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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +3, giugno] [Credits & Disclaimers]



Una scommessa persa in partenza

Kasentlaya Ridenow

Quella sarebbe Elvas?»
«Che cosa ti aspettavi, una città? In mezzo a queste maledette montagne è già tanto che abbiano una locanda.»
«A me non pare tanto male. Almeno troveremo da bere.»
«Non sai proprio pensare ad altro Elyas,» il capo di quella strana comitiva scosse la testa, lanciando al suo sottoposto uno sguardo disgustato.
«E tu non pensi che alle donne,» replicò uno degli altri uomini, suscitando una risata generale. «Sei davvero sicuro di voler andare fino in fondo, Darren? Io continuo a pensare che tutto questo sia uno spreco di tempo.»
L'interpellato fissò furente l'uomo che gli stava accanto.
«Mi pare che ne abbiamo già parlato, Thomas. Ma se te ne vuoi andare sei libero di farlo e lo stesso vale per voialtri,» terminò in un ringhio.
Thomas scoppiò a ridere e gli menò una gran pacca sulle spalle.
«Oh, non te la prendere per così poco. E' ovvio che verremo con te.» "E poi," aggiunse mentalmente, "la figuraccia che stai per fare, chi se la perde?"


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Nel sentire che la porta dello Scoundrel si apriva, Alar si affrettò a nascondere la prima bottiglia del suo nuovo liquore sotto al bancone. Ora che Dana se n'era andata si sentiva più al sicuro, ma non era il caso di correre inutili rischi. Dopotutto qualche altro telepate della Torre avrebbe potuto decidere di mettersi a ficcare il naso.
"Ma tu guarda," si ritrovò a pensare mentre osservava il gruppo di mercenari fare il suo ingresso nella locanda, "è proprio vero che l'erba cattiva non muore mai!"
Aveva infatti riconosciuto nel caporione di quella banda, una sua vecchia conoscenza. Darren non era certo un suo amico, ma avevano combattuto fianco a fianco più di una volta e Alar tutto sommato lo rispettava, nonostante, a parer suo, sprecasse troppo tempo a correre dietro alle sottane.
«Alar Montrel?» esclamò in quel momento il nuovo venuto, avendolo riconosciuto a sua volta. «Sei proprio tu? Non avrei mai detto che ti saresti sistemato. E quella è la tua dolce signora?» domandò, indicando Alyson che per un momento si era affacciata sulla porta della cucina, osservando gli avventori.
«Chi? Alyson?» il locandiere lanciò uno sguardo orripilato alla donna. «Gli Dei mi scampino!»
Darren gettò indietro la testa e rise sonoramente. «Dopotutto per uno come te sarebbe sprecata.»
Lo sguardo di Alar si fece cupo, ma l'uomo decise di non raccogliere l'insulto. Ci voleva ben di più per farlo uscire dai gangheri e, in fin dei conti, quelli erano clienti. Si sarebbe vendicato svuotando loro le tasche. Prendersi il danaro di quell'arrogante figlio di cagna gli avrebbe procurato tanto piacere quanto il fare la stessa cosa con un comyn.


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Ad Alyson era bastata un'occhiata per capire che tipo di uomini fossero quei mercenari. Il loro capo in particolare aveva fatto correre brividi gelidi lungo la sua schiena. Era di sicuro un uomo avvenente e con quei capelli biondi, gli occhi chiari e quel suo portamento da damerino lo si sarebbe addirittura potuto scambiare per un nobile, magari il bastardo di qualche signorotto di campagna.
"Speriamo solo che non combinino troppi guai!" pensò con una punta d'ansietà. Forse sarebbe stato bene avvertire Shonnach non appena fosse passata allo Scoundrel.


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Kasentlaya stava seduta su una panca accanto all'entrata della Gilda. In realtà la guardia alla porta non sarebbe toccata a lei, ma era stata ben lieta di sostituire Jaelle quando questa gliel'aveva chiesto. Molte Rinunciatarie consideravano quel compito un'incombenza tediosa, ma a parer suo c'erano cose ben peggiori.
I momenti morti, tra l'arrivo di un visitatore e l'altro erano molti e questo permetteva alla ragazza di prendersi del tempo per pensare alle scelte che si presentavano nel suo immediato futuro.
Con un sospiro Kasentlaya mise da parte la cintura che stava cercando di riparare e si appoggiò al muro, chiudendo gli occhi.
C'erano così tante cose che la preoccupavano. Ogni riunione in cui le Sorelle più vecchie le ponevano quesiti sulle sue intenzioni, faceva nascere in lei nuovi dubbi.
Ne aveva parlato con Aurora, un giorno che si erano ritrovate sole in cucina, e l'altra le aveva assicurato che per tutte era la stessa cosa. "E' a farci ragionare che serve l'addestramento, non ti pare? Dando tutto per scontato rischieremmo solo di incorrere in errori dolorosi."
Kasentlaya scrollò le spalle, mentre un sorriso triste le incurvava le labbra.
"Se anche con Tamra fosse così semplice... ah, vorrei tanto..."
I suoi pensieri furono interrotti da una serie di scampanii striduli. Kasentlaya si alzò in piedi di scatto, rischiando di rovesciare la panca. Quel campanello veniva usato solo per le emergenze o quando una donna in difficoltà voleva chiedere asilo, visto che di solito c'era sempre qualche Sorella di guardia alla porta e che per una normale visita sarebbe bastato bussare.
A quanto le avevano detto era capitato che suonasse solo un paio di volte dalla fondazione della Gilda.
Fece un respiro profondo e aprì la porta con decisione.
Sarebbe stato molto, molto meglio se non lo avesse fatto.
L'uomo che le stava davanti sorrise nel vederla e nei suoi occhi balenò un lampo di riconoscimento.
Alla giovane invece, ci volle qualche istante per capire chi era il nuovo venuto. Poi lo riconobbe e i suoi occhi si dilatarono per la sorpresa:
«Tu! No!»
Il sorriso supponente del forestiero si allargò e Kasentlaya provò l'impulso di cancellarglielo dalla faccia a suon di schiaffi.
«Anch'io sono felice di vederti, Rossa. La tua nuova cicatrice ti dona.»
La ragazza si portò involontariamente una mano alla guancia, poi la lasciò ricadere lungo il fianco, arrossendo per la collera.
«Cosa ci fai qui, Darren?» chiese, forse più rudemente di quanto avrebbe dovuto.
Il mercenario scoppiò a ridere. «Bel modo di accogliere un ospite! Non mi fai nemmeno entrare?»
Kasentlaya richiuse la porta per metà, prima di riuscire a controllarsi.
«Non sono sicura di volerlo fare,» replicò guardinga.
L'espressione di Darren non cambiò e anzi pareva sempre più divertito.
«Che cosa sta succedendo qui?»
La voce di Marisela attirò l'attenzione di Kasentlaya che si voltò, cercando le parole per spiegarsi. Darren, furbescamente, approfittò di quella sua momentanea disattenzione e sgusciò all'interno.
«Ehi!»
L'uomo alzò le mani come per difendersi dallo sguardo accusatore che la novizia gli riservava e, ignorandola, rivolse alla maestra di spada uno dei suoi sorrisi più accattivanti.
«Mestra, chiedo scusa per la mia intrusione, ma vorrei vedere Devra n'ha Shavanne se possibile,» i suoi modi erano completamente diversi da quelli che aveva usato con Kasentlaya.
"Sa essere un vero gentiluomo, pur di ottenere quello che vuole!" pensò la giovane con profondo disprezzo.
Marisela lo squadrò con occhio critico e il suo sguardo si fermò per qualche secondo sulla spada che gli cingeva la vita. Sembrava quasi che stesse valutando la sua pericolosità.
«E' così, dunque,» disse infine, e un sorriso vagamente divertito le sfiorò le labbra. «Per un attimo avevo creduto... ma no, di certo voi non volete unirvi alle Rinunciatarie.»
Darren la fissò sconcertato e fece per chiedere spiegazioni, ma la donna non gli diede il tempo di parlare e si diresse verso la sala delle visite, facendogli un cenno perché la seguisse.


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«Non dovrebbe nemmeno essergli permesso di stare qui.»
Marisela aggrottò la fronte. «Non sapevo che odiassi tanto gli uomini.»
Kasentlaya alzò gli occhi al cielo esasperata. Le ci volle un grande sforzo di volontà per non mettersi a scrollare la maestra di scherma per le spalle. Come si poteva litigare con qualcuno tanto imperturbabile? D'altro canto fare a botte con lei poteva rivelarsi una pessima idea.
«Non si tratta di questo, lo sai bene.»
«Allora spiegami perché.»
Kasentlaya la fissò come se le avesse parlato in un'altra lingua. «Stiamo parlando di Darren!»
L'altra scoppiò a ridere. «Oh piccola, non mi pare un motivo sufficiente. E poi, cos'avrà mai fatto di tanto grave?»
La giovane incrociò le braccia sulla difensiva. «Quello che ho sentito sul suo conto non è molto lusinghiero.»
Marisela sospirò.
«Le chiacchiere spesso distorcono la verità,» replicò poi, assumendo un'aria di severa disapprovazione.
Kasentlaya si alzò e poggiò le mani aperte sul tavolo.
«Aha! Però ammetti anche tu che a volte possano contenerne! Credimi, tra quelli della sua banda Darren è il peggiore.»
Marisela si alzò a sua volta e le si avvicinò, poggiandole gentilmente una mano su un braccio.
«Trovo ammirevole la tua preoccupazione per la sicurezza di una Sorella e tuttavia temo che tu stia esagerando la cosa. E poi non credi che Devra sia in grado di decidere da sola? Dopotutto lo conosce di certo meglio di noi due.»
Kasentlaya rimase in silenzio, fissando cupamente lo sguardo a terra e rimuginando malvolentieri sulla frase della Sorella. Per quanto si lambiccasse il cervello aveva esaurito le proprie argomentazioni e dubitava che la pazienza di Marisela sarebbe durata ancora a lungo se avesse insistito. Sperò solo che Devra non si lasciasse trarre in inganno.


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«Lui cosa?» Tamra sbatté con violenza la tazza sul tavolo e un po' di jaco traboccò dai bordi, sporcandole la mano e colando sul lucido tavolo della cucina.
«Oh, per la Beata Cassilda, vuoi fare attenzione?» esclamò Larissa infastidita. «Se continui così non mi basterà una giornata per rassettare!»
L'altra Rinunciataria abbassò gli occhi piccata ed emise un borbottio che aveva tutta l'aria di essere una scusa. Il rimprovero non l'aveva distolta dal suo obiettivo, perché dopo qualche momento di imbarazzo si volse di nuovo verso Devra.
«Allora?» chiese aspramente, sforzandosi di non urlare.
La donna più anziana, che aveva sperato di potersela cavare a buon mercato, sospirò rassegnata. Era un vero peccato che Kasentlaya non avesse la minima influenza sul carattere stizzoso della sua socia.
«Mi ha chiesto di parlare un po'. In nome dei vecchi tempi ha detto.»
Un'espressione disgustata apparve sul volto di Tamra.
«E' dalla faccenda del sale che si comporta come se gli dovessimo qualcosa! Se non ricordo male domna Nynaeve ha pagato anche lui, quindi non ha nulla di cui lamentarsi.»
Devra alzò le spalle, quasi a voler dire che non aveva una risposta da dare.
«E comunque,» riprese Tamra con tenacia, «di cosa avete parlato esattamente? Spero che non ti abbia proposto di imbarcarci in qualche affare poco chiaro.»
Devra raddrizzò la schiena, approfittando del fatto che la sua interlocutrice era seduta per scrutarla dall'alto in basso con occhio torvo.
«Questi sono affari che non ti riguardano,» ma la voce la tradì, e arrossì leggermente.
Larissa, che la stava osservando di sottecchi, se ne accorse ma, poiché non voleva immischiarsi, si concentrò sul proprio lavoro, sfregando una padella con forza eccessiva.
Purtroppo anche Tamra l'aveva notato e fece per dire qualcosa, ma Devra alzò una mano per fermarla.
Chiuse gli occhi per un attimo, riflettendo. Avrebbe potuto mentire, ma non era mai stata brava in quel genere di cose. E poi Elvas era un piccolo villaggio. Forse sarebbe stato meglio se Tamra fosse venuta a saperlo da lei piuttosto che da qualcuno come la Vedova.
«Darren mi ha invitato allo Scoundrel per domani sera e io ho accettato,» disse d'un fiato, per paura che a metà frase le mancasse la voce.
Un tonfo sordo riecheggiò nel silenzio incredulo che riempiva la cucina. Tamra aveva lasciato cadere la tazza che, rovesciatasi, aveva sparso il jaco sul tavolo e sul pavimento lavati da poco. Con un imprecazione Larissa si chinò per raccoglierla e la scaraventò nell'acquaio con malagrazia, lanciando sguardi furenti alla Sorella e restando tuttavia ignorata.
«Tu cosa
Devra abbozzò un sorriso. «Ti stai ripetendo Tamra.»
L'altra donna continuava a fissarla con occhi spalancati.
«Devi essere impazzita,» decretò infine.
Devra provò una fitta dolorosa all'altezza dello stomaco, come se qualcuno le avesse appena dato un pugno.
«Io non ti ho mai criticato per aver scelto di stare con Kasentlaya,» replicò sottovoce.
«Kas non è Darren!»
Devra la fissò esasperata, mentre il dolore veniva rapidamente sostituito dalla rabbia.
«Oh, va al diavolo!» e uscì, senza guardarsi indietro.
Tamra, resasi improvvisamente conto di quel che aveva fatto, fece per andarle dietro, ma si sentì trattenere per una manica.
«Ah, no!» esclamò Larissa, mettendole in mano uno straccio bagnato e indicandole il pavimento macchiato. «Prima pulisci!»


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«Così adesso non mi rivolgerà mai più la parola!» concluse sconsolata Tamra, prendendosi la testa tra le mani.
«Forse... ecco, forse avresti potuto usare un po' più di tatto,» concordò Kasentlaya, cercando di nascondere un sorriso. La sua compagna aveva lo stesso caratteraccio di una banshee, ma dubitava che Devra le avrebbe tenuto il muso a lungo e glielo fece notare.
«In fondo,» disse gentilmente, sedendosi accanto a lei, «ti conosce da molti anni e, non appena si sarà calmata, capirà che ti stavi preoccupando per lei.»
L'altra scosse il capo e sospirò.
«Tu non hai visto la sua faccia. Terribile...» represse un brivido.
Kasentlaya si alzò e andò alla finestra, cercando le parole per spiegare quello che probabilmente Devra aveva provato.
«A volte,» disse alla fine, «quando le persone che ci sono vicine sbagliano non vogliono sentirselo dire. Cercano l'appoggio incondizionato e se non lo trovano si sentono deluse e ferite.»
Tamra la fissò.
«Tu ne sai qualcosa, vero?» disse piano.
Kasentlaya scrollò le spalle e non rispose, ma il suo sguardo vagò in direzione della Torre. Bruscamente volse le spalle alla finestra e parve rimettere a fuoco la loro stanza.
«Non stiamo parlando di me adesso,» disse evitando l'argomento, «cosa intendi fare?»
«Potrei parlarle, ma non mi ascolterebbe. E' testarda, lo è sempre stata.»
"Non è l'unica."
Il pensiero divertito di Kasentlaya aleggiò nella sua mente e lei sorrise, confortata da quella presenza così familiare.
«Hai qualche idea?» chiese infine, la testa stranamente leggera. Spesso Kasentlaya aveva quell'effetto su di lei.
«Come mi ha fatto notare Marisela, non possiamo immischiarci troppo. Si tratta della sua vita. Però potresti... sorvegliarla
Gli occhi di Tamra si accesero d'interesse, poi la prospettiva di comportarsi come Shonnach soffocò un poco l'entusiasmo.
La giovane che le stava di fronte alzò lo sguardo al cielo con finta esasperazione.
«Non in senso letterale. Intendevo dire che potresti andare anche tu allo Scoundrel domani. Bere un firi se ne hai voglia è un tuo diritto e Alar sarà entusiasta di mettere le mani su qualcuno dei tuoi sekal
«Sicuramente troverò qualcuna che mi accompagni,» completò Tamra per lei.
Kasentlaya sentì, grazie al legame che le univa, la profonda soddisfazione della compagna, mentre un piano andava formandosi nella sua mente.


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«Ha accettato!» annunciò Darren trionfante, facendo un rumoroso ingresso nella stanza dello Scoundrel che divideva con il suo secondo, Thomas. Con grande disappunto del capobanda, Alar non aveva concesso nemmeno una stanza singola adducendo la scusa che causa il bel tempo erano tutte occupate. Aveva però lasciato intendere malignamente che in realtà le affittava solo ad ospiti di riguardo ed era evidente dagli sguardi che riservava a Darren e agli altri mercenari che non riteneva facessero parte di quella categoria.
Il suo luogotenente se ne stava stravaccato sul letto più vicino alla finestra, in maniche di camicia e teneva tra i denti una pipa spenta, masticandone distrattamente l'estremità.
Non alzò nemmeno lo sguardo e rispose con un grugnito che avrebbe potuto significare qualsiasi cosa.
Darren scoppiò a ridere, mettendosi a rovistare nelle sacche da viaggio in cerca della sua camicia migliore.
«Non te lo aspettavi, di' la verità. Io penserei ad un modo per procurarmi i soldi che mi devi se fossi in te.»
Trovato quello che cercava, si cambiò in fretta e fece per uscire, ma si fermò con la mano sulla maniglia della porta, scrutando il volto impassibile del mercenario.
«Vieni a bere un bicchierino? Non ti preoccupare offro io,» aggiunse con un ghigno sarcastico.
Thomas scosse impercettibilmente il capo, poi prima che l'altro uscisse, chiese:
«Quando?»
«Domani sera. Domani sarà mia,» il sorriso di Darren era quello di un gatto che si fosse appena mangiato un topo piuttosto grosso.
La porta si chiuse alle sue spalle e Thomas udì i suoi passi che si affievolivano mentre scendeva le scale.
"Allora forse ho ancora una carta da giocare!" pensò, rivedendo l'espressione tronfia del proprio comandante. Avrebbe cancellato quel sorriso insolente dalla sua faccia.


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Il mattino seguente, poco dopo il sorgere del sole, Thomas si alzò senza far rumore e avvoltosi nel mantello, uscì dalla loro stanza, lasciando lo Scoundrel. Ringraziò l'ignoto Dio che gli aveva dato l'idea di andare a letto vestito. Dubitava che Darren, con tutto l'alcool ingurgitato la sera prima, si sarebbe svegliato se anche avesse fatto più rumore di un branco di Cadetti, ma era meglio non correre rischi. All'aperto fu subito aggredito dal vento gelido, le cui dita perfide tentarono in tutti i modi di strappargli il mantello di dosso.
Il cielo era limpido e il sole si stava alzando velocemente, ma lui rimpianse comunque le sue coperte calde. Aveva comunque deciso che qualche piccolo sacrificio, pur di conservare intatta la propria borsa, poteva essere sopportato.
Non era il solo ad aver deciso di abbandonare così presto il calore del focolare. Molte persone, forse a causa del tempo più clemente del solito, camminavano per le vie di Elvas e si affollavano all'entrata dei negozi che stavano aprendo uno dopo l'altro. Passò davanti alla bottega del sellaio, gestita da uno dei tanti McKee che popolavano la valle, o così almeno gli avevano detto, e osservò con finto interesse la merce esposta.
Non riusciva a capire come Devra avesse potuto farsi raggirare così facilmente. Aveva sempre pensato che rispetto a Tamra ed Alanna fosse quella con la maggior quantità di cervello.
«Donne! Tutte uguali!» borbottò tra i denti, guadagnandosi un'occhiata torva da una di quelle menhiedris con i pantaloni che stava a sua volta osservando dei finimenti. Per tutta risposta lui sputò in terra, mancando di poco gli stivali della donna. Lei fece per dirgli qualcosa, ma la sua amica la trattenne per una manica e scosse il capo.
"Meglio per te sgualdrina. Ecco cosa guadagni a non avere un uomo!"
La seconda Rinunciataria lo fissò arcigna senza una parola, ma quel suo sguardo, lievemente allucinato, lo fece rabbrividire e lo indusse a proseguire nei suoi vagabondaggi, senza più degnarle di un'occhiata.
Aveva la strana sensazione che la donna avesse capito quello che stava pensando. "Nah," si disse poco convinto, "semplicemente ridicolo."
Si risistemò il mantello, in modo che il cappuccio gli ombreggiasse il viso, rendendo difficile riconoscerlo. Sperava che Devra si decidesse ad uscire da quella dannata Gilda perché ormai non si sentiva più le dita delle mani e il vento tagliente gli sferzava la faccia, facendogli sanguinare le labbra.
Aveva fatto il giro dei negozi per due volte, quando la vide vicino alla fontana del paese intenta a parlare con un'altra donna che aveva tutta l'aria di essere una comynara.
Si avvicinò stando bene attento a tenersi alle spalle della nobildonna e si fermò a pochi metri da loro, con aria noncurante.
«Sta bene?» sentì chiedere dalla comynara.
«Sì,» rispose Devra con un sorriso, «Tamra dice che a volte il dolore non la fa riposare, ma lei non si lamenta mai.»
La nobile sospirò. «Vorrei che Fiona avesse proposto una soluzione più efficace.»
Si interruppe, notando che la Rinunciataria fissava un punto alle sue spalle e si voltò, sobbalzando sorpresa quando notò Thomas così vicino che avrebbe potuto derubarla.
«Vuoi scusarmi un istante, Elayna?» le disse Devra, a cui il mercenario aveva rivolto un impercettibile cenno della mano.
Thomas si avviò senza aspettare la risposta dell'altra e pochi metri dopo Devra gli si affiancò.
«Cosa vuoi?» sibilò a bassa voce.
«Non qui, mestra,» ribatté lui con un sussurro altrettanto roco, «andiamo verso la cerchia esterna.»
Si riferiva alle case più periferiche, tutte completamente in legno, poche delle quali sembravano ancora disabitate. Mano a mano che si allontanavano dalla piazza principale e dai negozi che vi si affacciavano, i passanti si facevano più scarsi e quelli che incrociavano, li degnavano di uno sguardo frettoloso, ansiosi com'erano di andare ad occuparsi dei propri affari.
«Qui andrà bene,» Thomas si incuneò in uno stretto vicolo che serviva soltanto a separare una casa da quello che sembrava essere un magazzino e non aveva sbocco.
Devra si appoggiò guardinga al muro dell'edificio e incrociò le braccia sul petto, con un misto di curiosità e fastidio sul volto.
Thomas sapeva che, col cappuccio tirato fin sugli occhi, non dava un'impressione di fiducia, ma certo non poteva rischiare che qualcuno lo vedesse e che la voce di quell'incontro arrivasse all'orecchio di Darren. Per quanto ne sapeva il suo comandante avrebbe potuto anche essere a zonzo per il villaggio. Sarebbe stata una disgrazia per il suo piano se proprio lui l'avesse visto parlare con la sua preda.
Un leggero colpo di tosse lo richiamò alla realtà. La Rinunciataria lo fissava spazientita e accarezzava distrattamente l'impugnatura del coltello che portava alla vita.
«Si tratta di Darren,» disse il mercenario senza indugiare oltre.
Devra non disse nulla né cambiò espressione, ma il suo sguardo era sorpreso.
«So che vi ha chiesto di incontrarlo domani sera,» proseguì lui, rincuorato dall'apparente mancanza di reazioni violente.
«E allora?»
«Vi dico, non andate allo Scoundrel. Quello non è uomo per voi.»
Devra fece un passo in avanti, d'un tratto minacciosa.
«Com'è,» cominciò a bassa voce, mentre la sua irritazione cresceva, «che tutti s'immischiano della mia vita? E' forse affar vostro quello che io decido di farne?» era molto vicina a Thomas ora e, nonostante fosse più bassa di lui di quasi tutta la testa, l'uomo si tirò indietro come se si aspettasse un attacco.
«Voi non mi piacete,» replicò altrettanto gelido, «tutte voi non siete altro che sgualdrine che si credono uomini e se non ci fosse in gioco qualcosa di mio, lascerei che gettaste la vostra esistenza ai cani. Non capite? Darren ha scommesso con noi che sarebbe riuscito a portarvi a letto!» la fissò perversamente divertito dal dolore che vide dipingersi sul suo viso e aggiunse con cattiveria. «Se volete comportarvi da puttana comunque, non sarò io ad impedirvelo.»
Un bruciore improvviso alla guancia gli fece capire che lei l'aveva schiaffeggiato. Si portò una mano alla faccia con una serie di sonore imprecazioni. Quando si guardò intorno, Devra era scomparsa.
"Quasi vorrei che Darren le desse quel che merita... se non avessi scommesso del denaro sul risultato contrario!"
Ecco cosa ci si guadagnava a mettere in guardia il prossimo.


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Tamra sedeva in un angolo, osservando con circospezione la sala comune del Northern Scoundrel, gremita dagli avventori della sera. Al suo stesso tavolo Marisela e Jaelle discutevano di cavalli, tentando di decidere quale fosse il giusto prezzo per uno stallone allevato nelle terre degli Alton.
Lei avrebbe voluto anche Kasentlaya accanto a sé, ma per almeno altri tre mesi, alla ragazza non sarebbe stato permesso di lasciare la sicurezza della Gilda. Eppure era convinta che in quell'occasione avrebbe saputo come comportarsi molto meglio di tante altre Sorelle. Ricordò con una smorfia il momento in cui, dopo che Devra aveva loro riferito le parole di Thomas, Jaelle aveva proposto di picchiare Darren. Quella veramente mancava di cervello. E Devra e Kasentlaya avevano il coraggio di lamentarsi della sua avventatezza! In confronto alla Sorella seduta accanto a lei, Tamra si sentiva distaccata quanto una Custode. Non si poteva dire che, mentre discuteva con Devra e le altre il modo migliore per farla pagare a Darren, si fosse lasciata trasportare dalle emozioni...


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«Pensi che se facessimo una cosa del genere i suoi tirapiedi lascerebbero correre? Per non parlare di Madre Gwennis! Se tu sei disposta a farti umiliare davanti a tutta la Gilda fallo in qualche altro modo, io per oggi ho ricevuto abbastanza insulti!» Devra sembrava sul punto di esplodere.
Jaelle borbottò un diniego e tornò a sedersi imbronciata.
«Se usassimo la violenza contro Darren non saremmo meglio di lui. Deve esserci un altro modo.»
«E quale?» chiese Marisela. «Si è preso gioco anche della mia buonafede, ma se non abbiamo un piano falliremo.»
«Umiliamolo,» disse Devra, mentre un ringhio ferino le increspava le labbra. «Facciamo si che i suoi uomini ridano di lui.»
La maestra di spada alzò gli occhi a incrociare il suo sguardo e sorrise a sua volta.
«Credo che per un capitano non ci sia nulla di peggio. Ti ascoltiamo.»
E così avevano deciso di...


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«Come fa a essere così calma?» la voce di Jaelle la richiamò alla realtà. «Se fossi al suo posto l'avrei già preso a calci negli stinchi.» Teneva gli occhi fissi su Devra e il suo accompagnatore che parlavano tranquillamente, seduti ad uno dei tavoli più vicini al bancone.
«Grazie ad Evanda tu non sei al suo posto!» la rimbeccò Marisela. «E smettila di guardarli così apertamente o lui se ne accorgerà!» le diede una gomitata come a voler sottolineare le proprie parole.
«Basta, voi due, o ci farete pescare!» sibilò Tamra. «Anche i suoi uomini sono qui,» proseguì poi, facendo un impercettibile cenno verso un tavolo all'altro capo della stanza. «Jaelle, per la Beata Cassilda, non guardare!»
L'altra sobbalzò, come sferzata da quel rimprovero e prese il proprio boccale, fissandolo con la fronte aggrottata.
«Per fortuna non siamo le uniche Rinunciatarie che hanno avuto l'idea di venire a bere qualcosa,» disse Marisela, sbirciando gli altri avventori, «non diamo troppo nell'occhio.»
«Pensi che si metteranno di mezzo?» chiese Jaelle nervosamente, riferendosi chiaramente ai mercenari.
«La presenza di tanti testimoni gioca a nostro vantaggio quindi credo di no. Sono stranieri qui e se non stanno attenti potrebbero avere dei problemi.»
Tamra rispose con un borbottio poco impegnativo. In cuor suo era convinta che da gente del genere ci si potesse aspettare qualunque cosa.
«Vado a prendere dell'altro sidro,» annunciò infine, alzandosi bruscamente, «volete qualcosa anche voi?»
Le due Rinunciatarie scossero il capo e la osservarono preoccupate mentre si faceva largo tra gli avventori per raggiungere Alar. Indugiò per alcuni momenti, appoggiata al lucido bancone di legno, aspettando che il locandiere, impegnato a servire alcuni valligiani, le prestasse attenzione. Avrebbe voluto avvicinarsi di più al tavolo di Devra ma, nonostante la ressa, una mossa simile avrebbe rischiato di mandare a monte l'intero piano. A giudicare dall'espressione della sua socia comunque, Darren doveva essersi imbarcato nel racconto di qualche rocambolesca ed improbabile impresa al fine di impressionarla. Il mercenario aveva davanti a sé parecchi bicchieri vuoti e i suoi gesti, mentre si portava l'ennesimo firi alla bocca erano quelli lenti e un po' buffi di un ubriaco.
"Ci siamo quasi..." pensò la Rinunciataria lanciando alla coppia un'ultima furtiva occhiata e tornando a sedere.
«Allora?» Marisela indagò non appena l'altra fu a portata di voce.
Tamra parve riflettere per un attimo. «Un altro paio di bicchieri, direi. Non mi sembra granché in forma.»
«Anche i suoi uomini non scherzano. Pare che intendano svuotare la cantina di Alar.»
Jaelle rise piano. «Buon per noi!»
Poco dopo, come Tamra aveva predetto, Devra si alzò, imitata dal proprio accompagnatore, che in verità pareva dovesse crollare da un momento all'altro sul pavimento. Lui le si avvicinò e, passatole un braccio attorno alle spalle, le si appoggiò pesantemente, ridacchiando come un cretino.
Devra lanciò uno sguardo di estrema sopportazione verso il loro tavolo, mentre Darren cercava di palparle il seno e, quasi trascinandolo, lo condusse all'esterno.
«Andiamo,» bisbigliò Marisela, quando fu sicura che la coppia si fosse allontanata a sufficienza dal chiasso dello Scoundrel, «se aspettiamo ancora Devra ci ucciderà.»
Tamra gettò alcune monete sul tavolo e poi assieme a Jaelle la seguì senza dir nulla. Non ce n'era bisogno.


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«Pensavo che dovesse portarsela a letto,» biascicò Elyas, indicando il suo capo che lasciava la sala comune, svanendo nella notte, «ma la sua stanza non è di sopra?»
« E' vero,» intervenne stolidamente uno degli altri, «Thomas non pensi che dovremmo andare a vedere? Magari quella vuol giocargli qualche brutto tiro.»
L'interpellato scosse il capo, cercando di nascondere la propria soddisfazione. «Non è il caso di preoccuparsi. Dopotutto è solo una donna, no?»
Gli altri mercenari risero, ma Elyas continuò a fissare la porta, incerto.
«Non preoccuparti amico,» Thomas gli batté una mano su un braccio e spinse il liquore che non aveva toccato verso di lui, «bevi piuttosto, offro io.» L'altro sorrise stupidamente e annuì, portandosi il bicchiere alle labbra e versandosi addosso una buona parte del suo contenuto. Thomas lo fissò disgustato.
"Animale," pensò con ribrezzo.
Lui, che era rimasto lucido, tornò a fissare il locale. Anche Tamra e le sue compari se ne erano andate. Forse, dopotutto, il suo avvertimento non era andato sprecato.


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All'esterno intanto, Devra barcollava sotto il peso del mercenario, che ubriaco fradicio, sarebbe finito lungo disteso per terra se lei non l'avesse aiutato a proseguire.
«Dove sctiamo andando?» chiese lui per la terza volta, cercando di distinguere qualcosa nel buio pesto.
«Ti piacerà, vedrai,» rispose Devra in un mormorio roco. Lui rise, spingendo il viso contro quello di lei e tentando di baciarla.
La donna si scostò leggermente, sperando che lui fosse troppo inebetito per accorgersi del suo disgusto. L'alito caldo del mercenario pareva bruciarle fastidiosamente la pelle e il puzzo di firi che emanava le faceva venire voglia di vomitare.
"Ma dove diavolo si saranno cacciate le altre?" pensò irritata. Ormai doveva essersi allontanata abbastanza dalla piazza, anche se in quella notte senza lune sarebbe stato difficile trovare la strada per qualsiasi posto che non fosse l'inferno.
Come evocate da quel pensiero, mani amiche si protesero dalle tenebre, togliendole quell'ingombrante fardello dalle spalle.
«Stai bene?» La domanda di Tamra era poco più di un sussurro, ma nel silenzio immoto, parve dovesse svegliare l'intero paese.
Devra annuì, poi, rendendosi conto che l'altra avrebbe faticato a vederla, si costrinse a rispondere.
«Avrei dovuto darti retta.»
Fu d'improvviso grata della fitta oscurità che le avvolgeva. Nonostante il vento gelido, il suo volto era arrossato dall'imbarazzo.
Tamra fece per replicare, ma Marisela la precedette.
«Non qui! E soprattutto, non adesso! Quest'idiota pesa...»
Anche se appena udibile, la sua voce era sferzante come sempre. Richiamate all'ordine, le altre Rinunciatarie si affettarono ad aiutarla e ben presto, un po' spingendo, un po' trascinando un Darren sempre più confuso, furono fuori dal paese.


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Kasentlaya si deterse il viso con una manica, tentando di trattenere le lacrime.
«Nel letame
Per quanto ci provasse, non riusciva a smettere di ridere.
Devra sorrise a sua volta, allungando le mani verso il fuoco, per riscaldarle.
«Passerà una notte indimenticabile, anche se forse non come aveva sperato!»
Si trovavano di nuovo alla Gilda, al sicuro. Era stata la stessa Kasentlaya ad aprir loro la porta e, quando Marisela le aveva fatto presente che a quell'ora così tarda avrebbe già dovuto essere a letto, lei aveva replicato che non intendeva aspettare fino al giorno seguente e aveva insistito per farsi raccontare tutta la storia.
«In fondo mi fa quasi pena,» commentò la giovane, scuotendo il capo con rammarico. «Sarebbe carino se solo non fosse così stupido.»
Tamra le si parò davanti e le lanciò uno sguardo torvo.
«Sarebbe carino, eh?»
Kasentlaya, allarmata dal tono minaccioso con cui l'altra le si era rivolta si affrettò a rettificare.
«Non penserai che io...» Ma la sua compagna non le lasciò terminare la frase e, afferrandola saldamente per un braccio, la spinse verso la porta della cucina.
«Adesso,» le due Rinunciatarie rimaste sentirono la sua voce provenire dalle scale, «mi spiegherai esattamente cosa intendevi!»
Sulle labbra di Devra si disegnò un sorriso divertito, ma i suoi occhi parevano remoti, come se stessero contemplando qualcosa che era andato perduto.
«Se le cose fossero andate diversamente avrebbe potuto... ?» la domanda rimase in sospeso e Marisela tacque, sentendo che forse non avrebbe dovuto porla.
«Se non mi avesse usata per i suoi scopi, forse.» Devra scrollò le spalle. «Andiamo a dormire. Si è fatto tardi.»









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Disclaimers

Arrivano ad Elvas ospiti inaspettati per Devra.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008