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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +2, marzo (3)] [Credits & Disclaimers]



Una vecchia scommessa

Illa

Renaldo si era svegliato tardi quella mattina, con l'impressione di essersi rigirato nel letto per tutta la notte, di aver dormito pochi minuti e solo dopo che Mikhail se ne era andato per tornare alla Torre per il lavoro nel Cerchio.
Aveva atteso qualche istante prima di alzarsi. Era già da un paio di giorni che sentiva la testa pesante, un continuo pulsare alle tempie che non lo lasciava tranquillo. La notte faceva fatica ad addormentarsi, che Mikhail fosse presente o meno, e la mattina aveva una faccia che avrebbe fatto scappare un banshee. Quella mattina non faceva eccezione, se non per il fatto che la testa sembrava fargli ancora più male.
Mettersi in piedi fu un'impresa. La stanza sembrò girare attorno a lui per un paio di minuti ed ebbe la netta sensazione che il tratto di corridoio che lo separava dalla taverna fosse stato allungato di un paio di miglia durante la notte. Entrare nel locale, fortunatamente silenzioso e quasi deserto, fu una sorta di ricompensa per la fatica fatta.
«Il solito, Renaldo?» la voce di Alyson lo fece sobbalzare.
«Sì,» rispose tra i denti. «Grazie...»
«Brutta faccia,» lo salutò Illa, tranquillamente seduta al bancone. «Sveglio anche stanotte?»
Renaldo annuì, pentendosene immediatamente, facendole poi cenno con una mano di seguirlo ad uno dei tavoli più appartati. «Sembra andare sempre peggio.»
«Vi state impegnando un po' troppo,» il tono forzatamente divertito di Alar fece sobbalzare entrambi. «Pensare che non si sente nulla...»
«Alar, piantala!»
Il locandiere si voltò verso Illa, sorridendole amabilmente. «Naturalmente preferisco i vostri convegni amorosi,» continuò imperterrito, «ma siete sempre così silenziose. Loro, invece, non lasciano nulla all'immaginazione!»
«Alar...»
Renaldo le posò una mano sul braccio, trattenendola prima che potesse muoversi. «Lascialo perdere, è solo invidioso.»
«Di voi?» chiese disgustato. «Piuttosto me la faccio con un chervine!» concluse, allontanandosi.
"A che ti serve? Hai già Shonnach, non ti basta?" ribatté Illa silenziosamente. Non aveva intenzione di discutere con Alar, dopotutto non ne valeva la pena.
«Non ti sembra di esagerare?» le chiese Renaldo. «Alar non ha mai nascosto la sua avversione per gli ombredin, è già strano che sia riuscito a diventare mio amico.»
«Renaldo, non...» Illa non fece in tempo a concludere la frase. L'arrivo di Alyson con la colazione distrasse entrambi e, una volta terminata, nessuno dei due sembrò intenzionato a tornare sull'argomento.


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Illa e Renaldo si erano separati subito dopo colazione. Uno diretto al vecchio castello, in cerca di un po' di pace, l'altra alle Terme, per lo stesso motivo. La mercenaria era rimasta sorpresa dal comportamento dell'amico. Le era sembrato che avesse percepito senza problemi il commento che aveva solo pensato in risposta alle battutacce di Alar, ma non poteva esserne certa. Sentiva che avrebbe dovuto parlarne con Dana, ma temeva che questo interesse per le sue stregonerie potesse convincerla a tentare un nuovo controllo delle sue capacità, oltre che di quelle di Renaldo.
Varcata la soglia delle Terme, Illa si diresse senza esitazioni verso la porta che conduceva ai sotterranei, ignorando completamente la Vedova e gli altri avventori presenti nella grande sala. Mentre scendeva la prima rampa di scale, percepì i commenti poco simpatici rivolti dai clienti, in fila per prenotare o ricevere il permesso per scendere nelle sale a loro riservate, ma la cosa non la turbò affatto. Lei e Renaldo avevano prenotato la stanza al secondo sotterraneo per tutto il periodo della loro permanenza al villaggio, pagando in anticipo. Nessuno poteva impedirle l'accesso e, soprattutto, non doveva sottostare ad una noiosa e irritante conversazione con la padrona delle Terme.
Immersa nella tranquillità della sala sotterranea, Illa ripensò allo strano comportamento di Renaldo. Aveva frequentato Castel Ridenow, e i comyn che lo riempivano, per così tanto tempo da saper riconoscere un attacco del Mal della Soglia e, senza ombra di dubbio, quello che Renaldo stava sperimentando ne era una buona approssimazione.
Illa si immerse nella calda acqua della polla, avvicinandosi alla cascata. Anche se la prospettiva non l'entusiasmava, doveva andare da Dana e spiegare cosa stava capitando al loro amico. Sospirando si sistemò sotto la cascata, lasciando che l'azione dell'acqua massaggiasse i muscoli intorpiditi del suo corpo. Forse poteva limitarsi a far notare la cosa a Mikhail, sempre che non si fosse già accorto delle condizioni precarie del suo amante.
Illa uscì dalla vasca imprecando sottovoce, maledicendo Hastur, Camilla, Cassilda e tutti i loro discendenti. Non poteva aspettare... se a Renaldo fosse capitato qualcosa per colpa della sua esitazione, non se lo sarebbe mai perdonato.


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Renaldo arrivò con difficoltà in cima alla salita che conduceva al vecchio castello, fermandosi spesso per riposarsi e bagnarsi la fronte con l'acqua gelida dei numerosi ruscelli che correvano a valle.
Era la giornata peggiore che ricordasse, tra quelle successive al Vento Fantasma. Solo poco dopo essere entrato al servizio degli Hastur, molto prima di abbandonare tutto per unirsi alla banda di mercenari, ricordava di aver passato momentacci come quello... ma, allora, aveva dato la colpa alle numerose bevute e alle nottate passate alla ricerca di compagnia e di svago.
Mentre la testa continuava a pulsargli, iniziò a tornargli alla mente quello che gli aveva spesso detto Dana, sul fatto che, lo volesse o meno, nelle sue vene scorreva sangue comyn e che, presto o tardi, la sua presenza si sarebbe fatta sentire.
Non voleva ammetterlo, ma il fatto che Mikhail continuasse ad affermare che sempre più di frequente lui sembrava leggergli nel pensiero, ancor prima che aprisse bocca, lo spingeva a credere che il suo laran latente si stesse risvegliando e che Dana o lo stesso Mikh l'avrebbero presto costretto a farsi controllare dalla Custode.
Renaldo si rimise in marcia, per affrontare l'ultimo centinaio di metri che lo separava dal cortile principale di Castel MacAran, per bloccarsi solo dopo pochi passi. Una forte stilettata gli aveva trapassato il cervello e una cacofonia di suoni sembrava aver invaso la sua mente. Qualche secondo dopo, arrivarono alle sue orecchie le voci dei gemelli MacAran e di Alban McKee, impegnati in una sorta di battaglia all'ultimo sangue.
Rimpiangendo la pace e la solitudine che aveva sperato di trovare, ma guardandosi bene dall'affrontare i due vecchi compagni di scorribande, Renaldo fece marcia indietro e riprese la strada per il villaggio.


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Il rientro non fu più facile dell'andata: solo la pendenza che lo trascinava verso il basso manteneva la sua andatura più spedita, ma con il rischio di farlo ruzzolare a terra ad ogni passo. Arrivò alla soglia della locanda quasi di corsa e, passando dall'entrata privata degli alloggi di Alar, si rinchiuse nella sua stanza.
Tutti sembravano impegnati nelle solite attività del mattino e nessuno si preoccupò di vedere se era rientrato. Le voci di Alar e Alyson, impegnati nelle solite discussioni di tutti i giorni, arrivavano di tanto in tanto alle sue orecchie, attutite dai muri che li separavano. Sentì Illa tornare nella propria camera ed uscirne nuovamente poco dopo, senza provare neppure a bussare alla porta dell'amico.
Pochi minuti dopo, almeno così parve a Renaldo, alcuni rapidi colpi alla porta lo destarono da un sonno agitato.
«Renaldo,» la voce di Illa arrivò a lui attraverso una grande distanza. «Sto entrando...»
L'uomo non fece in tempo a dire nulla, che Illa era già dentro la stanza e lo stava fissando con preoccupazione. Alle sue spalle, con aria altrettanto preoccupata, Alar cercava di guardare all'interno, come per controllare che tutto stesse andando per il verso giusto.
«Ha una faccia terribile!» la voce di Alar risuonò come amplificata nella testa di Renaldo. "Tutta colpa di quell'ombredin..."
«Piantala, Alar,» riuscì a ribattere Renaldo, alzandosi a fatica dal letto. «Mikhail non c'entra nulla...»
«Io non ho detto nulla, amico,» si difese Alar.
«L'avrai pensato,» il tono di Illa non ammetteva repliche. Per quanto debole potesse essere il suo laran, Alar non si tratteneva dal trasmettere i propri pensieri senza ritegno, come ogni atelepate faceva senza rendersene conto, e non le sarebbe stato difficile cogliere quello che pensava in quel momento.
«Illa...»
«Vado a chiamare Dana,» il tono era altrettanto deciso.
«Non devi...» tentò di controbattere Renaldo.
"Non sei in grado di decidere!" pensò Illa, facendolo arrossire. «Non farlo uscire di qui,» aggiunse poi a voce, a beneficio di Alar.
Il locandiere guardò uscire Illa e, stringendosi nelle spalle, si sedette ai piedi del letto di Renaldo. «Se provi ad alzarti ti stendo,» disse minaccioso, mostrando un pugno all'amico.
«Non ho intenzione di muovermi,» fu la flebile risposta di Renaldo. «Però... cerca di pensare sottovoce, ti prego...»


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«Dove avresti intenzione di andare?» la voce di Shonnach, il cui tono bellicoso non lasciava presagire nulla di buono, bloccò Illa dopo solo pochi passi fatti all'interno dell'atrio della Torre.
«Non sono affari tuoi,» rispose; il tono neutro ma non meno pericoloso.
«Tutto quello che accade alla Torre o alla Gilda sono affari miei,» ribatté la Rinunciataria. «La tua presenza, qui non è gradita.»
Illa la guardò per qualche istante, poi riprese la sua strada. Non riusciva a percepire la presenza di Dana, ma era certa che fosse da qualche parte nella Torre. Solo quando era all'interno dell'alta costruzione Illa sembrava perdere momentaneamente la percezione della sua posizione, quindi non poteva essere altrove.
Shonnach si parò davanti a lei, per impedirle di procedere oltre. «Non andrai da nessuna parte!» ribadì nuovamente, come se potesse servire a qualcosa. «Non voglio essere costretta a farti del male,» la sua mano scivolò impercettibilmente verso l'elsa del coltello che portava al fianco.
Illa la guardò, incredula. «Secondo te, io dovrei aver paura?» chiese divertita. "Dana, fatti vedere subito!" chiamò con decisione la mercenaria. "Prima che io e Shonnach risolviamo definitivamente le nostre divergenze..."


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Fiona stava ascoltando con preoccupazione quello che Mikhail le stava raccontando di Renaldo. Anche se il compagno cercava di nascondere la cosa in sua presenza, l'Ardais si era reso conto che la sua salute stava peggiorando e, senza alcun dubbio in proposito, ne dava la colpa agli effetti postumi del vento fantasma.
«Renaldo ha già avuto un piccolo male della soglia, poco dopo essere entrato al servizio del suo dom,» ricordò Dana. «Anche se nessuno lo riconobbe come tale. Non è un vero e proprio nedestro, nessuno dei suoi genitori apparteneva ai comyn. I capelli li ha ereditati da qualche lontano parente. Nessuno lo avrà preso in considerazione.»
Mikhail annuì, serio in volto. «Mi ha raccontato qualcosa di simile,» disse, «ma l'effetto del polline potrebbe aver modificato o acuito le sue capacità.»
«Questo è più che probabile,» concordò la Custode. «Il polline può aver liberato altri canali e la tua costante presenza ha fatto il resto.» Mikhail arrossì impercettibilmente, anche se nel commento di Fiona non c'era nessun secondo significato. «Penso sia meglio che venga controllato al più presto. Ogni giorno che passa potrebbe rendere le sue condizioni più precarie.»
Dana annuì, aprendo la bocca come per aggiungere qualcosa, ma si bloccò ancor prima di iniziare. Un'ondata di laran irruppe nella mente di tutti i presenti e, prima che gli altri potessero dire nulla, la Rinunciataria si precipitò verso l'entrata della Torre, per impedire che Illa facesse troppo male a Shonnach.
Arrivò nel salone nello stesso momento in cui le lame venivano snudate. Illa e Shonnach si stavano fronteggiando con aria risoluta e, tenendosi a debita distanza, Damon e Anndra erano accorsi per tentare di evitare una strage.
«Nessuna delle due ha intenzione di portare a termine quello che ha cominciato,» la voce di Dana era fredda e severa, un debole tentativo per impedirsi di mettersi a ridere.
Nonostante tutto trovava la situazione abbastanza comica, soprattutto le espressioni realmente preoccupate dei due uomini che in teoria, sarebbero dovuti intervenire come pacieri.
«Quella non può entrare qui dentro come fosse la sua tana!» Shonnach puntò la spada alla gola di Illa, che si limitò a fissarla con noncuranza, mentre rinfoderava la propria.
«Torna da Renaldo,» disse invece Dana, rivolgendosi a Illa e ignorando completamente la Sorella. «Manolo e Mikhail verranno a prenderlo il prima possibile, per accompagnarlo qui.»
Illa annuì in silenzio, lanciando uno sguardo di sbieco a Shonnach. Doveva immaginare che stessero già organizzando qualcosa, ma la sua preoccupazione aveva avuto la meglio.
"Fate in fretta," disse semplicemente allontanandosi nuovamente verso la locanda. "Non so quanto potrà resistere ancora..."


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Renaldo si risvegliò dopo un sonno agitato. Ricordava di essere rientrato allo Scoundrel e di aver parlato con il suo capo, che gli aveva intimato di non muoversi. Poi, come frammenti di un incubo, ricordava che Mikhail e quell'energumeno troppo cresciuto a cui l'Ardais faceva sempre gli occhi dolci erano entrati nella stanza, lo avevano caricato di peso sulle loro spalle e lo avevano trascinato via con loro.
Infine il silenzio più totale, percepito sia con le orecchie che con la mente, e la sensazione che qualcosa fosse stato introdotto a forza nella sua bocca... un liquido caldo che gli aveva bruciato la gola mentre scendeva... dopo, il nulla.
Il mercenario aprì gli occhi con cautela. Non riconobbe la stanza in cui si trovava, ma la presenza di Mikhail, seduto vicino al fuoco e intento a leggere una vecchia pergamena, lo tranquillizzò.
Tornò a chiudere gli occhi. Anche se non sentiva più male alla testa, aveva ancora la sensazione che tutto attorno a lui girasse vorticosamente. Solo restare sdraiato e con gli occhi chiusi sembrava fargli passare quel senso di vertigine.
«Va un po' meglio?» la voce di Mikhail risuonò più vicino e Renaldo percepì il peso del corpo del compagno che si sedeva accanto a lui. «Non parlare,» continuò Mikhail. «Di certo sei ancora tutto scombussolato. La droga che ti ha dato Dana ha ridotto i sintomi, ma non sei ancora del tutto a posto.»
Renaldo sapeva di doversi preoccupare. Chissà a quali stregonerie lo avevano sottoposto, ma il fatto che fosse stata Dana a dargli da bere quello che gli era sembrato un veleno, lo tranquillizzò un poco. Sospirò sonoramente e cercò con la mano quella di Mikhail.
«Non ti abbiamo fatto ancora nulla,» lo tranquillizzò Mikhail, stringendo la mano di Renaldo. «Stiamo aspettando che tu stia un po' meglio.»
"Se continuerai a disturbarlo, non si riprenderà mai," la voce di Dana risuonò nelle menti di entrambi pochi istanti prima che facesse il suo ingresso nella stanza. «Dovresti stare fuori di qui e dovrebbe essere attivo uno smorzatore.»
«Dove sono?» chiese alla fine Renaldo, senza aprire gli occhi.
Dana si chinò su di lui, controllandolo rapidamente e lanciando un'occhiata di rimprovero a Mikhail.
«All'ultimo piano della Torre,» rispose, «in una delle stanze che utilizziamo per tenere separati dagli altri i giovani che vengono colpiti dal malessere della soglia.»
Renaldo sorrise. «Sono un po' vecchio per questo, allora.»
«Colpa del vento fantasma,» Dana versò una piccola dose di raivannin in un bicchiere e costrinse Renaldo a berla. «Non fare tutte quelle smorfie, hai bevuto cose peggiori.»
«Cosa avete intenzioni di farmi?»
«Controllarti e darti una matrice, se Fiona lo riterrà opportuno.»
«Dovrai stare qui fino a quando non avrai imparato ad usarla,» lo minacciò Mikhail.
Renaldo aprì un occhio, fissando il compagno con aria di sfida, prima di cadere nuovamente addormentato.


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Dana stava tornando verso la serra quando il richiamo mentale di Fiona la raggiunse. Rapidamente la Rinunciataria risalì le scale e entrò nel salottino della Custode, dove la donna e Loreena la stavano aspettando.
«Come sta il nostro ospite?» chiese Fiona, invitandola a sedersi.
«Meglio. In serata avrà completamente smaltito i postumi del malessere,» Dana evitò di posare lo sguardo sulla figura ammantata di rosso seduta accanto a Fiona. Vedere Loreena paludata in quel modo le dava un senso di disagio e, da quando la giovane aveva preso la decisione di seguire l'addestramento da Custode, era sempre più difficile mantenere un atteggiamento neutrale per non influenzarla o turbarla con le proprie emozioni. «Non appena sarai pronta, potrà essere controllato senza problemi.»
Fiona annuì. «Credi che potrebbe fare resistenza, sapendo che non sono io a fare il controllo?»
Dana guardò la giovane. «Credo che Renaldo sarà più preoccupato per il controllo in sé, per notare chi lo eseguirà.»
«Allora direi che aspettare ancora un giorno sia la cosa migliore,» si voltò verso Loreena. «Lui potrà riprendersi ancora un po' e avrò tempo di preparare Loreena.»
Un lieve bussare, accompagnato da un discreto richiamo telepatico, distrasse le tre donne. Manolo si era avvicinato alla porta e, ad un cenno affermativo di Fiona, la aprì per far entrare Mikhail.
«Fiona, abbiamo un problema,» disse a mo' di saluto l'Ardais, sedendosi vicino a Dana. «O meglio... tu potresti avere un problema.»
«Che genere di problema?» chiese Loreena, il tono lievemente preoccupato.
«Loreena controllerà Renaldo,» spiegò brevemente Fiona. «Quale problema, Mikhail?»
Il comyn si voltò per un attimo a guardare la Rinunciataria, che lo stava osservando con curiosità. «Neppure tu ne sai nulla?» chiese sorpreso.
«Sapere cosa?» chiese Dana, perplessa.
«Mikhail...»
«Sì, Fiona,» Mikhail sospirò piano, mettendosi comodo. «Dopo che Dana gli hai dato il raivannin si è addormentato subito, ma ha cominciato a sognare. Non so quanto ci sia di vero... ma sembra che abbia fatto una scommessa con Illa e, se lui si fosse mai fatto controllare, lei lo avrebbe dovuto seguire...»
«Illa?» chiese Dana, il tono non troppo sorpreso.
«Illa.»
«Dovrò portala qui legata.»
«Dici che è vero?» chiese Fiona, con un lieve senso di inquietudine provocato dall'immagine che le parole di Dana avevano evocato.
«Può essere,» rispose dubbiosa Dana. «Nessuno dei due si è mai mostrato propenso ad entrare in una Torre per farsi controllare, ; è probabile che si siano sfidati a vicenda, nella remota eventualità che questo accadesse.»
«Perché pensi che questo sarà un problema?» Loreena aveva assunto nuovamente un tono freddo e controllato.
Dana si strinse nelle spalle. «Non credo che lei sarà facile da controllare, ma non darà problemi per quello che riguarda Renaldo. Non penso sia necessario che entrambi vengano controllati nello stesso momento... anzi! Se prima vi occuperete di Renaldo, poi lui potrà prendere Illa e portarla qui perché facciate lo stesso con lei.»
«La fai sembrare una cosa facile,» ribatté Mikhail.
«Portare qui Illa sarà la cosa più facile,» continuò Dana. «Ma il suo laran non è... comune. Deve avere a che fare con il sangue che ha ereditato dal Popolo Gatto...» fece una pausa, cercando di far capire alle due Custodi a cosa si stava riferendo, trasmettendo una sorta di eco del contatto ormai permanente che la legava alla mercenaria. «Credo che vi divertirete... vado ad avvisarla!» concluse, alzandosi e congedandosi dal gruppo.
Mikhail la guardò uscire, scuotendo la testa con aria di disapprovazione. «Quella donna è pazza...»


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«Tu sei pazza!» gli avventori serali dello Scoundrel si voltarono a guardare Illa, distogliendo immediatamente gli occhi non appena lei rivolse un'occhiataccia in giro.
«Qualcosa non va?» Alar si era avvicinato di soppiatto, improvvisamente interessato alla conversazione tra le due donne.
«No, Alar,» il tono di Dana era, come sempre, calmo e tranquillo, per nulla turbata dallo scatto d'ira della compagna. «Il tuo ex capo ha fatto una scommessa con Renaldo,» spiegò poi, quando Alar decise che era giunto il momento di prendersi una pausa, accomodandosi al loro tavolo. «Quando uno dei due fosse stato costretto a farsi controllare da una leronis, l'altro avrebbe fatto lo stesso.»
«Non è andata affatto così...» sibilò Illa, avvicinandosi minacciosamente alla Rinunciataria. «Io ho solo detto che mi sarebbe piaciuto assistere, quando quella testa bacata di Renaldo sarebbe stato costretto a farsi controllare! Io...»
«... non ho il laran...» conclusero in coro Alar e Dana.
«Lo sappiamo, Illa,» continuò il locandiere. «Ma, secondo te, la tua cara breda rinuncerà così facilmente all'opportunità di vederti tra le grinfie della sua Custode?»
Dana si strinse nelle spalle. «Sono anni che convivo tranquillamente con questa testa dura,» rispose, sorridendo a Illa. «Non sarebbe male che si facesse dare uno sguardo, specialmente dopo quello che è capitato con il vento fantasma.»
Le orecchie di Alar tornarono a drizzarsi. «Perché?» chiese, interessato. «Cosa è capitato... ?»
Dana distolse lo sguardo da Illa, per fissare intensamente l'ex mercenario negli occhi. «Potrei anche raccontartelo,» disse, sussurrando piano, avvicinandosi. «Ma solo se tu racconterai a me cosa è capitato a te...» Alar sentì il sangue defluire completamente dal proprio viso. «Ci sono voci che circolano... voci insistenti che insinuano che tra il nostro solo e unico locandiere... e la Vedova...»
Alar si alzò di scatto, rischiando di far rovesciare lo sgabello su cui era seduto. «Sei una bastarda come tutta la tua famiglia!» esclamò, allontanandosi, lanciando occhiate di fuoco a tutti quelli che stavano ridacchiando al suo indirizzo.
Dopo la fuga di Alar, le due donne rimasero in silenzio per qualche minuto. Illa sapeva che continuare era inutile e Dana, consapevole di questo, non voleva insistere oltre. Era più che certa che, nel momento in cui Renaldo avrebbe varcato la porta dello studio della Custode, Illa sarebbe stata a pochi passi da lui, come a vegliare sulla buona riuscita del controllo.
Un leggero richiamo mentale distolse Dana dai suoi pensieri. Illa indicò con un cenno del capo la porta dello Scoundrel, dove Mikhail si era fermato a scrutare gli avventori. L'Amazzone rivolse un cenno interrogativo alla compagna, che sospirò annuendo.
"Mikh," l'Ardais si voltò verso l'origine del richiamo e si diresse verso di loro.
«Mestre,» si inchinò leggermente, «non ho intenzione di disturbarvi... Dana, volevo solo chiederti una cosa...»
«No,» fu la secca risposta della donna, ancor prima che Mikhail potesse andare oltre.
«Come sarebbe a dire?» chiese l'uomo, perplesso.
Dana sospirò, facendogli cenno di sedersi. «Non ti darò il permesso di restare con Renaldo, non adesso che si è ristabilito. Ho già fatto un'eccezione mentre era ancora preda del malessere, visto quanto eri preoccupato.»
Il volto di Mikhail si indurì, in risposta alle accuse insite nelle parole della donna. «Non siamo due adolescenti che non riescono a controllarsi,» disse piano, la voce fredda e tesa. «Credi che non sia in grado di stargli accanto senza fare nulla di compromettente
Dana abbassò lo sguardo, cercando le parole più adatte per spiegarsi. «Sono certa che non fareste nulla del genere, Mikh. Ma le condizioni di Renaldo restano precarie. Normalmente questo non accade nei maschi,» alzò una mano per bloccare le proteste del comyn, «ma lui è un adulto e non è facile mantenere in equilibrio i diversi tipi di impulsi che il suo corpo riceve. Le sue reazioni sembrano essere più simili a quelle di un sistema femminile e non so se la cosa sia naturale o meno... difficilmente un uomo della sue età cade preda del malessere della soglia.»
Mikhail rimase in silenzio, rimuginando su quello che aveva appena detto Dana. Sua nonna diceva sempre che qualunque cosa, che sia una malattia o i postumi di un incidente, sono sempre peggiori quando capitano da adulti. La ripresa è più lenta e, nonostante il corpo sia più forte, il rischio di ricaduta è maggiore.
«Dopo che avranno fatto il controllo?»
Dana si strinse nelle spalle. «Credevo che ti saresti offerto volontario per spiegare a Renaldo come comportarsi con il suo nuovo... potere...» Illa alzò gli occhi al cielo, restando però prudentemente in silenzio.
Mikhail lanciò un rapido sguardo in direzione della mercenaria. «Per quanto rimarrete?» chiese poi. «Ormai i passi sono aperti, presto arriveranno anche gli altri...»
Illa si strinse nelle spalle. «Dipende da cosa hanno trovato da fare a Caer Donn,» rispose la donna, agitandosi nervosamente sulla sedia. «Non ci siamo accordati su quando rivederci.»
Dana trattenne a stento un sorriso. "Illa è sempre a disagio quando deve parlare della sua banda," inviò direttamente a Mikhail. "Se fosse per lei, non comunicherebbe i suoi piani neppure a Bertrand e Renaldo, che da sempre sono i suoi luogotenenti."
«Smettetela di parlare di me come se non ci fossi!»
«Non puoi sapere cosa ci stiamo raccontando, breda,» commentò ironicamente Dana. «Tu non hai il laran, ricordalo!»
Mikhail si voltò verso il bancone, sia per ordinare ad Alar qualcosa da mangiare che per non farsi vedere dalla mercenaria mentre cercava di trattenere le risa. Non sarebbe stato educato e, soprattutto, salutare, ridere di lei in pubblico.
«Sai già per quando è previsto il controllo di Renaldo?» chiese Illa, assumendo un'espressione offesa e rivolgendosi a nessuno in particolare.
«Dopodomani,» rispose Dana. «Così almeno ha deciso Fiona... se non intervengono problemi nel frattempo, ovviamente...»
Mikhail ignorò la frecciata, aspettando che Alyson depositasse la sua ordinazione e si allontanasse nuovamente dal tavolo, prima di rispondere. «Me ne starò buono, buono dentro la mia stanzetta. Cercando di non pensare neppure a quel povero ragazzo... tutto solo tra le grinfie di Shonnach.»
Dana si alzò, facendo cenno a Illa di seguirla. «Almeno i suoi canali saranno limpidi e puliti come quelli di un bambino.»


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Renaldo non ricordava di aver salutato o meno Mikhail, quando Shonnach era arrivata a dargli il cambio. Dal tono della conversazione intercorsa tra i due, Renaldo aveva avuto come il sospetto che a Mikhail fosse stato vietato l'ingresso nella stanza almeno fino al controllo. Non capiva perché, ma, vista l'espressione poco amichevole della Rinunciataria, non aveva nessuna intenzione di indagare.
Rimase in silenzio a fissare il baldacchino che sormontava il letto e si perse nelle decorazioni del drappeggio. Stava sicuramente meglio, ma tutte le volte che sentiva il comyn vicino poteva avvertire una sorta di tensione salire all'interno del proprio corpo.
Quando aveva lavorato al soldo degli Hastur, aveva visto molti ragazzi in preda al malessere della soglia e, quando tornavano alla tenuta dopo l'anno trascorso nelle Torri, si raccontavano delle diverse sensazioni che avevano provato. Lo facevano sempre davanti agli uomini, utilizzando mezze frasi o allusioni, solo per il gusto di vedere quei soldati rozzi e pericolosi tremare come ragazzine davanti ai racconti del risveglio dei poteri, trasmessi loro direttamente dagli Dei.
Sapeva di essere un nedestro, anche se non direttamente. La sua bisnonna, si diceva, era stata l'amante di uno dei vecchi Dom. L'uomo l'aveva messa incinta, ma il figlio non aveva mostrato nessuna delle caratteristiche degli Hastur. Avevano atteso fino allo sviluppo, ma quello che sarebbe diventato suo nonno non aveva mostrato neppure una traccia di poteri laran e, come previsto, il clan degli Hastur si era completamente dimenticato di lui e della sua famiglia.
Renaldo si rigirò nel letto, cercando di ignorare l'occhiataccia di Shonnach e il rapido controllo eseguito sulle sue condizioni.
"Possibile che quella donna non sia in grado di rilassarsi neanche un po'?" si chiese, pentendosene subito dopo.
«Se dovesse capitarti qualcosa, Dana non mi perdonerebbe,» rispose Shonnach, per nulla colpita dal pensiero dell'altro. «Mikhail starà fuori da qui, almeno fino a quando non ti avranno controllato,» continuò, rispondendo ai dubbi inespressi dell'altro. «Basta poco per mandare in sovraccarico il tuo sistema di canali... il solo pensiero ne ha intasato una parte, prima, se fosse sempre qui passeremmo tutto il tempo libero a rimediare i danni.»
Renaldo arrossì. «Senza peli sulla lingua, mestra...»
La Rinunciataria si strinse nelle spalle. «E' un problema? Dovresti esserci abituato, con quel...» si interruppe prima di pronunciare qualche termine troppo offensivo, «... con il tuo capo.»
Il mercenario ridacchiò, per nulla offeso dall'immagine che era apparsa nella sua mente. «Originale,» commentò, sbadigliando. "Dovrò ricordarmi di suggerirla a Bertrand..." pensò, un istante prima di addormentarsi.


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Loreena osservava con reverenziale timore gli oggetti che Fiona stava sistemando su un piccolo tavolino, posto al centro del suo studio privato. La Custode le aveva spiegato quello che avrebbe dovuto fare l'indomani, come controllare Renaldo e quale sequenza di prove utilizzare per valutarne la potenza e le capacità attive. Era la prima volta che si cimentava in un vero controllo e il pensiero la inquietava. Sapeva che Fiona sarebbe stata accanto a lei e che, in realtà, non era affatto una cosa complicata, ma si sentiva come messa alla prova e non voleva fallire...
«Mi stai ascoltando?» la voce, unita ad una leggera scossa laran, la fece sobbalzare.
«No, Fiona,» la ragazza arrossì, protetta dal velo cremisi. «Stavo pensando...»
La Custode le fece cenno di sedersi davanti a lei, nella poltrona che avrebbe ospitato Renaldo. La giovane Custode sollevò il velo dal viso, per guardare la sua insegnante senza ostacoli tra loro.
«Cosa ti preoccupa?» chiese Fiona, sondando superficialmente le emozioni della ragazza. «La procedura e le tecniche che utilizzerai le hai già provate in precedenza. Hai visto come ho controllato Diotima, solo pochi giorni fa. Non è stato molto diverso da quello che tu farai con Renaldo.»
Loreena si sentì arrossire, avvampando ulteriormente al pensiero di essere vista da Fiona in quello stato di debolezza.
«Allora, cosa ti preoccupa?» tornò a chiedere Fiona, con tono più insistente e, per un istante, Loreena ebbe come la certezza che la donna sapesse già la risposta alla domanda appena formulata.
«Io...» abbassò gli occhi, fissando le bruciature che deturpavano i suoi polsi e le mani. «Credo di aver paura di deludere Dana...» disse con un filo di voce.
Fiona sospirò, cercando di ricordare come fosse stata lei stessa all'età di Loreena. Nessuno si era opposto al suo addestramento con la stessa tenacia mostrata da Dana nei confronti di Loreena. Anzi... nessuno si era neppure fatto avanti per cercare di dissuaderla.
Loreena aveva potuto decidere cosa fare e, quando aveva preso la sua decisione, Dana si era ritirata in buon ordine, cercando di non far pesare alla ragazza la scelta fatta.
«Penso non ci sia nulla di cui vergognarsi,» disse alla fine Fiona. «Dana sa che è il tuo primo controllo e sa quanto la tensione possa essere controproducente in situazioni come questa.» Loreena annuì, apparentemente rasserenata. «Se pensi che il legame esistente tra Renaldo e Dana possa essere un ostacolo,» riprese la Custode, «allora posso eseguire io il controllo.»
«Ma, Fiona...» la Custode alzò una mano, per impedirle di andare oltre.
«Ci saranno altri telepati da controllare,» continuò Fiona. «Ragazzi al loro primo malessere, persone che non avranno per te una componente personale così deconcentrante come sembra avere invece Renaldo.»
Loreena abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto accettare la scappatoia offertale da Fiona, ma avrebbe solo dimostrato la sua debolezza, non solo alla Custode ma anche a Dana.
«Farò io il controllo,» disse rialzando lo sguardo. «Non fallirò!»
Fiona annuì, trattenendo un sorriso compiaciuto. «Allora andiamo avanti... spiegami come utilizzerai questi oggetti.»


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Illa aveva passato la notte in bianco, restando seduta davanti al piccolo caminetto o camminando nervosamente per la stanza. Al principio Dana aveva cercato di calmarla, ma aveva rinunciato non appena Illa si era girata verso di lei, minacciandola di tenerla sveglia fino al mattino se non la smetteva con i suoi trucchetti.
La Rinunciataria aveva sbuffato, borbottando qualcosa mentre si girava, dando le spalle alla mercenaria. Illa aveva compreso benissimo le parole, trasmesse anche con il pensiero, ma non aveva nessuna intenzione di dare soddisfazione alla compagna. Facendo più rumore del necessario, si era sistemata davanti al fuoco e si era versata una generosa dosa di firi. Avrebbe atteso l'alba a modo suo e non le importava se le sue condizioni non sarebbero state perfette.
Dopo pochi minuti aveva cambiato idea e, controllando spesso che Dana dormisse veramente, aveva trascorso le ore che la separavano dal supplizio passeggiando nervosamente e inveendo contro i parenti di Renaldo. Quando finalmente era giunta l'ora del risveglio, Dana si era ritrovata con Illa raggomitolata contro la sua schiena, aggrappata alla sua veste e con la propria matrice stretta in pugno.
«Breda?» La mercenaria ripose con un mugolio. «E' ora di alzarsi,» insistette Dana, cercando di liberarsi della compagna. Illa si strinse ancor di più alla donna, circondandole la vita con le braccia e avvinghiandosi alle sue gambe. «Illa,» Dana si girò a fatica, lasciando che la mercenaria si acciambellasse al suo fianco, sempre stretta al suo corpo. «E' ora di alzarsi,» ripeté a voce più alta, accompagnando il messaggio con qualche punzecchiatura mentale. «Se non andiamo, non ci aspetteranno e a te toccherà comunque vedere Fiona... non vorrai deludere Renaldo...»
«Quel dannato nedestro,» borbottò tra i denti Illa. «Non poteva essere nipote di un bandito delle Terre Aride, come quel bastardo di Alar, invece che di un comyn
Dana non riuscì a trattenere una risata, divincolandosi dalla stretta e alzandosi. «Chi ti dice che un predone delle Terre Aride non possa avere il laran?» chiese alla compagna, mentre ravvivava il fuoco e metteva a scaldare un po' di acqua.
"Bak'ha!" fu la risposta di Illa, proiettata direttamente nella mente della Rinunciataria. «Quanto dovremo stare la dentro?» chiese poi, stiracchiandosi.
Dana controllò la temperatura dell'acqua e ne versò un po' dentro un basso bacile, preparandosi per le abluzioni del mattino. Illa si avvicinò a lei, sedendosi con le spalle al camino, osservando attentamente ogni suo movimento.
«Non credo ci metteranno tanto,» rispose poi. «Renaldo non è così dotato come il malessere lascerebbe intendere. Basteranno pochi minuti e sarà fuori...» Illa sollevò lo sguardo, fissandolo su quello della compagna, «... con te sarà tutto un altro discorso.»
Illa le sorrise divertita. «Non sarai preoccupata?»
«Non proprio,» rispose Dana, indossando i vestiti e controllando con cura il pugnale e il coltello, prima di riporli nei rispettivi foderi. «Non voglio che decidano di usarti per qualche strano esperimento...»
Illa non sembrò particolarmente preoccupata. «Cambierebbero idea dopo qualche ora, non sono ancora pronti.»
«Neanche tu,» le fece notare Dana, sollevata dal cambiamento di umore della compagna.
«Inizia ad ordinare la colazione, Alar deve dare il meglio di sé stamattina!»
«Allora è meglio che chieda ad Alyson...»
La risata della mercenaria la accompagnò fino all'entrata nella taverna.


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La colazione fu rapida e, meno di un'ora dopo, le due donne stavano già varcando la porta della Torre, trovando Mikhail, comodamente seduto sulle scale, ad attenderle.
«Sei qui per farci da scorta?» chiese divertita Dana, mentre il comyn si alzava e le precedeva in silenzio lungo la scalinata.
«No... cercavo compagnia, ma tutti sembrano avere cose più importanti da fare, che non passare due minuti con un loro vecchio amico.»
«Shonnach non ti ha fatto entrare?»
«Scherzi? Ha portato Renaldo da Fiona trasportandolo con il pensiero!» si fermarono davanti alla porta che dava accesso al salottino privato della Custode, rimanendo in attesa di un cenno dall'interno. «Non li ho neppure visti uscire dalla stanza.»
«Lo avrà fatto passare da una finestra,» commentò Illa, «Manolo l'avrà aiutata con piacere.»
L'immagine evocata dalla mercenaria fece sorridere i due telepati. Conoscendo Shonnach, non era un'ipotesi da escludere. Mikhail stava per replicare quando la porta si aprì e Damon comparve sulla soglia.
«Loreena ha appena iniziato il controllo,» disse, spostandosi quel poco che bastava per farli entrare. «Dovrete aspettare qui fino a quando non avrà terminato.»
«Non avevamo intenzione di fare altrimenti, Damon,» commentò Mikhail, sedendosi sulla poltrona di Fiona e studiando le bottiglie di liquore posate sul tavolino accanto ad essa.
«Attenderemo con pazienza il nostro turno...» borbottò Illa, guardandolo storto. «Non faremo nulla per creare confusione.»
Damon passò lo sguardo su ognuno di loro, come per valutare la veridicità delle loro parole, poi rientrò nella stanza che faceva da anticamera alla saletta dove Loreena e Fiona stavano eseguendo il controllo.
«Ma sono sempre così, quando devono fare queste cose?» chiese Illa, veramente incuriosita.
Mikhail si strinse nelle spalle, versandosi una generosa dose di firi e facendo cenno alle due donne, che rifiutarono l'offerta. «Quasi sempre,» rispose. «Per Damon è la creazione di un nuovo mattone per la sua comunità di telepati.»
«Allora, questa volta, si troverà con poco più di un sassolino,» replicò Illa, agitandosi sul divanetto su cui si era seduta. «Renaldo non si fermerebbe mai in un posto come questo...» si voltò verso Mikhail un istante dopo aver parlato, ma l'espressione del comyn non era per niente ostile.
«So benissimo che Renaldo non accetterebbe di lasciare la sua... occupazione,» rispose Mikhail, sorridendo forzatamente. «Siamo entrambi troppo vecchi per cambiare pelle.»
«Non credo che ti vorrei nella mia banda,» disse seriamente Illa, fissandolo negli occhi. «Parla già abbastanza Bertrand... non sarei in grado di sopportare un altro strambánach che non sta mai zitto.»
«Un strambánach?» chiese incuriosito Mikhail.
«Non vuoi saperlo,» rispose Dana, ridacchiando. «Posso assicurartelo.»
Il comyn stava per ribattere quando la porta dell'anticamera si aprì nuovamente.
«Fiona vuole parlare con te, Mikh,» disse Damon, facendo capolino. «E' andato tutto bene,» aggiunse poi, prima di rientrare, «presto Fiona vi chiamerà...»
Dana e Illa si scambiarono uno sguardo rassegnato e, di comune accordo, decisero di passare il tempo sorseggiando quel firi che prima avevano rifiutato.


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Renaldo era seduto su una poltroncina, davanti a Loreena. Si voltò quando sentì aprirsi la porta e sorrise a Mikhail. Il comyn si avvicinò e si mise al suo fianco, saggiando piano la resistenza della sua mente, ricevendo un debole segnale di risposta.
«Come previsto, Renaldo non ha molto laran,» iniziò Fiona, richiamando telepaticamente Mikhail per avere la sua attenzione. «Loreena è riuscita comunque a farlo sintonizzare su una matrice, poco più di una scheggia. Adesso dovrà imparare ad interagire con essa, in modo da controllare quel poco di telepatia che si è risvegliata in lui.»
Mikhail annuì seriamente, continuando a guardare di sottecchi il mercenario. «Posso farlo io,» disse dopo qualche secondo. «Non credo sarà una cosa difficile.»
«Sono d'accordo,» commentò Fiona, alzandosi. «Credo che la tortura, per quello che vi riguarda, sia finita, mestru Renaldo.»
Il mercenario si inchinò leggermente, alzandosi a sua volta. «Vai leroni,» si voltò verso Mikhail, che annuì, indicandogli la porta con un breve cenno mentale.
«Ti mando Dana?» chiese Mikhail, prima di uscire.
«Solo qualche minuto, Mikh,» fu la risposta. «Dobbiamo discutere di un paio di cose, prima di controllare Illa.»
La Custode attese che i due uomini fossero usciti, poi si rivolse direttamente a Damon e Loreena, che la stavano guardando con apprensione.
«Non credo sia il caso che voi rimaniate,» disse, passando lo sguardo dall'uno all'altra. «Non so cosa potrò trovare, nella mente di quella donna. Quando Dana mi ha mostrato il modo in cui si sono collegate, dopo il vento fantasma, ho percepito una mente quasi aliena, che fuggiva ad ogni contatto che non provenisse da Dana...»
«Se la cosa può essere pericolosa, allora è meglio che restiamo,» la interruppe Damon, ricevendo un cenno affermativo da parte di Loreena, che aveva ripreso fiducia dopo il controllo appena eseguito.
«Se si sentisse presa in gabbia o al centro di troppe attenzioni, credo che reagirebbe anche peggio,» riprese Fiona, lanciando uno sguardo di rimprovero ai suoi telepati. «Se saremo solo io e Dana si sentirà al sicuro. Voi resterete nel salottino di Damon, abbastanza vicini da intervenire in caso di necessità, ma abbastanza distanti da non creare interferenze.»
Nessuno dei due trovò da replicare alle parole della Custode e, dopo aver sistemato gli oggetti che sarebbero stati necessari al controllo, uscirono in silenzio dalla saletta.


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«Smettila di chiedere come è andata,» Renaldo era uscito dallo studio di Fiona da solo pochi minuti e Mikhail gli aveva fatto la stessa serie di domande almeno una mezza dozzina di volte. «Dammi il tempo di raccontartelo, almeno! Mi ha fatto vedere una delle vostre pietre e la testa sembrava che volesse esplodermi.»
Mikhail stava per aprire nuovamente la bocca, per un'ennesima domanda, quando Dana lo fermò con un cenno deciso. Renaldo la guardò con riconoscenza e riprese a raccontare, senza ulteriori interruzioni.
«La Custode giovane ha fatto varie prove e poi mi ha dato una pietruzza che riuscivo a guardare senza troppi problemi. Dopo un po' mi è sembrato di stare meglio, riuscivo a seguire i movimenti all'interno della pietra. Mi ha spiegato come controllarla e poi mi ha fatto vedere un vetro con incastonate delle pietre e mi ha chiesto se ero in grado di farle illuminare... ma non sono riuscito a fare nulla. Ha fatto un tentativo con degli oggetti, per vedere se riuscivo a spostare qualcosa col pensiero... ma nulla...»
«Non sei un gran telepate,» commentò Illa, l'umore sempre più nero. «Tutta questa confusione, per nulla.»
Dana la guardò, cercando di mantenere l'espressione seria. «Vedremo cosa sarai capace di fare tu, breda,» disse, rivolgendosi poi Renaldo. «Dopo che ti ha consegnato la matrice, ti ha detto cosa avresti dovuto fare?»
Il mercenario scosse il capo, negativamente. «La giovane stava per farlo, ma la Custode ha detto che ci avrebbe pensato Mikhail, così sarebbe stato impegnato e tranquillo per un po'.»
Il comyn si alzò di scatto. «Anche durante un controllo si permettono di prendermi in giro?» chiese, con tono offeso. «Se io adesso non stessi al gioco?» Si voltò, trovandosi a fissare Renaldo che lo guardava tra il divertito e il preoccupato. «Non fare finta di essere impensierito,» lo redarguì Mikhail. «Sai benissimo che anche se non lo facessi io, ci penserebbe Dana ad spiegarti tutto. Anche più rapidamente di me.»
«Non voglio delle lezioni rapide,» gli fece notare Renaldo, parlando seriamente. «Prima che lo dica il mio capo, io sono uno zuccone; ti ci vorrà molto impegno per farmi comprendere tutto quello che serve. Come fare in modo che nessuno di voi possa capire quello che penso quando ti guardo, ad esempio...» Mikhail deglutì a vuoto, percependo chiaramente i pensieri trasmessi dal mercenario.
«Potete anche tornarvene nella stanza isolata,» commentò distrattamente Dana, alzando le proprie barriere. «Almeno fino a quando non gli insegnerai un po' di educazione.»
Mikhail stava per ribattere, quando Manolo fece capolino dalla porta. «Sembra che tocchi a voi,» disse piano il comyn.
«Vi aspettiamo qui,» aggiunse Renaldo.
Illa si alzò, l'espressione di un condannato a morte stampata sul volto. «Non importa... sarà una cosa rapida...» deglutì a fatica, cercando di mostrarsi fredda e determinata. «Ci vediamo da Alar...»
Dana annuì alle parole della compagna, seguendola all'interno della stanza dove Fiona le stava aspettando. «Se qualcuno avrà bisogno, lo verrete a sapere subito, ovunque siate.»
Mikhail e Renaldo rimasero in silenzio fino a quando la porta non si fu chiusa alle spalle delle due donne.
«Voleva tranquillizzarci?» chiese perplesso il mercenario.
«Non ne ho idea,» rispose Mikhail, sedendosi sul divanetto, imitato dal compagno. «Ma preferisco aspettare...»


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Fiona, seduta sulla sua poltrona, aveva atteso pazientemente che Illa entrasse e si sedesse davanti a lei. Dana l'aveva spinta dentro, ma la mercenaria sembrava restia a fermarsi e accomodarsi dove le era stato indicato. La Custode percepiva una cacofonia di emozioni che si mescolavano senza un ordine logico e si chiese, senza lasciar trasparire nulla all'esterno, come facesse Dana a sopportare un simile carico di emozioni.
«Illa, siediti,» disse la Rinunciataria, intercettando lo sguardo di Fiona, nei cui occhi poteva leggere una discreta dose di curiosità ma anche una crescente impazienza. «Lì...» spinse la compagna verso la sedia che la stava aspettando.
La mercenaria di sedette, agitandosi per un po' sulla sedia, fino a quando Dana non forzò il suo nervosismo costringendola a calmarsi.
«Così falserai il controllo,» le fece notare Fiona. «Già sarà complicato a causa del legame che si è creato tra di voi durante il vento fantasma...»
Illa alzò di scatto la testa, fissando la Custode con sguardo freddo. «Fate quello che dovete,» disse gelidamente. «Prima esco di qua, meglio sarà...»
Fiona lanciò un'occhiata in tralice a Dana, ferma accanto alla finestra, alle spalle della compagna. La Rinunciataria si strinse nelle spalle, incrociando le braccia e chiudendo la propria mente, riducendo al minimo ogni possibilità di contatto con Illa.
«Adesso rilassati,» disse Fiona alla mercenaria, cercando di saggiare la superficie della sua mente, «non farò nulla che tu non voglia. Cerco solo di capire quali sono le tue capacità.» Estrasse da un sacchetto una piccola matrice, di poco più grande di quella che Renaldo aveva mostrato loro. «Prova a fissare questa pietra e dimmi quello che provi.»
Illa lanciò uno sguardo alla pietra, stringendosi nelle spalle. «Nulla... non serve...» Fiona la guardò interrogativamente. «Voglio dire che ho già una pietra come quella,» infilò una mano sotto la camicia, estraendo un piccolo sacchettino. «Sono anni, ormai...»
Fiona alzò lo sguardo, fissando Dana con evidente stupore. «Non le avrai dato una matrice? Senza un controllo o un addestramento!»
Illa si alzò in piedi di scatto, senza dare il tempo alla compagna di rispondere. «Dana non mi ha dato nulla. Ho questa pietra da quando sono entrata nella banda dell'uomo che mi ha cresciuta.»
«Come è possibile?» l'attenzione della Custode tornò a focalizzarsi sulla piccola mercenaria.
«Era incastonata in un pugnale,» Illa tornò a sedersi, i muscoli ancora irrigiditi dalla tensione. «Dana si è accorta che era una matrice solo quando le ho raccontato che non riuscivo a liberarmene, nonostante fosse ormai inutilizzabile come arma. Allora l'ho tolta dall'elsa e da allora me la porto dietro. Non ha mai neppure tentato di spiegarmi come usarla... la tengo qui,» indicando il sacchetto, «solo perché lei mi ha detto che potrebbe essere pericoloso indossarla in altro modo.»
Fiona annuì, cercando di seguire e interpretare le emozioni della donna. Sembrava che non esistesse una struttura nell'utilizzo dei pensieri e del laran della mercenaria. Era solo un'insieme di emozioni e di reazioni istintive all'ambiente che la circondavano. Qualcosa che un empate poteva leggere e forse rispondere, ma che un telepate normale non sarebbe riuscito neppure ad interpretare.
«Posso?» chiese, allungando una mano.
La Custode percepì un rapido contatto mentale tra le due donne e, subito dopo, Illa posò la propria pietra sul palmo di Fiona.
«Ora fissa la tua attenzione sulla pietra e permettimi di leggere nella tua mente.» Non era una procedura normale e, senza il suo permesso, non avrebbe neppure potuto farlo. Forzare la mente ed i pensieri di un altra persona era uno dei crimini più efferati che un telepate poteva compiere nei confronti non solo di un suo simile, ma anche di un qualsiasi atelepate.
Illa sospirò, annuendo. La mercenaria cercò di rilassarsi e, senza neppure pensarci, cercò il contatto con la mente di Dana, sempre presente a poca distanza dalla sua.
Fiona cercò di avanzare nella mente della mercenaria, ma fu come esser immersa nella cacofonia di un mercato: stralci di pensiero si accavallavano tra di loro, sovrapponendosi. Attorno ad essi, una matassa ancor più inestricabile di emozioni. Un intrico di percezioni visive, sonore, olfattive... ogni senso, compresi quelli collegati al laran, sembrava produrre un continuo afflusso di informazioni che si amalgamavano e si traducevano in una sorta di costante eccitazione... Fiona si staccò dal collegamento mentale di colpo, ringraziando gli Dei per la tranquillità che regnava fuori da quella mente.
«Tutto bene?» il tono di Dana sembrava preoccupato.
Fiona annuì, sospirando rumorosamente. «Riproviamo.»
Illa la guardò sorpresa. «Non mi sembrava che steste molto bene, vai leronis...» commentò ironicamente.
«Illa!» il tono di rimprovero di Dana colpì la mercenaria, che sembrò stringersi in se stessa.
«Questa volta resta collegata con lei,» disse Fiona, «voglio vedere se cambia qualcosa.»
Dana annuì, abbassando le barriere e lasciando che la sua mente e quella di Illa tornassero in contatto.
La mercenaria riprese a fissare la matrice e Fiona, con molta più attenzione, iniziò a sondare la sua mente. Quasi con delusione constatò immediatamente che non era cambiato nulla. Il caos era lo stesso, l'afflusso di percezioni continuava a turbinare all'interno di quella mente senza soluzione di continuità.
"Non credo che la mia presenza cambi molto, qui dentro," la voce di Dana risuonò nella mente di entrambe le donne, ricevendo in risposta un ringhio offeso da parte di Illa. "Anche se credo di percepirla diversamente da te."
"Non ho mai incontrato una mente così caotica," fu il solo commento di Fiona. «Gli schemi di pensiero sembrano più simili a quelli di un animale selvatico, che a quelli di un umano.» Concluse a voce, restituendo la pietra a Illa.
Fiona si rilassò, appoggiandosi contro lo schienale della poltrona e servendosi di qualche barretta al miele. Il silenzio calò all'interno della stanza, mentre la Custode riprendeva un po' di energia mangiando.
«E' vero quello che dicono?» chiese Fiona, facendo sobbalzare Illa. «Hai sangue del Popolo Gatto?»
«Dicono che mio padre fosse uno del Popolo Gatto,» rispose tranquillamente la mercenaria. «Non è mai stato un problema, per me.»
«E neppure per Dana,» commentò Fiona, rivolta più a se stessa che alle due donne. «Probabilmente è grazie alla sua empatia che riuscite a comunicare senza troppi problemi. Mi chiedo se qualsiasi altro empate riuscirebbe a farlo...»
Illa si alzò in piedi, inchinandosi leggermente. «Ho rispettato i termini della scommessa fatta con il mio compagno,» disse piano, «ma non intendo essere utilizzata per i vostri studi o i vostri esperimenti. Vai leronis.» Senza attendere risposta, si diresse verso la porta, uscendo senza neppure controllare se Dana la stesse seguendo o meno.
La Rinunciataria fece per seguirla, ma Fiona le fece cenno di fermarsi un istante. «Sai che lasciarla senza addestramento, dopo che si era sintonizzata con una matrice, poteva essere molto rischioso?»
Dana la guardò sorpresa. «Non ho mai avuto il controllo sulle sue azioni,» le fece notare. «Anche se ci conosciamo da quando eravamo bambine, non abbiamo mai trascorso più di qualche settimana assieme... questo è il primo periodo così lungo che passiamo vicine, ferme nello stesso posto.»
«Una volta scoperto questo fatto, avresti potuto fare qualcosa. Sei un monitore addestrato, oltre che una Rinunciataria.»
Dana la fissò, senza tradire nessun tipo di emozione. «Dopo quello che hai visto, pensi veramente che qualcuno possa essere in grado di addestrarla? Con quale sistema, basandosi su quali precedenti?» Il silenzio di Fiona si protrasse qual tanto che bastò a Dana per ritenere conclusa la discussione. «Se mai troveremo il modo di addestrare un rappresentante del Popolo Gatto, andrò personalmente a Corresanti a cercarti un volontario. Ma Illa non sarà la cavia di nessun esperimento.» Concluse, uscendo dalla stanza senza voltarsi.


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«Così, cosa hanno scoperto di nuovo?» Renaldo era riuscito a far tacere Mikhail fino a quel momento. Ma, dopo aver seguito le due donne senza proferire parola e aver atteso pazientemente che una delle due dicesse qualcosa, il comyn non era più riuscito a trattenersi.
«Nulla che già non sapessi,» rispose Illa, trangugiando il bicchiere di firi che aveva davanti in un sol sorso. «La mia mente è più caotica del mercato di Thendara prima del Solstizio.»
«Questo lo sapevamo già, in effetti,» commentò Mikhail, ricevendo una gomitata da Renaldo. «Voglio dire... chiunque sia entrato in contatto con lei non può non aver notato la confusione che ha in testa... un po' come nella tua, sai...»
Renaldo evitò di rispondere, continuando a rivolgere la sua attenzione solo al suo capo. «Altre cose?»
«Dana si è presa la colpa per la mia matrice...»
«Tu hai una matrice?»
«Buono, Mikh,» lo interruppe Renaldo. «Quella del coltello di Ranalt?» Illa annuì. «Ma se l'hai da quando ti conosco!»
«Fiona non mi ha dato la colpa di nulla,» replico Dana, uscendo dal suo mutismo.
«Allora sei così loquace solo perché ti piace la compagnia?» la punzecchiò Mikhail, ricevendo per una volta cenni di assenso da entrambi i mercenari.
«Divergenze di opinione,» fu la sola risposta. «Non è la prima volta e non sarà l'ultima.»
«Cosa voleva fare, Fiona?»
«Nulla di particolare, Mikh. Cercare di addestrarla.»
«Ma... potevi raccontarle di quella volta che hai avuto la fortuna di incontrare la leronis di Castel Aldaran.»
«Quale leronis?» chiese Dana.
«Quale castel Aldaran?» si informò invece Mikhail.
Renaldo guardò il comyn con apprensione. «Quello di Dom Kevin... il padre di Damon.»
L'espressione di Renaldo si rabbuiò. Sapeva benissimo che, tutte le volte che il discorso cadeva sul Dominio Rinnegato o sulla famiglia di Damon, Mikhail iniziava regolarmente a parlare di Domenic, l'ultimo compagno che aveva avuto prima di arrivare ad Elvas... e doveva ammettere che la cosa lo infastidiva più di quanto avrebbe mai pensato.
«Posso chiedere cosa accadde?» chiese invece l'Ardais.
«Posso impedirtelo?» chiese freddamente Illa, ricevendo un'entusiastica risposta negativa da parte del comyn. «Disse che, piuttosto che avere a che fare con me, avrebbe preferito farsi rinchiudere in una stanza piena di bambini urlanti... e restare lì per sempre...»
Dana si ritrovò a ridacchiare. «Direi che come alternativa, potrebbe essere più riposante.»
«Tu non la pensi così...»
«Forse perché sono abituata ad essere circondata da bambini urlanti?»
«Bak'ha
Tranne Illa, tutti scoppiarono in una risata liberatoria.
«Andiamo, devo iniziare ad insegnarti un paio di cosette,» disse Mikhail alzandosi, asciugandosi gli occhi dalle lacrime. «Abbiamo già esagerato con questa prima uscita... fortuna che lo Scoundrel è mezzo vuoto.»
«Torniamo alla Torre?» chiese con tono preoccupato Renaldo.
«Veramente pensavo di far visita alla nostra cara Vedova...» lo guardò di sottecchi, mentre si avvicinavano alla porta. «Ma se sei troppo stanco...»
Illa e Dana videro il volto di Renaldo cambiare di colore, assumendo una sfumatura molto più vivace.
«Dici che sta male?» chiese preoccupata Illa.
«Non credo,» la rassicurò Dana, che aveva notato l'espressione di Mikhail e poteva benissimo immaginare cosa aveva in mente. «Non faranno nulla di diverso da quello che faremo noi,» concluse, alzandosi e costringendo Illa a fare altrettanto.
«Cosa vorresti fare?» Il pensiero trasmesso da Dana si insinuò nella sua mente con la stessa delicatezza di una carezza, facendola arrossire.
«Controllare quanto siamo in sintonia,» rispose a voce la Rinunciataria, salutando Alar e Alyson con un cenno, mentre trascinava la compagna verso la loro stanza.
«Te lo impedirò con tutte le mie forze.»
«E' quello che spero,» replicò Dana, chiudendo la porta alle loro spalle. «Alar avrà di che raccontare, domani...»









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Disclaimers

Mikhail convince Renaldo a farsi controllare e Illa, memore di una vecchia scommessa, viene sottoposta a sua volta al controllo.


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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008