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Destinati a perdersi

Kasentlaya Ridenow

Kasentlaya sentì che la porta della sua stanza si apriva con un leggero scatto della serratura. La cecità forzata le aveva fatto capire quanto, prima dell'incidente, avesse contato sui propri occhi, trascurando gli altri sensi. Da sola, immersa in un'oscurità senza fine non aveva avuto altra scelta se non imparare ad ascoltare.
«Tamra.»
La Rinunciataria si fermò nel mezzo della stanza, sorpresa. Poi scosse il capo con un mezzo sorriso. Tendeva a scordarsi del particolare legame che ora la univa alla ragazza più giovane. Poteva percepire la presenza di Kasentlaya in qualsiasi istante, racchiusa in un angolo remoto della sua mente. A volte, avvertiva persino le sue emozioni, se erano abbastanza forti. Fiona l'aveva definito come un legame telepatico permanente, in mancanza di un termine migliore. Tamra non dubitava che, quando Kasentlaya si fosse ripresa, entrambe sarebbero state oggetto dello studio della Custode.
Si avvicinò al letto.
«Sei sveglia. Come ti senti?»
«Posso alzarmi?» chiese innocentemente la giovane, invece di rispondere.
«No.»
«Allora male.»
Tamra non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
«Ti potrai alzare quando lo dirà Fiona. Saresti una brava paziente se non ti lamentassi ogni cinque minuti. Elayna mi ha detto che hai fatto perdere le staffe persino a Loreena.»
«Loreena non è arrabbiata!» esclamò Kasentlaya sulla difensiva. Il suo volto si incupì e aggiunse: «In fondo le ho solo detto quello che pensavo e nemmeno lei ha lesinato con i complimenti.»
«Non ti sembra di aver esagerato?»
«Eravamo amiche un tempo. Ma adesso le importa solo che io sia in grado o meno di lavorare nel Cerchio.»
La ragazza rabbrividì involontariamente, ricordando il suo colloquio con la più giovane delle due Custodi.


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«Sei cambiata,» sussurrò Kasentlaya, voltando il viso verso Loreena.
«Sei l'ultima persona a poter giudicare,» rispose freddamente la Custode.
«Forse. Ma ciò non cambia il fatto che tu sia un mostro. Mi spaventi lo sai?»
Il silenzio che seguì parve durare secoli.
«Siete voi che mi avete fatto diventare quello che sono,» ribatté Loreena alla fine. A Kasentlaya parve di avvertire una traccia di amarezza nella voce della sua amica di un tempo.
«Ci hai chiesto dei consigli e noi te li abbiamo dati. Non ci riguardava quello che tu ne avresti fatto.»
Loreena rimase in silenzio mentre, con efficienza, controllava lo stato delle ferite, protette dalle bende che mantenevano al buio gli occhi di Kasentlaya.
«Non penso che diventerò mai Primo Tecnico come ti avevo promesso, mi dispiace,» mormorò Kasentlaya mentre la Custode si alzava per andarsene.
Loreena le rivolse un triste sorriso mentale. Il passato non aveva più importanza. Per nessuna delle due...


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«Mi hanno detto che tra un paio di giorni potrai togliere le bende,» prosegui Tamra, cercando di distrarre la mente della ragazza da quei cupi pensieri.
«Ti hanno anche detto che non devo aspettarmi più di tanto? Tutti sembrano aver paura di affrontare l'argomento, ma io so cos'è che nessuno ha il coraggio di dirmi,» Kasentlaya si pentì istantaneamente del tono rabbioso con cui aveva risposto. Tamra non se lo meritava.
Prima che la Rinunciataria avesse il tempo di replicare, la porta si aprì di nuovo.


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«Cosa ci faceva lei qui?» La voce di Daenerys conteneva più di qualche traccia di fastidio.
Kasentlaya non riuscì a trattenere una smorfia di divertimento.
«Sei gelosa?»
«Non hai risposto alla mia domanda.»
Kasentlaya sospirò. «Era venuta a vedere come stavo prima che tu quasi la cacciassi fuori. E se è per questo anch'io sto aspettando una risposta.»
«Vuoi sapere se sono gelosa? Mi pare logico visto il modo in cui quella ti sta sempre attorno.»
«Per tua informazione quella si chiama Tamra e adesso sarei morta se non fosse per lei,» sottolineò Kasentlaya con irritazione. Poi, addolcendo la voce, aggiunse. «Rys, ti fidi così poco di me?»
La comynara, che si era seduta accanto a lei, si rialzò di scatto e prese a misurare a grandi passi la stanza.
«Io... no! Oh, non lo so, non so più cosa pensare Kas. Perché non mi hai permesso di venire con te? Avrei potuto...»
Kasentlaya la interruppe con ira.
«Farti ammazzare? Pensi che quegli uomini si sarebbero fermati perché sei una Hastur? Saresti stata fortunata se si fossero limitati ad usarti per ottenere un riscatto.»
Adesso anche la voce di Daenerys era alterata. «Credi che sia stato facile attendere, chiedendosi ogni giorno quando e se saresti tornata?»
«No,» Kasentlaya scosse tristemente il capo, «penso che al tuo posto sarei impazzita. Ma ne è valsa la pena pur di saperti al sicuro.»
Non sapendo cosa ribattere, la comynara si risedette accanto al letto, aspettando che fosse Kasentlaya a proseguire.
La giovane sospirò, stranamente a disagio.
«C'è una cosa che devo dirti, Daenerys. E non credo che ti piacerà.»
«Cosa?»
«Io…voglio entrare alla Gilda. Non appena riuscirò a stare in piedi da sola parlerò con Madre Gwennis e le chiederò di cominciare il noviziato.»
Kasentlaya aveva dato la notizia tutta d'un fiato, temendo che il coraggio l'avrebbe abbandonata a metà del discorso ed ora si preparava all'inevitabile esplosione che avrebbe di certo seguito la sua rivelazione.
Il tono fin troppo calmo di Daenerys la colse di sorpresa.
«Hai intenzione di abbandonarmi. Di nuovo.»
«Sarebbero solo sei mesi e poi la Gilda è qui accanto,» Kasentlaya non riuscì a trattenere il sarcasmo.
«Non è questo che mi interessa. Tu avevi deciso ancor prima di andartene, ammettilo. Hai deciso senza curarti di chiedere il mio parere!»
«In parte è vero,» ammise Kasentlaya, «ma volevo essere sicura prima di dirtelo. Turbarti con dei progetti così astratti come quelli che avevo in mente mi pareva inutile. E da quando me ne sono andata sono successe molte cose.»
«Cos'è cambiato? Sempre che tu voglia avere la bontà di illuminarmi, s'intende.»
«Il Consiglio dei Comyn, per dirne una. Avevamo messo in conto che ci avrebbero scoperto, ma chi se lo aspettava così all'improvviso? Hai pensato a cosa farai se decidessero di smantellare la Torre? Io non ho altro posto dove andare.»
«Quindi è per questo? Perché vuoi avere un posto dove andare?» la voce di Daenerys grondava disprezzo, «nel caso potresti venire ad Heathwine con me e Kennard,» aggiunse poi sottovoce, quasi timidamente.
«Tuo fratello non mi sopporta e preferirebbe cento volte che tu ti sposassi e partorissi dei figli per il clan. E hai pensato a come reagirebbe chi venisse a sapere della nostra relazione? Elvas è una comunità unica nel suo genere. Molte delle cose che sono accettate qui come normali non lo sarebbero a Caer Donn che pure dista solo due giorni di viaggio. Se non puoi aspettarmi per sei mesi come pensi di poter sopportare di essere chiamata menhiedris? Perché così ti chiamerebbero, ridendo alle tue spalle. Ed io sarei l'amante della padrona!»
«Sei ingiusta. Io…io ti amo,» la voce di Daenerys tremava.
Kasentlaya rimase in silenzio. Avrebbe voluto rassicurare l'altra sui suoi sentimenti, dirle che quello che provava per lei non era cambiato. Ma non poteva mentirle, non era giusto farla soffrire più del necessario. Doveva essere spietata e sperare che un giorno la donna che le stava accanto la perdonasse.
«Kas. Dimmi qualcosa, ti prego.»
«Io... non posso...»
«Kas...»
«Vattene.»
«Ti prego.»
«Va via Rys.» La giovane Ridenow sentì un groppo alla gola. Era disgustata da se stessa. Ma un taglio netto era la cosa migliore per entrambe.
«Mi hai sentito bene Daenerys,» si costrinse ad assumere un atteggiamento glaciale, indifferente, «vattene via.»
Un taglio netto che il tempo forse avrebbe curato.
«Sta lontana da me.»


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«Aspetta Kas, ti aiuto.»
Diotima si avvicinò alla ragazza più giovane e finì di abbottonarle la camicia. Kasentlaya abbassò gli occhi imbarazzata.
«Io... grazie. Un po' per tutto intendo.»
La comynara scrollò le spalle.
«Al mio posto ti saresti comportata nello stesso modo. Ecco, tutto in ordine,» disse, aggiustando il colletto della blusa.
Le sue mani indugiarono per un istante, lisciando il tessuto e poi si posarono sulle spalle di Kasentlaya.
«Mi dispiace piccola,» a Diotima parve di aver detto troppo e troppo poco. Ma sapeva che Kasentlaya non avrebbe voluto la sua pietà.
«In fondo mi è andata bene. Potrei essere morta. Se penso che avrebbero potuto ucciderci tutte... e voi non l'avreste mai saputo.» Kasentlaya rabbrividì involontariamente.
«Non permettere che pensieri simili ti assillino. Devi pensare a ristabilirti.»
«Sì, hai ragione. Ho già un sacco di problemi senza crearmene altri,» la ragazza annuì, come per autoconvincersi.
«Sei pronta? Ormai è ora di cena, gli altri ci staranno aspettando.»
Diotima offrì il braccio alla giovane che vi si appoggiò con gratitudine. Le sarebbe occorso un po' di tempo per capire come muoversi. Perdere un occhio non era faccenda da poco.
Quando giunsero alle scale Kasentlaya si bloccò e trasse un respiro profondo.
«Starò attaccata al tuo braccio come se da esso dipendesse la mia vita,» sorrise e per un attimo a Diotima tornò in mente com'era prima dell'incidente. La comynara riconobbe in quella frase scherzosa una richiesta d'aiuto che Kasentlaya, troppo orgogliosa, non si sarebbe mai sognata di formulare più apertamente.
"Sono qui, piccola. Non c'è bisogno di chiedere."


     "Abitudine tra noi
     è un soggetto da evitare
     tra le frasi di dolore, gioia,
     nei desideri,
     non ci si è concessa mai.
     Dolce e instabile condanna:
     mi hai portato troppo in là
     vedo solo sbarre, vedo una prigione umida,
     vedo poca verità.

     Come fare a dirtelo
     che non ci sei più dentro me e che
     siamo l'eco di parole
     intrappolate in fondo al cuore
     Come fare a dirtelo
     che non ci sei più dentro gli occhi miei
     che siamo solamente
     incomprensione e lacrime.

     Ci sarebbe da capire
     come è stato facile
     congelarsi sotto tutti i nostri desideri
     e sentirli inutili.
     Come fare a dirti
     che non c'è più spazio per progetti
     e che tanto non ne abbiamo mai fatti
     e che sarebbe stupido.
     Come fare a dirti che ho voglia di morire
     come in fondo sto facendo già da un po'.

     Come fare a dirtelo
     che non ci sei più dentro me e che
     siamo l'eco di parole
     intrappolate in fondo al cuore
     Come fare a dirtelo
     che non ci sei più dentro gli occhi miei
     che siamo solamente
     incomprensione e lacrime.
     Come fare a dirtelo."









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Disclaimers

Di ritorno dal viaggio a casa, Kasentlaya prende una decisione che potrà cambiare tutta la sua vita, compreso il legame che la unisce a Daenerys.

Credits

La canzone citata alla fine del racconto è Abitudine dei Subsonica

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008