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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +2, maggio (15)] [Credits & Disclaimers]
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! Questo racconto tratta anche di tematiche omossesuali,
se siete contrari all'argomento o se vi offende non procedete nella lettura !



Tempo di decidere

Duane McKee

Era trascorsa più di una settimana da quando Duane aveva messo a conoscenza Brydar del suo stato di confusione dovuto all'ambiguità del loro rapporto e, durante quei giorni trascorsi con una lentezza esasperante, il McKee aveva trovato il modo di accentuare la frattura che si era venuta a creare tra di loro.
Brydar aveva cominciato a passare sempre più tempo con il cugino Tristam, ricordando i vecchi tempi e raccontandosi i destini di tutti quelli che avevano conosciuto ai tempi dell'Accademia. Duane non poteva fare altro che assistere in silenzio ai loro viaggi nel passato, sentendosi sempre più geloso del rapporto confidenziale che sembrava esserci tra di loro.
Era dalla sera del loro primo incontro che Duane aveva iniziato a provare antipatia per l'Elhalyn Alton e questo sentimento si ingigantiva tutte le volte in cui li sorprendeva a parlare telepaticamente tra loro, escludendolo dai loro discorsi quasi fosse stato un intruso la cui presenza era di troppo.
Duane ricordava vagamente quello che era accaduto dopo, quando la mistura offerta loro da Alar aveva cominciato a fare effetto. Le erbe avevano agito su di lui come un forte afrodisiaco, che gli aveva fatto perdere qualsiasi freno inibitore.
Sapeva di aver cercato di forzare Brydar a rivelargli più di quanto gli aveva concesso di sapere fino ad allora e, nel tentativo di raggiungere un maggior contatto, sia fisico che mentale, Duane si era reso conto di non valere per il comyn più di quanto tutti gli altri amanti che lo avevano preceduto.
Ricordava di aver tentato di baciarlo e di aver ricevuto un secco rifiuto da parte dell'altro. Brydar gli aveva detto che non aveva e non avrebbe mai baciato nessuno, il contatto era troppo coinvolgente e lo avrebbe condotto ad una fusione troppo intima... non voleva una relazione sentimentale, solo passare parte del suo tempo divertendosi.
Ma, quando Duane era tornato a casa dopo essersi azzuffato con il fratello, il comportamento del comyn non era stato quello di chi era intenzionato a sfruttare solo il suo corpo come passatempo e, nei giorni successivi, tutte le volte in cui capitava loro di incrociare Pat, Brydar si era sempre comportato come un amante geloso nel vedere le reazioni di Duane ai brevi e inconcludenti incontri.
Sembrava che la situazione fosse destinata a rimanere in una sorta di stallo.


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Edric e Dyan MacAran avevano immediatamente approfittato di quella bella giornata per raggiungere i ruderi del vecchio castello ed esercitarsi un po' con la spada ma, dopo qualche ora di monotono allenamento, cominciavano già ad annoiarsi. L'arrivo di Duane McKee rappresentò quindi per i gemelli un ottimo diversivo, tutt'altro che disprezzabile.
Da quando il nipote di Shann era entrato al servizio del Nobile Elhalyn, i gemelli avevano avuto spesso occasione di incontralo, vista l'assiduità dei loro allenamenti in compagnia del comyn. Ovviamente il giovane McKee non era alla loro altezza ma, dovevano ammetterlo, non era tanto male. Un po' di teoria e qualche ora di esercizio in più e sarebbe stato in grado di dare dei punti anche al suo capo.
Quel pomeriggio l'attendente era solo e la cosa stupì i due MacAran, soprattutto quando chiese loro di scambiare qualche colpo di spada. Solitamente era l'Elhalyn che arrivava e chiedeva di potersi esercitare in loro compagnia, costringendo Duane a seguirlo e a tenersi in esercizio a sua volta.
Però un allenamento era un allenamento e non si poteva rifiutare l'invito di nessuno.
Edric, bruciando sul tempo il fratello, si affrettò ad accette la proposta e, dopo aver eseguito il saluto convenzionale, portandosi la lama verso il volto, cominciò subito a stuzzicare il suo avversario.
«Come mai questa novità, ragazzo? Hai bisogno di un sistema per sfogare i bollenti spiriti? Oppure vuoi sorprendere il Nobile Brydar, facendogli vedere quanto bravo sei diventato nel maneggiare la spada?»
Duane sogghignò senza rispondere e saggiò la difesa di Edric con qualche cauto colpo di prova che il MacAran parò con disinvoltura.
I due contendenti cominciarono a girarsi intorno, studiandosi con attenzione. Edric iniziò ad impegnare il suo avversario con brevi stoccate, alla ricerca di un varco, mentre Duane, consapevole del proprio svantaggio, cercava di non esporsi troppo quando tentava qualche affondo.
Dopo qualche minuto di questa pantomima, Dyan cominciò ad annoiarsi e cominciò a stuzzicare il fratello, cercando di fargli perdere la concentrazione.
«Stai perdendo colpi, Edric! Un anno fa l'avresti già disarmato da un pezzo!»
Il gemello grugnì e, per tutta risposta, accelerò la sequenza dei colpi, senza però riuscire ad ottenere nulla di più di un maggiore impegno da parte del suo sfidante.
«Sei tu che stai diventando una schiappa o è il cucciolo ad essere migliorato?» continuò a deriderlo Dyan. «Probabilmente il padrone gli ha insegnato personalmente un sacco di giochetti interessanti.»
Duane, che già alla prima battuta era arrossito violentemente, non percepì la totale innocenza dell'affermazione. I suoi pensieri passarono, in rapida successione, dalla partita che stava giocando a Brydar a, soprattutto, suo zio Shann, a cui i gemelli erano fin troppo legati.
Perdendo ogni controllo si gettò come una furia sul suo avversario, riuscendo ad oltrepassare la sua difesa e a strappargli un lembo della leggera tunica da combattimento.
«Ehi, ragazzo! Che ti prende adesso?»
Incurante del richiamo, Duane continuò a menare un colpo dietro l'altro, finché, nel portare un affondo, dimenticò la prudenza rimanendo con la guardia scoperta.
I riflessi di Edric, affinati da anni di esperienza, presero il sopravvento e la sua lama sfrecciò rapidissima verso la gola indifesa dell'avversario, prima che la sua parte razionale si rendesse conto di quello che stava facendo.
«Edric!» gridò Dyan, intuendo l'effetto del colpo quasi prima che venisse effettuato.
Il polso del MacAran ebbe un lievissimo scatto e la spada deviò dall'obiettivo un istante prima di raggiungerlo. Invece che recidere una delle grosse arterie del collo, come era previsto, la lama si limitò a produrre un taglio lungo l'attaccatura della spalla sinistra di Duane.
Senza emettere alcun gemito, il giovane lasciò cadere la sua arma e si portò istintivamente una mano alla ferita che aveva cominciato a sanguinare copiosamente.
Edric guardò Dyan disperato e, gettando a terra anche la sua spada, corse accanto al McKee per sorreggerlo.
«Io... io non volevo, credimi...»
«Lascia fare a me!» Dyan li aveva raggiunti e stava cercando di allontanare la mano del ferito dal taglio. «Se riusciamo a fermare il sangue non morirai,» gli assicurò. «Edric, aiutalo a sedersi. Duane, ragazzo, cosa diavolo ti ha preso? Sembravi impazzito.»
Continuando a parlare. Dyan si sciolse la fascia di tessuto chiaro che usava come cintura e la avvolse intorno al collo del McKee. Il taglio era lungo e profondo ma, fortunatamente non aveva reciso nessuna arteria. Nonostante ciò, se non fossero intervenuti al più presto, la perdita di sangue sarebbe ben presto diventata eccessiva per il fisico del giovane.
«Dove si trova il Nobile Brydar?»
Duane tentò di scuotere il capo, ma il gesto gli provocò soltanto una fitta dolorosa alla ferita. «Non lo so...» rispose con un filo di voce, cominciando solo in quel momento a realizzare la gravità della situazione.
«Edric, vedi di trovarlo! Lui, o qualcuno dei sapienti della Torre. Io cerco di portarlo verso casa... sempre che non svenga come una donnicciola, vero ragazzo?» concluse, cercando di far reagire il giovane.
Edric annuì e si precipitò verso il villaggio, maledicendo la decisione di essere saliti al castello a piedi invece che a cavallo come avevano pensato all'inizio.
Dyan osservò il fratello sparire oltre la prima curva del sentiero poi, con cautela, fece alzare Duane, facendogli passare un braccio attorno alla vita.
«Possiamo farcela, ragazzo. Lo so che ti senti le gambe molli come il burro, ma è solo per lo spavento. Non hai perso abbastanza sangue,» cercò di incoraggiarlo. "Non ancora, almeno..." terminò mentalmente.
Fortunatamente Duane era ancora così turbato da non cogliere il suo pensiero e, appoggiandosi completamente al braccio del MacAran, lo seguì docilmente lungo il sentiero.


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I minuti che seguirono furono per Duane solo un rapido susseguirsi di immagini senza alcun senso e un insieme caotico di pensieri sempre più concitati, che fossero suoi o di Dyan era difficile da stabilire.
Paura... dolori lancinanti seguiti da un sordo pulsare... una nebbia rossastra che si faceva sempre più scura e fitta... il rumore lontano degli zoccoli di un cavallo lanciato al galoppo... delle braccia che lo stringevano e lo sollevavano...
Duane riprese conoscenza quando sentì le braccia di Brydar stringersi alla sua vita. Non poteva lasciarglielo fare, non voleva che gli altri li vedessero così vicini. Tentò di divincolarsi ma, come unico risultato, la stretta si fece più decisa, strappandogli un gemito.
«Non agitarti, o cadrai da cavallo!» la voce di Brydar suonava fredda e distante.
Con difficoltà Duane riaprì gli occhi.
Il paesaggio era cambiato, non sapeva come ma Dyan era riuscito a condurlo fin all'imbocco del sentiero più grande che conduceva al villaggio e, pochi istanti dopo, Brydar li aveva raggiunti e aveva caricato di peso il ferito sulla sella davanti a lui.
Erano soli in quel momento e il sordo dolore alla spalla fece aumentare nuovamente l'angoscia di Duane. Brancolando mentalmente, il giovane cercò un contatto telepatico con Brydar ma le difese telepatiche del comyn erano una barriera impenetrabile fatta di ghiaccio e desolazione. Colto di sorpresa Duane cercò di penetrarle ma venne respinto con violenza.
L'improvvisa sensazione di abbandono che lo colpì fu tale da causargli un senso di panico talmente forte da fargli nuovamente perdere i sensi.


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La prima immagine che vide al suo risveglio fu il volto teso di Brydar.
Nonostante la penombra riconobbi i contorni della camera da letto dell'Elhalyn e, per un istante, provò l'irrefrenabile impulso di lanciarsi fuori dal letto. Brydar dovette esercitare solo una lievissima pressione per costringerlo a stare sdraiato e, complice anche il sordo dolore alla spalla sinistra, Duane cominciò a ricordare quello che era accaduto.
La decisione di tirare un po' di scherma, le battute dei gemelli e la sua assurda reazione, la ferita, la sensazione di panico provata quando aveva realizzato di trovarsi tra le braccia di Brydar...
Duane alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di Brydar, freddi come il ghiaccio. Tentò nuovamente di penetrare quella barriera ma la mente del comyn era ancora più fredda e inospitale del suo sguardo.
«Brydar...»
L'Elhalyn alzò una mano, per impedirgli di parlare. Duane colse un lieve richiamo telepatico e, dopo pochi istanti, Dana entrò silenziosamente nella stanza. Brydar sembrò per un attimo indeciso sul da farsi poi, dopo un'occhiata altrettanto gelida della sorella, si alzò ed uscì, chiudendo la porta dietro di sé senza voltarsi.
Duane guardò l'Amazzone che, più rilassata, gli sorrise sedendosi sulla sedia prima occupata dal fratello.
«Cosa è successo?» chiese Duane, con un filo di voce.
«Edric ti ha ferito,» rispose Dana, indicando con un cenno della testa la porta. «Credo lui e suo fratello resteranno accampati nella vostra cucina finché non avranno la certezza che tu sia fuori pericolo.»
Duane abbozzò un sorriso. «Non è stata colpa sua,» disse piano. «Ho esagerato e lui ha reagito d'istinto...»
«Ne sono convinta,» lo bloccò prima che il giovane potesse riaprire bocca, «e non voglio conoscere i dettagli sul perché tutto ciò è accaduto.»
Duane arrossì, abbassando gli occhi, consapevole del fatto che lei sapesse benissimo, così come lo sapeva Brydar, perché erano arrivati a quel punto.
«Brydar ti ha portato qui e, aspettando che i gemelli arrivassero con qualcuno, è riuscito a fermare il sangue.» Il McKee si portò una mano alla ferita, sentendo sotto le dita la ruvida trama delle bende pulite. «Anche se non è un buon monitore, devo ammettere che ha fatto un buon lavoro. Ho dovuto solo saldare i lembi del taglio e rafforzare i tessuti. Per ora ho lasciato la cicatrice,» lo guardò con aria dubbiosa, «mi dirai tu se vuoi che rimuova anche quella... il rapporto che alcuni hanno con le loro cicatrici è qualcosa che non riuscirò mai a capire!» concluse Dana, lasciando che il vero soggetto del riferimento arrivasse al ragazzo.
Duane sorrise. Tutti i Ridenow che conosceva non sembravano portati ad avere relazioni tranquille.
Il pensiero gli riportò alla mente Brydar e il suo atteggiamento freddo e distante.
«Devo fare un notevole sforzo per ammetterlo,» commentò Dana alzandosi. «Ma questa volta non posso rimproverare il suo comportamento.»
Punto sul vivo, Duane cercò di tirarsi a sedere, ricadendo all'indietro colto da un violento capogiro.
«Hai perso molto sangue,» lo rimproverò Dana, «cerca di restare sdraiato, almeno per oggi.»
Il dolore e la stanchezza, sommati al tono di rimprovero di Dana e al ricordo dello sguardo di Brydar, gli colmarono gli occhi di lacrime. Girandosi verso il muro, cercando di nascondersi agli occhi della donna, Duane non riuscì a trattenere il pianto.
Dana restò impassibile.
Percepiva chiaramente lo stato di confusione e di tensione che regnava nella mente del ragazzo, combattuto dalla voglia di seguire i suoi desideri ma bloccato dalla freddezza e dall'imperscrutabilità delle reazioni di Brydar.
Non poteva fare nulla per soccorrerlo, per aiutarlo a prendere la decisione giusta e per poco, dopo quella mattina, nessuno sarebbe mai più stato in grado di farlo. Per il momento era bene che Duane si sfogasse come meglio credeva, quando il fisico si fosse rimesso in forze, di sicuro tra non più di cinque, sei giorni, allora sarebbe stato costretto ad affrontare il problema. Se conosceva bene suo fratello, Dana era certa che il giovane McKee sarebbe stato messo davanti ad un bivio che lo avrebbe costretto ad una amara soluzione.
Attese qualche istante, fino a quando il respiro del giovane si fu fatto nuovamente regolare, poi l'Amazzone uscì dalla camera.


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Nel salotto, disposti sul divano e le poltrone davanti al camino, i vari componenti del clan McKee attendevano in silenzio qualche notizia.
Shann scrutava con occhio truce Brydar, quasi lo ritenesse responsabile di quello che era accaduto, mentre il comyn, apparentemente del tutto indifferente alla cosa, stava organizzando la gestione della casa con Miranda.
Anche se generalmente non approvava l'atteggiamento di Brydar, Dana doveva ammettere che fino a quel momento si era comportato in maniera fin troppo irreprensibile e, con la piccola casa invasa dal vociante clan McKee e la cucina assediata dai gemelli MacAran, stava mantenendo una calma di cui non lo avrebbe mai ritenuto capace.
Kyera si alzò dal divanetto, dove era seduta tra Kyla e Maeve, e raggiunse l'Amazzone sulla soglia della camera da letto.
«Come sta? Posso vederlo?» chiese timorosa.
Dana scosse negativamente la testa. «Duane sta bene, ma per adesso è meglio lasciare che riposi.» Kyera stava per aprire bocca, ma Dana riprese immediatamente a parlare, impedendoglielo. «Tra un paio d'ore sarà in grado di vedervi... uno alla volta,» scandì bene le parole, in modo che fossero ben chiare a tutti. «È stato fortunato che Brydar sia arrivato così rapidamente, se non avesse provveduto a suturare la ferita, le cure prestate da Dyan non sarebbero bastate.»
«Se il Nobile Brydar fosse stato presente fin da subito, tutto questo non sarebbe accaduto!» bofonchiò Shann, ricevendo in cambio un'occhiata glaciale da parte del comyn.
Scrollando le spalle, Brydar scostò la sorella dalla porta, entrando nella propria camera senza chiedere permessi e scatenando un coro di proteste da parte dei parenti afflitti. Ne uscì poco dopo, con un'espressione cupa e una scarsella colma di monete in mano.
Afferrando Miranda per un braccio e dirigendosi verso la cucina, Brydar si rivolse con tono irritato alla sorella.
«Dana, potresti venire con noi un istante?»
L'Amazzone sospirò, seguendolo e invitando nel contempo i MacAran ad allontanarsi del piccolo locale.
«Spero che non si fermeranno qui troppo a lungo,» continuò Brydar sullo stesso tono, una volta solo in cucina con le due donne. «E non mi dire che sono la sua famiglia!»
Dana sorrise. «Non te lo dirò,» lo rassicurò. «Dimmi cosa vuoi e fammi tornare di là, prima che una di loro decida di entrare e lo trovi in quello stato.»
«Stava dormendo,» la voce di Brydar si era fatta più dolce. «E nessuno di loro è in grado di percepire quello che pensa nel sonno...» sospirò afflitto. «Potresti dare a Miranda una lista di quello che potrebbe servirci nei prossimi giorni. Cibo, distillati, linimenti... qualunque cosa possa essere di aiuto per... rimetterlo in sesto il prima possibile.»
Per un brevissimo istante Dana ebbe la certezza che il giovane uomo che aveva davanti non fosse affatto suo fratello Brydar. Guardò di sottecchi Miranda, che non aveva fatto una piega di fronte l'evidente preoccupazione che il suo datore di lavoro provava nei confronti della salute del suo attendente, e evitò di fare commenti.
«Non servirà nulla di particolare,» rispose. «Fatelo mangiare e bere il più possibile e impeditegli di alzarsi per i prossimi due giorni. Controlla che la ferita non si riapra,» continuò, rivolta al fratello, «soprattutto all'interno.»
Brydar scosse la testa. «Questo non accadrà,» ribatté seccamente. «Sei stata tu a sistemarla, non può riaprirsi.»
«Io non sono infallibile, Brydar!» Commentò Dana, utilizzando quella che Mikhail definiva la Voce della Sorella Maggiore. «Controllalo, servirà anche per un altro scopo.»
Brydar la fissò stupito. "Quale altro scopo?"
"Fargli sentire che gli sei vicino."
Miranda vide Brydar arrossire, la prima volta che le capitava, ed uscire come una furia dalla casa, dopo aver afferrato il primo indumento pesante che aveva trovato sottomano.
«Cosa gli è successo?» chiese a Dana, preoccupata.
«Nulla,» rispose l'Amazzone, rientrando nel salotto un istante prima che Kyera posasse la mano sulla maniglia della porta della stanza da letto. «Solo che a nessuno della mia famiglia piace essere messo di fronte alle proprie responsabilità.»


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Sul calare delle prime ombre della sera, le condizioni di Duane si stabilizzarono e, finalmente, madre, zie e parenti vari poterono entrare e vedere in prima persona che il loro congiunto non era in punto di morte e che, stranamente, non vedeva l'ora che se ne andassero tutti a casa loro.
Kyera cercò di insistere ma il figlio fu irremovibile.
«Non ho bisogno che mi assisti come quando ero piccolo,» il tono, anche se ancora debole, era fermo e deciso. «Se dovessi avere bisogno di qualcosa ve lo farò sapere. Qui a casa c'è tutto quello di cui posso necessitare.»
Controvoglia e mettendoci un tempo che a Brydar sembrò infinito, i McKee lasciarono finalmente l'abitazione dell'Elhalyn. Costringendo Miranda a seguirlo, il comyn accompagnò le cugine McKee per un tratto di strada, e con calma olimpica prese nota di tutte le loro raccomandazioni mentre Miranda assicurava che, se mai fosse servito, si sarebbe fermata da loro per assisterli entrambi.
Dana, restata indietro, approfittò di quell'attimo di calma per fare un ultimo controllo delle condizioni di Duane.
Le poche ore di sonno, seguite alla crisi di pianto, l'avevano già ritemprato. La perdita di sangue si sarebbe risolta con pasti abbondanti, che avrebbero permesso all'organismo di ricreare rapidamente quello che era andato perduto. Vedendo però che l'espressione di Dana rimaneva cupa, Duane cominciò comunque a preoccuparsi.
«Qualcosa che non va?» chiese timoroso.
Dana scosse negativamente la testa. «No, stai già meglio e ti riprenderai in fretta. Sei giovane e non hai altri problemi di salute.»
«Allora cosa c'è?» Duane in realtà non voleva sapere la risposta, perché temeva di conoscerla già fin troppo bene. «Non ho potuto evitarlo, Dana!» Esclamò all'improvviso. «Hanno iniziato a prendermi in giro, anche se sapevo che non lo facevano apposta... ho perso la testa...»
Dana gli fece cenno di tacere. Non voleva sapere cosa i gemelli potevano aver detto da sconvolgerlo così tanto. Il problema era un altro, in quel momento seduto davanti al camino nella stanza accanto.
«Sai che non l'ha presa bene, vero?» Duane annuì senza rispondere. «Nel momento in cui ti ha toccato ha capito perché stavi rischiando di morire dissanguato. Ha deciso che ti voleva dalla prima volta che ti ha visto e, anche se adesso non vuole ammettere che la cosa gli sia sfuggita di mano, non gradisce il fatto che ti vergogni di lui...» la donna fece una breve pausa, «se sapesse che stiamo parlando di questo ci ucciderebbe entrambi.»
Duane abbozzò un sorriso. «Ucciderebbe te...» Dana lo guardò interrogativamente. «Dopo il pomeriggio passato con tutta la mia famiglia stipata nel nostro salotto... credo ci penserebbe due volte prima di farmi qualcosa...» Dana non riuscì a trattenere una risata, che cercò di soffocare con una mano. «In effetti... è stata una bella prova di forza, ma gli anni passati a Castel Comyn lo hanno temprato a sufficienza.»
«Però, non è vero,» il volto di Duane si era fatto nuovamente serio. «Io non mi vergogno...»
L'Amazzone lo guardò con sufficienza. «Vuoi farmi credere che non ti mette in imbarazzo la certezza che la gente parli di te come dell'amante di Brydar?» Duane arrossì violentemente, ma non rispose. «Quello che mi chiedo è se ti comporteresti allo stesso modo se al suo posto ci fosse Patrick...»
Senza aspettare una risposta, Dana si alzò ed uscì dalla stanza.


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Sulla via di casa Dana, ripensando a quello che aveva detto ai due ragazzi, decise di essersi comportata nel modo peggiore che avrebbe potuto utilizzare.
"Mio padre ne sarebbe stato fiero, degno di una vera Ridenow!" pensò, varcando la soglia dello Scoundrel. Non aveva voglia di rientrare subito alla Gilda. Anche se era tardi avrebbe rischiato di trovare Gwennis o Shonnach ancora sveglie. Entrambe avrebbero chiesto notizie, anche se per motivi diversi, e lei non aveva voglia di raccontare tutto di nuovo.
Vista l'ora la taverna era praticamente deserta. Alar e Will si stavano concedendo il bicchiere della staffa, mentre Miranda stava raccontando a loro e alla sorella quello che era accaduto nel pomeriggio. Poco lontano i gemelli MacAran, soli ad uno dei tavoli appartati, stavano annegando la tensione nel firi.
Il primo istinto di Dana fu quello di voltarsi ed andarsene, magari rifugiandosi nella serra fino a mattina, ma alla fine si rassegnò al suo destino.
«Novità?» chiese Alar per tutti, recuperando un bicchiere pulito da sotto il bancone e versando un po' di liquore anche per lei.
Dana svuotò il bicchiere in un solo sorso, trattenendo la solita smorfia di disgusto che seguiva la degustazione dei liquori prodotti dal locandiere.
«Nulla che non sappiate già,» rispose, facendo arrossire Miranda.
«Ti fidi a lasciare i due piccioncini soli per stanotte?» non c'era malizia nella domanda di Alar. Era solo una constatazione stupita vista la situazione.
«Si addormenteranno come due sassi,» commentò Miranda, sbadigliando. «È stato un pomeriggio terribile.»
Dana ridacchiò. «Duane sta già meglio. Non c'è rischio che si aggravi e, se mai dovesse accadere, credo che sentirei il richiamo di aiuto di mio fratello anche se fossi nascosta in una caverna delle Terre Aride!»
La conversazione venne interrotta dai MacAran che, prima di andarsene, vollero essere nuovamente rassicurati sulle condizioni di Duane. Anche se Shann non aveva fatto recriminazioni, non sarebbero mai riusciti a sopportare il giudizio silenzioso che avrebbero letto negli occhi del loro capitano tutte le volte che li avrebbe incontrati.
Dana attese che i due si uscissero dal locale, seguiti da Will che sbarrò rapidamente la porta, per impedire ad altri avventori amanti delle ore notturne di intrufolarsi all'interno.
«Alar, ti devo chiedere di non fare battute del genere, se ci sono estranei a portata di orecchie, non fi...»
L'ex bandito fissò Dana con offeso stupore. «Non sono così stupido,» rispose piccato. «Se devo rovinare la reputazione di qualche comyn non mi accanirei su tuo fratello... non c'è gusto a farlo. Senza contare che Shann mi farebbe a pezzi se osassi dire qualcosa contro uno dei suoi nipoti...»
«Non era quello che volevo dire, ma ti ringrazio del buon cuore,» sorrise Dana. «Anche se sono sicura che mi farai pagare per questa cortesia, in un modo o nell'altro.»


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Dopo essere stato costretto a mangiare una zuppa di legumi lasciata in caldo da Miranda, Duane si era infilato sotto le pesanti coperte, in attesa della prima mossa di Brydar. Sentiva che l'aria era carica di elettricità ed era certo che Dana non avesse risparmiato una bella ramanzina anche al fratello. Lo capiva dalla sua espressione anche se, pur pensandoci a lungo, non era riuscito ad immaginare cosa potesse avergli detto.
Brydar si aggirava per la stanza, raccogliendo le sue cose per la notte. Duane temeva che l'avrebbe lasciato solo, andandosene a dormire in salotto o nella sua vecchia stanza al piano di sopra. Invece, dopo una lunga sosta in bagno, il comyn ritornò nella stanza e si distese accanto a lui.
Rapidamente controllò la situazione, sollevato nel vedere che la ferita si era praticamente rimarginata e solo una sottile linea un po' rialzata rivelava la presenza del taglio inferto dalla spada di Edric.
Appoggiando la testa sulla mano, restò a fissare Duane, senza parlare, i pensieri bloccati dietro una barriera gelida, fino a quando il giovane non resistette più.
«Se hai da recriminare qualcosa fallo subito,» disse tutto d'un fiato il McKee, preparandosi al peggio.
Brydar sospirò, sdraiandosi di schiena a fissare il soffitto.
«Posso capire che tutta questa situazione possa crearti dei conflitti,» disse piano, cercando di riordinare i pensieri. «Dopo oggi non ho più nessuna difficoltà a farlo, però...» Duane attese in silenzio, senza osare neppure avvicinarsi. «Non posso più sopportare che il solo pensiero di noi due possa provocarti così tanto imbarazzo.»
«Brydar, sai che non...»
«Ti hanno quasi ucciso, Duane!» nonostante la veemenza delle parole, il tono era sempre distante. «Solo perché hanno usato delle battute ambigue, tu hai pensato che stessero riferendosi al rapporto che c'è tra di noi e quasi ci lasciavi la pelle. Non può continuare così. Se vuoi stare con me devi farlo completamente. Non ti sto sfruttando, non ti chiedo di fare nulla che tu non voglia... però se il prezzo è quello di vederti tremare al solo pensiero che qualcuno possa parlare di noi come bredin,» utilizzò la parola enfatizzando il tono che le dava il significato di amanti, «allora è meglio chiuderla qui.»
«Brydar...»
«Tu sarai solo il mio attendente,» continuò, alzandosi dal letto e raccogliendo le poche cose che aveva messo assieme. «Se vorrai continuare ad esserlo, naturalmente. Non ti chiederò altro.» Si allontanò verso la porta, evitando di voltarsi a guardare Duane.
«Brydar, non puoi...»
«Non sono io che devo decidere, devi farlo da solo. E, qualunque cosa tu decida, per me non farà differenza...»
Duane non fece in tempo a ribattere né a trattenerlo. Brydar era già fuori della stanza prima ancora di aver concluso la frase, lasciandolo nello sconforto più totale.


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Il mattino arrivò più rapidamente del previsto, nonostante i sogni angosciosi che avevano popolato la notte.
Duane si era rigirato nel letto fin quasi al sorgere del sole, alternando momenti di veglia ad altri dove riviveva gli eventi del pomeriggio prima, esaltandone solo i particolari più dolorosi. La cosa peggiore era sentire la presenza di Brydar, fisicamente a pochi metri da lui, così distante da non riuscire neppure a scalfire la corazza che aveva innalzato attorno alla propria mente.
La voce di Miranda, che rimproverava il comyn di aver abbandonato il povero ferito da solo, in quella stanza gelida, gli risollevò un po' il morale.
Duane avrebbe voluto alzarsi ma, non appena tentò di mettere i piedi giù dal letto, la stanza cominciò a girare così vorticosamente da rischiare di farlo cadere lungo disteso. Nel momento in cui sentì le gambe cedergli, trovò le braccia di Brydar a sostenerlo e, incurante delle sue proteste, a costringerlo a coricarsi.
«Non ti devi alzare,» il tono era meno freddo della sera prima. «Ricordi cosa ha detto Dana?» Duane annuì, il volto atteggiato in una smorfia contrariata. «Allora resta sdraiato, se non vuoi che ti leghi al letto!»
La reazione di Duane alle sue parole non fu esattamente quello che Brydar si era aspettato e, quando raggiunse Miranda in cucina, la sua espressione fece sorridere la donna che, impegnata nella preparazione di vassoio di dimensioni pantagrueliche per la colazione del ferito, notò con disappunto che il suo padrone stava preparandosi per uscire.
«Non vorrete andarvene?» Chiese indispettita. «Dopo che l'avete abbandonato per la notte, adesso lo lasciate solo anche durante il giorno?»
Brydar non le diede peso. «Devo andare alla Torre,» si limitò a comunicarle. «E la cosa migliore che io possa fare, se voglio che si riprenda rapidamente!»
Per il resto della mattinata, Miranda trascorse il suo tempo facendo congetture sulla motivazione delle parole del comyn, senza trovare risposte. Solo a pomeriggio inoltrato, come sempre senza invito, Mikhail si presentò alla porta e, con gratitudine, Miranda lasciò a lui l'incombenza di fare compagnia a Duane fino al ritorno di quel degenerato del suo padrone.
Dopo aver lasciato parlare un po' Duane, in modo che potesse sfogarsi con qualcuno non direttamente coinvolto nella vicenda, Mikhail non riuscì a trattenersi dal commentare la decisione di Brydar di abbandonare casa e ferito, per andare a nascondersi all'interno della Torre.
«A dire il vero, io la trovo una cosa deliziosa.»
«Deliziosa?»
Mikhail sorrise sornione, posando una mano sul braccio del ragazzo. «Vuoi farmi credere che Brydar riuscirebbe a starti vicino, soprattutto vedendo che stai meglio, senza fare nulla?»
Duane sbuffò, innervosito, sottraendo il braccio al contatto. «Mi volete dire perché tutti lo descrivete come un pervertito?» chiese, senza troppa convinzione.
Mikhail ridacchiò, lasciando cadere la frase nel vuoto. «Questa mattina ha chiesto a Damon di inserirlo nel Cerchio, se non era una cosa troppo complicata. Abbiamo passato lunghe ore a ricaricare globi energetici per la Gilda, con grande soddisfazione di tutti.»
«Non capisco dove vuoi arrivare,» le conoscenze di Duane riguardo il lavoro nella Torre era limitato a quanto aveva potuto osservare durante la sua permanenza forzata dopo il risveglio del laran.
«Se lavori utilizzando i tuoi canali per concentrare il laran, poi non sarai in grado di effettuare nessuna prestazione... ehm...» si schiarì la voce, sperando che il giovane vi arrivasse da solo ma, a quanto pareva, chi l'aveva indottrinato sui misteri del laran non era andato troppo nello specifico. «Puoi utilizzare i canali per trasportare gli stimoli sessuali, o il flusso di energon. Lavorando nel Cerchio è ovvio che...»
Le guance di Duane acquistarono immediatamente colore. Doveva ammettere che, dopo la sua reazione, non del tutto involontaria, alle minacce di Brydar, il pensiero di essere costretto a non fare nulla con lui doveva aver preoccupato il comyn.
Duane voleva sperare che fosse perché temeva di peggiorare le sue condizioni e non, come invece era convinto fosse in realtà, perché non voleva più avere nulla a che fare con lui, almeno fino a quando non avrebbe preso una decisione definitiva sul loro futuro.
Non poterono approfondire l'argomento perché Kyera, accompagnata da Benton, fece il suo ingresso nella piccola abitazione, senza preoccuparsi di bussare per segnalare la sua presenza.
Le appassionate attenzioni della madre fecero innervosire Duane, già preoccupato al pensiero che l'abitudine di piombare improvvisa in casa loro potesse prendere piede. Cercando di allontanarla, senza troppi risultati, il giovane si arrese, sperando che il tormento finisse in fretta.
«Non puoi impedirmi di venire a vedere come stai!» lo rimproverò Kyera. «Da oggi...»
Duane si puntellò sui gomiti, rizzandosi a sedere. «Tu non farai nulla!» la madre assunse un'espressione ferita.
Cogliendo l'appello telepatico del giovane, Mikhail invitò Benton ad uscire dalla stanza e chiuse la porta dietro di loro. «È meglio che se la sbrighino tra di loro,» commentò, versando due bicchieri di liquore dalla riserva privata del padrone di casa.
Il McKee non sembrava molto a suo agio nella casa del comyn, ma sembrò accettare di buon grado il bicchiere di firi che gli era stato offerto.
Le voci giungevano a loro attutite attraverso la porta chiusa, ma la voce acuta della donna sembrava oscillare tra la disperazione e l'irritazione. Era evidente che Kyera non era preparata all'accoglienza che le aveva riservato il figlio.
«Sono venuta solo a vedere come stavi,» fece notare la donna. «Sei un figlio degenere...»
Duane accolse l'epiteto con un sospiro. «Non puoi piombare qui dentro come se fosse la casa di tuo cugino o di tua sorella,» il tono si era addolcito un po'. «Non è una dipendenza del clan McKee!»
Kyera assunse un'espressione meno battagliera. «Brydar non se ne avrebbe a male, se di tanto in tanto venissi a farti visita.»
Duane la guardò, senza comprendere all'inizio, poi via via più inorridito al pensiero che si stava insinuando nella sua mente. «NO!»
Kyera lo guardò sorpresa, mentre nell'altra stanza Mikahil e Benton si guardarono preoccupati.
«Ti vergogni di noi?» chiese la donna, la voce rotta dalle lacrime, una finzione scenica che Duane conosceva fin troppo bene.
Per un breve istante il ragazzo si chiese se esistesse nella valle qualcuno che potesse accusarlo di qualcosa di diverso dal vergognarsi di lui.
«No, madre, non mi vergogno. Ma non voglio pensare che potresti spuntare ad ogni ora del giorno e della notte. Rabbrividisco anche solo al pensiero di potermi svegliare e trovarti fuori da questa porta ad aspettare...»
Kyera assunse un'espressione sospettosa. «Fuori da questa porta?»
Duane si lasciò ricadere sui cuscini, sperando che qualcuno arrivasse ad interromperli. «Sì, dormo qui solitamente,» rispose.
«E il Nobile Brydar?»
Duane arrossì leggermente ma, sul pallore del volto, risaltò molto più di quanto avrebbe dovuto. «Tranne quest'ultima notte, anche lui.»
Il giovane si stupì della tranquillità con cui l'aveva ammesso... e con la sua stessa madre, poi!
Kyera era impassibile. Sembrava che la notizia le fosse scivolata addosso senza lasciare traccia. Contravvenendo a quello che gli era stato insegnato, Duane cercò di percepire qualcuno dei pensieri che passavano per la mente della donna, ma non colse nulla.
«Credevo ti fossi innamorato di quel... Patrick... ?»
Duane la fissò con gli occhi sgranati. Dire che era rimasto di sasso nell'udire l'affermazione della madre era solo un velato eufemismo.
«Ma...» fu la sola cosa che riuscì a balbettare. «Come... chi...» l'immagine di Keith che rideva alle sue spalle gli balenò nella mente come un fulmine a ciel sereno. «Quando quel disgraziato di mio fratello mi capita tra le mani...»
La madre sorrise divertita. «Keith non ha detto nulla,» lo informò, «credi che non mi sia accorta di come hai cominciato a comportarti quando sei tornato a casa, dopo che ti hanno tenuto rinchiuso in quella Torre?» Duane la guardò perplesso. «Riconosco i sintomi di una cotta quando li vedo... gli stessi che tuo fratello mostra tutte le volte che parla della vostra governante.»
«Sì,» ammise il figlio. «Mi ero preso una cotta per Patrick.»
«E allora? Perché dividi il letto con il tuo padrone?»
Duane la fissò con uno sguardo molto simile all'odio, facendola impallidire.
«Non è il mio padrone,» la voce si era fatta bassa e seria, «e ti posso assicurare che quello che facciamo non è affare tuo!» La fissò direttamente negli occhi e, per un istante, Kyera pensò di trovarsi davanti ad uno sconosciuto che la guardava attraverso gli occhi di suo figlio. «La cosa non deve preoccupare né te, né nessun altro della famiglia. Non voglio intromissioni da parte vostra... non avete nessun diritto di rovinarmi la vita!»
Il giovane si girò verso il muro, considerando conclusa la questione.
Sentiva la testa girargli e il pulsare del sangue, che negli ultimi minuti gli aveva riempito le orecchie, si era trasformato in un debole e fastidioso ronzio. Temeva di sentirsi nuovamente male. Non sapeva come comportarsi: la presenza di sua madre e di Benton lo mettevano in una situazione di disagio peggiore che se si fosse trovato solo in casa.
Il rumore della porta che sbatteva e la voce gelida di Brydar gli diedero un attimo di sollievo. Era salvo... almeno sperava.
«Credo sia ora che ve ne andiate,» il comyn non si era preso la briga di salutare gli ospiti inattesi, era entrato nella camera come una furia. «Salutate vostro figlio e uscite. Mikhail vi accompagnerà con piacere.»
Sotto lo sguardo severo di Kyera, l'Elhalyn si era seduto accanto a Duane e, carezzandogli delicatamente il volto, cercava di capire quali fossero le sue condizioni.
«Sto bene,» mormorò Duane, girandosi di schiena.
Brydar gli mise un dito sulle labbra. «Non dire cavolate!» lo zittì continuando il controllo, lasciando che la mano scivolasse delicatamente lungo la spalla, verificando che non si fosse riaperta la ferita.
Kyera restò in silenzio ad osservare, fino a quando il comyn non terminò quello che stava facendo. Aveva sperato che si comportasse in modo inadeguato, dando credito ai suoi timori riguardo l'onore del figlio invece, contro ogni previsione, l'uomo si era mostrato fin troppo preoccupato delle condizioni del ferito.
«Allora?» chiese con un filo di voce.
«Non so cosa vi siate detti,» rispose Brydar alzandosi e quasi costringendola ad uscire dalla camera. «Ma di certo non lo ha aiutato molto. Vi pregherei di evitare altre visite del genere, preferirei che le sue condizioni migliorassero...» il tono, freddo e indisponente, era diventato quasi dolce alla fine, irritando lo stesso Brydar ma lasciando piacevolmente sorpresa Kyera che, senza ribattere, si lasciò condurre fin quasi sulla porta di casa.
"Tutto bene?" chiese Mikhail, prima di essere sbattuto fuori di casa.
"Non appena ve ne sarete andati!" rispose Brydar, restando fermo sulla soglia fino a quando i tre non sparirono oltre il primo angolo.
Sbatté la porta con irritazione, bloccando il fermo, poi si diresse in cucina, per prendere qualcosa da mangiare per sé e per Duane.
«Brydar?»
«Arrivo,» rispose, deliziato dal tono di panico nella voce di Duane ma, ricordandosi che non doveva non solo fare ma anche pensare a nulla per i prossimi giorni, cercò di cancellare le immagini di quello che gli era balzato in mente.
Quando tornò nella camera, il McKee si era tirando indietro, puntellandosi con i cuscini, aspettando timoroso il suo ritorno.
«Si può sapere cosa è successo?» gli chiese Brydar, posando il vassoio con il cibo lasciato in caldo da Miranda. «Sembravi quasi in preda la panico.»
Duane sospirò, diventando rosso. «Mia madre sa che siamo amanti,» farfugliò, cogliendo di sorpresa il comyn. «Aveva minacciato di passare a trovarmi quasi ogni giorno,» il tono si fece più deciso, «e senza avvisare!»
Brydar ridacchiò. L'espressione di Duane quasi inorridita. «Era la condizione abituale di dove sono cresciuto,» ricordò. «Anche a Castel Comyn non andava meglio. I parenti avevano sempre via libera ovunque,» fece una pausa, guardandolo mentre mangiava. «E come ha scoperto la nostra relazione?»
Duane deglutì a fatica il boccone. «Sono stato io a dirglielo,» sbirciò di sottecchi l'espressione di Brydar che, nonostante fosse stato preso in contropiede dalla risposta, sembrò non esserne particolarmente colpito. «Era stupita del fatto che dividessi con te il letto, nonostante fossi innamorato di Pat...»
L'espressione di Brydar si fece cupa. «Capisco,» commentò, sedendosi accanto a lui e scostando il vassoio con il cibo. «Può accettare l'amore incondizionato per lui, ma non qualcosa che mi coinvolga...» si chinò a sfiorare con le labbra la fronte di Duane, «la considerazione che i tuoi parenti hanno di me scende ogni giorno di più...»
«È vero,» Duane aveva artigliato le coperte, cercando di reprimere il brivido che gli stava scendendo lungo la schiena, «mi ero preso una bella cotta per Pat...»
Brydar si sollevò per guardarlo. «Eri?» Era un piacere tormentarlo.
Duane annuì, deglutendo. «Perché sei andato alla Torre, oggi?» chiese, cercando di distrarlo.
Il ricordo dei buoni propositi, rinnovati solo qualche minuto prima, fece raffreddare immediatamente Brydar che, sospirando, posò la testa sul suo petto.
«Se discutere con tua madre ti ha fatto quasi svenire, pensa se ti costringessi a fare qualcosa di più impegnativo,» alzò nuovamente la testa, fissandolo. «Cosa sarebbe delizioso?» Duane lo costrinse ad abbassare nuovamente la testa, cercando di reprimere il ricordo delle parole di Mikhail che continuavano a ronzargli nella testa.
«Niente, Brydar, niente!» rispose, assaporando la sensazione che la vicinanza dell'Elhalyn sembrava dargli.


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I giorni che seguirono furono un alternarsi di momenti di pace idilliaca, prevalentemente quando i due si trovavano soli in casa, ad altri di caos più totale, quando qualche parente andava a fare visita al malato o quando Dana compariva a controllare la situazione.
Nonostante l'assidua frequentazione della Torre da parte di Brydar, o forse a causa di essa, i rapporti tra i due fratelli sembravano essersi fatti nuovamente tesi. Duane non riusciva a capire perché. Brydar non gli raccontava nulla delle ore passate alla Torre, e chiedere a Dana gli sarebbe sembrata una mancanza di fiducia nei suoi confronti.
Aveva percepito vagamente che il problema di tutto risiedeva come al solito nei contatti che il comyn aveva con Patrick, ma non riusciva a capire perché. Dopo tutto Brydar non doveva più considerarlo un rivale e, fino a quando Duane non si fosse ripreso completamente, anche la questione tra loro due restava in sospeso.
La mattina del quarto giorno Miranda e Brydar, ormai stanchi delle sue lamentele, gli avevano concesso di alzarsi. Duane era riuscito a recarsi in bagno e finalmente poteva sgranchirsi un po' le gambe. Solo una volta giunto in cucina, forse per la differenza di temperatura che vi regnava rispetto il resto della casa, il giovane sentì la testa farsi leggera e le gambe diventare come gelatina.
Prima ancora di rendersene conto, Brydar lo aveva preso in braccio e lo aveva disteso sul divano, restando a fissarlo con preoccupazione.
«Sto bene,» brontolò non appena la vista si fece più chiara.
«Dopo tutti i giorni che ha passato a letto è il minimo,» commentò Miranda dalla cucina, «ormai si è ripreso.»
Brydar sbuffò all'indirizzo della domestica, continuando a fissare Duane con preoccupazione.
«Veramente,» Duane non sapeva se sentirsi a disagio per la costante apprensione mostrata da Brydar o solo intenerito. L'importante è che il comyn non si rendesse conto del corso dei suoi pensieri. «Brydar, fammi alzare.» Nonostante le sue proteste, Duane riuscì a terminare la colazione comodamente seduto a tavola e, ignorandolo, cominciò ad organizzare con Miranda la prima uscita all'esterno.
«Stasera torno qui con Dana,» lo minacciò Brydar. «Sarà lei a decidere se puoi già uscire o meno.»
«Dana aveva detto che sarebbero bastati solo alcuni giorni di riposo,» brontolò Duane. «Ormai sono passati. Mi sento bene e, se non mi costringi a restare a letto a non fare nulla,» non poté impedirsi dall'arrossire, «non riprenderò mai completamente le forze.»
Brydar si era alzato, dando l'impressione di non aver ascoltato una sola parola. Si era preparato per uscire e si era diretto alla porta in silenzio. Duane, dopo aver scambiato uno sguardo disperato con Miranda, si era affrettato a seguirlo.
«Non puoi andartene così,» lo trattenne per un braccio. «Non fare finta di ignorarmi!»
Brydar si voltò, afferrando la mano che lo bloccava e rigirando il braccio di Duane dietro la schiena, avvicinando così il corpo del ragazzo al suo.
«Non ti sto ignorando,» gli disse piano a un orecchio, sfiorando leggermente la pelle morbida del collo con le labbra. «Hai già deciso cosa fare. Questa sera Dana ti controllerà e domani, sempre che lei non dia parere contrario, ti farai portare da Miranda dove più desideri.»
La mano libera di Duane si era afferrata al mantello e lo stava stringendo con forza. Incoerentemente pensò che, se Brydar avesse mai deciso di baciarlo proprio in quel momento, lui sarebbe probabilmente svenuto.
Brydar lo guardò perplesso. Non era la prima volta che sentiva il desiderio di Duane, cosa più che normale, ma si era sempre imposto di non esaudirlo.
«Non bacio mai i miei amanti,» commentò, senza allentare la stretta e assaporando le loro sensazioni mentre si mescolavano divenendo indistinguibili.
Duane cercò di allontanarsi, svincolandosi all'abbraccio. «Perché?»
Brydar lo guardò, l'espressione passò rapidamente da quella da predatore che tanto eccitava il McKee ad una di incommensurabile tristezza, ma non rispose. Si aggiustò il mantello sulle spalle ed uscì, svanendo alla vista dopo pochi metri, celato allo sguardo dalla fitta neve che aveva cominciato a cadere dalle prime ore dell'alba.


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Tornando verso casa, Brydar continuò a ripetere a se stesso che quella era una giornata da dimenticare.
Prima la griglia principale aveva deciso di rompersi, causando fortunatamente più spavento che altro ma facendo perdere al Cerchio il lavoro di un'intera giornata. Poi, mentre stava preparandosi a lasciare la Torre, aveva colto un brandello di conversazione tra alcuni dei telepati stanziali, impegnati a spettegolare sui veri motivi per cui Duane era stato ferito dai gemelli MacAran. Il fatto che tra di loro ci fosse anche Patrick aveva fatto perdere completamente le staffe al comyn e solo il tempestivo intervento di Dana era riuscito ad evitare danni forse irreparabili.
Le ore successive erano trascorse in riunione nelle stanze private della Custode, dove con toni che avevano rasentato il melodrammatico, i telepati più alti in grado gli avevano spiegato il motivo per cui lui probabilmente odiava in modo così viscerale il McHarlaw.
La sola cosa positiva era che, senza che lui avesse chiesto nulla, ma forse proprio per quello si disse in seguito, Dana aveva preso le sue difese, lasciando spiazzati quelli del gruppo che credevano di conoscere bene ogni sua reazione. Ripensando a quello, quando ormai era giunto sotto il porticato che difendeva la porta d'ingresso dalla violenza degli elementi, Brydar si ricordò della minaccia che aveva fatto a Duane quella mattina.
Guardando la neve cadere sempre più fitta e, soprattutto, considerando la reazione della sorella, che lo avrebbe indirizzato senza troppi problemi verso uno degli inferni di Zandru, Brydar decise che il controllo della situazione di Duane non era poi così importante e che, la mattina dopo, lo avrebbe lasciato uscire comunque.
La casa sembrava deserta.
Per non bagnare l'ingresso, Brydar fece rapidamente il giro della casa ed entrò dalla porta secondaria della cucina. Il camino era ancora acceso ma la fiamma stava lentamente morendo. I fuochi della cucina erano appena tiepidi e, dopo aver lasciato il mantello a sgocciolare sull'appendiabiti messo accanto alla porta secondaria, il comyn si diresse verso il salotto.
Anche lì il camino era quasi spento e, sdraiato sul divano sepolto sotto una montagna di coperte, Duane si era addormentato mentre aspettava il suo ritorno.
Il comyn si sedette accanto a lui, passando una mano tra i capelli del giovane.
«Brydar...» sbadigliò Duane, stiracchiandosi e cercando di sollevarsi. «Pensavo non tornassi più.»
Brydar sorrise, liberandolo dal peso delle coperte. «C'è mancato poco,» commentò. «Oggi il tuo amico ha rischiato grosso, se non era per mia sorella.»
Duane era riuscito finalmente a sedersi e si guardava intorno perplesso. «Ma non doveva venire con te?»
Il comyn si alzò, precedendolo in cucina. «Me ne sono ricordato troppo tardi,» ammise, guadando Duane preparagli un rapido pasto. «Ma vedo che il suo consulto non serve.» Duane arrossì, mentre sistemava le stoviglie. «Tu non mangi?»
«Mi ero stancato di aspettarti e ho mangiato,» diede un rapido sguardo alla candela che, accesa sopra il camino, segnava il passaggio delle ore, «almeno due ore fa,» concluse.
Brydar terminò il pasto in silenzio, passando poi rapidamente in bagno e desideroso solo di infilarsi nel letto e dormire. Ma, una volta arrivato in camera, trovò Duane già coricato e, ritemprato dal breve sonnellino, con l'espressione di chi non ha assolutamente voglia di addormentarsi.
«Duane, sono troppo stanco,» disse infilandosi sotto le coperte. «Qualsiasi cosa tu voglia chiedermi, fallo domani.»
Il McKee annuì senza parlare e, girandosi di fianco, restò a guardarlo fino a quando non si fu addormentato. Solo quando fu sicuro di non correre il pericolo di un risveglio improvviso, si chinò su di lui, sfiorandogli leggermente la fronte con un bacio.
Il breve contatto gli portò pensieri confusi di quella giornata, che lo raggiunsero sfuocati e privi di ordine. Nonostante ciò era abbastanza chiaro quello che era accaduto al comyn nel pomeriggio e, considerando tutto, la reazione di Brydar non sembrava che l'ennesima conferma dei sentimenti che cercava di negare.
Duane sorrise, lasciando che i ricordi fluissero lentamente, sostituiti dalle prime propaggini delle immagini più vivide del sogno.
Prima di sdraiasi e addormentarsi a sua volta non resistette alla tentazione e, controllando che Brydar fosse ormai profondamente addormentato, posò un secondo bacio ma, questa volta, sulle labbra socchiuse del comyn.


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La voce squillante di Miranda pose fine alla sequenza di incubi che aveva popolato quella notte.
Brydar si era rigirato nel letto a lungo, passando da un sogno ad un altro, senza soluzione di continuo. Duane, dal canto suo, non era riuscito a tenere completamente fuori dalla sua mente le vivide immagini dei sogni e, solo verso mattina, era riuscito ad addormentarsi abbastanza profondamente da non esserne disturbato.
Mentre Brydar cercava di riprendere un aspetto accettabile, ancora sdraiato nel letto il McKee cercò di ricordare i sogni a cui aveva fatto da spettatore, ma senza successo. Solo una forte sensazione di disagio e sfiducia era rimasta ancorata alla sua parte cosciente e sapeva che entrambe le sensazioni provenivano da una parte molto profonda della coscienza di Brydar, talmente profonda che temeva neppure il comyn ne fosse a conoscenza.
La presenza di Keith nella loro cucina non fu una sorpresa come lui si aspettava. Il fatto che Miranda avesse continuato a parlare da quando era arrivata era chiaramente segno della presenza di qualcuno, anche se una seconda voce non si era udita oltre le pareti che separavano i due locali, e il tono irritato di alcune sue risposte aveva reso chiaro alle orecchie di Duane quale fosse l'identità dell'intruso.
Kyera aveva inviato il nipote per controllare le condizioni del figlio, sperando che la presenza del giovane fosse più gradita della sua. Sfortunatamente per lei, la prima persona ad essere irritata dalla visita inattesa fu quella che credeva avrebbe gradito di più l'improvvisata.
Non appena Duane e Brydar varcarono la soglia della cucina, Miranda si chiuse in se stessa e preparò il resto della colazione in un mutismo tale che stupì persino il suo padrone che, però, fu rapido ad imitarla.
Bastava Duane a tenere viva la conversazione con il fratello. Keith snocciolò tutti gli avvenimenti che erano accaduti nel clan McKee dall'ultima visita della zia e, solo dopo una mezzora di chiacchiere ininterrotte, si decise a rivelare il vero motivo della visita.
«Kyera vuole sapere quando potrai andare a trovarli,» concluse alla fine il monologo.
Duane guardò di sottecchi Brydar che, per tutta risposta, si alzò da tavola per prepararsi all'uscita.
«Non appena Miranda avrà finito qui,» rispose il giovane, «siamo d'accordo che mi accompagnerà al mercato. Dopo posso passare da casa.»
Keith sbuffò. «Siamo tutti da Shann,» il tono non era dei più entusiasti. «Devo aiutarlo a sistemare alcune cose nelle scuderie, poi mia madre vuole che la aiuti a trasportare alcuni dei loro ultimi lavori fino a casa di Benton,» fece una breve pausa ad effetto che, però, non sortì l'effetto desiderato. «Credo che Liriel abbia bisogno di accessori per un abito che sta realizzando per una delle nobili della Torre.»
«Allora verrò fino al negozio, per pranzo, così saranno tutti contenti. Tanto...» Brydar era ricomparso, con indosso abiti più pesanti e pronto per uscire. «Potresti anche evitare di andare,» gli disse, prima che varcasse la soglia.
«Ieri avevo confermato la mia presenza anche per il lavoro di oggi,» rispose il comyn. «Avrai tutta la compagnia necessaria.»
Duane si alzò, seguendolo fino all'ingresso principale. «Credi che stasera potremo andare alle Terme?»
«Fatti controllare da Dana,» rispose Brydar, passandogli una mano lungo la spalla, percorrendo il punto dove era stato ferito. «E vai da lei nel primo pomeriggio, dopo potresti essere troppo stanco per riuscire ad ottenere il permesso,» uscì prima che Duane potesse ribattere.
"Ci vediamo dalla Vedova prima di cena." L'indicazione per l'appuntamento arrivò nella mente di Duane quando ormai il comyn era svanito nel turbinio della neve.
Liberarsi del fratello fu una cosa molto più difficile che convincere l'Elhalyn ad aspettarlo alle Terme. Solo dopo innumerevoli minacce, Keith si rese conto dell'ora fatta e, come un fulmine, si precipitò verso la piazza del villaggio e lo zio Shann, che lo avrebbe di sicuro ripreso per il ritardo accumulato.
Nonostante la partenza di Keith, Miranda non riacquistò il buonumore, lasciando Duane molto vicino alla preoccupazione. Solo dopo qualche minuto, notando lo sguardo del McKee, la donna sorrise e, sedendosi, cercò di spiegare il perché della sua reazione.
«Saprai perché sono venuta qui da mia sorella, vero?» chiese, ricevendo in risposta un cenno affermativo da parte del giovane. «Ieri, al mercato, Alyson ha sentito alcune comari spettegolare su di me, e su come sarei riuscita a sedurre un ragazzino.»
L'espressione di Duane si colorì di stupore. «Keith?» chiese, se mai ci fosse stato bisogno di una conferma. «Ma se è lui che ti viene dietro come un cagnolino. Come possono dire che sei tu...» «Ricorda solo una cosa Duane,» lo interruppe la donna, sorridendo di fronte alla sua reazione, «la gente vedrà sempre e solo quello che desidera vedere, non quello che tu cerchi di mostrare. E, la maggior parte delle volte, non corrisponderà mai alla verità.» Duane la guardò perplesso, senza capire. «Vedi, le cose non sono mai andate bene con mio marito, da quando ci siamo sposati non faceva altro che punirmi, anche per cose apparentemente prive di importanza. Però, lui era un pilastro della nostra comunità e, ovviamente, si guardava bene dal mostrare in pubblico quello che faceva. Mai un occhio nero, o un labbro spaccato... avrebbe potuto fare una brutta impressione. La sola volta che ciò capitò, i miei vicini non si posero neppure il dubbio: era stata una mia distrazione. Come faceva un uomo così integerrimo come Marcus McGonall a sopportare una moglie come me,» ormai il racconto si era tramutato in uno sfogo, cosa che Miranda non era riuscita a fare neppure con la sorella. Duane restò in silenzio ad ascoltarla, percependo quanto la cosa fosse importante per lei. «Ho perso due figli, per colpa sua... anche se ero sempre io quella incapace di portare a termine la gravidanza. Alla fine anche la mia stessa famiglia cominciò a criticarmi, dopo la prima figlia adesso si dovevano vergognare anche della seconda. Erano fortunati ad avere un genero così di buon cuore...» Miranda scosse la testa, finendo di sistemare la cucina e sedendosi davanti al ragazzo. «Ho sempre invidiato Alyson, che ha avuto il coraggio di mollare tutto ed andarsene via con Will, anche se per farlo è stata bollata come una grezalis da tutti. Qualche mese prima che scappassi, al villaggio arrivò un giovane che mio marito aveva accettato come aiutante. Era poco più giovane di me, solo un paio di anni, e diventammo subito amici. Venendo da fuori non era abbagliato dalla figura leggendaria che sembrava essere Marcus, cercò di essermi vicino, di aiutarmi a superare i momenti più neri. Poi... qualcuno cominciò a far circolare delle voci, dicevano che tra di noi c'era una relazione e che il povero Marcus era troppo ingenuo per accorgersi dei nostri traffici.» Fece una pausa, lo sguardo perso nel vuoto e nei ricordi. «Prima Marcus cacciò William, con l'accusa di averlo truffato, poi mi rinchiuse in casa e, con la scusa del mio tradimento, non aveva più neppure bisogno di nascondere quello che aveva sempre fatto. Ho sopportato per anni ma ormai era troppo, forse era stata la vicinanza di William a darmi quella fiducia che mi fino ad allora mi era mancata. Fatto sta che una mattina sono uscita di casa e ho continuato a camminare fino a quando non sono crollata dalla stanchezza. Fortunatamente a soccorrermi furono delle Rinunciatarie e, senza bisogno di chiedere nulla, mi portarono nella loro Casa e mi tennero con loro fino a quando non decisi cosa fare. Non me la sono sentita di diventare come loro, ho chiesto se potevano aiutarmi a raggiungere il villaggio dove sapevo era mia sorella e loro hanno acconsentito. Quando ci siamo lasciate, qui a Elvas, sia loro che Madre Gwennis, che non mi aveva mai vista prima, mi hanno ricordato che, in qualsiasi momento, loro sarebbero state pronte ad accogliermi, non importava se solo per una notte o per sempre,» Miranda tornò a guardare Duane, sorridendo. «Fino ad ora non ho avuto bisogno del loro aiuto. Alyson, Will e anche Alar non mi hanno fatto domande e, forse perché anche loro hanno vissuto sempre con le spalle oppresse dalle male parole della gente, non hanno mai criticato quello che ho fatto. Ma gli altri... Elvas non è diverso dal mio villaggio.»
Duane sentì l'accusa di Miranda pesare anche sulle sue spalle. «Non è vero, qui non c'è gente così maligna.»
«Quella esiste ovunque,» commentò Miranda, alzandosi. «Non hanno intenzione di guardare oltre l'apparenza. Criticano e giudicano e, ricorda, non sarà mai qualcosa che fai a far cambiare la loro opinione, ma sempre e solo quello che loro vorranno credere.» Le parole della donna continuarono a girare nella sua mente per il resto della mattina, mente la accompagnava nel suo giro al mercato e la osservava chiacchierare amabilmente con tutti quelli che la salutavano.
Non riusciva ad immaginarla come la donna poco considerata che era apparsa dal suo racconto, tanto vitale ed energica la vedeva ora, tanto sottomessa e triste doveva essere al suo villaggio di origine.
Molti dei valligiani che li incrociavano chiedevano anche delle sue condizioni di salute e, dopo poche ore, Duane si rese conto che la storia del suo ferimento aveva fatto praticamente il giro della valle. Tutti sembravano contenti di vederlo in salute e alcuni, fortunatamente pochi, si dilungarono in critiche contro i gemelli MacAran e la loro pericolosità.
Avviandosi verso le scuderie di Shann, dopo aver lasciato Miranda sulla soglia dello Scoundrel, Duane dovette ammettere con se stesso che quello che la donna aveva detto corrispondeva purtroppo a realtà. Non poteva dire che lo facessero con malevolenza ma, nonostante ciò, bastava poco ai suoi concittadini per cucire i panni addosso a chiunque.


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Nonostante le sue aspettative non fossero delle migliori, il pranzo in famiglia passò rapidamente e senza troppi intoppi. Nessuno fece domande inopportune e tutti dovettero ammettere che il loro congiunto era ormai ritornato in perfetta salute.
Grazie al carico di lavoro che incombeva su di loro, nessuno trovò da ridire quando Duane si congedò, per andare alla Torre per un controllo. La sola nota stonata fu la promessa che gli estorse Keith di trovarsi alle Terme nel tardo pomeriggio.
Duane non aveva voglia di discutere con lui, dicendogli che aveva già preso accordi con Brydar e che preferiva la compagnia del comyn a quella di suo fratello, anche se la cosa non lo avrebbe sorpreso. Preferì non rispondere e meditare su come liberarsi di lui quando sarebbe arrivato il momento.
Nel breve tragitto fino alla Torre incontrò almeno la metà dei telepati che vi risiedevano e, sulla soglia, fu fermato da Patrick, di ritorno dallo Scoundrel in compagnia di Rafael Ridenow, del suo scudiero Danilo e delle giovani sorelle Amyra e Fiamma Hastur.
Pat lo salutò con un calore che lo lasciò attonito e gli presentò il gruppetto di compagni che non aveva avuto modo di conoscere durate la sua breve permanenza alla Torre.
«Credo che una giornata come quella di oggi la sogneremo a lungo,» disse Rafael entrando nell'atrio e tenendo compitamente la porta aperta per le due damigelle.
"Credo tu abbia ragione," commentò Pat, "sempre che non manomettiamo noi una griglia!"
Duane, che sapeva dell'incidente dai pochi racconti di Brydar, non ebbe difficoltà a capire la ragione di tanto entusiasmo. Con la griglia di matrici fuori uso, e fino a quando non fossero arrivate quelle che i mercenari amici di Alar e Dana dovevano procurarsi dagli Aldaran, il Cerchio era costretto a lavorare a scartamento ridotto.
«Scusatemi,» disse Duane, cercando di allontanarsi, «ma devo vedere Dana. Avremo modo di rivederci,» salutò con leggero inchino le due comynare e si diresse verso la serra. Era già entrato nell'antiserra quando si accorse che Pat lo aveva seguito.
«Devo parlare con Dana,» ripeté, quasi irritato. «Non ho tempo per fare due chiacchiere.»
"Le possiamo fare dopo," rispose Pat. "È da tanto che non parliamo un po' e, dopo il tuo incidente, ero un po' preoccupato."
Un angolo della sua mente gli fece notare che, fino a qualche giorno prima, un commento del genere da parte di Pat lo avrebbe riempito di una gioia immensa. Invece, in quel momento, lo trovava quasi fastidioso.
"Ti ho visto al mercato, questa mattina," continuò l'altro. "Ma tu eri troppo interessato alla tua compagna per accorgerti di me."
A Duane non piacque il tono con cui la frase arrivò alla sua mente, ma aveva finalmente scorto la figura dell'Amazzone e non indagò oltre.
«Buongiorno, Duane,» lo salutò la donna, ancora prima che i due la raggiungessero. «Vedo che stai meglio. Non pensavo che ti avrebbe fatto uscire così presto.»
Il McKee sbuffò sonoramente. «A dire il vero non voleva, ma non ha potuto impedirmelo.» Si guardò intorno, notando con piacere che Pat si era fermato ad alcuni passi da loro, come per non disturbare. «Sai dov'è?»
Dana scosse la testa, scostando una ciocca di capelli che era sfuggita al laccio che li teneva legati. «Dovrei tagliarli,» commentò distrattamente, «Penso che mio fratello sia andato a sfidare i gemelli,» rispose poi, sorridendo all'espressione allarmata che Duane aveva assunto. «Qui non c'era nulla da fare, mi ha detto che saresti venuto per farti controllare e che vi sareste visti più tardi. Nel frattempo andava ad allenarsi un po',» riprese il lavoro che stava facendo, distogliendo gli occhi ma non la mente dal ragazzo che aveva accanto. «Ho avuto l'impressione che volesse far sputare un po' di sangue a Edric e Dyan. Così, tanto per farli soffrire un po'.»
Duane non riuscì a trattenere una risata. «Credo tu abbia ragione, sai.»
«Hai deciso cosa fare?» La domanda, posta così a bruciapelo, lo fece quasi sobbalzare. «Ho notato che adesso ti senti meno a disagio.» Non dovette spiegare il commento, per entrambi il significato era più che evidente.
«Sì,» sospirò Duane. «Però,» fece una breve pausa, cercando un modo per spiegare qualcosa che ancora non era riuscito a definire con esattezza. «Non voglio dover decidere solo io,» disse, «anche lui deve prendere una decisione... solo che, ancora, non sono riuscito a dirglielo.»
Dana tornò a sollevare lo sguardo, fissando per un istante il volto del ragazzo. «Sono sicura che troverai il modo,» non sapeva cosa volesse ottenere da suo fratello, «ma devi essere consapevole del fatto che non sarà una cosa facile.»
Duane annuì, serio. «Lo so,» rispose.«Ma, da quello che dirà, dipenderà anche la mia decisione.»
La Rinunciataria sospirò. «Spero che vada come tu desideri, Duane. Nel frattempo,» si alzò, sistemandosi i calzoni, «andiamo in un posto più tranquillo e vediamo se sei tornato completamente in forma.»


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Il controllo fu rapido. Dana non trovò nulla che non andasse, il fisico si era completamente ripreso e sentenziò che Duane poteva ufficialmente riprendere tutte le sue normali attività.
La sola cosa che il monitore ritenne opportuno saggiare furono le capacità telepatiche del ragazzo che, rispetto a quello che ricordava, sembravano essersi notevolmente migliorate.
«Non sarai mai un gran telepate, Duane,» gli aveva assicurato, notando lo sguardo preoccupato del giovane. «Ma l'utilizzo del laran che fai con Brydar ha ampliato le tue capacità. Presto o tardi scopriremo anche se hai qualche donas particolare. Dovrei fare qualche studio, per vedere se la famiglia da cui discendi nel passato possedeva qualche dote particolare.»
«I Darriel da cui discendeva mio padre erano comyn solo per modo di dire,» si schernì Duane. «Credo che lui non possedesse neppure il laran
Dana annuì. «Non improbabile, ma è possibile che la poca eredità di famiglia sia passata in te e in tuo fratello. Dovrei controllare anche lui, anche se non sembra aver mai presentato particolari problemi di Malessere, come invece hai avuto tu.»
Nel sentir nominare il fratello, Duane si ricordò del doppio appuntamento e balzò in piedi.
«Non voglio essere scortese,» si scusò con Dana. «Ma Brydar e Keith mi aspettano alle Terme...» fece una breve pausa, ricordando il motivo che lo aveva spinto alla Torre. «Non ci sono problemi, vero?» Chiese ancora una volta. «Posso trascorrere qualche ora alle terme?»
Dana sorrise, alzandosi a sua volta e accompagnandolo verso il pianterreno e l'uscita. «Basta che mi prometti che, se mai dovessi sentire qualsiasi accenno di malessere, tu esca subito da lì.»
«Sul mio onore,» rispose Duane. «Lo prometto.»
Stava già correndo fuori dalla Torre quando, afferrandolo delicatamente per un braccio, Pat lo fermò sulla soglia. "Posso accompagnarti?" chiese, indossando il mantello e aprendo la porta che dava sulla piazza.
Il volto di Duane si rabbuiò. «Se insisti,» rispose, senza accettare o rifiutare la sua presenza.
"Dana sembrava soddisfatta del controllo," continuò Pat, avviandosi verso l'altra estremità della piazza. "Ne sarai felice."
«Sì, abbastanza,» replicò Duane, salutando con una mano Miranda e Alyson, ferme fuori dallo Scoundrel, in attenta osservazione di Alar e Will che, senza troppo impegno, stavano riparando alcune imposte della taverna.
"Io credo che facciate una splendida coppia." Duane fissò Pat senza capire. "Tu e... Miranda, giusto?"
Il McKee non riuscì a trattenere una risata. «E cosa ti fa pensare che ci sia qualcosa tra me e Miranda?» Chiese ironico, varcando la sontuosa entrata delle Terme.
"È evidente," rispose Pat. "Salta agli occhi l'affiatamento che c'è tra di voi."
«Miranda ha proprio ragione. La gente vede solo quello che vuole,» commentò Duane, raggiungendo la Vedova, per liberarla dall'assedio di suo fratello.
«Un altro!» Esclamò la donna, vedendo comparire al suo fianco un secondo McKee. «Non dirmi che anche tu vuoi uno sconto per una delle vasche del primo livello?»
Duane scosse la testa negativamente, lanciando un'occhiata furente al fratello. «No, sto solo cercando Brydar.»
La Vedova sospirò, aggiustandosi il coprireste riccamente decorato. «La cosa mi rincuora. Ma sono dolente, il Nobile Brydar non è ancora arrivato.»
Con la coda dell'occhio Duane notò lo sguardo di disapprovazione assunto da Pat, ma l'entrata dei gemelli MacAran e dell'Elhalyn distolse immediatamente la sua attenzione.
Brydar lanciò una rapida occhiata nella sua direzione e, vedendo con chi era, la sua espressione si rabbuiò. Si diresse dalla Vedova e scambiò con lei solo poche frasi poi, senza rivolgersi a Duane, prese la strada che conduceva ai livelli sotterranei che ospitavano le vasche private.
Duane restò a fissare la porta in silenzio, con espressione improvvisamente triste.
"Su, andiamo," lo riscosse Pat, "Dentro ci sono anche Rafael e Danilo, almeno avremo qualcuno con cui parlare." Duane lo fisso come se non avesse compreso le sue parole. «Tu vai pure,» rispose. «Edric, Dyan!»
I due MacAran, in procinto di entrare nello spogliatoio che portava alle vasche comuni del piano terra, si fermarono voltandosi.
«Potreste farmi un favore,» disse loro il McKee, trascinando con sé il fratello.
I due gemelli si scambiarono uno sguardo preoccupato. Dopo il pomeriggio passato con un Brydar che sembrava una furia uscita da uno degli inferni di Zandru, adesso temevano anche la proposta più innocente, se proveniva da uno di loro due.
«Sentiamo,» rispose cautamente Dyan per entrambi.
Duane spinse Keith nelle loro braccia. «Tenetelo con voi,» disse. «Impeditegli di fare qualunque stupidata, nel limite del possibile.»
I due gemelli si scambiarono un'occhiata divertita, afferrando Keith e mettendolo tra loro. «Non ti preoccupare!» Gli assicurò Edric.
«Lo tratteremo come se fosse uno dei nostri fratelli...»
Keith guardò spaventato Dyan, che gli stava sorridendo con aria serafica.
«Duane, questa me la paghi!»
Il sorriso di Dyan si allargò ancora di più. «Lascia in pace tuo fratello,» lo ammonì. «È meglio che ti sbrighi, ragazzo,» disse poi, rivolto a Duane. «Il Nobile Brydar non era di umore splendido oggi, nonostante sia stata la prima volta ci ha battuti entrambi!»
Edric annuì, sollevando di peso Keith. «Non vorrai farlo irritare ancora di più facendolo attendere!»
I gemelli non attesero risposta. Trascinandosi dietro un Keith scalciante, entrarono negli spogliatoi della vasca comune, ridendo e salutando i presenti.
Duane attese qualche secondo, prima di allontanarsi, scordandosi completamente di Pat che, in silenzio, attendeva che lui lo seguisse.
"Non vorrai andare da lui?" chiese, prendendolo per un braccio.
«Perché non dovrei?» Il tono di Duane era completamente incolore. «Sono venuto qui apposta. Sono riuscito ad evitare che mio fratello mi rovinasse tutto, perché dovrei venire con te?»
"Sai benissimo cosa diranno," commentò Pat, allontanandosi verso lo spogliatoio. "Che lo segui ovunque come un cagnolino... se non qualcosa di peggio!"
Duane si fermò in mezzo all'atrio. Guardò per un istante la Vedova, ferma al suo piccolo bancone davanti a lui, che lo ricambiò sorridendo, mentre lui le si avvicinava per chiedere in quale delle stanze sotterranee si fosse fermato Brydar.
«Secondo livello e mi devi un terzo del pagamento,» lo informò la donna.
Duane sorrise. «Non credo sarà un problema,» rispose poi, rivolto sia alla Vedova che a Pat, fermo fuori dagli spogliatoi come in attesa, raggiungendo poi senza voltarsi la porta dei sotterranei e cominciando a scendere verso il livello più profondo.


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Mentre scendeva i gradini, nell'oscurità rischiarata solo dai globi luminosi da poco montati nelle nicchie che fino a poco tempo prima contenevano le fiaccole di resina, Duane si rese conto che non era ancora giunto alla decisone definitiva.
Tutto sarebbe stato rimesso in gioco nel momento in cui avrebbe fronteggiato Brydar.
La porta che conduceva all'unica polla del secondo livello era aperta. La cosa non lo sorprese, così come non restò colpito della confusione che regnava nello spogliatoio che faceva da anticamera alla piscina.
Con un sospiro, oltre agli abiti del comyn cercò di riordinare anche le proprie idee. Si spogliò lentamente, avvolgendosi in uno dei teli da bagno e, silenziosamente, entrò nella seconda stanza.
Brydar, comodamente sistematosi nel lato più basso della piscina, sembrò del tutto indifferente al suo arrivo. Duane fece il girò della polla, lasciando il telo accanto a quello preso da Brydar e si immerse nella bassa acqua calda vicino alla cascata.
Restarono in silenzio, solo il rumore prodotto dall'acqua rallegrava l'ambiente.
Duane cercò di contattare la mente di Brydar ma, come sempre, solo la parte più superficiale dei suoi pensieri era raggiungibile. Come con tutti gli altri telepati, tra loro poteva esistere solo una conversazione amichevole, nulla di più intimo.
Il McKee sembrò decidersi e, senza dire nulla, si sedette sulle gambe di Brydar, fronteggiandone lo sguardo sorpreso senza lasciare che il comyn potesse leggere in lui quello che voleva fare.
"Se devo rinunciare al buon nome della mia famiglia per stare con te, allora voglio qualcosa in cambio," disse Duane, chinandosi e posando le proprie labbra su quelle del comyn. "Non lasciarmi fuori..."
Brydar lo afferrò per le spalle, allontanandolo. La mente di Duane scivolò sulla sua, come fosse cosparsa di olio.
Il McKee chinò la testa, alzandosi ed uscendo in silenzio dall'acqua. Si riavvolse nel telo e si diresse all'uscita, senza voltarsi.
«Non abbiamo altro da dire,» disse, chiudendosi la porta alle spalle.
Brydar restò immobile per un tempo che gli parve lunghissimo. Era stato facile convincersi che, se Duane avesse deciso di troncare tutto, a lui non sarebbe importato. Era sempre stato così, non aveva mai offerto a nessuno dei suoi amanti nulla di più coinvolgente, era sempre stato freddo e distaccato davanti alle loro emozioni ma, questa volta, sentiva che nessuna scusa avrebbe funzionato.
Quando si era trovato con il corpo di Duane tra le braccia, mentre sentiva che le sue forze si facevano sempre più deboli, si era ripromesso che non sarebbe stato ferito in quel modo un'altra volta. Ma era stato inutile.
Adesso poteva percepire con chiarezza la lama penetrare nel suo cuore, per colpire dove era già stato ferito prima.
"Non puoi restare vicino a qualcuno senza provare nulla," solo pochi giorni prima la Vedova gli aveva tenuto una breve lezione sul suo passato e gli aveva regalato qualche perla della sua saggezza. "Anche se non ami le persone con cui dividi la tua vita, non puoi evitare di affezionarti a loro e di soffrire, quando se ne andranno."
Brydar aveva sbuffato ma, non lo avrebbe mai ammesso ed entrambi lo sapevano, sentiva che era vero.
Uscì dalla vasca, dirigendosi verso l'anticamera senza coprirsi. Non era certo su quello che avrebbe fatto una volta fuori, probabilmente era troppo tardi per raggiungere Duane ma doveva cercare di fare qualcosa.
Non dovette andare lontano. Avvolto nel telo da bagno, le ginocchia strette contro il petto ed immobile, il McKee sembrava quasi essersi addormentato.
«Duane,» Brydar si sedette alle sue spalle, sfiorando con delicatezza una spalla, senza ottenere nessuna reazione. "Duane," si avvicinò di più, solo per essere violentemente allontanato.
Brydar si raddrizzò, alzandosi. Cogliendolo di sorpresa, sollevò Duane, costringendolo a sedersi sulle sue ginocchia.
«Lasciami,» il McKee cercò di divincolarsi, ma la stretta di Brydar era troppo decisa per essere rotta.
«Durante la mia vita non mi sono mai aperto con nessuno,» disse Brydar, bloccandogli le mani. «Le sole persone che ho amato, alle quali ho rivelato i miei sentimenti, mi hanno abbandonato... tre sono morte e una... beh, per lei valgo meno di un mucchio di sterco, e ti assicuro che è ancora peggio.»
Duane smise di divincolarsi, lasciandosi andare all'abbraccio. «Se stai per dirmi...»
«Solo che non sarò in grado di darti quello che vuoi,» Brydar accarezzò delicatamente il volto del giovane. «Non ne sono capace. Non voglio soffrire un'altra volta, Duane. Non voglio rischiare e ritrovarmi nuovamente con un...» non riuscì a proseguire, le sensazioni provate il giorno dell'incidente con i gemelli riempirono la mente di Duane, lasciandolo per un istante senza fiato. «Non riuscirò mai ad essere come tu vorresti.»
Duane sorrise, avvicinandosi a lui. Istintivamente Brydar si ritrasse, ma questa volta la cosa non lo fermò.
"Noi McKee non ci arrendiamo facilmente."
Posò le sue labbra su quelle del comyn, lasciando che la sua mente accarezzasse quella dell'Elhalyn, senza pretendere nulla, solo tracciando lievi solchi sulla superficie dura delle sue barriere. Il tempo avrebbe confermato le sue parole e, giunti a quel punto, nessuno dei due aveva più paura di lasciarlo trascorrere.









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Disclaimers

La situazione precipita rapidamente quando Duane, sempre più in crisi con se stesso, viene ferito durante un allenamento con i gemelli MacAran.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008