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La Sapiente

Elayna Aillard



Preludio - La Convocazione

Il sole del tardo pomeriggio filtrava attraverso i pesanti tendaggi soffondendo ogni cosa d'una morbida luce rosata.
Mentre attendeva l'arrivo di Marelie il giovane meccanico delle matrici osservava assorta la danza del pulviscolo nei fasci di luce. Il rumore della porta che si apriva riportò i pensieri di Elayna al motivo per cui era stata convocata dalla Custode che nel frattempo era entrata nella stanza. La giovane fece per alzarsi in piedi ma un imperioso gesto di Marelie la invitò a restare tranquilla.
La Custode si diresse alla finestra ed aprì le imposte lasciando che la frizzante aria serale entrasse nella stanza poi si sedette di fronte ad Elayna fissandola in silenzio. Sotto lo sguardo penetrante dei suoi occhi azzurri la ragazza si mosse a disagio; nonostante fosse alla Torre da molto tempo non ci si era mai abituata del tutto.
Alla fine fu Marelie a rompere il silenzio. «Ti ho chiamata qui, Elayna, per discutere del tuo futuro,» nel vedere che la ragazza impallidiva allarmata la Custode si affrettò ad aggiungere, «non hai fatto nulla di scorretto chiya, anzi sei perfino sprecata come meccanico... ma non sei ancora maturata completamente.»
La sua interlocutrice la scrutò cercando di capire dove volesse arrivare. «Cosa stai per propormi?» chiese sospettosa.
«All'inizio avevo pensato ad un periodo in un'altra Torre, magari Neskaya visto che hanno un disperato bisogno di gente esperta... ma quando mi è arrivata un'altra proposta ho cambiato idea.»
«Cioè?»
«Rakhal Ridenow, un tuo lontano parente, sta cercando una sapiente per la sua casa. Ho pensato che un'esperienza al di fuori della vita delle Torri potrebbe servirti.»
«Non ho nulla in contrario ad un periodo presso un altro comyn come sapiente. È il parente che non mi piace.»
Marelie fece una smorfia amara. «Non che Rakhal stia simpatico a molti, certo capisco il tuo punto di vista.»
«Quello che non capisco io,» ribatté Elayna sorridendo, «è che cosa se ne fa di una leroni vista la sua avversione per tutto quello che riguarda il laran
«Fosse per lui non se ne farebbe nulla, il fatto è che ha una figlia di undici anni ormai vicina al Mal della Soglia e quindi ha bisogno di qualcuno che si occupi di lei. Intendiamoci, tu dovresti solo assicurarti che arrivi sana e salva ad età da marito. Rakhal ha specificato che la ragazza dovrebbe solo essere aiutata a superare il risveglio del laran e non si parla nemmeno di verificare un donas e mandarla in una Torre.»
Elayna sogghignò avvertendo una particolare sfumatura ironica nel discorso di Marelie. «Immagino che l'uso del condizionale implichi che tu non la pensi come il mio caro zietto.»
«Appunto,» gli occhi solitamente poco espressivi di Marelie erano pieni di malizia, «e immagino che il tuo improvviso interesse significa che accetterai l'incarico.»
«Adesso che mi hai detto come stanno le cose sento quasi il bisogno di andarci,» rispose Elayna. «Chissà, forse stai involontariamente cambiando la mia vita!»
«In questi anni ho imparato che tutto è possibile e non negherei la tua ipotesi. Tornando a questioni più pratiche... cerca di scoprire se la ragazza possiede qualche laran particolare, senza farti scoprire dal padre ovviamente.»
«Ovviamente,» la giovane leroni si alzò in piedi. «Quando devo partire?»
«Al più presto,» rispose Marelie, cominciando poi a sfogliare un libro.
A quel tacito gesto di congedo Elayna uscì silenziosamente dallo studio.
Quello che aveva detto alla Custode non era un'ipotesi; davvero sapeva di dover fare quel viaggio.
Sospirò; non sempre le vie del destino sono accessibili ai mortali. Con la mente già rivolta ai preparativi per la partenza imminente si avviò verso la sua stanza, i passi che riecheggiavano nel silenzio del corridoio.


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Parte prima - L'incendio

Erano in viaggio ormai da parecchi giorni ma la strada davanti a loro non sembrava aver fine.
Al terzo giorno di viaggio Elayna aveva scoperto di non essere una così brava cavallerizza come aveva sempre pensato; un conto era una cavalcata sulla piana di Arilinn tutt'altra faccenda inerpicarsi per un sentiero montano.
Al quarto giorno pesta e dolorante rimpiangeva già di aver accettato l'incarico.
Le due Rinunciatarie che la scortavano l'avevano all'inizio guardata quasi con disprezzo e compatimento, ma dopo che si erano rese conto che nonostante la fatica non si lamentava l'avevano accettata ed erano divenute buone amiche.
Quando avevano stabilito il percorso da seguire si erano trovate d'accordo sulla necessità di percorrere strade secondarie; in quel periodo dell'anno ferveva l'attività dei briganti e una comynara era una preda appetibile per ottenere un buon riscatto anche se non discendeva dal ramo più importante della famiglia. Per fortuna avevano viaggiato senza intoppi e si trovavano oramai vicine a Neskaya. Il tragitto da Arilinn non era certo breve e nemmeno facile nonostante fossero in piena estate ma, grazie alle marce forzate imposte da Devra, avevano viaggiato in modo spedito, perfino troppo per i gusti di Elayna.
La comynara aveva deciso di allungare il percorso e passare per Neskaya perché voleva chiedere consiglio a sua cugina Fiona che era la Custode di quella Torre.
In quell'istante si stavano arrampicando per quello che più che un sentiero battuto sembrava una pietraia. "Quando ho detto strade secondarie," pensò sconsolata la comynara, "non intendevo rompermi l'osso del collo su qualche montagna sperduta."
Non che non si fidasse delle sue guide ma aveva scoperto di soffrire di vertigini e il sentiero costeggiava uno scosceso dirupo.
Per distrarsi incominciò ad esplorare la regione circostante con lo sguardo, il suolo era coperto da fitti boschi di pini da resina e l'unica cosa che si scorgeva era il verde delle foreste che si perdeva nella caligine creata dall'umidità.
Alzò lo sguardo verso l'orizzonte e notò subito una spessa coltre di quelle che al suo occhio inesperto parevano delle grosse nubi di tempesta.
Richiamò l'attenzione di Alanna, l'altra Rinunciataria, indicandole.
«Non si metterà mica a piovere vero?» esclamò preoccupata.
L'Amazzone seguì la direzione del suo sguardo e si rizzò sulle staffe per avere una visuale più ampia.
«Dei onnipotenti! Ma quelle non sono nubi... la foresta brucia! E a giudicare dalla direzione in cui spira il vento il fuoco va dritto verso Neskaya e ci blocca la strada!» La giovane comynara scrutò più attentamente all'orizzonte e notò dei riflessi arancioni su quelle che aveva definito ingenuamente nuvole.
«Quanto è distante il fuoco?» domandò Elayna.
Fu Devra a risponderle. «Un'ora, un'ora e mezza al massimo cavalcando a spron battuto e contando che dovremo tagliare per la foresta perché il sentiero è bloccato.»
Elayna affondò i talloni nei fianchi dell'animale incitandolo a proseguire. «Allora andiamo! È nostro dovere aiutarli... e a giudicare dall'ampiezza dell'incendio credo ne abbiano bisogno.»
Durante la folle corsa verso valle le tre viaggiatrici rischiarono più d'una volta di rimetterci un cavallo, gli zoccoli degli animali sollevavano alte fontane di terra riarsa che si tramutavano in una sottile polvere marrone che faceva tossire convulsamente Elayna e non le permetteva di vedere più in là del proprio naso.
L'unico oggetto che costituì il suo panorama per circa mezzora fu il didietro del cavallo di Devra, e per fortuna, altrimenti avrebbe sicuramente perso la strada.
Quando entrarono nella foresta furono costrette a rallentare il ritmo della corsa e ben presto iniziarono a sentire l'odore oleoso del fumo mischiato a quello più dolciastro e nauseante della resina.
La foresta era in tumulto; numerosi rami spezzati indicavano il passaggio di animali in fuga dal pericolo, un silenzio pesante gravava attorno alle tre donne rotto solo dal respiro affannoso dei cavalli e dallo schianto lontano degli alberi in fiamme.
Presto poterono udire il crepitio delle fiamme e le urla degli uomini che combattevano contro di esse, sul sentiero incontrarono alcuni di loro che si stavano spostando; Devra chiese come arrivare all'accampamento.
«Siete sulla strada giusta,» rispose un uomo grande e grosso con un'ascia sulle spalle. «Continuate andando verso nord per altre due miglia e quando vedrete un grosso albero caduto girate a sinistra, certamente ci serviranno tre paia di braccia in più, l'incendio si sta espandendo e il vento continua a soffiare verso Neskaya ed i villaggi che le stanno attorno.»
Più proseguivano più l'aria diveniva irrespirabile: alla fine furono costrette a legarsi dei fazzoletti sulla bocca e a condurre i cavalli, folli di paura, per le briglie. D'improvviso un'ampia radura si aprì davanti a loro, alcune tende erano state piantate in circolo e delle donne cucinavano il pasto su un ampio fuoco. Da una tenda venivano i lamenti dei feriti, d'un tratto un urlo e poi nel silenzio che seguì un pianto di donna.
Dalla tenda uscì un uomo alto dai capelli castano scuri. Nel vedere Elayna e le sue compagne si avvicinò e domandò da dove venissero.
Dopo che Devra glielo ebbe spiegato la sua attenzione si spostò su Elayna e sul sacchetto che portava al collo.
«Signora, siete un operatore delle matrici?» chiese fissandola intento.
«Sono meccanico ad Arilinn.»
Un ampio sorriso si aprì sul volto sporco di fuliggine del comyn. «Allora siete un dono del cielo! Siamo venuti in pochi da Neskaya perché pensavamo che l'incendio non si estendesse tanto ma poi il vento a cominciato a soffiare... inoltre Danvan è restato intossicato dal fumo e non può lavorare... potreste aiutarci?»
Lei gli tese una mano perché la aiutasse a scendere da cavallo. «Certamente, ma chiamami Elayna.»
«Già che stupido sono! Devo aver dimenticato le buone maniere!» le strizzò l'occhio. «Io sono Ian Leynier tecnico a Neskaya... ma sarà meglio sbrigarsi.»
«Anche noi andremo a dare una mano,» interloquì Devra. «Più avanti stanno scavando dei terrapieni per fermare le fiamme e abbiamo visto passare alcune nostre Sorelle.»
Elayna prese Devra per il braccio prima che se ne andasse. «State attente, non vorrete piantarmi in asso ora che siamo quasi arrivate!»
Devra sorrise e le batté una mano sulla spalla. «Non preoccuparti... ci ritroveremo qui quando questo dannato fuoco sarà stato spento.»
Dopo che le due donne furono sparite in mezzo al fumo la giovane si decise a seguire Ian che la condusse verso una delle tende più grandi. Appena entrati Elayna si soffermò per osservare l'ambiente, un rozzo tavolo costruito con delle vecchie assi stava nel mezzo della tenda ed alcune persone vi erano raccolte intorno. Su di esso era appoggiata una carta della regione ed una donna, che Elayna poteva vedere solo di spalle, stava dando delle disposizioni agli altri.
Quando sentì il fruscio della tenda si voltò e sorrise a Ian. «Sei tornato finalmente! Come sta Danvan? E chi c'è con te? Con così poca luce ci si vede a malapena.»
«Danvan non può lavorare nelle sue condizioni anche se si agita e sostiene il contrario... o meglio lo sosterrebbe se non tossisse ogni volta che cerca di parlare, ma per fargli capire che deve star zitto bisognerebbe mettergli un bavaglio!» Ian ammiccò, «in compenso ti ho trovato una sostituta...»
«Salve Fiona,» Elayna si fece avanti; ora che aveva sentito la voce della donna la riconosceva anche se le vesti della Custode in quella luce ingannevole parevano color inchiostro.
«Cugina? Sei proprio tu? Che ci fai lontano da Arilinn? Non dirmi che stai andando a sposarti...» disse con un pizzico di malizia nella voce.
"Spiritosa... no non vado a sposarmi anche se di sicuro a mia madre farebbe piacere... per non parlare della Dama di Aillard! Sono in missione per Marelie... devo recarmi dai Ridenow."
La Custode parve perplessa. "Come? Così fuori strada?" Ma ad alta voce disse soltanto: «Sono curiosa di sapere cosa sta tramando quella vecchia volpe,» c'era una vena di curiosità nella voce di Fiona, «ma ora non c'è tempo...» riportò la sua attenzione alla cartina, «se non sbaglio sei un meccanico... anche se adesso mi servirebbe un Rockraven capiti a proposito. Vieni qui e ascolta.»


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«Il fuoco avanza sempre più! Scavate più in fretta! Per i setti inferni! Siete peggio di un branco di donnicciole piagnucolanti! Perfino le Rinunciatarie ci ridono dietro!»
«E smettila un buona volta di sbraitare Robard, vecchio imbecille! Se per caso ti viene voglia di darci una mano con i fatti invece che con le parole c'è una vanga anche per te!» gli rispose un ragazzo motteggiandolo.
Il vecchio soldato scese con cautela dal terrapieno, brontolando afferrò una pala e si mise a scavare con rabbia lanciando insulti ai suoi compagni ogni volta che il suo ferro mordeva il terreno.
Devra scosse la testa divertita, i soldati degli Ardais facevano un mucchio di chiasso ma avevano accolto le Rinunciatarie con rispetto e cameratismo; tra i due gruppi si era instaurata una convivenza pacifica e durante i lavori si lanciavano allegri insulti da ambo le parti. Devra aveva già spento altri incendi e sapeva che spesso in mezzo alle squadre che si organizzavano per combattere il fuoco si nascondeva la peggior feccia delle montagne.
Le donne non erano da meno; esse infatti detestavano le Rinunciatarie ancor più degli uomini. Le odiavano perché quelle donne, libere ed indipendenti, dimostravano che, anche quello che per la tradizione darkovana era il sesso debole, se la sapeva cavare benissimo anche senza nascondersi dietro i calzoni di un uomo. Soprattutto pensavano che le Rinunciatarie non fossero altro che un branco di amanti di donne e che volessero traviare le loro figlie. Sbuffò stizzita dal corso che avevano preso i suoi pensieri. "Come se non avessimo di meglio da fare!" sbottò mentalmente.
Devra era contenta soprattutto per Alanna poiché era la prima volta che la ragazza andava a combattere le fiamme. La vita non sarebbe sempre stata così facile ma essendo la sua prima esperienza era meglio che ci fosse un'atmosfera tranquilla, per quanto può essere tranquillo lo spegnere un incendio.
Comunque quel vecchio soldato aveva ragione; il fuoco viaggiava velocemente grazie soprattutto alla spinta del vento che soffiava persistentemente. La donna si augurò che i sapienti trovassero una soluzione al più presto altrimenti avrebbero dovuto spostare il campo per evitare che venisse raggiunto dalle fiamme.
Si sollevò per un istante per far riposare la schiena e d'un tratto si sentì toccare sulla spalla. Il giovane comyn che aveva parlato con Elayna poco tempo prima le stava vicino e le faceva cenno di seguirlo.
Dopo averla condotta in un luogo relativamente tranquillo Ian si tolse il fazzoletto che aveva usato come tampone per coprirsi la bocca e guardò la Rinunciataria con serietà. «Dobbiamo spostare gli uomini più indietro altrimenti rischieranno tutti l'intossicazione! Mestra potreste aiutarmi a passar parola lun...»
Proprio mentre stava finendo la frase si udì uno schianto secco e poi le grida di alcuni soldati, i due si avvicinarono subito per vedere cosa stesse succedendo.
Un vecchio albero mezzo marcio aveva scelto proprio quel giorno per cadere ed era crollato sul terrapieno e sugli uomini che vi lavoravano, uno dei soldati Ardais stava chino sul tronco imprecando rabbiosamente. Nel vedere il sapiente si voltò verso di lui con la disperazione negli occhi.
«Vai Dom grazie ad Avarra siete qui! Quando il tronco è caduto siamo riusciti a spostarci ma Robard è vecchio e non si è scansato in tempo, potete aiutarlo?» l'uomo si alzò per lasciare passare Ian e Devra poté vedere l'uomo che pochi minuti prima aveva ripreso così duramente i suoi compagni giacere sotto l'enorme tronco.
«Fammi vedere se posso fare qualcosa,» il giovane si avvicinò all'uomo estraendo la matrice dal sacchetto. Inginocchiatosi accanto a lui pose la mano sopra il corpo del ferito senza però toccarlo e restò immobile per alcuni istanti per rialzarsi poi in piedi scuro in viso.
«Purtroppo non c'è nulla che io possa fare...» scosse sconsolatamente il capo. «Forse se fosse stato un uomo più giovane avrei potuto aiutarlo ma adesso...»
Il vecchio che fino ad allora era restato immobile aprì gli occhi velati dalla sofferenza, la sua voce era appena un sussurro.
«Non importa giovanotto, queste ossa sono ormai stanche e poi non c'è bisogno che salvi un vecchio come me... i miei compagni avevano ragione... avrei dovuto restare all'accampamento! Ma come può un uomo che ha combattuto per anni contro i banditi delle montagne ridursi a lavorare con le donne? E poi se non avessi tenuto d'occhio questi bifolchi avrebbero lavorato la metà!» la voce gli mancò e tossì convulsamente, le labbra macchiate di sangue.
Un uomo con la barba rossiccia si avvicinò al morente e si inginocchiò vicino a lui. «Taci Robard non devi giustificarti con noi... al tuo posto avremmo fatto lo stesso,» il suo tono era burbero ma gli occhi di quel soldato erano colmi di lacrime amare.
«Sei troppo sentimentale ragazzo,» rispose il vecchio, «e adesso smettila di perdere tempo, se non vi sbrigate oggi io non sarò certo il solo morto da seppellire .»
Pochi istanti dopo l'anziano guerriero chiuse gli occhi, stavolta per sempre, l'uomo che gli era accanto si alzò e guardò Ian dritto negli occhi. «Il mio nome è Mikken e sono il nuovo capitano di questi soldati. Per le palle di Zandru!» imprecò, stringendo i pugni. «Spegneremo questo incendio ad ogni costo perché era quello che Robard voleva da noi!» fece una pausa e sembrò valutare il giovane, che appariva piccolo e inerme in confronto a quell'uomo grosso quanto un orso. Alla fine parve risolversi e parlò di nuovo. «Dicci cosa dobbiamo fare vai dom
Ian cominciò a riferire il messaggio della Custode urlando per farsi sentire al di sopra del frastuono provocato dal fuoco mentre Devra si allontanava svelta lungo il terrapieno per passare parola.
"Cosa aveva detto Ian? Che l'incendio puntava dritto su Neskaya? Ma se era così allora... allora avrebbe finito per divorare anche il villaggio dove abitava sua sorella Deirdre!"
L'aveva saputo fin da quando aveva visto le fiamme dal costone della montagna ma non aveva voluto ammetterlo, ora il senso d'urgenza la spinse a correre più veloce ancora... e a pregare.


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Interludio - La Mercenaria

Bard si asciugò con stizza il sudore che gli colava sugli occhi facendoglieli bruciare. Maledizione alla siccità! Cercare di lavorare la terra riarsa era come cavare un ragno da un buco, rifletté, completamente inutile.
Gettò in terra la zappa e allungò una mano verso la borraccia che aveva portato con sé. Se la portò alle labbra e bevve una lunga sorsata sputando poi il tutto nauseato.
Con quel clima persino l'acqua aveva un sapore malsano.
Si sentì tirare per una manica. Abbassò gli occhi; suo figlio Ninian gli strattonava un braccio e indicava il bosco.
«Padre, padre! Guarda là! C'è del fumo nel bosco!»
«Fumo, piccolo?» Bard scompigliò scherzosamente i capelli del figlio e guardò in direzione della foresta. La borraccia che teneva ancora in mano cadde al suolo spargendo intorno il suo contenuto. «Per tutti gli dei! Quello è un incendio!» esclamò.
Afferrò la mano del figlio e prese a correre verso il villaggio per dare l'allarme. Era preoccupato soprattutto per sua moglie; Deirdre era incinta di sette mesi... sarebbe riuscito a portarla via in tempo? Bard non lo sapeva, l'incendio come aveva potuto capire dalla direzione del vento si dirigeva dritto sul villaggio ed in poche ore avrebbe distrutto tutto ciò che avevano. Ma quando arrivò in prossimità delle prime case del villaggio non udì le chiacchiere delle donne intente ai lavori quotidiani, né il baccano provocato dalle risa sguaiate degli avventori della locanda.
Ciò che Bard udì in quel torrido giorno estivo erano urla.


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«Ehm... Renaldo, sei sicuro che quella locanda dove fanno la birra più buona dei Sette Domini sia proprio da queste parti?» la voce di Clive suonava minacciosa. Renaldo doveva incontrarsi con dei vecchi amici in un villaggio da quelle parti e, per convincere i suoi compagni a fare una deviazione, aveva tirato fuori la storia della birra.
L'interpellato si voltò a guardarlo per un istante. «Sì sono quasi sicuro che il villaggio non sia lontano...»
Il massiccio guerriero, che stava in retroguardia, sospirò. «Illa! Credo proprio che ci siamo persi!» annunciò esasperato. «Veramente io lo sapevo fin dall'inizio...» Bertrand sghignazzò divertito. Faceva sempre di tutto per punzecchiare Renaldo e il più delle volte vi riusciva perfettamente. Secondo il suo modesto parere un vero truffatore, quale era lui, feriva più con la lingua che con la spada. In quel preciso istante si beava del proprio successo, visto che la orecchie del malcapitato di turno erano diventate di uno strano color rosso porpora.
L'unico membro del gruppo a non aver detto neanche una mezza parola era proprio Illa, in quel momento si stava maledicendo per essersi lasciata trascinare in quel posto. Erano scesi da Nevarsin concluso l'ultimo ingaggio ed avrebbero già potuto essere dalle parti di Carthon per cercare un'altra carovana da scortare se solo Renaldo non avesse insistito per allungare il percorso.
All'inizio Illa si era dimostrata contraria ma poi il suo sottoposto aveva talmente scocciato che gliel'aveva data vinta e così ora si trovavano a una mezza giornata di cavallo da Neskaya, si stavano allontanando dalla città. e il rosso che li guidava non si ricordava più esattamente dove si trovasse la locanda che aveva tanto cercato.
Bertrand si fermò di botto. «Che diavolo...» imprecò sotto voce, poi si rivolse a Clive che gli stava vicino, «non ti sembra di aver sentito qualcosa? E quest'odore poi sembra quasi...»
Il mercenario non lasciò che terminasse la frase. «Ma va! Stai diventando vecchio amico mio! Dovresti pensare a ritirarti, uno che fa il nostro lavoro non può certo permettersi di diventare paranoico!» disse per burlarsi di lui. Tra l'altro di solito Bertrand non si sarebbe accorto di un pericolo nemmeno se questo gli fosse piombato addosso a passo di carica.
Bertrand non sorrideva. «No davvero, mi è sembrato di sentire delle grida!»
Il vecchio guerriero lo fissò con l'aria di volerlo strangolare. «Ecco, l'hai detto! E adesso sicuramente incapperemo in qualche guaio... sei proprio una cornacchia lo sai? In tanti anni di onorata carriera non ho mai incontrato qualcuno che si tirasse addosso le disgrazie come fai tu!»
Quasi a riprova delle sue parole un improvviso alito di vento portò con sé un penetrante odore di fumo. Clive guardava Bertrand soddisfatto. «Visto? Cosa ti avevo detto? Secondo me dovresti farti controllare in una Torre... magari scoprirebbero che hai un donas sconosciuto!»
«La predizione di disgrazie!» rincarò Renaldo ridendo per vendicarsi della battuta di poco prima.
Le risate morirono loro sulle labbra quando un lamento disperato risuonò poco lontano. I quattro avventurieri si scambiarono uno sguardo eloquente.
Illa smontò guardinga da cavallo imitata dagli altri, nascosti gli animali in una folta macchia di alberi avanzarono di comune intesa verso la sorgente del suono.
Senza che Illa avesse dovuto dire una parola i tre uomini si erano disposti a ventaglio, spada in pugno e pronta all'uso. Erano insieme da così tanto tempo che ormai si conoscevano meglio delle loro stesse madri.
Gli alberi da resina si erano fatti più radi e il sentiero che avevano seguito fino a quel punto più battuto, quando davanti a loro si aprì una grande spianata. Un grappolo di case stava raggruppato nella zona aperta e quella che era ormai diventata una strada tagliava il paese esattamente in due proseguendo poi verso la pianura e Thendara.
"Ecco il tuo villaggio Renaldo," pensò ironicamente Illa, "ma sembra che qualcuno sia arrivato prima di noi."
Sulla strada si muovevano alcuni uomini armati che entrando ed uscendo dalle abitazioni raggruppavano in un mucchio nel mezzo del sentiero tutto ciò che ritenevano di valore.
Gli abitanti assistevano impotenti alla scena, c'erano soprattutto donne, bambini ed anziani ma anche qualche uomo che si stringeva vicino alla moglie ed ai figli. Un paio di cadaveri giacevano scomposti nella polvere.
La mercenaria alzò per un istante lo sguardo riflettendo sul da farsi ed individuò quasi subito la fonte dell'odore di fumo che avevano sentito poco prima. "Allora c'è veramente un incendio... Bertrand dopotutto aveva ragione!"
Si voltò guardando Clive, il grande guerriero le fece un segno con le dita, anche lui ne aveva contati una decina.
Probabilmente erano banditi scesi dalle montagne approfittando dell'assenza delle pattuglie di guardie che di sicuro erano state inviate dagli Ardais a combattere il fuoco.
Indaffarati com'erano non avevano però messo delle guardie, anzi alcuni si erano tolti le armi, che erano ammucchiate in un angolo, per trasportare meglio il bottino.
Gli unici con l'acciaio snudato erano quelli che sorvegliavano la gente del villaggio.
Prima di tutto era di loro che bisognava sbarazzarsi; come se avessero capito le intenzioni del loro capo, Renaldo e Bertrand si mossero silenziosamente usando le case come copertura per avvicinarsi alle guardie che ingenuamente davano le spalle al sentiero convinti di poter sentire qualsiasi intruso arrivare dalla foresta.
Evidentemente, pensò Illa con un ghigno da lupo stampato in volto, non avevano mai avuto a che fare con lei.
I banditi non capirono mai cosa li avesse investiti, i quattro di guardia ai contadini non fecero nemmeno in tempo a votarsi a un qualsiasi dio che già erano andati a far compagnia ai morti che avevano massacrato, Illa e Clive intanto si occuparono di quelli che razziavano le case.
Prima ancora che Illa potesse estrarre la spada dalle costole di uno di loro il gigante del gruppo ne aveva già sbudellati un paio.
Gli ultimi tre si guardavano tra loro incerti. Non erano armati, eccezion fatta per alcuni pugnali che portavano alla cintola e la situazione aveva preso una brutta piega.
Alle spalle avevano Illa e i suoi ed alcuni degli abitanti avevano raccolto le armi abbandonate dei caduti e si erano avvicinati con aria minacciosa. Persino un vecchio cadente li minacciava agitando in aria la sua stampella.
A quel punto i briganti fecero la cosa più sensata, dimenticato il bottino pensarono a salvarsi le chiappe.
Quando si furono dileguati nella foresta uno degli uomini del villaggio si fece incontro a Illa. «Dobbiamo ringraziarti... anche se sei piuttosto piccolo combatti bene,» disse rispettosamente, «purtroppo ci avevano colto di sorpresa, la maggior parte degli uomini è lontana, a caccia sui monti.»
La mercenaria assunse un'espressione minacciosa a sentirsi definire piccola ma Clive la trattenne per un braccio mentre a Renaldo toccarono gli onori di casa. Intanto che Bertrand era andato a recuperare i cavalli Illa si avvicinò ai cadaveri che giacevano sulla porta della famosa locanda. «Renaldo? Dimmi erano questi i tuoi amici?»
Il mercenario che l'aveva seguita annuì. «Forse hanno opposto resistenza...»
Illa scosse il capo divertita, dai corpi emanava un intenso odore di firi. «Bere di mattina è proprio un brutto vizio...» mormorò tra sé.
Quando furono di nuovo in sella pronti a partire Renaldo la guardò con un sorriso e chiese sapendo già la risposta. «E adesso?»
«Adesso,» rispose con calma Illa. «Andiamo a vedere se hanno bisogno di una mano per quell'incendio.»
«E a mangiare!» concluse allegramente Bertrand.


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Parte Seconda - Una Locanda Pericolosa

Vuoi far piovere? Ma non c'è una nuvola nel raggio di miglia!» Rowan guardò la Custode con tanto d'occhi, «e poi siamo troppo pochi... senza contare che Danvan...»
La donna troncò le proteste del monitore con un gesto imperioso. «Tu ti devi limitare a controllare Ro, ad inserire Elayna nel Cerchio penso io.»
La ragazza ingoiò la risposta che stava per dare ma fece una faccia offesa e Fiona sospirò.
Rowan era un ottimo monitore ma aveva un pessimo carattere; Fiona non sapeva esattamente perché ce l'avesse così tanto con Elayna ma lo screzio doveva risalire al tempo in cui anche lei era ad Arilinn. Quello comunque non era il momento adatto per mettersi a litigare perciò scelse di lasciar cadere il discorso.
Nel frattempo Ian era entrato silenziosamente nella tenda e osservava divertito la scena aspettando il momento buono per prendere la parola. Alla fine quando fu chiaro che lo scambio di opinioni era terminato, almeno per il momento, si schiarì la voce un po' deluso: «Fiona, ho fatto come mi avevi detto. Gli uomini di Mikken hanno disboscato l'area attorno al campo e un'altra squadra ha realizzato un nuovo terrapieno anche se, nel poco tempo disponibile, non siamo riusciti a farlo molto alto.»
La Custode annuì soddisfatta: «Quanto credi che reggerà?» chiese.
«Tre, quattro ore al massimo poi il fuoco sarà qui,» fece una pausa, «sempre che il vento non cambi a nostro favore.»
«Non farebbe differenza,» si intromise un altro membro del Cerchio, «oramai la foresta brucia. Se anche il vento mutasse direzione contribuirebbe solo ad estendere il fuoco.»
La Custode sospirò per l'ennesima volta in quella stressante giornata. «Di se e di ma sono piene le fosse... usare il laran per controllare il clima è sempre sbagliato. Di sicuro la pioggia di oggi provocherà siccità da qualche altra parte... ma non abbiamo scelta. Forza mettiamoci al lavoro.»
I telepati estrassero le loro pietre e si sedettero per terra in cerchio. L'unica a restare fuori dal circolo era Rowan, che in piedi li controllò uno per uno.
Con calma esasperante Fiona iniziò a formare il Cerchio legando a sé le menti e l'energia degli altri. Poi, quando il Cerchio di Neskaya fu completo, estese la sua mente verso Elayna attirandola dolcemente a sé.
Fiona si concesse un attimo di distrazione per sospirare di sollievo. I telepati erano in perfetta armonia e perfino Rowan sembrava aver dimenticato sia le antiche ruggini che la discussione di poco prima.
Elayna si sentì trascinare nel Cerchio di menti. Si sentiva stupita per la facilità con cui si era inserita tra persone che non conosceva.
Ad Arilinn le cose erano ben diverse: la rivalità tradizionale tra i telepati di quella Torre era sempre presente, anche nel Cerchio. Forse non visibile ad occhi estranei... ma per chi ci aveva vissuto in mezzo per anni...
Nonostante Marelie avesse tentato di tutto, non era riuscita a sradicare quella brutta abitudine e, alla fine, ci aveva rinunciato anche lei. La comynara si disse severamente di non distrarsi e lasciò che Fiona la attirasse nel flusso di energie che cresceva di minuto in minuto. Insieme si ritrovarono nel Sopramondo.
Le sembrava di fluttuare nel cielo. All'inizio le parve persino di affogare nel colore cobalto della volta celeste. Per un attimo fu assalita dall'incertezza. Dov'erano gli altri? Come evocate da quella domanda sentì la forza impetuosa di Ian e subito dopo quella meno irruente ma non meno forte di Fiona. Erano lì attorno a lei anche se non li vedeva, Fiona aveva concentrato in lei tutta la forza del Cerchio per permetterle di attingervi e raggiungere quel particolare livello di Sopramondo. Quasi che queste constatazioni avessero risvegliato in lei nuove percezioni, alcune linee di energia cominciarono ad apparire nel cielo.
Erano le correnti d'aria calda e fredda, quelle stesse correnti che permettevano ad un falco di levarsi in volo. La donna cominciò a guardarsi attorno.
In lontananza iniziarono a delinearsi degli ammassi di nuvole grigie, Elayna guardò sotto di sé: una catena di montagne aguzze si scorgevano attraverso la foschia. Non si trovava più vicino a Neskaya ma sorvolava, anche se solo con la coscienza, le vette attorno a Nevarsin.
Si avvicinò con circospezione alle nubi. Mano a mano che la distanza tra lei e la perturbazione si riduceva avvertiva attorno a sé una tensione crescente che le pizzicava la pelle e cercava di allontanarla dal suo obbiettivo.
Quando riuscì a vincere la corrente contraria cercò di afferrare il banco di nubi e le sue mani toccarono... il nulla. Capì d'improvviso che non era così che avrebbe risolto il problema, e cercò di non lasciarsi trascinare dall'urgenza di far presto... ma in che altro modo poteva portare le nuvole su Neskaya? Non certo originando il vento, lei non era una Rockraven e non controllava la natura... ma se si trovava nel Sopramondo...
Nel Sopramondo la volontà corrisponde al potere. Dopotutto cosa sono le Torri se non manifestazioni della volontà delle Custodi e dei Cerchi?
Con una volontà abbastanza forte si può fare qualsiasi cosa... Forse non proprio tutto. Anche in un luogo estremamente elastico come è il Sopramondo esistono alcune leggi fisiche che non sono modificabili.
Elayna attinse alla forza che la sosteneva; cominciava a sentirsi più debole, più eterea e capiva che non sarebbe potuta rimanere lì ancora per molto.
Si concentrò; lei voleva che le nuvole si spostassero, che andassero sopra Neskaya; immaginò che la pioggia scendesse a spegnere le fiamme che bruciavano la foresta, immaginò la Torre di pietra antica che era lì dall'inizio delle epoche alla luce ingannevole dei lampi; immaginò la terra riarsa che veniva bagnata dall'acqua e si trasformava da polvere in fango.
Un vento improvviso si sollevò nel livello dove si trovava; Elayna colta di sorpresa fu trascinata via... assieme alle nuvole.


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Il ritorno alla realtà fu poco piacevole. Elayna si sentiva indolenzita e spossata, la posizione scomoda le aveva irrigidito i muscoli delle spalle e della schiena e quello che avrebbe desiderato in quel momento (un bagno caldo) era a mille miglia da lì.
Anche gli altri membri del Cerchio si stavano riprendendo. Alcuni si erano già alzati in piedi e stavano preparando qualcosa da mangiare.
«Ha funzionato?» borbottò tra sé Elayna cercando di alzarsi con poco successo.
Ian le si avvicinò per sostenerla. «Si direbbe di sì... ascolta,» replicò facendo un ampio gesto con la mano libera.
La giovane fino ad allora non aveva prestato molta attenzione ai suoni che si udivano attutiti al di fuori della tenda. Il crepitio delle fiamme si era come placato e non si udivano più gli ordini gridati dai capitani delle squadre intente al lavoro.
Un ticchettio liquido sovrastava tutti gli altri suoni. "Piove?...Piove?!" Elayna sollevò incredula il telo che chiudeva la tenda.
Il cielo da azzurro era divenuto di un grigio plumbeo, a tratti nero; grossi nuvoloni carichi d'acqua correvano nel cielo e in lontananza si udiva il ruggito dei tuoni.
La ragazza si voltò piena d'allegria perché la loro impresa era riuscita, abbracciando Ian con trasporto. Poi dopo essersi resa conto di quello che stava facendo si scostò imbarazzata. Il giovane la guardò contrito non potendo fare a meno di pensare: "Veramente a me non dispiaceva..."
La Custode, l'unica ad aver percepito quel pensiero fortunatamente solo sussurrato, gli tirò mentalmente le orecchie.
Ian la osservò assumere un'espressione severa e gelida e le sorrise sfacciatamente. "Ho detto solo la verità..."
Fiona scrollò le spalle, i suoi telepati erano come un branco di adolescenti in piena tempesta ormonale. Passavano il tempo a punzecchiarsi a vicenda e a litigare in giro per le stanze della Torre. Di una cosa però la donna non si poteva lamentare, il Cerchio funzionava alla perfezione. E poi anche lei da giovane era stata una ribelle, ricordò con un sorriso il volto di Mikhail Ardais, il suo vecchio compagno di marachelle quando era in addestramento a Dalereuth.
Quante ne avevano combinate assieme! Erano la disperazione della Custode di allora. La conclusione era che i suoi telepati andavano scusati... purché non esagerassero.
Dopo essersi rifocillata Elayna uscì sotto la pioggia per cercare le sue compagne di viaggio. Nell'accampamento regnava ancora la confusione, adesso dovuta al maltempo. Gruppi di uomini montavano tende di fortuna per ripararsi dall'acqua che scendeva sempre più fitta. Le donne cercavano i mariti o distribuivano ciotole di zuppa calda. Quelli che se la godevano più di tutti erano i bambini. Si rotolavano allegramente nel fango e saltavano nelle pozzanghere inzaccherandosi dalla testa ai piedi e rendendosi irriconoscibili... persino a chi li aveva partoriti.
Finalmente dopo aver girovagato evitando marmocchi urlanti per un buon quarto d'ora, la comynara ormai fradicia riuscì a trovare le Rinunciatarie. Avevano eretto le loro tende un po' discoste dalle altre e alcune di loro stavano cucinando dello stufato su un grande fuoco.
Elayna si avvicinò per chiedere notizie di Devra ad una delle cuoche.
«Devra della Gilda di Arilinn?» le chiese una, «è in quella tenda laggiù.»
Elayna la ringraziò e si avviò nella direzione indicatale. La tenda era fiocamente illuminata dall'interno e la giovane sentiva chiaramente la voce della sua compagna d'avventure che era però secca e preoccupata.
D'improvviso la Rinunciataria scostò il telo della tenda ed uscì andando quasi a sbatterle addosso. «Elayna! Stavo per venirti a cercare...» la donna appariva tirata quasi più vecchia.
«Cos'è successo? Alanna sta bene vero?» le chiese concitatamente Elayna.
La donna annuì e sorrise per rassicurarla. «La mia figlia di voto sta bene e sono molto fiera di lei per come si è comportata. Ho un'altra notizia meno bella da darti però...» fece una pausa per riordinare le idee. «Temo di non poterti scortare fino alla dimora del tuo parente, vedi, il villaggio dove abita mia sorella Deirdre è stato attaccato dai banditi e io...»
La giovane, che l'aveva ascoltata attenta, la fermò con un gesto. «Vai pure amica mia, di certo troverò un'altra scorta che mi accompagni a destinazione,» prese alcune monete dalla borsa che portava legata in vita e gliele mise in mano. «Questa è la paga per te ed Alanna, metà di quanto avevamo pattuito per avermi condotta a metà del mio viaggio.»
L'Amazzone sgranò gli occhi. «Ma vai domna! Non abbiamo neppure percorso un quarto della strada! Io non posso accettare, il mio onore me lo impedisce...»
Elayna la fissò e scosse il capo. «Al diavolo l'onore, mio e tuo...» sorrise per attenuare il rimprovero. «Vorrà dire che se avrò ancora bisogno dei tuoi servigi ti pagherò di meno!»
La Rinunciataria sorrise e abbracciò maternamente la giovane. «Tu sapresti convincere anche un uccello spettro che può volare!»
Le due donne si salutarono con la promessa di ritrovarsi un giorno ed Elayna si avviò di nuovo verso la tenda della Custode. In fondo era lì per chiederle consiglio. Sospirò esausta, adesso aveva un problema in più, le mancava una scorta.
Sobbalzò quando una voce le si rivolse pomposamente. «Vai Domna!» Un uomo le si inchinò anche troppo galantemente davanti. «Il mio nome è Bertrand ed ho accidentalmente udito che avete bisogno di una scorta...»
Elayna lo scrutò dall'alto in basso prima di rispondere sfacciatamente: «E voi sareste una scorta? Per me assomigliate di più ad un ladro...»
Qualcuno rise alla sua battuta. «Visto Bertrand? Il tuo fascino si è arrugginito... forse Clive ha ragione dovresti davvero appendere la spada al chiodo!»
Quello che a prima vista le parve un uomo, per la verità piuttosto mingherlino come ebbe a riflettere più tardi Elayna, si era avvicinato.
«Non badategli, domna,» disse a mo' di scusa, «purtroppo ama fare il buffone... e comunque è vero, una volta era un ladro.»
«Ladro? Come? Mi definite un volgare ladro? Io ero un'artista del furto, uno scassinatore provetto, non un comune ladro di polli!» Bertrand si andava infervorando mano a mano che difendeva la sua arte, ma l'uomo che l'aveva punzecchiato sembrava non farci caso.
«Davvero avete bisogno di una scorta?» Elayna si chiese contrariata quanta gente nell'accampamento fosse già venuta a saperlo.
"Pare quasi che anche gli alberi abbiano orecchie!"
A ben guardare però il secondo mercenario dava un senso di affidabilità certamente maggiore del primo e lei decise infine di chiedergli di scortarla, anche perché ne aveva un disperato bisogno.
«Effettivamente sì,» rispose. «Sto andando nel Dominio dei Ridenow, da Rakhal Ridenow, un mio parente, per la precisione e magari voi...»
«Come no!» esclamò Bertrand. «Saremmo felici di scortare una così leggiadra fanciulla!»
L'altro mercenario lo fulminò con lo sguardo. «Se vuoi farci perdere l'ingaggio dillo... ti stai rendendo davvero ridicolo.»
Elayna seguì divertita quel rimprovero e si chiese come due persone così diverse potessero viaggiare assieme, concludendo che ovviamente quando si parla di denaro si fa questo ed altro.
Come se avesse seguito il filo dei suoi pensieri il mercenario parlò di nuovo. «Il mio gruppo è formato di quattro elementi, io, il qui presente ladro di polli,» a questo punto ghignò malignamente. «Renaldo e Clive, altri due mercenari.»
«Chissà se posso permettermelo...» bofonchiò Elayna che non aveva risorse infinite e intendeva, se possibile, tirate sul prezzo.
«Non credo che sia un problema, il vostro parente sarà felice di pagare per voi... e poi, visto che andate nella stessa direzione verso cui eravamo diretti anche noi...»
Elayna annuì soddisfatta. «Mi sembra più che ragionevole, anche se non so quanto Rakhal sarà contento di pagare per me.»
Il mercenario non disse nulla, ma il divertimento per quella osservazione si leggeva nel suo sguardo. «Allora è deciso...quando intendete partire?»
«Domattina... ma non vi siete presentato,» fece una pausa. «Beh nemmeno io se è per questo, mi chiamo Elayna... Aillard.»
«Il mio nome è Illa.» ribatté il... la mercenaria.
Elayna rimase interdetta, una donna? Poi scrollò le spalle, perché no? Dopotutto c'erano un mucchio di donne che sapevano usare una spada e guidare spedizioni molto meglio degli uomini... e proprio da lei che era una Aillard, l'unica famiglia in cui il potere si trasmetteva per linea femminile, non ci si sarebbero dovute aspettare certe domande.
Dopo che le due donne ebbero preso gli ultimi accordi, la giovane, ora piuttosto soddisfatta, tornò al suo proposito iniziale e si avviò a parlare con la Custode.


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Fiona era rimasta sola nella tenda; i telepati di Neskaya erano andati tutti a dormire ma, lei attendeva ancora una visita.
Quando Elayna entrò nella tenda, la Custode le fece cenno di avvicinarsi al braciere, che era stato posto in centro all'ambiente e la ragazza non se lo fece ripetere. "Sembri un pulcino bagnato," Fiona le sorrise canzonatoria.
"Grazie del complimento," Elayna starnutì. "Credo di essermi presa un accidente."
Poi dopo essersi scaldata un poco si sedette vicino alla Custode. Fiona la guardava cercando di capire cosa l'avesse spinta fin lì. Alla fine esclamò curiosa. «Mi pare che il Dominio di Ridenow non sia da queste parti, se non l'hanno spostato a mia insaputa.»
Elayna rise. «No, non credo proprio sia qui vicino! Le mie ossa possono confermartelo. Sono venuta da te per avere un consiglio.»
Fiona la fissò fingendosi sorpresa. «Così tanta strada per un consiglio da me? Credo di dovermi ritenere onorata della cosa... ma non oserai farmi passare per una vecchia zitella inacidita che ficca il naso negli affari delle altre Custodi... Marelie potrebbe aversene a male se interferissi.»
«Non è questo che ti chiedo. Ho già preso una decisione, ma vorrei sapere cosa ne pensi: dopotutto una Custode dovrebbe essere saggia o no?»
Fiona rise. «Colei che mi ha addestrato non direbbe che lo sono, ma cosa ti manda a fare Marelie dai Ridenow? Sarò una Custode ma sono anche una donna e come diceva la mia vecchia insegnante tutte le femmine sono pettegole come cornacchie, sempre a gracchiare sul loro trespolo!»
Questa volta fu Elayna a sghignazzare, poi rispose: «Vuole che passi del tempo da Rakhal Ridenow come Sapiente.»
Sua cugina alzò gli occhi al cielo. «Misericordiosa Avarra! Che se ne farà mai quell'uomo di una leroni? Capisco se sua moglie fosse ancora al mondo... dopotutto fu tecnico a Dalereuth, anche se io non la conobbi mai, ma suo marito? Lui non ha mai potuto vedere una Torre, figuriamoci poi un laranzu
«Ha una figlia che sta per entrare nella pubertà e, secondo le informazioni di Marelie, sembra che abbia ereditato il laran della madre e che sia anche piuttosto dotata.»
«Immagino che Marelie voglia indagare... o meglio che voglia che tu indaghi per lei,» "vecchia volpe," aggiunse mentalmente Fiona. Elayna annuì e la Custode si tese verso di lei invitandola con un gesto a prestare attenzione. «Capisco, ma ti prego chiya fai attenzione. Rakhal non è molto tollerante. Secondo certe voci che mi è capitato di sentire...» la donna si interruppe indecisa.
«Allora? Ormai hai cominciato il discorso... vai avanti,» Elayna era incuriosita dal comportamento di Fiona.
«Ecco... si dice che sua moglie sia morta perché lui non ha voluto starle accanto durante il parto. E si dice anche che prima di questa bambina fosse nato un maschio... morto poco dopo.»
«Ma le voci sono vere?» Elayna era disgustata. «Mi chiedo che vita faccia fare alla figlia...»
«Se conosco il tipo d'uomo direi che le dà tutte le colpe per salvare la faccia!» quella di Fiona fu una risata amara quanto il fiele. «Forse è un bene che tu vada là: chissà quanti scheletri giacciono nell'armadio del nostro parente!»
Elayna si sforzò di sorridere anche se sentiva i brividi correrle lungo la schiena. «E chissà quanta polvere!»
I comyn sono piuttosto bravi ad insabbiare gli scandali.


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Si misero in viaggio all'alba come avevano pattuito la sera precedente. Nel complesso, se non si badava alle battute di Bertrand, il gruppo non faceva una brutta impressione.
Clive si era rivelato un guerriero nerboruto e gigantesco e, per essere sinceri, Elayna si era un po' spaventata vedendoselo davanti. L'uomo doveva averlo compreso perché le aveva detto di non inquietarsi e la ragazza si era presto accorta che l'apparenza in quel caso ingannava proverbialmente.
Anche Renaldo era un uomo serio e diligente nel suo lavoro; per i suoi capelli rossi sarebbe potuto passare per un comyn, forse era addirittura un figlio nedestro di qualche nobile casa.
Il cammino si svolgeva senza incidenti: rispetto alla prima parte del viaggio si poteva tranquillamente definirlo noioso.
«Troppo noioso!» asserì Bertrand depresso, lamentandosi del fatto che non c'erano borsellini da alleggerire nel raggio di chilometri.
Il resto del gruppo si affrettò a zittirlo e Clive lo mandò cordialmente a quel paese.
Per fortuna di Elayna e dei suoi accompagnatori gli Dei erano evidentemente sordi alle invocazioni di novità lanciate da un Bertrand sempre più depresso e annoiato.
O almeno le preghiere rimasero inascoltate finché gli Dei non decisero di lavarsi le orecchie.
Verso sera si trovarono davanti una piccola locanda che era stata costruita nel bel mezzo del nulla. In realtà un villaggio vi sorgeva intorno ma, visto il numero esiguo delle catapecchie che si potevano contare sulle dita di una mano, quella zona si poteva definire impunemente nulla.
I clienti della locanda erano per lo più i pastori che abitavano quel povero villaggio ai confini del Dominio degli Alton, per essere precisi nelle pianure alte; i mercanti, nonostante si fosse in alta stagione, erano ancora pochi. Probabilmente la notizia dell'incendio si era sparsa in fretta e le carovane avevano deciso di ritardare le partenze.
Quando i cinque stanchi viaggiatori entrarono nella sala comune dell'ostello, tutti gli avventori si voltarono a guardarli con curiosità; la mole di Clive e l'aria minacciosa e torva degli altri li fecero però tornare presto ai loro boccali di birra.
Mentre Illa si accordava con il locandiere, un vecchio mingherlino che si appoggiava ad un bastone per sostenersi, per affittare delle camere, Elayna ebbe il tempo di guardarsi attorno: l'ambiente non era molto grande ma tutto sommato gradevole.
Il fuoco ardeva nel camino di pietra posto al centro della parete principale. Il bancone, le sedie ed i tavoli erano consunti e tarlati, molto verosimilmente erano lì dai tempi di Hastur e Cassilda, ma puliti e in ordine.
Per essere così misero il villaggio aveva una locanda come era difficile trovarne, se non a Thendara o nelle altre grandi città del Sette Domini.
Clive si diresse con passo sicuro verso il tavolo più in ombra che, tra le altre cose, era l'unico da cui si vedeva con chiarezza chi entrava e chi usciva dalla stanza.
Da quella posizione strategica i mercenari avrebbero potuto tener d'occhio sia l'ingresso che la porta che conduceva al piano superiore e, se proprio avessero voluto osservare il lavoro del cuoco, persino quella che dava sulle cucine situata dietro il bancone. Illa li raggiunse, non prima di aver depositato alcune monete di rame per pagare il locandiere, e si sedette nell'angolo più scuro; i suoi occhi, che mandavano riflessi rossastri all'incerta luce delle fiamme, dardeggiavano nella sala osservando gli avventori con un interesse tutto professionale.
Poco dopo il locandiere si avvicinò chiedendo untuosamente cosa desiderassero per rifocillarsi ed inframmezzando il discorso con alcuni cenni a quanto fosse onorato di poter offrire il suo umile esercizio ad una comynara.
Quando se ne fu andato Elayna sospirò. «A volte vorrei non avere scritto comyn sulla faccia... chissà quanti di questi tizi sono davvero pastori!» accennò con la testa agli altri occupanti della sala.
«Non più della metà,» Illa aveva sguainato il suo pugnale e si era messa a pulirsi le unghie. «Due sono armati di spada e altri tre di daga. Non credo che i pastori normali posseggano più di un coltello.»
Elayna non cessava mai di stupirsi delle doti di Illa. «Come fai a...»
La mercenaria alzò le spalle. «Rigonfiamenti sotto i mantelli e quello col volto sfregiato si muove come se avesse qualcosa di pesante appeso al cinturone... se volessero passare per dei comuni abitanti dovrebbero camuffassi meglio,» aggiunse con una punta di disprezzo.
Clive sorrise e continuò. «Quasi sicuramente sono in combutta col locandiere: in cambio di un po' del profitto lascia loro mano libera per derubare i disgraziati che si fermano alla locanda.»
«Come noi allora,» Elayna restò in silenzio per un istante. «Ma come hai fatto a capire tutto questo?»
Bertrand intervenne. «Guarda attentamente il proprietario, domna, e dimmi cosa vedi.»
Elayna si voltò leggermente per sbirciare l'uomo di sottecchi mentre era intento a mescere la birra. «È... troppo ben vestito per un posto così e poi...» Bertrand la incoraggiò con un gesto, «il suo borsellino mi pare... gonfio, ma questo posto...»
«Non ha così tanti clienti da renderlo tale,» l'ex ladro diede di gomito a Illa. «Visto? Ha notato subito il denaro... sarebbe un ottima ladra!» La donna si limitò a sogghignare.
Renaldo rise divertito. «Sinceramente non credo che il loro trucco con noi funzionerà: di solito attaccano mercanti o viaggiatori senza scorta,» abbassò la voce. «Noi siamo mercenari e quindi siamo armati...» scostò appena il mantello a rivelare la spada e i suoi occhi brillarono di malizia. «Ma loro non lo sanno!»
Elayna ammiccò ma restò in silenzio. Il vecchio si era avvicinato portando un vassoio con quello che avevano ordinato. Adesso che la comynara conosceva la sua vera natura si chiese se il cibo non fosse avvelenato. Eppure fino a poco prima quell'uomo era parso incapace di far del male ad una mosca.
Clive la rassicurò con un'occhiata. «Un conto è rubare, domna Elayna, un conto uccidere... e comunque le bevande sono buone, l'ho osservato mentre le preparava al bancone e non vi ha aggiunto nulla. Per quel che riguarda il cibo invece...»
«Mangeremo le nostre razioni,» intervenne Renaldo. «Certo il nostro amico ci resterà male... ma non può farci nulla se noi adoriamo le gallette e la carne salata!»
La previsione del rosso si avverò poco dopo. Quando risposero con un cortese rifiuto al locandiere che chiedeva con cosa volessero cenare l'uomo assunse un'espressione contrariata. Decantò per alcuni istanti le sue pietanze e assicurò loro che il cuoco era ottimo e famoso in tutta la regione, ma non ci fu verso di convincerli a ordinare. Alla fine, disperato, desistette: non poteva insistere ancora senza insospettirli più di quanto già non fossero. Quindi si allontanò dal loro tavolo con la coda tra le gambe.
Ritornando dietro il bancone lanciò una nervosa occhiata allo sfregiato senza però ottenere risposta. «Prevedo guai per il vecchietto.» Illa si alzò in piedi e finì la sua birra, imitata dagli altri. «Sarà meglio andare a dormire,» disse a voce più alta, «domani ci aspetta una lunga cavalcata.»
Mentre salivano le scale lo sfregiato si passò una mano sulla gola, quasi distrattamente. «Se ci arriverete a domani.»
Quelli che erano con lui annuirono e sorrisero.


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«Non si può fare Mathias, non si può fare,» la voce di Aleki suonava tremendamente sottile ed agitata anche alle sue stesse orecchie: mai come in quel momento si pentiva di essersi messo in affari con lo sfregiato.
«Fammi capire bene quello che intendi vecchio...» l'uomo si accarezzò la barba e si sporse verso il locandiere per scrutarlo attentamente negli occhi. «Chi è che comanda qui?» la sua voce suonava calma e suadente: un ascoltatore casuale avrebbe detto che stava facendo una chiacchierata innocente con il padrone, chissà magari si stava informando sullo stato di salute dei suoi nipotini.
Purtroppo per Aleki, lo sfregiato non era un parente e dei suoi nipotini, ne avesse o no, se ne fregava altamente.
«Tu ovviamente amico; non oserei mai dire il contrario,» il locandiere deglutì sonoramente; voleva vivere ancora per diversi anni. Sapeva bene che il miglior modo per prenotarsi istantaneamente una fossa era contrariare Mathias. Le cose però non stavano andando come al solito. Certo i banditi uccidevano coloro che lui drogava ma avveniva sempre tutto lontano dai suoi occhi... e dalla sua preziosa locanda soprattutto.
«Il nostro accordo non prevede che tu uccida nella locanda...» Aleki inciampò nelle ultime sillabe; gli ci era voluto uno sforzo enorme per pronunciarle e adesso, vedendo la faccia del suo interlocutore cambiare espressione, se ne pentiva già amaramente.
«Hai paura di un po' di sangue?» Mathias afferrò il vecchio per il bavero e se lo trasse vicino. «Noi agiremo come al solito, o sarà il tuo sangue a sporcare questo posto...» rise malignamente. «E poi questa baracca ha bisogno di una pulitina, io ti do una scusa valida per usare secchio e straccio no?» da quella posizione l'unica cosa che il vecchio poté fare fu muovere la testa su e giù, d'altronde era quello che l'altro voleva. «E adesso va, slega i cavalli e portali via.»
Mathias lo lasciò andare. «E già che ci sei... portami un'altra birra,» aggiunse tornando a sedersi con gli altri briganti, gli unici avventori rimasti nel locale.
Aleki ubbidì prontamente e quando fu fuori dalla sala comune si appoggiò ad una parete dello stabile sospirando e portandosi una mano alla gola dove Mathias lo aveva afferrato.
Restò immobile finché il suo respiro non si fu calmato. Per le palle di Zandru! Se l'era vista davvero brutta! Quella storia doveva finire subito, non aveva intenzione di morire d'infarto (anche se morire con la gola tagliata non gli pareva una soluzione molto migliore).
Si avviò con circospezione verso la stalla, inciampò sul manico di un forcone e maledisse il garzone che aveva lasciato in giro i suoi arnesi da lavoro. Non poteva portarsi un lume, avrebbe spaventato le bestie e non si poteva mai sapere se qualcuno lo stesse osservando. Levato il chiavistello alzò il saliscendi e aprì la porta quanto bastava per permettere al suo esile corpo di passare.
Le ombre degli animali risaltavano nitide contro le pareti della stalla; la poca luce che filtrava dalla porta e tra le assi delle imposte sarebbe bastata all'uomo per tagliare le corde che legavano gli animali. Quando i proprietari avessero capito cos'era era successo sarebbe ormai stato troppo tardi. Il vecchio estrasse il lungo coltello che portava alla cintura e si avvicinò al primo animale. Il cavallo sentendo la sua presenza alzò le orecchie e sbuffò scuotendo la testa.
L'uomo tese una mano ad accarezzarlo e con l'altra avvicinò la lama alla fune che lo teneva impastoiato. D'un tratto si sentì toccare su una spalla. Sorpreso lasciò che il coltello gli scivolasse dalle dita sudate e cadesse con un leggero tonfo sulla paglia che copriva il pavimento.
Una voce risuonò accanto al suo orecchio facendolo sobbalzare. «Buon messere,» sussurrava quella voce eterea, «cosa pensavi di fare a quest'ora di notte con i nostri cavalli?»
Aleki si irrigidì, come potevano sapere di essere stati ingannati?
Quasi avesse intuito i suoi pensieri la voce rise e mormorò: «Con chi pensavi di avere a che fare? Io sono il maestro della truffa... e poi non siamo semplici mercanti, ma mercenari. Pensavi che una comynara viaggiasse sola?»
Il vecchio trovò il coraggio per balbettare in tono lamentoso. «Ma... ma voi non eravate armati!»
«L'apparenza inganna,» rispose l'ombra spingendolo fuori della stalla. «E adesso cammina! Questa storia finirà, ma a modo nostro!»
Garris sbadigliò annoiato e guardò lo sfregiato con impazienza. «Ehi capo! Ma quanto ci mette quell'oste pidocchioso a far fuggire dei fottuti cavalli? Io non vedo l'ora di mettere le mani su quella comynara... chissà se urla come tutte le altre?»
Mathias lo fulminò con lo sguardo. «Non mi interessa sapere a quante donne tu sia saltato addosso, Garris,» fece una pausa pensieroso, «comunque hai ragione l'amico ci mette troppo,» riprese a cincischiare distrattamente con il coltello tenendo d'occhio la porta.
«Non credo che arriverà tanto presto!» Tre figure si erano delineate tra le ombre delle scale, una quarta stava in disparte e la luce di una matrice le illuminava il volto di una luce spettrale.
Lo sfregiato balzò in piedi e portò la mano alla spada imitato dai suoi sgherri.
«Come diavolo sapevate?» La sua faccia era feroce e gli occhi mandavano lampi d'ira. Poi si illuminò d'improvvisa comprensione. «A meno che...»
«Allora non sei cretino come sembri!» La voce di Illa suonava irrisoria. «Il vostro amico oste vi ha tradito quando è venuto a portarci da bere. Diceva che volevate troppo e che lui era stanco di spartire il bottino con voi così ci ha chiesto un favore... a pagamento ovvio,» poggiò la mano sulla spada in un gesto eloquente e i suoi occhi lampeggiarono. «Io non faccio mai nulla senza compenso, sia chiaro.»
«Non è vero! Mathias ti prego, sta mentendo!» la voce querula di Aleki, che era entrato, o meglio era stato spinto nella locanda da Bertrand, interruppe la mercenaria.
Il bandito spostò lo sguardo dal vecchio terrorizzato alla mercenaria poi apostrofò di nuovo Illa. «Perché ci dici tutto questo?»
La donna fece una faccia dispiaciuta, ma fu Bertrand a rispondere. «Ahimè! I soldi che ci offriva erano troppo pochi... non sarebbero bastati neppure per comprare l'elsa della mia spada.»
Il vecchio si contorse tentando di liberarsi della poderosa stretta dell'uomo continuando, tra uno sforzo e l'altro, a protestare la sua innocenza.
Mathias lo guardò irato. «No vecchio! Non chiedermi di crederti... ora capisco perché mi lanciavi quelle occhiate nervose. Ora capisco anche perché fingevi di avere paura. Sapevi fin dall'inizio che avrei fatto il contrario di quello che suggerivi tu... e forse se non ti fossi mostrato così pusillanime qualche sospetto l'avrei avuto!» fece una pausa adombrandosi in volto. «Eppure pochi istanti fa ho sentito dalla tua stessa voce che non avresti permesso che io sporcassi di sangue questa locanda... certo! Non con il sangue dei tuoi nuovi amici, ma con il nostro non avresti esitato vero? Con il nostro sangue avresti addirittura innaffiato l'arrosto, figlio d'un cane!»
Illa lanciò a Bertrand un'occhiata e annuì; l'ex ladro lasciò andare Aleki e lo spintonò in modo che finisse contro il bancone. Poi, mentre i banditi erano distratti dall'accaduto, Illa e gli altri scesero in fretta le scale e, assieme a Bertrand che teneva aperta la porta, si dileguarono nella notte.
Erano appena montati a cavallo quando un rauco grido venne dalla locanda. Elayna si avvolse più strettamente nel mantello e galoppò con gli altri senza voltarsi indietro.
Si sentiva sporca nonostante sapesse che avevano fatto la cosa giusta. Aleki aveva cercato di ingannarli. I banditi, le aveva fatto osservare Illa, sono banditi perché è nella loro natura e non sanno fare di meglio o non possono scegliere. Aleki era un uomo avido: il lavoro di locandiere è un lavoro onesto e redditizio, aveva aggiunto la donna, ma a lui non bastava ciò che guadagnava.
Elayna aveva pensato che forse in quella zona non si guadagnava poi molto.
Illa aveva smontato anche quell'obiezione, Aleki avrebbe potuto vivere in modo diverso e di sicuro nella sua vita aveva avuto l'opportunità di scegliersi un destino.
"Quello che era certo," pensò Elayna prima di lasciare che la sua mente stanca si perdesse nell'immensità degli spazi bui che attraversavano, "era che aveva scelto il destino sbagliato."


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Parte Terza - Il Dominio Dei Ridenow

Kasentlaya osservò con curiosità i cavalieri entrare nel cortile principale del castello. Un gran numero di servitori e stallieri si affaccendava attorno alle cavalcature e ai bagagli dei nuovi venuti.
Nello scorgere l'alta figura paterna la giovane si tirò un po' più indietro lasciandosi avvolgere dalle ombre che assediavano quel lato del cortile.
Non era stato difficile eludere la sorveglianza della servitù e delle guardie. In fondo Kas conosceva il castello come le sue tasche e aveva avuto un mucchio di tempo per esplorarlo anche nelle sue parti più buie e dimenticate, quelle che non venivano utilizzate da secoli.
Era salita dalle sue stanze nella cadente Torre dell'Alfiere poi, correndo attraverso uno dei numerosi ponti coperti, era scesa nelle viscere del castello, giù, lontano dal sole fino alle umide segrete piene di vecchie ossa. Aveva cercato a tentoni il passaggio che conduceva alla cisterna, ci aveva messo un poco perché non aveva potuto procurarsi una torcia. L'attendente catalogava tutti gli oggetti di cui era rifornito il castello, secondo Kas catalogava anche le pulci dei cani del Dom, e, se avesse scoperto che era sparito qualcosa, avrebbe fatto il diavolo a quattro.
Dalla cisterna era scivolata nell'armeria che sapeva deserta a quell'ora.
Se una delle serve o peggio la sua governante l'avessero trovata nel cortile, impolverata e gualcita, nonostante gli ordini paterni, avrebbe passato dei guai. Ma non era della governante che aveva paura né di una buona battuta... ma di suo padre, di suo padre sì.
Aspettò impaziente ed eccitata che i servitori si togliessero dai piedi per poter osservare gli ospiti con tutta calma.
L'unica donna del gruppo era una comynara alta con i capelli rossi, quella che Kas aveva iniziato a considerare come la sua leroni. Era una Aillard questo lo ricordava ma nessuno si era preso il disturbo di dirgliene il nome. A lei però avrebbe pensato più tardi, decise improvvisamente. Chi la incuriosiva di più era un uomo vestito di nero. Era un po' piccolo per essere un mercenario ma, giudicò la ragazza, la sua spada tagliava quanto quella dell'altro uomo, quello grosso grosso, se non di più.
Il suo stupore aumentò considerevolmente quando sentì che la comynara si rivolgeva al piccoletto, chiaramente il capo della spedizione, chiamandolo Illa.
Era una donna quindi! Di pari passo con lo stupore aumentò anche il rispetto.
E fu lei che Kas decise di seguire quando la vide dirigersi verso le stalle.


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Renaldo e Bertrand si piazzarono alle spalle di Elayna quasi come una contropartita alle due guardie in livrea verde-oro che stavano sull'attenti alle spalle di Dom Rakhal Ridenow.
Illa l'aveva messa in guardia su di lui ben più di una volta quindi, più o meno, sapeva cosa aspettarsi.
«Dom Rakhal,» disse inchinandosi con fredda cortesia. «Sono lieta di vedervi in salute.»
Lui accettò i suoi omaggi formali come se gli fossero dovuti. «Anch'io sono lieto di vedervi sana e salva, domna, un viaggio di tal genere è lungo e difficile anche in piena estate. La vostra Custode mi ha parlato molto bene di voi.»
Rakhal si stava comportando da vero anfitrione anche se dalla sua voce traspariva un sentimento che Elayna riuscì a catalogare come delusione.
"Evidentemente sperava che mi stuprassero lungo la via...o che cadessi da cavallo e mi rompessi l'osso del collo!" Cancellò subito quei pensieri; stava correndo il rischio di divenire paranoica quanto Shonnach, una delle Rinunciatarie incontrate durante il viaggio. Ma, al contrario dell'Amazzone, non giudicava salutare per il suo sistema nervoso sobbalzare per ogni ombra.
Cercò di convincersi che le voci su quel ramo dei Ridenow fossero solo chiacchiere oziose ricamate da lingue malevole, ma non riusciva neanche a convincere se stessa.
Le parole di Dana le risuonavano nella mente, "nessun Ridenow gode di buona fama," mentre il dom le offriva galantemente il braccio.
«Posso mostrarvi il mio castello, cugina? È una dimora antica ed ha resistito ad innumerevoli assalti,» sorrise, «come avrete capito ne vado piuttosto fiero anche perché sto cercando di riportarla al suo antico splendore. Nemmeno io conosco tutti i suoi segreti.»
Elayna sorrise mormorando alcune frasi di circostanza. Chiacchiere vuote. Approfittò di quei momenti per osservare meglio il padrone di casa. Rakhal era un uomo ancora giovane nonostante la perdita della prima moglie avesse inciso rughe di dolore sul suo volto. I suoi capelli erano biondi, e lo marchiavano come discendente dei banditi che avevano assoggettato l'antica famiglia dei Serrais mischiando il loro sangue a quello dei nobili comyn.
Sembrava muoversi con la stessa grazia di un gatto padrone assoluto del proprio territorio.
Mentre camminavano la donna chiese: «Dov'è vostra figlia, vai dom? In fondo sono venuta fin qui per lei...» la stretta dell'uomo sul suo braccio aumentò divenendo quasi dolorosa e per un attimo le parve di venir schiacciata dal suo furore.
«Al momento si trova nelle sue stanze,» "almeno spero," «certo più tardi ci sarà tempo anche per questo,» sorrise ancora.
La donna sospirò impercettibilmente; suo cugino le stava mostrando tutto tranne ciò che lei voleva realmente vedere.
Si costrinse a mantenere un'espressione vacua e disinteressata continuando a ricordarsi che non si trovava più ad Arilinn, in quel luogo doveva calcolare ogni suo gesto pena il ritrovarsi impaccata su un cavallo e rispedita al mittente. E Marelie non avrebbe gradito un fallimento.
Dopo una breve pausa l'uomo si fermò davanti ad una robusta porta di quercia. «Questa è la vostra stanza cugina. I vostri bagagli sono già stati sistemati. Quando vi sarete rinfrescata uno dei servitori vi condurrà dalla mia signora. È ansiosa di conoscervi.»
E così Elayna venne lasciata sola. Guardò la figura di Rakhal sparire in un altro corridoio e si chiese per l'ennesima volta se le voci sul suo conto fossero vere. Adesso capiva perché Marelie aveva mandato lei. Perché era capace di dubitare, perfino di se stessa.
Scosse la testa e spinse la porta. Doveva sbrigarsi, come le era stato insegnato non era saggio far attendere i propri ospiti.


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Kas si fermò sul retro delle stalle cercando di calmarsi e raccogliere il coraggio necessario per entrare. Si guardò attorno con aria circospetta e cospiratoria. Gli unici rumori erano lo scalpiccio dei cavalli e le imprecazioni lontane dei soldati in addestramento.
Con un ultimo sguardo al cortile la ragazza aprì piano la porta ed entrò, cercando di non far scricchiolare le vecchie assi del pavimento. Restò a lungo ad osservare la mercenaria, centro del suo interesse, che strigliava il cavallo chiedendosi nel frattempo quando la donna si sarebbe accorta di lei.
Fu il suo stallone il primo a notarla. Percependo il suo odore lanciò un nitrito colmo di aspettativa. Kas si mordicchiò il labbro inferiore, in effetti era un po' che non lo portava a galoppare nei prati vicino al castello.
La mercenaria si voltò verso di lei schermandosi gli occhi per discernere il suo volto senza peraltro avere successo. Kas dava volutamente le spalle all'unica fonte di luce disponibile, una piccola finestra senza vetri.
Fu lei la prima a parlare. «È vero che siete una donna?» domandò con aria interessata, gli occhi che splendevano di curiosità. Illa accennò di sì con la testa, cercando di non lasciar trasparire il suo stupore, ma Kas non le lasciò il tempo per ribattere.
«Anche io vorrei avere la possibilità di imparare a usarla,» proseguì indicando la spada lunga che la mercenaria portava al fianco. «Però...» valutò con un'occhiata la pericolosità della sua interlocutrice, «non è un po' troppo grande per voi? In fondo... non siete proprio alta!»
Per tutta risposta Illa sguainò la lama e gliela puntò a pochi centimetri dal viso.
Kas sorrise sfacciatamente per nulla turbata e allontanò l'arma con cautela. «Immagino che la risposta sia no...»
Illa sorrise a sua volta. «E tu chi saresti, bambina?» chiese, o almeno avrebbe voluto chiederlo ma, prima che potesse dire una mezza parola la giovane aveva infilato la porta lasciandola a chiacchierare con l'aria.
Illa scrutò perplessa il punto in cui fino a pochi attimi prima si era trovata la ragazza. Una comynara? Non le pareva possibile. Quando la vedevano le comynare tendevano a piagnucolare, nascondersi sotto un letto (o dietro i calzoni di un uomo), guardarla con disapprovazione e fare commenti poco gentili sulla sua reputazione.
No, decisamente quella ragazza non era una comynara. Eppure i suoi capelli le erano parsi rossi. E... Illa assimilò sconcertata i suoi stessi pensieri... quella giovane le ricordava Dana.


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Elayna si appoggiò esausta alla solida porta di quercia e si passò una mano sulla fronte. Per tutti gli Dei! Era di gran lunga più facile lavorare all'estrazione del metallo che gestire una conversazione basata sulle menzogne!
Durante la cena aveva conversato amabilmente con la moglie di Rakhal. Più di una volta però aveva rischiato di contraddirsi, in quel momento era stata grata alla beata Cassilda per le lezioni impartitele da sua madre.
Domna Nynaeve Aillard era infatti fermamente convinta che una comynara non dovesse mai far trasparire ciò che realmente pensava. Adesso la giovane leroni era pentita solo di non averle prestato la massima attenzione.
Sospirò cominciando a guardarsi intorno. Aveva avuto così poco tempo che non si era nemmeno potuta soffermare ad osservare la stanza.
Era in realtà più grande e lussuosa di quanto le fosse sembrato alla prima occhiata. O meglio, era lussuosa per gli standard di una Torre.
Un grande camino dominava una delle pareti senza finestre che davano a sud in modo da far entrare durante il giorno più luce e calore possibili. Le altre pareti erano ricoperte da arazzi che ritraevano i vari Dei darkovani.
Anche il pavimento era coperto di tappeti per isolare le persone dal freddo delle pietre. Uno dei servitori le aveva spiegato che d'inverno quella stanza era esposta al gelido vento che scendeva dagli Hellers e che quindi erano stati adottati alcuni accorgimenti che nelle altre camere non c'erano.
Elayna notò che i suoi pochi averi erano stati meticolosamente sistemati, le sacche da viaggio, ora vuote, erano appese al muro assieme al suo mantello.
Dopo aver controllato che ogni cosa fosse in ordine, la giovane si sedette su una comoda poltrona accanto al camino ed estrasse la pietra matrice per contattare Marelie. Doveva farlo nonostante gli occhi le bruciassero di stanchezza. Fissò indecisa la gemma che splendeva nella sua mano e si chiese se non fosse il caso di avvolgersi nel mantello. Nella stanza non era certo caldo nonostante si fosse ancora in estate. Decise di no, il freddo l'avrebbe tenuta sveglia.
Si concentrò sulla pietra regolarizzando il respiro finché non si sentì scivolare in uno stato ipnotico. Il baluginio delle fiamme traeva mille giochi di luce dalle sfaccettature della pietra e in un battito di ciglia Elayna non fu più nel suo corpo.
La mente della ragazza si mosse più veloce del vento stesso spinta dalla sua forza di volontà e percorse una distanza immane anche se la leroni non si mosse di un passo.
"Marelie?" Elayna poteva avvertire la presenza della Custode di Arilinn così vicina che con una mano le pareva di poterla toccare fisicamente.
Avvertì un misto di sorpresa e sollievo provenire dalla mente della Guardiana. "Chiya! Finalmente, dov'eri finita? Ormai ti avevamo dato per dispersa!"
Elayna si sentì arrossire, aveva effettivamente trascurato di contattare la Torre, ma erano successe così tante cose!
"Sei arrivata da Rakhal?" Dal tono di Marelie, pensò sollevata la giovane, non traspariva alcun rimprovero.
"Sono arrivata oggi ma non ho ancora visto la piccola... quando ho accennato la cosa a Rakhal ho temuto che mi avrebbe strozzato con le sue mani."
"So che è difficile, bambina," Marelie fece una pausa, "ma è per questo che ho mandato te." Ma Elayna non la stava più ascoltando, la sua attenzione si era focalizzata di nuovo sulla stanza. Sapeva benissimo che era impossibile ma la pareva che Zandru, rappresentato su uno degli arazzi, si fosse mosso leggermente.
Era sicuramente uno scherzo delle fiamme che gettavano ombra danzanti nell'ambiente trasformando normali oggetti in figure grottesche e deformi.
E invece no, eccolo di nuovo, era come se una brezza che lei non poteva percepire scuotesse il pesante tessuto
Avvertendo la preoccupazione della Custode, ancora collegata a lei, la giovane cercò di calmarsi. Invano.
Che Rakhal avesse mandato qualcuno a spiarla? Egli stesso le aveva detto che il maniero era pieno di passaggi segreti, sicuramente perfino i muri che la circondavano avevano orecchie e di notte riferivano al loro signore.
Elayna si alzò, dirigendosi verso il caminetto con l'apparente intenzione di attizzare il fuoco. Mentre si piegava per afferrare un pezzo di legno lanciò un'occhiata furtiva all'arazzo.
Sì! Si era mosso ancora! Evidentemente il misterioso osservatore aveva cambiato posizione per poter vedere quello che stava facendo.
Con uno scatto improvviso, degno di uno spadaccino allenato (queste Aillard sono piene di risorse!), Elayna balzò verso il muro abbrancando lo sconosciuto attraverso il tessuto dell'arazzo e trascinandolo fuori dal suo nascondiglio senza troppa gentilezza.
Accompagnata una serie di soffocate esclamazioni di protesta Elayna riuscì a portare quella figura recalcitrante vicino al fuoco per poterne discernere i lineamenti.
Inutile dire della sorpresa che provò quando si trovò a fissare il volto stupito di una ragazzina.
«Lasciami!» esclamò la giovane. «Mi fai male!» Contorcendosi cercava inutilmente di liberarsi dalla ferrea stretta di Elayna che era molto più forte di quanto si potesse pensare.
"Eh no, maledizione! Dopo tutta la fatica che ho fatto ad acchiapparti! E dopo lo spavento che mi hai fatto prendere!"
Allentò un poco la presa senza però lasciare andare la sconosciuta.
«Dimmi chi sei, bambina!» Ordinò in tono severo.
«Sono... sono Kasentlaya Ridenow,» mormorò in risposta l'altra.
Elayna la scostò da sé per osservarla meglio. «Perché non mi hai cercato in modo un po' più normale?» domandò infine.
Kas si lasciò cadere sulla poltrona abbracciandosi le spalle e non rispose. "Se mio padre scopre che sono qui..." scosse il capo con violenza, "non voglio neanche pensarci."
Elayna sospirò rassegnata percependo i pensieri che la ragazzina non si rendeva conto di trasmettere. Nonostante il suo scetticismo sembrava che le voci sul conto di quel ramo della famiglia fossero vere. Mentre le parole di Dana le risuonavano per l'ennesima volta nella mente la giovane che le stava davanti approfittò della sua apparente distrazione per osservarla meglio.
Kas non si era sbagliata quando l'aveva vista nel cortile, il portamento della leroni e l'orgoglio che si poteva leggere nei suoi occhi grigi denotavano l'abitudine a comandare ma soprattutto ad essere obbedita. Gli uomini obbedivano a suo padre era vero, però... in lei c'era qualcosa di diverso. Con la sua scarsa conoscenza del mondo la giovane non poté fare di meglio che paragonarla ad una Custode.
Sicuramente, meditò tra sé, anche sua madre aveva avuto quell'aspetto austero e deciso. Peccato che lei non se la ricordasse.
D'un tratto Elayna, stranamente sapeva il nome della donna anche se non l'aveva udito pronunciare, le rivolse di nuovo la parola stavolta con tono più dolce.
«Dimmi Kasentlaya, come ti tratta tuo padre?»
La domanda inquietò la ragazza, poteva realmente fidarsi di quella straniera di cui conosceva soltanto dettagli ricavati dalle chiacchiere dei servi? Decise di non sbilanciarsi.
«Lui... bene...» ma la voce le tremò tradendola mentre pronunciava quelle parole.
Elayna le poggiò le mani sulle spalle fissandola negli occhi con fermezza. «Non mentirmi bambina, ti ripeto la domanda, come ti tratta tuo padre?»
La ragazzina abbassò gli occhi rimanendo in silenzio.
"Come posso fidarmi di te?" I pensieri tormentosi di Kas penetrarono nella mente della leroni come fredde lame di ghiaccio. "Non ti conosco... come posso sapere che non sei un'alleata di mio padre? Che non cercherai di trasformarmi in quello che non voglio essere?"
Elayna avvertiva la profonda diffidenza di Kas. Nonostante cercasse il contatto con la mente della giovane riusciva solo a percepire dei pensieri confusi. Evidentemente la Ridenow non riusciva ancora a comunicare volutamente con qualcuno e i pensieri che lei coglieva erano solo dei frammenti che lei non si rendeva conto di trasmettere. La sapiente decise di rivelare il vero scopo della sua visita.
«È vero. Tuo padre mi ha chiesto di venire qui. Anzi non è esatto. Lo ha domandato alla mia Custode, Marelie di Arilinn.»
Kasentlaya si ritrasse da lei come se avesse la peste. "Lo sapevo! E pensare che per un momento, un istante solo..." e così suo padre aveva deciso di cercarsi degli alleati per domarla e renderla docile come lui la voleva.
Elayna scosse il capo seguendo ancora una volta il filo dei suoi pensieri. «Andiamo rifletti, credi che se fosse per quello scopo verrei a dirlo proprio a te?»
La ragazza si morsicò il labbro e si barricò dietro un cocciuto silenzio, in fondo, anche se odiava ammetterlo con se stessa, sapeva perfettamente che la donna aveva ragione.
Elayna sospirò incurvando le spalle come se fosse delusa da qualcosa. «Ah... ed io che pensavo fossi una ragazzina sveglia! Devi essere piuttosto in gamba per essere arrivata fin qui da sola... evidentemente mi sono sbagliata.»
Kasentlaya la fissò irritata, punta sul vivo dal suo commento. «Guarda che conosco questo castello come le mie tasche!» Poi arrossì imbarazzata rendendosi conto di aver alzato la voce e abbassò di nuovo lo sguardo. «Mi spiace parente... non intendevo mancarti di rispetto...»
Elayna rise divertita di fronte all'evidente imbarazzo della giovane. «Non preoccuparti piccola, non sono arrabbiata con te... la tua venuta mi ha solo colto di sorpresa.»
Kasentlaya disse riprendendo coraggio. «Ma allora se non sei un'alleata di mio padre che cosa sei venuta a fare qui?»
C'era aspettativa nella sua voce ma anche paura, paura di essere delusa, capì d'improvviso l'Aillard. Con dolcezza poggiò di nuovo le mani sulle spalle di quella che adesso capiva essere una bambina insicura. «Sono qui per scoprire se possiedi qualche donas particolare.»
Gli occhi di Kasentlaya si riempirono di speranza. «E se lo possedessi,» la sua voce tremava per l'eccitazione, «se lo possedessi mi porteresti con te alla Torre?»
Elayna la fissò sconsolata, come poteva prometterle una cosa del genere? Eppure, ogni volta che fissava lo sguardo in quei grandi occhi grigi sentiva nascere in lei un tormentoso affetto per quella ragazza.
«Farò il possibile,» mormorò infine.
Ma mentre Kas le gettava le braccia al collo i suoi pensieri erano tutt'altro che allegri. Sarebbe riuscita ad affrontare la delusione nei suoi occhi quando la Ridenow avesse scoperto che lei non poteva cambiare il suo destino?









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Disclaimers

Elayna Aillard parte per Carthon dopo essere stata scelta per diventare la leronis del castello di Rakhal Ridenow. Prima di dirigersi verso la sua nuova dimora, decide di passare alla Torre di Neskaya per parlare con la cugina Fiona. Dopo varie traversia, Elayna arriva al castello di Rakhal Ridenow e incontra finalmente Kasentlaya, la giovane figlia del Dom.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008