barriere attorno alla mia mente, neppure Juliano doveva sapere questo segreto, sebbene ne condividesse molti altri.
Il suo cavallo scartò all'improvviso; qualcosa si trovava sul sentiero, di fronte a noi. Dietro al suo, il mio stallone si fermò e s'imbizzarrì. Quasi caddi a terra, ma strinsi con forza le redini.
«Naotalba all'inferno!» imprecò Juliano. Estrasse la spada e si voltò verso di me. «Stai attento, giovane dom
Misi mano alla spada e poi mi fermai... eravamo all'interno delle terre di Aillard, non c'erano molti criminali, a parte qualche banda di briganti che raramente attaccavano alle soglie dell'estate... d'altra parte eravamo solo in due, giovani abbastanza per sembrare facili prede. Due giovani sciocchi ragazzi che avevano cavalli e magari qualche moneta, senza scorta e non sufficientemente armati.
Come in altre simili occasioni, schiarii la mia mente e mi concentrai sulla matrice, aprii la mente alla potenza del laran e... niente! Non c'erano menti a cui inviare un richiamo. Non menti umane, almeno.
«Calmati. Non c'è nessuno!» gridai a Juliano.
«Cosa?» fece lui.
«Non ci sono uomini qui intorno,» dissi io, calmando il mio cavallo. Guardai il fagotto in mezzo al sentiero e feci avvicinare Alar al passo. La spada, ancora nella mia mano, scostò le falde di un cencio. Sotto c'era un grosso ramo nodoso e un piccolo topo che, atterrito, si rifugiò rapido su per il ciglio della strada e dentro la foresta. Il suo squittio disperato mi raggiunse come il pianto di un bimbo sotto la pioggia.
La mia risata scosse l'aria. Juliano si unì a me sbattendosi una mano sulla testa.
«Ma come...»
«I cavalli devono odiare i topi, per reagire così,» tirai su il cencio, era pieno di qualcosa. Lo afferrai più saldamente e sciolsi il nodo. Un involto di tela sudicia, un sacchetto di noci e ghiande, abbandonato o caduto a terra.
«L'avrà perso qualcheduno che ha percorso la strada prima di noi. Non si è accorto che è caduto a terra. Qualcuno dormirà con la pancia vuota, stanotte.»
Il mio bredu mi guardò, sorridendo. «Spero che fosse la sacca del cavallo, c'è abbastanza erba fresca in giro.»


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Arrivammo presto a Dalereuth, accolti a Castel Aillard e invitati subito alla presenza della Dama Liane.
«Caro nipote! Che bello averti qui. Non c'è Arliss?»
«E' dovuta andare con nostra madre a far visita a Lindirsholme, mi dispiace. Spero che alla Madre sia sufficiente la mia presenza,» chinai il capo, alle mie spalle anche Juliano rimase in piedi, davanti alla potente donna.
«Oh, sì. Ma ero io ad aver bisogno di lei, per la verità,» lei sollevò una mano, su cui depositai un bacio.
«Per quale ragione, domna
«Volevo presentarle il mio giovane nipote Keith, è Aillard di Aillard e potrebbe essere adatto a sposarla di catenas. Inoltre avevo in animo di fare una piccola festa di fidanzamento per lei.»
L'annuncio mi lasciò costernato, era già tempo di pensare al suo matrimonio? Avrebbe compiuto solo quindici anni. Il pensiero si formò chiaro nella mia mente, cosicché fu captato all'istante.
«Un'età quanto mai adatta, ritengo. Solitamente ci si fidanza anche più giovani,» disse la Dama, abbassando lo sguardo. Io ristetti un solo momento, assorto... eravamo stati invitati tutti e due, che pensasse anche a... sollevai immediatamente le barriere e fissai la mia parente in viso, come un ragazzo ben educato non farebbe mai, mi voltai verso il mio scudiero «Juliano, lasciaci,» la mia voce risultò ferma e fredda.
«Come desideri, giovane dom.» Attesi fremendo d'indignazione fino a che il mio scudiero non si allontanò dalla sala, chiudendo la porta dietro di sé.
«Domna, sono molto stupito di questa cosa... pensavo che fosse la Madre a stabilire i matrimoni dei Macrae. Inoltre ritengo che mia madre dovrebbe essere a conoscenza almeno dei tuoi progetti per la sua unica figlia.»
«La Madre del Dominio ha dato il suo benestare, Dannil,» assentì con sussiego, «e tu sei il parente maschio di Arliss a cui si deve chiedere il permesso. Il tuo clan segue la discendenza maschile. Tua madre può essere o meno d'accordo, e sarò felice se darà la sua approvazione, ma comunque il marito di Arliss dovrà essere un Aillard. Questa è la consuetudine, lo sai bene,» fece una pausa per alzarsi in piedi, non era più alta di me, anzi. In rapporto a lei parevo un chieri, alto e longilineo. Ma la sua energia mentale era forte. Strinse le labbra e i suoi occhi chiari si puntarono sopra i miei. «Capisco che sei giovane e non dovresti avere a che fare con tutto questo. Forse potresti far decidere a Mical, se non ti senti a tuo agio per fare una scelta coscienziosa.»
Mi si offriva la possibilità di non dover decidere, e fui quasi tentato di accettare... poi ricordai che si parlava della mia cara sorella e della sua felicità futura.
«So bene gli usi del mio clan, ma trovo questo... questo mercato molto più adatto ad altre occasioni, domna. Io voglio che anche Arliss possa avere una parola su quest'importante questione. Non siamo io né mio zio Mical che possiamo decidere così del suo matrimonio.»
«Capisco,» fece lei. Percepivo che non era entusiasta della mia opposizione, voleva risolvere la faccenda in fretta, ma in fondo le era piaciuta la mia volontà di consultare una donna. Sorrise gentilmente. «D'accordo. Ma ricorda che è la Madre ad avere l'ultima parola. In quanto tutore di Aillard io ho voce in capitolo solo per rendere disponibile gli Aillard. E tu parli per i Macrae. Non so né voglio sapere per quale ragione c'è questo accordo tra i nostri clan, ma questo è il nostro compito.»
Le sue parole sciolsero in parte la mia ira. In fondo, mia zia diceva il vero. Ero solo arrabbiato perché la situazione era inaspettata. Se avessimo saputo che il motivo dell'invito era questo, mia sorella e anche mia madre avrebbero insistito per essere qui. Mi inchinai. «Ti chiedo perdono. Naturalmente è un onore quello che ci fai, scriverò subito ad Arliss per farla venire qui. E nostra madre. Sicuramente verranno a discutere della possibilità di questo fidanzamento.»
«Certo, certo. Metterò a disposizione i miei corrieri. Anzi, potremmo inviare un messaggio attraverso le reti. Credo che Aliciana e Sabrina siano proprio a Lindir, in questo periodo. E la nipote di tua madre, Marilla Lindir è di certo lì. Sono tutte leroni e possono percepire la richiesta. Così facendo saranno qui tra soli due giorni.»
«I corrieri saranno sufficienti, Dama Liane. Non ci sarà bisogno di tanta fretta, che potrebbe sembrare indecorosa, trattandosi di fidanzamento,» feci notare io. Appellarsi all'onore era sempre un modo per ottenere tempo.
«Sciocchezze,» minimizzò lei con un cenno della mano. «E poi dobbiamo pensare anche a te. Catria Aillard è qui da almeno mezzo anno, il suo addestramento sarà completato presto.»
Lo sapevo. Stavano cercando di far fidanzare anche me! Ci mancava anche questa. Il nome della ragazza non mi era nuovo... doveva essere la giovane che aveva danzato con noi al solstizio. "Quella che mi evitava!" realizzai in un attimo. Da quanto tempo mia sorella sapeva di questa storia? "Maledizione!"
Inghiottii amaro e per un momento - uno solo - fui tentato di lanciare un richiamo contro la Dama Aillard in persona. Per fortuna pensai contemporaneamente alle conseguenze di un tale gesto sconsiderato. Trattenere la furia che stava sollevando di nuovo la testa fu fisicamente doloroso, ma ce la feci.
«Anche io... domna. Non posso credere che...»
«Si tratta di un fidanzamento. Non di un matrimonio. E di questo, almeno, tua madre è al corrente da tempo. La piccola Catria è andata in adozione ad Armida per apprendere meglio tutte le cose necessarie al suo ruolo di moglie. Mi dicono che cavalca con abilità e l'ho vista io stessa danzare. Sei già invidiato, qui all'Alto Seggio c'è più di un giovanotto che l'ammira... persino il piccolo Vallonde, la vorrebbe sempre vicino.»
Il figlio del dom Vallonde e della sua dama era un bambino. Sorrisi alla cosa e dissi, scherzosamente. «Bene. Sono certo che si potrebbe combinare...»
«Dannil Rafael Keith,» disse Liane, con lo stesso tono e cipiglio che usava mia madre. «Ti prendi gioco di me?»
«No, No. Ma sarebbe un peccato...» continuai, rabbrividendo. «Certo, posso lasciare la mia promessa al sicuro nelle sue mani.»
«Vai subito dalla Madre, nipote! Sono sicura che le interesserà sapere che il suo tempo - e il mio, anche - per trovarti una degna sposa è andato sprecato!» così dicendo, le mani sui fianchi e lo sguardo fintamente arrabbiato, la Dama che aveva voce nel Consiglio dei Comyn di Thendara e decideva delle sorti di tutti noi dei dominii, mi congedò dalla sua presenza. Mi diressi verso l'ala del castello occupata dalla mia parente, Juliano mi raggiunse rapido e si accodò in silenzio. Sentii i suoi pensieri in subbuglio, dolorosi perché incontrollati. Mi fermai in mezzo al corridoio e mi voltai.
«Bredu. Calmati!» gli dissi. «Non è un matrimonio. E' un fidanzamento. E stai tranquillo. Prenderò tempo.»
«Ma... Dom! Tu sai che non si può cambiare la volontà di Aillard,» disse lui, disperato. Se non lo immaginavo già da tempo, in quel momento potevo capire e sentire i suoi sentimenti per mia sorella. Cercai di tranquillizzarlo con una mano su un braccio.
«Siamo io e mia madre i tutori di Arliss,» dissi fermamente. «Questa idea è giunta inaspettata. Ma sarebbe giunta, alla fine. Dobbiamo solo...» m'interruppi perché non sapevo cosa fare. Dentro di me sapevo che quand'anche fosse venuto il momento di decidere ci sarebbe stata Arliss, con me. Guardai negli occhi il mio uomo giurato e rimasi lì, pallido e addolorato. La verità era che tutti e tre pensavamo che non sarebbe mai cambiato nulla. Eppure eravamo a conoscenza che non c'erano possibilità di scelta: solo le Aillard potevano sposare i Macrae con il pieno dono, questo era l'uso da diverse centinaia di anni. Mio zio aveva ottenuto di sposare all'esterno del dominio, una Leynier. Ma era il secondogenito e gli era stato imposto di aver subito almeno un paio di nedestro vivi e dotati di potere. A mia sorella, Macrae con il donas di famiglia perfettamente sviluppato e quindi pericoloso, sarebbe stato negato un simile matrimonio. Fosse anche con un Hastur o il Re Elhalyn che scaldava il trono. Figurarsi per sposare un Hodge!
«Adesso lasciami solo, Juliano,» lo congedai. «Devo pensare immediatamente ad una strategia.»
Lo scudiero si fermò e mi guardò triste. Non poteva aiutarmi in nessuna maniera, né aiutare se stesso. Camminai lungo il corridoio pieno di arazzi; una guardia personale della madre mi riconobbe ed entrò ad annunciarmi. Attesi il suo ritorno. Non era previsto il mio arrivo; potevo solamente sperare che la Madre volesse a sua volta vedermi. Probabilmente mi avrebbe rifiutato l'udienza, per farmi sbollire la rabbia.
La guardia tornò all'esterno della sala. «Puoi entrare, vai dom
Sospirai e mi feci forza. «Grazie.»
L'appartamento principale della Madre del Dominio non era questo, lei viveva con due ancelle poco lontano. Tre camere da letto e un salottino, una camera da pranzo e una stanza adibita a studio privato. Questa sala, invece, era una specie di sala da cucito, dove le donne si riunivano a lavorare e a chiacchierare come in ogni Grande Casa di Darkover. La particolarità di questa sala era un piccolo altare che non era dedicato a nessuno dei quattro Dei principali. Aldones, Evanda, Avarra e Zandru erano onorati nella cappelletta sotto al castello, qui si adorava la Beata Cassilda, la madre leggendaria di tutti i Dominii e la sposa di Hastur, il figlio della luce.
Come i figli di Hastur si proclamavano di origine divina, così le Aillard facevano risalire alla figlia di Robardin la loro discendenza. Appena entrato fui sommerso dall'odore delle essenze profumate che si bruciavano per onorare la statua di legno scolpita a fattezza della progenitrice della razza umana. Feci un breve inchino con il capo alla statua e feci scorrere lo sguardo sui magnifici affreschi della parete nord. Raffiguravano Cassilda circonfusa della luce insieme a sua sorella Camilla, ammantata d'ombra. Erano strumenti di Avarra come Hastur lo era di Aldones, di questo ero certo. In nessun altro luogo di Darkover si potevano vedere così celebrate e ricordate, come a significare che luce e ombra fossero entrambi doni della Dea. In effetti la morte era un dono, così come la nascita. Ed Evanda non era forse la figlia di Avarra?
La sala non era vuota, anche se l'avevo vista molto più frequentata, in altre mie visite precedenti. La Madre stava comodamente seduta e chiacchierava con una giovanissima ragazza. Altre donne stavano cucendo e due vecchie filavano la lana. I numerosi pensieri mi raggiunsero tutti assieme, come mi capitava sempre entrando in luoghi dove diverse menti lanciavano a caso i loro pensieri. C'erano almeno dodici telepati, nella stanza. Nessun uomo, neppure i bis-nipoti che non si allontanavano mai dalle gonne o dal grembo della Madre. Visualizzai le barriere della mia mente come un forte accordo d'arpa che mi avvolgeva completamente, i pensieri estranei venivano fermati senza penetrare, come cinguettii di passeri spaventati in un incendio.
«Dannil, sei finalmente qui!» disse Carlisia Aillard, una ragazza di circa la mia età. Mi raggiunse in un attimo.
«Damisela! E' un piacere per me, rivederti!»
«Anche per me lo è. Come sta Arliss?»
«Bene,» mi voltai verso la Madre, per non sembrare maleducato.
«Madre, ti vedo in buona salute.»
«Vieni a baciarmi, giovane Dannil.»
La raggiunsi con piacere e scoccai un bacio sulla guancia grinzosa della cara vecchina, poi fui avvolto dal suo potere caldo, luminoso, armonioso. Non c'era bisogno che io abbassassi le barriere, poiché il suo straordinario laran le superava, cogliendo i miei pensieri come i bisbigli delle sue donne. Fu proprio a queste che si rivolse.
«Lasciateci.» Tutte si mossero con una calma frettolosa verso la porta che avevo appena varcato. Alcune volsero gli occhi chiari verso di lei, curiose. Percepii gli accordi di rryl che rappresentavano le loro domande telepatiche. Ma la Madre respinse ogni occhiata con tranquillità. La porta si richiuse dietro a loro.
«E così, Liane ti ha parlato di Catria,» esordì. Dritta al punto dolente.
«Non mi importa niente di Catria. Voglio sapere di Keith Aillard e mia sorella.»
«Non sei molto gentile verso la tua promessa sposa,» commentò lei, maliziosa. «Tra l'altro è una delle mie protette, quindi preferirei sapere se c'è qualcosa che non va nella scelta.»
«Non c'è niente che non vada in Catria...» dissi con petulanza. Da sempre sapevo di dovermi sposare, che differenza faceva chi era? Non conoscevo nessuna donna che fosse per me migliore di mia sorella Arliss, e non ero veramente certo di volerla conoscere. Non mi importava, non volevo sostituire l'amore che provavo per Arliss con l'amore per una donna che...
«Voglio che mia sorella non si sposi. Non voglio che si fidanzi con nessuno,» dissi invece.
«Va bene, allora parliamo di tua sorella,» rispose lei. Socchiuse gli occhi, triste. Si concentrò un secondo e poi disse: «Ho ordinato del tè a Carlisia. Lo prenderai anche tu?»
«Sì, grazie,» dissi, cercai una sedia e mi accomodai vicino a lei.
«Per quale ragione non vuoi che tua sorella si fidanzi?» chiese, d'un tratto.
«Non mi sembra abbastanza vecchia, per questo!»
«Però è abbastanza vecchia per tutto il resto, vero?»
«Che vuoi dire?»
«E' abbastanza vecchia per governare una tenuta, per partorire i figli dei chieren, per amoreggiare con il vostro scudiero...» elencò lei sulla punta delle dita, «ma non per fidanzarsi.»
"Misericordiosa Avarra!" pensai. La Madre ci andava giù pesante.
«Intendevo dire che non conosce il suo promesso sposo e che anch'io dovrei approvare,» mi difesi io, «e non mi sembra corretto che tu e la Dama scegliate i nostri sposi e... e ci incrociate come cavalli.»
Una risata arrochita ma forte eruppe dalle sue labbra rinsecchite. Rimasi a guardarla attonito.
«Quante volte ancora sentirò le stesse parole dai Macrae?» mi domandò divertita.
«Perché, quando le hai già sentite?»
La vecchia si mise a pensare seriamente. «Vediamo un po', l'ultima volta tuo zio Mical, prima ancora, vent'anni fa con tuo padre... e prima ancora i tuoi tre prozii e tuo nonno, loro vennero qui tutti assieme e ti giuro che fu un putiferio...» rise ancora. «Tutti e quattro urlavano come matti e tuo nonno più degli altri. Ad un certo punto cercarono di usare il richiamo e ricordo che... beh, meglio che te lo dica un altro giorno. Forse non sei grande abbastanza per questo...»
«Non sono piccolo!» dissi, poi vidi un brillio nei suoi venerandi occhi e capii troppo tardi. Mi morsi le labbra.
«Se non sei piccolo per parlarne, vuol dire che sei grande anche per...» s'interruppe e poi riprese a raccontare. «Tuo padre voleva sposare una giovane popolana.»
Gonfiai il petto. «Cosa c'è di sbagliato?»
«Non molto, in verità. Ma non saresti nato... né tu né Arliss sareste qui.»
«Saremmo diversi...»
«No. Non saresti qui. Solo una Aillard può partorire figli sani e vitali a un Macrae, e non è sempre vero. Tua madre non ha avuto vita facile con la nascita di tua sorella, tanto che tememmo per la sua vita.»
La Madre abbassò lo sguardo di nuovo, il suo viso grinzoso era solcato da ancor più rughe, mi parve.
«Figliolo, non tutte le regole che sono imposte al tuo clan mi trovano d'accordo... ma esistono per un fine più ampio... il dominio Aillard ha ancora bisogno dei tuoi figli. E i chieren
Cercò il contatto con la mia mente, ma glielo impedii. Volevo tempo, volevo spazio.
«Io voglio decidere per me e mia sorella. Altrimenti non ci saranno più figli per i chieren... e nessun commercio,» la minaccia parve senza senso anche a me.
«Non essere sciocco. Non puoi permettertelo nemmeno tu. Io sono vecchia, ho visto tanti, innumerevoli solstizi, innumerevoli stagioni fredde. Ti assicuro che quando ero bambina gli inverni erano meno freddi di ora. La neve si sta impadronendo del nostro mondo. Il sale, l'olio di pesce e gli altri prodotti saranno la nostra salvezza. E il prezzo di questi commerci è la tua vita. Puoi avere tutto quello che vuoi, ma non puoi allontanarti dal mare, né sposare qualcuno che non è una Aillard appositamente addestrata.»
«Io ho il donas, basto io. Avrai i miei figli, ma lascia libera Arliss.»
«No. Chiyu, non capisci.»
«E' vero, non capisco,» la interruppi con un gesto della mano. «Scriverò a mia sorella e la chiamerò qui. Noi decidiamo tutto assieme, quindi attenderò che anche lei sia qui. Potrai cercare di convincerla come hai fatto con me.»
«Come vuoi,» disse la vecchia, triste. «Nel frattempo godi dell'ospitalità del clan e, per favore, cerca di comportarti onorevolmente.»
«Come puoi dubitarne, Madre?» chiesi, chinando il capo. A questo punto mi ero allontanato dai miei parenti?
«Allora concedimi un favore,» si affrettò a chiedere lei, a sua volta.
Attesi, mi alzai in piedi e la guardai.
«Dai una possibilità a Catria. Mia nipote non ha colpa dei miei errori, prova a conversare con lei. Magari sarà di tuo gradimento, dopo tutto.»
«Come desideri, Madre,» concessi. Nella mia mente si chiuse una porta. "Ma non mi convincerete mai a fare qualcosa che io non voglio fare. Non più!"
Entrò Carlisia con un vassoio e con il tè. Avevo finito di dire quello che volevo, quindi infilai la porta e tornai camminando verso la sala comune e poi in camera mia. Mi buttai sul letto e vi rimasi, percepii la mente di Juliano, preoccupata, proprio mentre mi abbandonavo al sonno.


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Se il mio arrivo a Castel Aillard destò qualche preoccupazione, questa non fu più notata, all'arrivo di mia madre e mia sorella, qualche giorno dopo.
I Macrae non sono mai stati famosi per la loro osservanza dell'etichetta, ma il solo fatto di vedersi arrivare due furie a cavallo accompagnate solo da un paio di uomini che sembravano più inseguirle che scortarle, fece sorgere parecchie domande.
Domna Alarice Lindir-Aillard non attese il braccio di un valletto per scendere da cavallo e si diresse al centro del cortile del castello, mollando le redini del suo baio al primo che gli capitò tra i piedi.
Più tranquilla (o più gentile con gli animali), Arliss attese che un giovane stalliere si presentasse davanti a lei, lo squadrò e sciorinò una lunga serie di compiti e operazioni che lo sfortunato doveva fare per accudire il suo stallone e l'altra cavalcatura; soddisfatta, raggiunse mia madre e insieme - altere e lugubri come due Sacerdotesse della Madre Oscura - si diressero al portale principale.
Vidi tutta la scena dal mio balcone ad uno dei piani superiori, scoccai un richiamo a Juliano per farlo accorrere dall'altra stanza e insieme scendemmo ad intercettare le due donne.
«Madre! Arliss. Benvenute!» gridai entusiasta, volando letteralmente sulle scale. Tre, quattro scalini per volta mi portarono presto a loro incontro.
«Dannil! Smettila,» mi disse mia sorella. «Sembri un selvaggio.»
«Oh, sta zitta. Sono stato buono e calmo per diversi giorni, non ne posso più,» risposi io, minimizzando.
«Adesso siamo qui: andiamo da qualche parte e spiegaci tutto. La tua lettera era confusa quanto urgente,» interferì mia madre. Non sapevo la ragione ma lei sembrava anche più nervosa e indignata di noi. Arliss la guardò sconcertata. "E' così da quando è arrivata la tua lettera," m'informò con il pensiero. "Ad un certo punto ho pensato che le venisse un colpo!"
Rimasi interdetto. "Che ne pensi?"
"Sinceramente non lo so, non so proprio cosa pensare."
Juliano si avvicinò con un mesto sorriso, s'inchinò e tornò ad allontanarsi di un passo. «Domna Alarice, damisela, sono felice di rivedervi.»
«Anche io, figliolo. Hai vegliato su mio figlio?» disse mia madre, guardandolo negli occhi; lui abbassò lo sguardo.
«Naturalmente, vai domna. L'incolumità di Dannil e Arliss è la mia vita,» rispose lui, ossequioso come sempre.
«Te ne sono grata.»
«Juliano, ti prego, vai ad assicurarti che Piedro e Robard siano ben alloggiati, li abbiamo lasciati fuori senza ordini,» intervenne Arliss, posando una mano sul suo braccio. Non percepii se vi fu tra loro uno scambio telepatico, però la possibilità c'era.
«Confido che se la possano cavare tranquillamente, ma vado,» disse il mio bredu, rapido.
Lo guardai andar via, poi riportai la mente al problema presente.
«L'hai mandato via per parlare solo con noi?» chiesi a mia sorella.
«Certo, il suo laran è troppo debole per serbare le emozioni,» disse Arliss, sollevando le spalle, poi aggiunse: «Non lo voglio qui intorno a farci da spia involontaria.»
«Spia involontaria? Non ti pare di esagerare... sono nostre parenti.»
Fu mia madre a rispondermi, la fronte aggrottata. «Dannil. Le nostre parenti sono in grado di fare anche peggio.» Strano che il commento venisse da lei. Aveva sposato mio padre per lo stesso motivo per cui Liane e la Madre del Dominio mi volevano far sposare Catria e volevano dare Arliss a quel Keith che non avevo neanche mai visto.
«Sei dalla nostra parte, mamma?» domandai. Lo avevo capito dal suo atteggiamento, naturalmente, ma le sue parole erano stupefacenti.
«Solo per...» cominciò, poi tacque, raccogliendo i pensieri. Sospirò e disse: «Vostro padre non perdonò mai la Madre per averlo costretto a sposarmi. La sua Shaya morì giovane, però fu un dolore che Ruyven si portò a lungo nel cuore. Non voglio che accada anche ai miei figli.»
Con questa frase ci lasciò a bocca aperta, colpiti dall'enormità della cosa. Sapevo che lei aveva amato mio padre con tutta l'anima, mentre lui era sempre stato freddo nei suoi confronti - o così lo ricordavo, almeno - la maggior parte del tempo. Non potevo credere alla cosa. Cioè, non mi ero reso conto fino a che punto fosse profonda la dedizione di mia madre per quel padre che avevo conosciuto appena, che suonava il suo fiol con passione e che andava a pesca sull'unico mare.
Come al solito mia sorella ed io avevamo gli stessi pensieri, tanto che Arliss, con gli occhi lucidi, abbracciò nostra madre che, impacciata, ricambiò con una pacca sulla spalla. Rari erano i momenti in cui domna Alarice di Hollow Tree si abbandonava talmente da mostrare più che un blando affetto ai suoi figli.
«Che facciamo?» chiesi ad Arliss.
«Hai già conosciuto quel ragazzo?» domandò a sua volta mia madre.
«No,» risposi, laconico. «Anche se ho parlato con Catria. Perché non me ne avete mai accennato?»
«Lo sapevo, sì. Me lo scrisse la Dama mesi fa,» assentì mia madre, colpevole.
«Anche io lo sapevo,» confessò Arliss. «Me l'hanno detto Sabrina e Marelie al Solstizio d'inverno.»
«Sono stanco di non sapere le cose,» feci io. "Se l'avessi saputo, avrei potuto affrontare meglio questa situazione!" aggiunsi col pensiero.
«Mi dispiace. E' vero,» rispose mia sorella. «Ma era qualcosa di cui non ci saremmo dovuti occupare se non fra qualche anno, e quindi...»
Era vero. Al compimento del mio sedicesimo anno di età sarei stato investito della signoria dei Macrae - un titolo così poco importante che non valeva la carta su cui redigere ufficialmente l'atto - e avrei acquistato tutti i diritti che ora avevo solo in teoria. Fino ad allora le terre e il titolo erano affidate alle cure di mia madre. Normalmente gli usi del nostro mondo erano diversi: mio padre aveva preferito concedermi un anno, dalla maggiore età al sedicesimo compleanno, per abituarmi a gestire la tenuta e gli affari di famiglia senza la pressione derivante dall'avere tutto sulle spalle. Ma io avevo Arliss ad aiutarmi... l'avrei avuta sempre al mio fianco. Che altro mi serviva? E volevano separarci facendoci fidanzare. Sciocchi! Nessuna legge o consuetudine o persona si sarebbe messa tra noi fratelli. E il testamento di mio padre era l'arma principale che poteva proteggerci in questo frangente. dom Ruyven Macrae aveva rifiutato di fidanzarmi quando era in vita e aveva lasciato scritto il suo volere anche in questo: aveva affidato congiuntamente a me e a mia madre, quali tutori e garanti delle proprietà dei Macrae, il potere di combinare i matrimoni per tutti gli appartenenti al clan aventi diritti all'asse ereditario. Di fatto questo proteggeva in qualche maniera Arliss e me. Il documento aveva valenza legale, ma non poteva superare la forza degli altri usi dei Macrae. Solo le Aillard potevano sposare di catenas i Macrae. Questo era il patto; nella biblioteca della tenuta era conservato ancora l'atto originale, scritto in un linguaggio un po' datato, ma chiaro e inoppugnabile. Sottoscritto dall'allora Signora di Aillard e dal mio avo, lo stesso Macrae che aveva abbandonato gli Elhalyn per le Aillard.
«Va bene, va bene,» dissi io, «ma basta segreti. Ho tredici anni. Sono abbastanza grande per...»
«Signorino...» cominciò mia madre con le mani sui fianchi.
«Aspetta,» la bloccò Arliss. «Ha ragione, madre.»
«Ha tredici anni!» protestò lei.
«Sono un Macrae, madre,» guardai le due donne. Percepivo il loro desiderio di proteggermi dalla vita, ma non potevo cedere questa volta. "Sono pronto."
"Nessuno con il potere del richiamo è giovane a lungo," le inviò con il pensiero mia sorella. "Lo sai."
Nostra madre cedette all'evidenza dei fatti. «Va bene. Ma terminata questa emergenza dovrete dimostrarmi che siete maturi quanto dite di essere, bambini.»
Mi sentivo come il capitano della Guardia Comyn di Thendara, dopo aver compattato le forze e pronto per la battaglia. O per stendere i piani, per lo meno.
«Andiamo a parlare con la Dama? O con la Madre?» chiesi, con fare dubbioso.
«Prima Liane. Mettiamo a posto la burocrazia,» fece mia sorella, pensando a voce alta.
«Che intendi, chiya
«Ho pensato, durante il viaggio da Lindirsholme a qui: Aillard ha la lettera della legge dalla sua parte, mentre noi abbiamo la sostanza. Per qualsiasi forma di matrimonio, ci dev'essere il consenso della famiglia della sposa. Il padre, il fratello o il tutore possono dare in sposa una donna anche contro la sua volontà. Per le catenas la sposa deve dare il suo espresso consenso.»
Nostra madre la guardò con ammirazione. «Ho capito: un comyn deve sposarsi di catenas, le altre forme di matrimonio sono impensabili.»
«Non basterà. Ho consultato qualche vecchio contratto di matrimonio, stando qui a far niente,» precisai io. «I Macrae sono così strettamente imparentati con le Aillard che siamo praticamente una stessa famiglia... potrebbero dire che il nostro capo-clan sia la stessa Dama.»
«No, Dannil. I Macrae hanno discendenza patrilineare, proprio per evitare questo intoppo, nonostante la loro importanza relativa, riconoscono la preminenza Aillard come capi-clan, ma rifiutano la dominazione femminile: io sono la Dama Macrae, e poi sono Lindir-Aillard,» commentò mia madre. In effetti noi figli avevamo il doppio cognome, Macrae y Aillard. Ristetti un momento a pensare.
«Andiamo a salutare la nostra parente, quindi, figli miei.»
Sembravamo una processione, tanta dignità mia madre stava sfoggiando. L'effetto era solo in parte rovinato dal suo laran impazzito, come le succedeva quando era nervosa. Infatti, a tutti coloro che ci incrociavano sembrò di passare attraverso una nuvola carica di elettricità, e una finestra si aprì d'improvviso, poi un'altra, facendo entrare il vento e la pioggia. Io e Arliss la seguivamo a due passi di distanza, silenziosi e in costante contatto telepatico, riordinando i pensieri.
Una donna di mezza età, magra e con i capelli rosso fiamma delle leroni stava entrando nella saletta usata come studio e salottino, ma si fermò al nostro apparire e attese.
«Alarice?»
«Claudia Aillard. Che piacere incontrarti,» disse con disappunto mia madre, chissà quale era stato il problema tra loro. Non sapeva nascondere con grazia le proprie emozioni?
«Devi parlare con Liane? Ti annuncio. E' occupata con il coridom e l'amministratore, ma di sicuro avrà tempo per te.»
«Sono appena arrivata, con mia figlia. Devo ancora presentarmi.»
«Ci ha invitato lei. La Dama, intendo,» fece Arliss.
«Ma certo. E' chiaro,» concesse Claudia, impettita. Entrò quindi nella stanza. Ne uscì dopo qualche minuto, con un sorriso smagliante. «Potete entrare,» ed entrò subito dopo di noi. La Dama si alzò in piedi e ci raggiunse, accogliendo con calore come in precedenti occasioni.
«Alarice! Sono tre anni che non vieni all'Alto Seggio...» le due donne si abbracciarono.
«E non sarei venuta, parente, se non ci fosse reciproco interesse a sistemare i matrimoni dei miei figli. Rimarrò il tempo di discutere la cosa e poi tornerò a Lindirsholme, dove ero in visita a mia sorella Ellemir, che aspetta un figlio.»
«Oh, lo so! Ho mandato la mia Sabrina per assisterla, una decina fa, ma il parto è ancora lontano, no?»
«Sì, ma l'ultimo figlio è nato in anticipo, quindi non sono tranquilla.»
«Aliciana è a Lindir. Possiamo rilassarci, quindi,» disse la voce della Madre del Dominio. Ci voltammo e la vedemmo arrancare con il suo bastone di legno attraverso l'uscio. La sapiente Claudia le corse incontro con rapidità, ma la Madre aveva già aiuto: Carlisia e Danla.
«Madre, saremmo venuti a renderti visita tra breve,» disse mia sorella. Mia madre si avvicinò per porgere i suoi omaggi. Anch'io inchinai la testa.
«Oh, ne sono sicura... ma volevo partecipare a quest'incontro,» rispose lei, sorridendo. «Dannil ha già espresso chiaramente cosa ne pensava.» Danla Aillard la accompagnò a sedersi, Carlisia si affrettò a poggiare cuscini ricamati sullo schienale della sedia alta.
Lasciai compiere i lenti movimenti alla vecchia per mettersi comoda, poi mi schiarii la voce. «Allora cominciamo. Vorrei ridefinire questa storia, in modo da essere chiari.»
Tutti gli occhi si puntarono su di me. Gli azzurri di domna Liane e Carlisia, i verdi di Claudia e Danla e di mia madre, i grigi della vecchia domna Jaida, i viola di mia sorella. I pensieri più disparati dardeggiarono come note di flauto dolce sulle mie barriere. Era decisamente vero, se una prova era ancora necessaria, che lo sguardo focalizzava sia il pensiero che il laran. Curiosamente pensai che questo fatto doveva essere all'origine dell'uso di non guardare mai una donna con un pensiero lascivo... neppure casuale.
Tutte queste donne erano telepatiche, tutte dovevano essere a parte del problema, a vari gradi di segretezza.
Fu Liane ad aprire la discussione, accettando di appurare il mio ruolo.
«Tu parli per i Macrae? Non ne hai ancora l'età, se ben ricordo.»
«La volontà di mio padre sancisce il mio pieno diritto alle proprietà ed ai diritti del mio clan ai sedici anni, però sono tutore di mia sorella... già ora. In questa faccenda ho voce in capitolo.»
«E io resto a mia volta tutore di Arliss fino alla maggior età di mio figlio,» aggiunse mia madre.
«Parli per i Macrae anche tu? Allora qual è la proposta?» sussurrò la Madre.
«Contestiamo il promesso di Arliss,» feci io, calmo. Mia sorella taceva, ma stava attenta a tutto.
«Keith Aillard è stato giudicato adatto, il suo laran può essere addestrato per le nostre necessità,» rispose Danla. Era una leronis che in gioventù era stata ad Arilinn e a Neskaya e che ora le aveva lasciate per servire la Madre, mentre Carlisia era stata addestrata come a suo tempo Aliciana e mia madre.
«Claudia, per favore... lasciaci,» fece la Madre. La sapiente chinò il capo e uscì, le sue gonne si gonfiarono mentre attraversava la sala.
«Avrei preferito che restasse,» commentò Liane, «è molto saggia e conosce la legge matrimoniale.»
«Siamo tra parenti, nipote. Non ci serve veramente la legge, basterà la ragionevolezza,» sorrise la Madre. I capelli bianchi erano candidi e legati da un fermaglio d'osso e legno chiaro, alla maniera delle popolane, il suo vestito di lana era grigio e marrone, con la gonna marrone bordata di ricami a foglie verdi e fiori. Mi concentrai stranamente su quel particolare e tacqui.
«Jaida, naturalmente nessuno vuole imporre nulla ad Arliss, ma non abbiamo tanti giovani Aillard adatti. Lo sai anche tu.»
«Perché non presentare i due ragazzi?» chiese Danla, sussurrando la sua proposta.
«E' un poco scandaloso, lo so,» concesse Alarice, dubbiosa. «Ma mi sentirei meglio.»
«Niente di più facile, ma non sono molto d'accordo sul fatto che i ragazzi s'incontrino prima della cerimonia di fidanzamento,» disse la Dama di Aillard.
«Che differenza farebbe un incontro o due... non si può conoscere veramente il proprio marito, in questo modo,» bofonchiò Arliss.
«Potrebbe incontrarlo Dannil. Sarà in grado di giudicare se il ragazzo è adatto a sua sorella.»
«No. Io preferirei che non ci fosse nemmeno la cerimonia,» dissi io.
«Non vuoi che tua sorella si sposi?» chiese mia madre, sconvolta.
«Vorrei che avesse il tempo di scegliere che fare della sua vita. Potrebbe essere una leronis di prim'ordine.»
«Che sciocchezza,» commentò Danla. «Non potrebbe andare a una Torre in tutta la sua vita.»
«Il patto delle nostre famiglie, che io non conosco se non per le parti che riguardano i matrimoni,» intervenne Liane, a disagio, «specifica chiaramente che i Macrae hanno l'obbligo di sposare all'interno delle Aillard».
Una Aillard non ama avere per le mani una situazione che non può tenere sotto controllo, di questo avevo avuto esempi per tutta la vita.
«Sono state fatte altre eccezioni.»
«Sì, per cadetti Macrae. Ma Arliss è la prima donna con il donas di famiglia da qualcosa come cinque generazioni,» intervenne la Madre.
«Il donas si trasmette solo tramite i maschi,» obiettò mia sorella.
«Vorremmo provare a incrociare il laran con una tecnica diversa,» ci spiegò Danla.
«Parenti, mia sorella è una cavia?» chiesi, disgustato. Non bastava che ci volessero accoppiare come stalloni e fattrici, dovevano anche usarci per i loro esperimenti?
«Potrebbe essere importante, figliolo» disse di nuovo la Madre.
«So che Keith è stato manipolato,» intervenne la Dama, dubbiosa, «ma non mi sembra che ne sia valsa la pena, è chiaro che Arliss è tutt'altro che entusiasta!»
"Pietosa Evanda! Siamo ancora alle manipolazioni?" recepii da mia madre, sconvolta.
«E' stato fatto per proteggere la linea di successione dei Macrae. Abbiamo solo Arliss e Dannil. Difficilmente Mical avrà figli viventi dalla sua Leynier e i suoi nedestro non hanno il dono di famiglia.»
«E questo giustifica...» cominciai io, la testa mi girava, manipolazioni per sviluppare o controllare il potere! Erano tecniche così antiche che probabilmente non venivano più fatte neppure a Neskaya.
«Sì,» sentenziò la Madre, semplicemente.
«Io dico no!» si arrabbiò mia madre. «Abbiamo già visto dove porta questa strada; cralmac, riyachiya'in, altri orrori innominabili.»
«Alarice. Ti prego di non esagerare,» la bloccò Danla, «è solo per stabilizzare meglio il malessere della soglia. Il seme di Keith potrà solo contenere il laran dei bambini di Arliss.»
«Non vorresti, chiya, che nessun'altro soffrisse quello che tu e tuo fratello avete passato?» chiese la Madre, con la faccia ferma. I suoi occhi incavati erano luminosi, bloccati su mia sorella.
«No. A maggior ragione, rifiuto il matrimonio,» dissi io. «Non pasticcerete con il donas della mia famiglia.» "Mai più!"
Carlisia, che era più giovane di Arliss, teneva le mani sul viso, coprendosi la bocca, gli occhi, sbarrati, dardeggiavano da uno all'altro dei nostri volti scuri. Infine avanzò dal suo posto fino a superare la Madre e la Dama, ponendosi davanti a noi.
«Mia madre è stata consultata, alla nascita di Keith. Così mi ha raccontato. Ha accettato di donare mio fratello ai Macrae,» disse, con voce tremante. «Le leronis sono intervenute ancora nelle ultime decine prima del parto e...» cominciò a singhiozzare, poi sollevò gli occhi verso mia sorella. «Non vorresti diventare la mia breda? Sposeresti mio fratello, che è molto dolce e gentile. E ha già appreso che andrà a vivere a Hollow Tree.»
«Carlisia,» disse Arliss, «non è che mi dispiacerebbe tanto... è solo che...»
«Mia sorella vuole più tempo,» dissi io, più freddo. Avevano chiamato anche Carlisia e Danla per convincerci con le buone. E ci offrivano un Aillard modificato, volevano che noi ci pensassimo bene.
«Porterà ricchezza alla tenuta: Aillard è disposto a pagare il prezzo della sposa consueto e anche di più,» aggiunse la Dama Liane.
«E pensate che questo risolva tutto?» domandai io. Che cosa potevo dire per impedire questa compravendita? Non avevo nessun titolo per rifiutare un ricco matrimonio, eravamo vassalli delle Aillard da diversi secoli. Eravamo deboli e con un clan ridotto a poco più di una quindicina di individui. Di tutti i discendenti dei Macrae solo io e Arliss avevamo il pieno dono. I miei cugini erano sprovvisti del donas principale e alcuni non possedevano neppure il laran normale. Della generazione di mio padre solo kiyu Mical aveva avuto il dono, quando solo trent'anni prima i Macrae vantavano cinque fratelli tutti con il laran. Mio nonno aveva commerciato per anni con i chieren, senza rinnegare nulla del patto con le Aillard. Era l'onore di famiglia, quello a cui noi ci stavamo ribellando. Ai nostri doveri.
Stavo riflettendo il più rapidamente possibile. «Ci vuole il consenso della famiglia, per il matrimonio.»
«E quello della sposa, per le catenas,» aggiunse Arliss.
«Capisco,» disse la Madre, abbassando gli occhi. «Vi daremo più tempo, allora. Ma ancora vi prego, cercate di conoscere i vostri promessi.»
Sospirai. «Ho conosciuto Catria. Non sarebbe per me un problema sposarla... non importa. Ma non sarebbe per amore. E credo che Arliss debba essere sicura di quello che farà. Appoggio la sua volontà di attendere.»
«E anch'io,» assentì mia madre. «Inoltre Dannil attenderà fino al sedicesimo anno di età.»
«Vi richiamo al dovere,» commentò la Dama, «la ragazza sarà in età da marito tra breve. Sarebbe uno scandalo non fidanzarla, almeno. Già mi chiedono i motivi del ritardo. E mia sorella minore scalpita per sapere. E il padre di Carlisia anche.»
«Digli che la Madre ha deciso così,» risposi duro. Non mi avrebbero convinto a concedere nulla di più di quello che avevo già concesso.
«Non sarà la verità,» fece la Dama. I pugni si contrassero per l'irritazione.
La guardai calmo, poi guardai mia sorella. «Sarà il nostro segreto, zia.»


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Avevamo vinto la partita, questa volta. Ma né io, né Arliss né nostra madre ci illudevamo di spuntarla. Il nostro comportamento aveva rasentato la ribellione piena e la Dama Aillard se lo sarebbe ricordato. Ma avevamo acquisito un poco di tempo per escogitare meglio le prossime mosse. Ci dirigemmo al piano dove si trovava la mia stanza, non dubitavo che l'appartamento adiacente ora contenesse i bagagli di Arliss.
«Come sta kiya Ellemir? E le altre zie?» chiesi, volevo non pensare ai miei guai.
«Bene, figlio mio. Grazie per averlo chiesto. Ellemir è circondata di sapienti e levatrici. E la Madre ha mandato Aliciana: il parto sarà facile e, probabilmente sicuro.» Le Lindir avevano un potere forte e portavano un sangue antico nelle vene, secoli di incroci con gli Aillard, tanto che erano famiglie collaterali, parenti strettissime. Il loro potere si svegliava lentamente, dodici o tredici anni.
«Ne parli come se fosse senza rischi,» dissi, asciutto.
«Non lo è. Ma rispetto ai miei...» sorrise. «Mi avete fatto disperare fin da poco dopo il concepimento.»
Spesso ci aveva raccontato che parlava con noi già prima della nascita, non lo avevo mai creduto possibile, ma era vero che a volte succedeva. E comunicare con un feto doveva essere un'esperienza disorientante. A questo bisognava aggiungere che solo in quei periodi e momenti mio padre aveva mostrato per mia madre qualcosa di più del semplice affetto per una compagna a cui era stato sposato controvoglia.
Si sedette nel salottino dell'appartamento ed emise un sospiro. «Anche questa è fatta! Abbiamo preso tempo per i vostri matrimoni... ma andate a conoscere i vostri pretendenti: non sarebbe male se, dopotutto, fossero adatti a voi.»
Io sorrisi. «Per come la vedo io, un matrimonio combinato è sempre sbagliato.»
«Non credo, figlio. A volte scegliere liberamente il proprio compagno si rivela un disastro. E se tutto va bene succede qualcosa lo stesso, poiché le famiglie sono contrarie. Il mio parente Domenic Lindir sposò una Aillard, cugina della Dama, e sono molto felici... hanno due figli.»
«Domenic e Diotima? Non ci hanno fatto visita recentemente?» l'interruppe Arliss.
«Solo una visita di passaggio... ma sì, erano loro. Si sono portati dietro il piccolo Ethan, un giovane tallo che stava calmo e fermo ad ascoltare, invece che giocare.»
A me, che detestavo i piccoli di qualsiasi specie, tolto i puledri, il bambino non era parso poi così tranquillo... ci eravamo divisi allegramente un vassoio di dolci, con lui e sua sorella più grande... mi sfuggiva il nome... Miralys? Lei sembrava seria e per certi versi condivideva con Arliss una sorta di aria di famiglia; non mi sarebbe spiaciuto conoscerla meglio. Comunque a parte per quel vassoio di dolci svuotato in un lampo, non avevo giudicato i figli di Diotima tanto particolari. Ma le donne trovano speciali tutti i bambini, immagino.
«Tu eri molto calmo, da piccolo. Quasi non piangevi, nella culla,» puntualizzò mia madre, cogliendo il pensiero.
«Si è guastato con il crescere,» commentò mia sorella. Ridemmo insieme.
Così ci trovò Juliano di lì a poco, seduti a ridere su un ricco sofà. La stranezza della scena, visto che partecipava anche la nostra impettita madre, lo lasciò di sasso. Si trattava di uno di quei rari momenti in cui i Macrae erano felici, tra loro. Mia sorella gli fece un cenno e lui si avvicinò di qualche passo. Lei gli afferrò la mano e lo tirò a sé. Con il contatto fisico, gli dovette inviare un resoconto censurato dell'incontro tra noi e le Aillard, poiché lui emise un sospiro di soddisfazione e gioia. Mia madre lo guardò in modo enigmatico, intuendo forse quanto c'era da capire.
Strinse le labbra, facendo morire il riso che vi era appena nato, ma ora vedevo attraverso occhi nuovi, e sapevo che non era fredda e distante, ma preoccupata e impaurita del futuro. Conoscevo mia madre meglio. E le volevo bene.









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Disclaimers

I giovani Macrae sono invitati all'Alto Seggio per combinare i rispettivi matrimoni, ma i progetti delle Aillard saranno però frustrati da diversi ostacoli.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008