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Un ponte nel sopramondo

Kennard & Daenerys Hastur

Emma Shannon aprì gli occhi sentendosi stranamente bene, nonostante le sofferenze degli ultimi due giorni. Il medico aveva diagnosticato una violenta forma virale forse proveniente da qualche pianeta esterno dell'Impero, senza azzardare spiegazioni più precise. Ma una forma virale decisamente strana, con fenomeni di allucinazione e dissociazione che potevano essere stati prodotti da qualche droga naturale o sintetica; le analisi del sangue avevano però escluso ogni tipo di possibile assunzione di sostanze del genere. Era stata esclusa anche una qualche forma di contagio diretto, sia perché il caso era decisamente atipico ed isolato, sia per il fatto che la paziente era una persona decisamente tranquilla, con una vita regolare e precisa. L'unica cosa strana riferita dalla giovane donna era stata che i primi attacchi erano avvenuti dopo un incontro con uno dei laureandi dell'Istituto delle Scienze Storiche e Umane, il College in cui la professoressa Shannon insegnava Storia Pre-Espansione. Era una ragazzo minuto, con dei capelli di un acceso color rame ed il volto pieno di lentiggini. In seguito alla segnalazione della donna, lo studente si era dovuto sottoporre a sua volta ad una lunga serie di test ed esami, ma anche questi decisamente negativi.
Eppure Emma sentiva che in qualche modo il ragazzo era responsabile: era successo quando aveva iniziato il colloquio e l'aveva guardato negli occhi. Due occhi strani, color miele, che le avevano provocato una sensazione sgradita... quasi come se le potesse leggere nella testa. Poi tutto era apparentemente tornato normale ed il colloquio si era svolto tranquillamente e con grande cordialità. Ma già la sera erano cominciati i primi guai: violenta emicrania, allucinazioni sotto forma di visioni strane, di oggetti che sembrava si spostassero... e soprattutto di un brusio, un vociare continuo, ossessionante. Come un rumore di sottofondo. Che le era rimasto.
Decise di alzarsi, e la testa le girò solo per un attimo: si sentiva decisamente bene e in forma. Guardò il calendario digitale incorporato nella parete e rabbrividì. Era stata a casa per quasi un mese! Anche al College, nonostante una cordialità ed una comprensione quasi infinite, qualcuno cominciava ad innervosirsi. Stavano per iniziare le sessioni degli esami estivi ed anche se gli assistenti non potevano che prendere decisioni limitate, la sua mancanza costringeva i colleghi a del superlavoro. Andò in cucina ed ordinò al computer di farle portare un pasto abbondante. Aveva fame, una fame quasi insopportabile.


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Nel mese successivo la vita tornò quasi tranquilla: casa, College, incontri e colloqui con gli studenti, studio, qualche notizia di politica e di cronaca, un bel sonno ristoratore. Il quasi era rappresentato dai sogni: insistenti, strani, ripetitivi. Le sembrava di camminare in mezzo alla nebbia, ad occhi sbarrati, vagando per ore senza meta. Poi si risvegliava infreddolita ed affamata ed era costretta ad andare in cucina a mangiare.
Ma quando per la prima volta sentì una voce che parlava nella sua mente, lo sgomento si impadronì di lei: pensò che il suo cervello avesse subito dei danni. Si appoggiò con entrambe le mani alla cattedra, cercando di non far intuire al gruppo di studenti che lo ascoltavano la sua paura.
«Dunque,» ripeté, «come stavo dicendo non esistono quasi più documenti precisi del periodo anteriore alla Prima Espansione, sono andati distrutti in vari modi...»
"... sicuramente per coprire manovre poco lecite..." la Voce risuonò nuovamente nella sua testa ed il brusio che l'aveva tormentata si riacutizzò in modo quasi insopportabile. Ordinò a se stessa di non sentirlo, di non farci caso... e questo cessò. O per lo meno si attenuò notevolmente.
«... talvolta per coprire manovre politiche non del tutto limpide. Ma soprattutto a causa di una micidiale serie di virus informatici che dovevano precedere un attacco militare dell'Unione degli Integralisti.» Si guardò intorno come per prevenire ulteriori voci, ma nulla accadde, e poté finire tranquillamente la lezione. Anche se, con una certa inquietudine, notò che il ragazzo con i capelli rossi sedeva in fondo all'aula... proprio non l'aveva visto entrare.


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Ken, con un leggero battito di ciglia si trovò di nuovo nel Sopramondo. Ormai aveva preso l'abitudine di farlo da solo e rise fra sé al pensiero di tutte le volte che aveva rimproverato la sorella per il medesimo motivo. Si vedeva vestito con la divisa di ufficiale della Guardia, la spada al fianco e si sentiva in piena forma. Il grigiore perlaceo che l'avvolgeva si stemperava in un grigio scuro, in un punto all'orizzonte: vi si diresse, meravigliandosi per l'ennesima volta nel vedere con quanta rapidità potesse spostarsi. Ecco, la cosa era cresciuta ancora: una specie di roccia irregolare con molte sfumature di grigio. Il fatto strano era che... sembrava che fosse stata modellata col laran... si intuiva una sorta di movimento interno... come se fosse viva. Sentì dietro di sé un rapido frullio d'ali e si voltò, giusto in tempo per vedere un falchetto planare su di lui, atterrando sulla sua spalla con un movimento leggero.
"Rys!" trasmise fissando negli occhi l'animale. "Non sarai venuta a sorvegliarmi! So cavarmela da solo!"
"No, bredu, quando mai!" ma il suo tono era decisamente canzonatorio. "Ero solo venuta a vedere cosa avevi trovato di così interessante. Nell'ultimo mese è la quarta o la quinta volta che vieni qui, ed ero curiosa di sapere cosa stavi combinando," rispose zampettando un po' sulla sua spalla, cercando di assestarsi meglio. Poi col becco gli strofinò un orecchio come per fargli una carezza. "Anche la Custode si sta meravigliando per questo tuo improvviso amore per il Sopramondo."
Ken si levò il guanto di cuoio nero della mano destra e scompigliò un po' le penne del rapace:
"Chiya, sei sempre lo stesso adorabile amore." Poi indicò la roccia: "Sono qui per questa... la sento strana, come viva ed ogni volta la trovo più grande."
"Probabilmente è un punto in cui si ferma qualcuno con una certa frequenza... non ci darei un gran peso. Torniamo adesso?"
"Vai tu, io resto qui ancora un po'."
"Uffi!" gli rispose la sorella e lui rise tra se con dolcezza per quella sua tipica espressione di disappunto. "E così anche stasera devo stare alzata per controllarti! Domani sono di turno ai relè e avrei dormito volentieri. Ma non importa chiyu, resta pure, ma non per molto."
Ken sentì per un attimo le zampe del falchetto premergli sulla spalla mentre si dava la spinta, ma non lo vide neppure, quando volò via. La sua attenzione era rivolta alla roccia, sentiva che stava per succedere qualcosa ... c'era qualcuno? Gli parve, in lontananza, di vedere la figura minuta di una donna, e la chiamò.
"Chi sei? Da dove vieni?" Ma l'ombra non rispondeva, anche se i suoi contorni divennero improvvisamente più chiari quando si mosse. Insistette: "Mi senti? Se mi senti cerca di rispondermi!"
Sentì chiaramente la risposta: "Sono qui..." ma non fece in tempo a chiamarla ancora. L'ombra svanì, in un batter di ciglia.


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Emma Shannon era sprofondata subito in un sonno profondo, ma agitato. Sentiva come un'attrazione per qualcosa, ma neppure nel sogno riusciva a capire cosa. Si vedeva come immersa nella nebbia e il paesaggio le era del tutto sconosciuto. Sentì ad un certo punto che si stava svegliando, era in quello stato quasi surreale in cui si sogna sapendo di sognare, si dorme sapendo di essere svegli. Percepì come una presenza ed ebbe l'impressione che la sua mente si separasse dal corpo. Ed il sogno non sembrava più tale. Era sveglia. O nel sogno pensava di esserlo? Ma quando piantò le unghie nel palmo delle mani sentì dolore... e allora? Cosa le stava succedendo?
Ma quando udì per la prima volta la voce che parlava nella sua mente, pensò di essere sul punto di perdere la ragione.
"Chi sei? Da dove vieni?" Era decisamente la voce di un uomo, anche se intorno non vedeva nessuno. Poi si sentì come attratta da un qualcosa, da un punto nero all'orizzonte e mosse un passo per avviarsi in quella direzione. Si fermò subito. In un attimo aveva percorso una distanza che le parve incredibile.
"Mi senti? Se mi senti cerca di rispondermi."
"Sono qui..." rispose incerta. Poi si rese conto di non aver neppure aperto la bocca e si spaventò. Sentì come uno scossone e aprì gli occhi. Era nel suo letto. Aveva sognato.
Sentì il dolore alle mani e aprì le dita, guardandosi le palme: su ogni mano quattro segni violacei lasciati dalle unghie. Aveva sognato anche il dolore? Si strinse nelle spalle, cercando di scacciare tutte le impressioni che il sogno le aveva lasciato. Era la sua mente che giocava in modo strano nel dormiveglia e quella voce che le aveva parlato era sicuramente la voce della sua immaginazione. Vide che era ormai ora di alzarsi e con un gesto deciso scostò le coperte e tirò giù i piedi dal letto. Aveva fame, ancora! Decise di recarsi dal medico per segnalargli la cosa. Se continuava a mangiare così tanto (e possibilmente roba dolce: miele Vegano, cioccolato terrestre, canditi dei cactus dell'ottavo pianeta di Canopo!) sarebbe ingrassata sicuramente... e non voleva certo perdere la sua linea. Per scrupolo, in bagno dopo una doccia vera (fatta con l'acqua e non con gli ultrasuoni) decise di pesarsi... per scoprire che lungi dall'ingrassare aveva addirittura perso un paio di chili. Si guardò allo specchio... ma vide il suo solito volto, incorniciato da ricci e ribelli capelli biondi e illuminato dagli occhi, quella mattina più azzurri che mai. Sorrise in un attimo di compiacimento... tutti le dicevano che aveva occhi bellissimi. Pensò a quelli color miele del suo studente... così strani come quei capelli di un rosso acceso. Quelli non erano davvero belli!
Poi si lasciò trascinare da tutte le piccole incombenze di routine e dimenticò tutto, il sogno, le voci, fino alle sera.
Questa volta, quando entrò nel letto, si sentì come un po' strana... e timorosa di ripetere il sogno della notte precedente, che l'aveva tanto turbata. Cosa le stava accadendo? Era possibile che quella malattia avesse provocato dei danni alla sua mente? Aveva sempre sentito dire che quando si sentono delle voci... beh non era una cosa bella! Chiuse gli occhi, come per scacciare il pensiero... e sentì di nuovo quella sensazione di veglia non veglia. Le sembrò di percepire come un leggero schiocco nella sua mente e si ritrovò di nuovo in quel posto così strano e misterioso. E vide di nuovo, in lontananza, una figura d'uomo. Questa volta si mosse con più decisione e fatti pochi passi... (com'era possibile? Non poteva camminare così velocemente!) lo vide a pochi metri, davanti a sé. Era un uomo - anche se decisamente molto giovane - alto quanto lei, capelli di un castano chiaro e due occhi di un verde luminoso. Ed un'aria... come dire... pensosa. Ed era vestito in modo decisamente strano: pantaloni in morbido cuoio di un color chiaro, quasi argentato, una tunica di spesso tessuto blu... e una spada infilata in un fodero che pendeva da un cinturone! Un tipo di abbigliamento che risaliva quasi agli albori della storia umana! No, decisamente stava sognando, perché se fosse stato altrimenti... beh la sua mente aveva davvero avuto dei danni!
"Mestra... per quale motivo vi aggirate in questo livello del Sopramondo? Dai vostri occhi vedo che non state sognando. E perché siete vestita in modo così strano?"
Emma automaticamente si guardò e vide che, stranamente, non era in pigiama, ma indossava un paio di pantaloni sportivi blu ed un maglietta bianca piuttosto attillata. L'uomo non la fissava direttamente, anzi, sembrava che cercasse volutamente di non fissarla negli occhi. Incrociò le braccia sul petto, un po' incuriosita per questo ostentato non guardare.
«Strana io? Siete voi che avete un abbigliamento a dir poco eccentrico. Ma dove vi credete di essere, con quella spada? Se vi ferma una pattuglia di quartiere vi portano dritto filato ad un Centro di rieducazione mentale!» Poi si rese conto dell'assurdità dell'intera situazione: stava... parlando! Con uno sconosciuto, e non era in camera sua. Al Centro avrebbero portato lei, di sicuro!
Kennard rimase altrettanto sbalordito. A parte l'abbigliamento, semplicemente indecoroso (oltre che strano) per una giovane donna, lei parlava una lingua del tutto sconosciuta e l'aveva capita solo leggendole il pensiero.
"Da dove venite? Dalle Terre Aride forse? O dal Regno delle fate! E quale strana lingua parlate? È meglio che comunichiamo solo telepaticamente, credo."
"Telepaticamente?" pensò la donna.
"Certo, e come altrimenti? Visto che non parlate il casta e il cahuenga." Guardò i capelli tagliati corti: probabilmente era una Rinunciataria, anche se non portava l'orecchino e la spada. Le si avvicinò, pur rimanendo ad una certa distanza.
"Certo che ho la spada! Anche se, in verità, nel Sopramondo è un po' raro vederne portare una. Alla Torre non la porto più, ma la mia immagine astrale... beh è uguale a quella di quando ero Ufficiale della Guardia."
"Domani mi sembrerà di nuovo tutto un sogno, un sogno insensato e folle!"
"Ma non state sognando, naturalmente. Non potremmo parlare così. Ma in quale Torre avete fatto l'addestramento? Forse a Corandolis? Va bene che sono rimasti in pochi anche per poter seguire semplicemente i relè, ma almeno le informazioni di base ve le avranno insegnate!" insisté Ken. Anche a lui la cosa cominciava ad apparire del tutto anormale... il vestito, l'atteggiamento, soprattutto le parole! Che fosse una comynara cui gli Dei avevano tolto il senno?
"Ma cosa dite?" ormai la paura stava impadronendosi di lei: tutto era troppo folle per un semplice sogno. "Torri, coriandoli?" Sentì le lacrime sgorgarle improvvise dagli occhi, aveva paura, paura, paura!! Si mise a sedere in terra, prendendosi la testa fra le braccia.
Travolto da quella ondata di emozioni Ken non poté che avvicinarsi e sfiorarle appena una spalla con la punta delle dita di una mano. Ma lei sfuggì il contatto, ancora più impaurita.
L'uomo coinvolto nelle sue sensazioni, maledì per un momento quel pizzico di empatia che sapeva di aver ereditato da quel po' di sangue Ridenow che aveva nelle vene, poi cercò di prendere in mano la situazione.
"Ho capito, vi siete persa nel Sopramondo. Capita. Ma se mi dite da dove venite vi posso aiutare a trovare dove avete lasciato il vostro corpo. E dovete essere spossata, ormai! Altrimenti non fareste così!"
Ma la donna, con uno scatto repentino si era rialzata. Si guardò intorno come per cercare qualcosa e svanì rapidamente. Sicuramente era ritornata nel suo corpo. Anche lui decise di ritornare e chiusi gli occhi fece mentalmente un piccolo salto. Si ritrovò seduto nella comoda poltrona che aveva in camera: Rys era lì e lo guardava con aria interrogativa. Ken abbassò un po' le barriere per farle prendere direttamente dalla mente quello che aveva appena vissuto.
"Che ne pensi, sorellina?"
"Non saprei... non ho mai conosciuto nessun così. Ma ora vai a mangiare qualcosa, altrimenti domattina sarai talmente spossato da non poter svolgere i tuoi servizi."


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Quando Emma si svegliò, la mattina, il ricordo dell'intero, incredibile sogno la travolse come un'impetuosa ondata di marea. Ma era stato un sogno? O davvero aveva vissuto un'esperienza incredibile? Il dubbio rimase, anche quando uscì di casa per riprendere la sua normale attività di insegnamento. Ma quel giorno non era proprio in grado di lavorare normalmente: il pensiero andava sempre a quel viso, a quella voce, a quel colloquio troppo lungo per essere una semplice illusione. La sera prese un buon sonnifero e riuscì a sprofondare in un sonno profondo e senza sogni, finalmente ristoratore.
Per qualche altro giorno prese un sonnifero prima di andare a letto, alzandosi la mattina leggermente intontita, ma senza ricordare alcun sogno, voce, volto. Ma durante il giorno il ricordo tornava, più vivido che mai, finché in lei, studiosa e ricercatrice da sempre nonostante la sua giovanissima età, scattò la molla della curiosità. E decise. Quella notte niente sonniferi.
La sera andò a letto prestissimo, pervasa da una sottile eccitazione... e da un'altrettanto sottile inquietudine. Avrebbe rivissuto un sogno... sarebbe ripiombata in una realtà inimmaginabile... o stava diventando lentamente pazza... Ma non succedeva nulla, nessuno la chiamava, nessuna voce le risuonava nel cervello; era stata tutta un'illusione, un sogno particolarmente forte e vivido cancellato dai sonniferi. No, non cancellato, il giorno ricordava tutto, e sempre nella medesima maniera. Stava per assopirsi e scivolare in quello stato di dormiveglia che precede il sonno che ricordò come era successo, l'ultima volta. Aveva fatto scattare una specie di interruttore nel suo cervello... così. E si trovò nuovamente in una pianura sterminata, avvolta in un'atmosfera vagamente nebbiosa e dai toni perlacei. Come se fosse sopra una nuvola. Istintivamente guardò in basso e vide il suo corpo, immobile sul letto. La paura l'afferrò ancora alla gola e sentì il cuore pulsarle nelle orecchie con un rimbombo doloroso... il suo corpo... E si trovò nuovamente stesa sul letto, in camera sua. Scattò come una molla, alzandosi. Allora era vero, non era un sogno! Era proprio lei che riusciva ad andare e tornare in quello strano mondo... e quell'uomo strano non era un parto della sua fantasia...
In preda ad un'eccitazione mai provata si sdraiò nuovamente sul letto, cercando di ricordare come aveva fatto... ecco! Si sentì di nuovo come trasportare e chiuse gli occhi... per riaprirli ancora nella stessa, fantastica pianura nebbiosa e grigia, in cui tutto aveva un aspetto quasi soprannaturale. Si accorse che sopra gli stessi pantaloni sportivi aveva indossato (chissà come!) questa volta una camicia dello stesso tessuto, più larga e più morbida, che ammorbidiva la figura. Si guardò attorno, come cercando... e ad un certo punto vide, in lontananza la stessa figura, ormai inconfondibile. Bastarono poche decine di passi fatti ad una velocità sorprendente per arrivare di nuovo davanti all'uomo: era lui, anche se questa volta aveva un'espressione più stupita che pensosa. Non provò neanche a parlare, pensò.
"Chi sei?" chiese.
"Kennard Hastur... e tu... da dove vieni?"
Ad Emma il nome dell'uomo suonò alquanto strano, ma non poteva fermarsi ad analizzare l'etimologia di un semplice nome, quando si trovava in una landa grigio perla, con la sua sola mente, mentre il suo corpo rimaneva comodamente sdraiato sul letto della sua camera! "Sono Emma Shannon... vivo sulla Terra, sono una studiosa di storia pre-espansionistica..."
L'uomo rimase alquanto interdetto, sembrava non capire le sue parole.
"Sei dunque una terrana?" Azzardò a dire, quasi titubante, ripensando alle strane voci che erano circolate nelle ultime settimane.
Che strano termine, terrana! Emma sorrise divertita, e poi rispose: "Si... penso possa essere una definizione corretta tanto quanto... terrestre..."
L'uomo la guardò ancora con titubanza, ma sembrava aver capito. Ora toccava a lei capire da dove poteva mai venire un personaggio così singolare: l'abbigliamento dell'uomo era quanto mai inusitato, e portava i capelli, rossi, lunghi sulle spalle, usanza poco frequente sulla Terra. Era inevitabilmente umano, poté comunque constatare Emma, su questo non poteva certo sbagliarsi.
"Devo quindi immaginare che tu abiti su un... pianeta diverso dal mio... Io abito su Darkover, ora mi trovo nella Torre..." decise che era meglio restare nel vago, "in un paesino tra le montagne."
"Fermo fermo..." si intromise Emma, che non aveva capito molto del discorso dell'uomo. "Darkover? Mai sentito nominare...ed abiti nella torre di un castello? Di cosa stai parlando?"
"Mi stai prendendo in giro?" rispose divertito Kennard. "Comunichiamo telepaticamente e riesci a raggiungere con così tanta facilità il Sopramondo e non sai nulla dei tuoi poteri?"
Sopramondo? Era dunque così che veniva chiamata quella strana pianura! Per quanto riguarda i poteri telepatici, Emma aveva sempre creduto che l'uomo utilizzasse una minima parte delle potenzialità del suo cervello, e che di conseguenza nella restante fetta, potessero essere nascoste le più disparate abilità, anche quelle telepatiche. Ma era davvero stupita nel dover constatare che ne possedeva in una qualche misura.
"Sulla Terra pochi credono all'esistenza di facoltà PSI, e solo coloro che dopo accurati riscontri sono scientificamente dichiarati dotati di tali poteri vengono osservati e studiati. Io credevo di esserne del tutto sprovvista."
Kennard rimase ancora una volta interdetto, ed Emma sorrise nel notare la strana ruga che si formava nel centro della sua fronte quando era perplesso.
"Temo... o meglio... immagino che dovrò insegnarti qualcosa circa questa tua...abilità," evitò accuratamente il termine laran, anche se forse era una precauzione eccessiva. "Anche ora, rischi dei danni fisici, se non sei abituata a questo tipo di attività. "
L'idea di ricevere un addestramento come un operatore ESP riempiva Emma di una forte emozione, un'eccitazione mista ad una sana curiosità. Sentì chiaramente che quelle sensazioni investivano l'uomo di fronte a lei con tutta la loro forza.
"Bene... se sei così interessata, sarà molto più facile istruirti!" fece una breve pausa, aggiungendo a se stesso, in modo che la donna non potesse udire i suoi pensieri, "o almeno lo spero! Dovrò farmi aiutare da Rys o da qualche altro della Torre..." Continuò, rivolto nuovamente alla sconosciuta. "Ora è meglio che torni al tuo corpo. Un distacco così lungo da esso potrebbe essere pericoloso. Ritroviamoci qui, domani sera. Io ti aspetterò. Arrivederci mestra."
Prima di svanire nella nebbia Kennard le sfiorò con la mano una tempia, in una carezza carica di infinita tenerezza.
Poi Emma sentì un fortissimo dolore alla gamba. Si ritrovò nel suo corpo, dolorante per un forte crampo.
Ma quella magnifica esperienza valeva senza dubbio quel piccolo dolore.
La sua immensa impazienza e curiosità la spingevano a desiderare come non mai che il tempo passasse velocemente fino all'arrivo della notte successiva.
Tutta la giornata trascorse nel ricordo della notte precedente: durante le lezioni era svogliata, distratta, non una parvenza della solita passione e del laborioso zelo era rimasta sul suo volto.
Passò tutta la pausa pranzo, girando il cucchiaino nella tazzina del caffè, mentre davanti ai suoi occhi tornava, sempre nitido e quasi reale, il volto dell'uomo che aveva conosciuto la sera prima, nel... Sopramondo.
Kennard. Emma non riusciva a pensare ad altro: aveva subito notato la sua prestanza, la bellezza del suo volto, la sua eleganza, inconfondibile, nonostante lo strano abbigliamento.
Ma ancora di più l'aveva turbata il forte contatto telepatico che aveva condiviso con il giovane: ora le sembrava di conoscerlo da sempre, di essere parte della sua vita, come lui della sua.
E poi... quell'ultima carezza, così semplice, era sembrata naturale, la giusta conclusione (o il giusto inizio) della loro conversazione.
Tornò a casa ad un'ora veramente insolita, mangiò abbondantemente (continuava ad avere fame) e si coricò che il sole era ancora alto. Lui le aveva detto che l'avrebbe attesa allo stesso posto, quindi doveva essere già lì.
Per un attimo la invase il timore di non riuscire a trovare nella sua mente l'interruttore che le aveva permesso di accedere al nuovo mondo mentale. Cominciò a sudare freddo, ma poi avvertì distintamente la presenza della leva da far scattare e si ritrovò immersa nella nebbia grigia.
Il suo desiderio di rivedere Kennard era così forte che in pochi attimi si ritrovò di fronte a lui.
Era seduto in terra, vicino a quella che apparentemente era una roccia e stava accarezzando sulla testa un piccolo volatile. Voltò il viso verso di lei, avvertendo la sua presenza, ed Emma sorrise.
"Ben arrivata mestra. Siediti di fronte a me. Comincia la nostra lezione."
Emma obbedì subito, ma poi disse: "Cosa vuol dire mestra? Perché non puoi chiamarmi con il mio nome? La situazione mi sembra molto più impersonale di quanto non dovrebbe. Dopotutto... se l'istinto non mi inganna... in questo mondo... Sopramondo, non dovrebbero esserci formalità. Io posso vedere nei tuoi pensieri come tu nei miei, no?"
Kennard sorrise: "Nessun telepate educato si permetterebbe mai di spiare nella tua mente senza un tuo esplicito consenso. Ma da un certo punto di vista è vero. Ecco perché tra telepati i contatti fisici sono quasi assenti. Non ce n'è bisogno. Il mio mestra era solo un modo per portarti rispetto. Ma se mi dici che preferisci essere chiamata con il tuo nome, così sarà fatto Emma. Che nome strano..."
"Era il nome della protagonista di un romanzo della Terra... migliaia di anni fa... mia madre ha sempre adorato i libri antichi, specialmente questo... così mi ha dato il nome della protagonista."
"Romanzo? Cos'è un romanzo? Ho idea che queste lezioni non saranno unilaterali! Anche tu, terrana, hai molto da insegnarmi."
Emma sorrise soddisfatta, poi riprese con le sue domande: "Ieri sera, dopo che te ne sei andato, ho sentito un fortissimo dolore alla gamba, e quando sono... tornata nel mio corpo, ho scoperto che era un crampo, alla gamba, appunto. Come è potuto succedere?"
"È normale," rispose Kennard, "sei stata molto tempo nella stessa posizione ed il tuo corpo si è irrigidito. Prima di entrare nel Sopramondo dovresti essere completamente rilassata, ed anche così si può correre il rischio di avere dei problemi fisici, come l'accelerazione del battito cardiaco, un crampo, o l'aumento della frequenza respiratoria."
Emma era interdetta. Non stava capendo molto dei discorsi dell'uomo. Certo aveva intuito l'esistenza di un fortissimo sviluppo dei poteri PSI nel pianeta natale di Kennard, ma le poche informazioni che aveva e la sua stessa pigrizia, che le aveva fatto dimenticare di ricercare informazioni sul pianeta di origine dell'uomo, la stavano mettendo in difficoltà.
Kennard sorrise. I pensieri di Emma gli erano giunti con limpida forza.
Emma era seccata: non aveva forse appena detto che un telepate educato non sbirciava nella mente degli altri?
"Non posso fare a meno di leggere i tuoi pensieri... non perché io lo faccia di proposito, ma perché tu me li trasmetti con grande forza. Questa sarà la prima lezione: dovrai imparare a schermarti. Per non mandare agli altri i tuoi pensieri, e per non ricevere quelli di chi ti sta intorno."
Ecco da dove proveniva il continuo brusio che continuava ad avvertire Emma! Erano i pensieri degli altri!
Le scappò una risata: leggere nella mente della gente; quante persone avrebbero voluto avere quel suo potere!
Kennard la guardò irritato: non era certo il pensiero degno di una telepate, quello che gli era appena giunto!
"Da quanto tempo puoi sentire i pensieri degli altri, e riesci a raggiungere il Sopramondo?"
Emma fece due calcoli, e scoprì che la cosa era cominciata proprio il giorno in cui aveva avuto il famoso colloquio con il ragazzo dai capelli rossi. Trasmise l'immagine del giovane a Kennard, che la guardò stranito: "Ma questo è un Comyn! Cosa ci fa sulla Terra?"
"Questo è uno studente che frequenta le mie lezioni... cos'è un comyn?"
"Un comyn è... chiamiamo così i telepati," tagliò corto. "Tutto è cominciato dopo aver parlato con lui?"
Emma annuì: "Mi ha guardato negli occhi, e da quel giorno ho cominciato ad avere fortissime allucinazioni, tanto da dover essere ricoverata in ospedale per più di un mese."
Kennard si prese il mento fra le mani, pensieroso: "C'è solo una spiegazione: il ragazzo che hai incontrato era un telepate catalizzatore, che ha risvegliato i tuoi poteri psi allo stato latente."
Emma comprendeva solo in parte ciò che Kennard le diceva; ma poi ricordò gli occhi del giovane: e poté facilmente credere che quegli occhi avessero potuto azionato qualche leva nella sua mente, aprendole le porte di un mondo nuovo. Lo ringraziò silenziosamente, nonostante tutto quello che aveva dovuto soffrire durante il ricovero. Non avrebbe mai potuto conoscere Kennard, senza quella sofferenza!
Si rese conto che la parte di lei più istintiva, passionale, quella che credeva nel sentimento, stava prendendo il sopravvento, sulla componente razionale. Aveva paura che Kennard potesse ancora leggerle nel pensiero, così accantonò quei pensieri, riservandosi di pensarci più tardi.
"Ho capito," affermò energicamente Emma, "ora cominciamo la lezione, oppure arriverà il mattino prima che tu mi abbia spiegato anche solo il galateo fondamentale dei telepati."
Kennard rise divertito: "Ogni telepate impiega un anno per conoscere il galateo di base... in una notte potremmo fare ben poco! E forse ora è meglio che tu vada. È molto che siamo qui, e tu non hai nessuno che ti controlli. Fino a quando non ti avrò spiegato le basi dell'uso del laran... dei poteri psi, insomma, è meglio che le nostre lezioni siano molto brevi."
Detto questo Kennard si stava già alzando, per svanire nella nebbia.
"Aspetta!" esclamò Emma, allungandosi per afferrargli il braccio. "Non puoi già andare via! Non so ancora nulla di te e del... laran!"
Kennard ancora una volta accennò un sorriso ironico: "Mi avevano detto che uno dei peggiori difetti dei terrani fosse l'impazienza, ma non pensavo che fosse così diffuso! Il tempo non scappa, Emma. Abbiamo tutte le notti della nostra vita, perché io possa insegnarti. Di certo un giorno in più o uno in meno non faranno differenza."
Detto questo le passò la mano sulla tempia, sorridendo, come aveva fatto la sera prima, e sparì.
Imbronciata, quasi furiosa, Emma tornò di scatto nel suo corpo.
Si ritrovò ancora più indolenzita della sera precedente, ma ora sapeva spiegarsi il perché: quando era... saltata nel Sopramondo, i suoi muscoli erano tesi per l'eccitazione e l'ansia.
Cercò di rilassarsi, ma sentì il suo stomaco brontolare sonoramente. La sera successiva avrebbe chiesto a Kennard se quella fame era normale o no. Kennard... era finalmente giunto il momento di pensare a lui. Inutile negarlo: era fortemente attratta da quell'uomo, ma non sapeva capire le motivazioni di quel desiderio. Certo, era un bell'uomo, ma sotto, sapeva, c'era molto di più.
Forse era il rapporto, per Emma esclusivo, che si era instaurato fra loro, un rapporto intimo ed assoluto, che l'aveva lasciata senza difese davanti a lui. Lui poteva vedere nel profondo della sua anima, della sua mente.
E quelle carezze... che le facevano pensare di averlo conosciuto da sempre...


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Ken sentì che la sorella era preoccupata e la cosa lo infastidì.
«Quali pericoli vuoi che corra con quella donna! È vero che ha un potenziale piuttosto elevato, ma non sa proprio nulla né di noi né delle nostre capacità laran
«Ed essendo una terrana è meglio che continui ad esserne ignara,» l'interruppe lei.
«Non le ho detto nulla di particolare. Per quanto mi riguarda è vero che sto facendo una specie di ripasso accelerato di tutto quello che ho imparato a Dalereuth, ma in fin dei conti sono pur sempre un monitore, ed ho avuto un addestramento completo!»
Si trovava nella cucina mensa solo insieme a Rys, mangiando con avidità una zuppa di pane nero e ceci. Un kyrri silenzioso lo seguiva con lo sguardo, pronto a portargli altro cibo.
«Senti Ken, ne ho anche parlato con la Custode, non puoi continuare ad andare nel Sopramondo con questa frequenza, rischi di perdere il contatto con la tua, la nostra, realtà. E poi... mi costringi a monitorarti continuamente, sottraendo tempo e forze per i normali servizi della Torre.»
«Se è per quello posso farmi aiutare anche da altri... Anndra si è detto disponibile e così pure Pat, cui non pare il vero di cominciare a mettere in pratica quello che gli stanno insegnando... e così Aliciana, Kasentlaya... forse anche la stessa Dana se ce ne fosse bisogno.»
«Tutti nella Torre siamo pronti ad aiutarti... il problema non è quello. È il fatto che ti tocca trascorrere nel Sopramondo una quantità di tempo esagerata... non sappiamo ancora perché, ma il tempo evidentemente scorre in modo diverso tra i nostri mondi. Lei è al suo terzo viaggio... mentre tu... ho perso il conto!»
Kennard fece un breve cenno al kyrri, che si affrettò ad avvicinarsi al tavolo portandogli una cestina piena di fette di pane nero, caldo e fragrante. L'uomo mise altre due mestolate di zuppa bollente nella ciotola, spezzò tre o quattro pezzi di pane e ve li intinse, aspettando che si impregnassero. Poi alzò gli occhi verso la sorella e allungando una mano le fece la sua solita breve carezza sulla tempia.
«Chiya, non è questo il problema...» cominciò, lasciando il discorso come sospeso a congelarsi nell'aria.
Rys aspettò un poco che lui continuasse, poi vedendo che restava in silenzio passò alla conversazione telepatica, meravigliandosi di trovare il fratello con tutte le barriere alzate.
"Che ti sta succedendo Ken? O c'è qualcosa di così grave e tremendo che non lo può sapere neppure la tua sorellina?"
"Non so come dirtelo..."
"Un telepate che non sa come trasmettere un'emozione?" restò per un attimo silenziosa, poi proseguì, "... o un sentimento?"
Kennard sobbalzò ed il contenuto del cucchiaio che stava portandosi alla bocca finì sul tavolo. Il kyrri, impassibile, fu lesto a pulire la superficie con uno straccio, poi fece due passi indietro, restando in attesa di altri cenni od ordini.
Questa volta fu Rys a sfiorargli la fronte con le dita: gli sorrise.
"Ken, non sono solo una telepate, ma anche una donna... e noi queste cose le percepiamo al volo... Aspettavo solo che tu me lo dicessi: ti stai innamorando di quella donna!"
"È lei che si sta innamorando di me... è così poco abile nel tenere nascosti i suoi pensieri che le leggo dentro con la stessa facilità con cui riesco a sfilare la spada dal fodero... Ma lo capisci che non è possibile? Tra di noi esiste un abisso incolmabile ed il trovarsi nel Sopramondo non risolve automaticamente tutti gli altri problemi!"
"Ken!" la voce della sorella vibrò nella sua mente come una frustata. "Non puoi mentire a me, ma soprattutto a te stesso! È lei che si sta innamorando di te? Non lo posso sapere... ma sicuramente è vero anche il contrario!"
Il brontolio mentale dell'uomo si confuse con una serie quasi inintelligibile di suoni labiali. Riprese a bassa voce, escludendo volutamente la sorella dal contatto telepatico.
«Ammettiamolo pure... ma insomma tutto il problema per voi consiste nel dovermi monitorare in continuazione? Se proprio serve posso fare benissimo da solo!» Ken sentiva crescere dentro di sé una specie di risentimento, diretto contro tutti e contro nessuno... e... beh, sì, dovette ammettere che ciò era dovuto al fatto che venivano posti ostacoli ai suoi viaggi nel Sopramondo. E nel Sopramondo... c'era quella donna strana e affascinante. Ripensò a tutti i lunghi momenti (a volte pochi minuti, a volte un paio d'ore) trascorsi in attesa, vicino a quella roccia, guardando verso il grigiore perlaceo di quella nebbia perenne... in attesa. Attesa quasi sempre vana. Ed al ritorno cupo ed imbronciato nel suo corpo, a quel malumore senza motivo che lo pervadeva. Ed allo strana eccitazione che l'aveva pervaso l'ultima volta che l'aveva vista arrivare, a grandi passi, verso di lui.
Quella specie di innocenza bambina in un corpo di donna... e quella mente forte e piena, dal laran potente che emergeva a tratti. E poi... a quella solitudine così uguale alla sua... quella famelica ricerca di un essere uguale, con le stesse sensazioni... gli stessi meccanismi mentali. Il galateo che viene insegnato ad ogni telepate, e che diventa parte integrante del loro stesso essere comyn, impedisce e fa provare ribrezzo al solo pensiero di poter violare in profondità la mente altrui. Ma si rese conto, ora, che la mente della donna era stata talmente aperta ed indifesa che lui anche senza rendersene pienamente conto aveva assorbito qualcosa dei suoi sentimenti più profondi... e che questi erano entrati in risonanza con lui. Si rese conto, all'improvviso, che le sue barriere si erano abbassate notevolmente, e che accanto a lui, cogliendone le emanazioni, c'era ancora una volta la mente della sorella. Era lì, in silenziosa e rispettosa attesa, come se fosse... fuori della porta, aspettando di essere invitata ad entrare.
"Non c'è bisogno che ti dica nulla, naturalmente," le trasmise, "il mio problema l'ho finalmente portato alla luce... solo che... non so che fare! Sorellina, aiutami tu!"
La risposta di Rys fu più leggera del tocco di una piuma di falco di nido.
«Una volta uscito dal guscio, il pulcino non può più ritornare nell'uovo... e tu non sei altro che un pulcino che ha appena rotto il guscio e sta guardandosi intorno... ma sei sempre dentro l'uovo e non sai se uscirne o meno. Ken, non ti preoccupare, siamo in una Torre, sei fra amici, tutti ti vogliamo aiutare... ma per la Beata Evanda... fai in modo che lo possiamo fare! Questa... terrana... certo, ha un laran forte, talmente forte da entrare nel Sopramondo senza matrice... e restarci! Ma voi state vivendo un rapporto nel Sopramondo! Siete nel piano astrale, non in quello della nostra realtà terrena!» Percepì subito la subitanea chiusura della mente del fratello, e si pentì di essere stata così franca. Sospirò... gli voleva talmente bene che avrebbe accettato per cognata anche una delle sorelle di Zandru... ammesso che in quelle lande gelate avesse delle sorelle. Ma una terrana... e poi contattabile solo nel Sopramondo! No, no, l'abisso era troppo profondo, troppo largo per poter essere superato. Lo stesso Pat si era teletrasportato su Darkover... ma a quale prezzo? La perdita dell'identità, della memoria...
Si rese conto che la mente del fratello ora era veramente chiusa e blindata come non mai. Insondabile, non più contattabile. Spese allora l'ultima possibilità che si era tenuta, ben conservata e celata nella mente. L'idea non era stata sua, naturalmente, ma della Custode. Ken non poteva continuare a sfinirsi in quel modo nel Sopramondo, né impegnare in misura così significativa le risorse della Torre. Né essere abbandonato a sé stesso, naturalmente.
«Ken, ascoltami.» Gli strinse volutamente un braccio scuotendolo, in un gesto che altrimenti sarebbe stato inaudito fra telepati, sia pure fratello e sorella. Riuscì ad ottenere la sua attenzione, anche se sentì sotto la mano i muscoli del braccio che si irrigidivano. Lo lasciò, come se scottasse.
«Ascoltami, Ken. C'è un modo, ma serve il tuo aiuto. Sappiamo il livello e il punto del Sopramondo in cui aspetti... Emma (si chiama così, vero?). Ecco, Damon ha ideato la variante di una matrice simile a quella che usiamo per chiudere i cassetti o i forzieri. Va sintonizzata sulla tua matrice, facendo in modo che crei un'ombra, un'immagine simile alla tua... E che scatti nel momento in cui questa... donna vi si avvicina.»
«Una matrice-trappola? Mai!»
«Non è una matrice-trappola, deve scattare, altrimenti non servirebbe a nulla. Ma non le succederà nulla, servirà solo ad avvertirci che arriva... e tu potrai entrare nel Sopramondo ed incontrarla... Beata Evanda! Ma non ti rendi conto di quanto ti stiamo aiutando? Tutti quanti?» Daenerys allungò la mano quasi a prendergli nuovamente il braccio, poi la lasciò cadere sul tavolo.
«Ascoltami, ti prego! Non essere testardo!» Gli trasmise l'immagine mentale di come avrebbe funzionato e di lui che entrava nel Sopramondo debitamente controllato... con un pizzico di malizia ci aggiunse l'immagine della donna che gli andava incontro sorridente...
La mente dell'uomo si illuminò di una gioia così improvvisa e genuina che Rys ne fu scossa... lo conosceva davvero così poco suo fratello per non averlo veramente compreso subito fino in fondo?
«Per quanto mi riguarda, fratellino, non ti preoccupare... non sarò certo io ad approvare o disapprovare questo tuo...» cercò inutilmente un termine appropriato, ma non lo trovò. «Insomma, stai sereno, abbiamo risolto ben altri problemi insieme, risolveremo anche questo! E poi... l'ho vista anch'io, tramite la tua mente, ne ho percepito le emanazioni mentali... Beata Evanda! Ha davvero un forte laran naturale... ed è vero, si sta innamorando di te, anche se forse non ne è ancora del tutto conscia. Come te del resto!»
La donna si alzò dalla panca, facendo cenno al kyrri di sparecchiare.
«Vieni, andiamo da Damon, ti sei scordato che deve mettere in risonanza la tua matrice con quel dispositivo da posizionare accanto alla roccia?»
Ken poggiò entrambe le mani sul tavolo, e facendo forza su esse si alzò lentamente, come se facesse fatica. Il volto era diventato di nuovo pensoso e lo sguardo distante e perso nel vuoto. Poi si ricosse improvvisamente e finì di alzarsi quasi con uno scatto.
«Hai ragione, forse è il sistema migliore,» le sorrise, «... e come sempre sei tu quella che trova le soluzioni più opportune. Stasera si va a cena al Northern Scoundrel... tanto per portare qualche sekal ad Alar. Ehi! Sei mia ospite, naturalmente!»
«Veramente stasera avevo un impegno con Kasentlaya...»
«Ancora? Vedo che siete diventate molto amiche! Beh, porta anche lei, allora. Io inviterò Damon, se non altro per ringraziarlo di tutto il lavoro che deve aver fatto per me.»
«Invito accettato!» Disse una voce dietro di loro.
Damon si avvicinò ai due mostrando trionfante un picco disco di materiale translucido in cui erano affogati un paio di fili di rame ed un minuscolo frammento di matrice. Lo posò sul tavolo facendo cenno a Kennard di sedersi.
«Estrai la tua matrice!» lo invitò, mettendosi a sua volta seduto sulla panca di fronte a lui e posando sul tavolo il piccolo manufatto.
Ken slacciò i lacci di cuoio del sacchetto e ne estrasse un piccolo involto di seta che aprì con cura. Prese in mano la matrice ed affondò per un momento lo sguardo nella viva luce azzurra pulsante, poi alzò la testa verso Damon con fare interrogativo.
«Ci vuole solo un momento...» disse l'altro accostando il piccolo disco alla matrice dell'amico, facendo bene attenzione a non toccarne neanche la parte centrale. «Ecco, ora cerca di sintonizzarti sul frammento di matrice che c'è al centro... Dai! Come faresti con un lucchetto a matrice!» Osservò per un attimo il disco in materiale translucido che cominciava a pulsare lievemente allo stesso ritmo della matrice dell'uomo e, soddisfatto, la avvolse in uno strato di seta isolante che aveva tolto da una tasca della tunica.
«È la cena più a buon mercato che mi sia guadagnato!» Concluse ridendo. «Stasera Alar farà buoni affari!»
Poi, tornato serio, consegnò il piccolo involucro a Ken.
«Tienilo accanto alla tua persona la prossima volta che vai nel Sopramondo e posiziona sopra la roccia la sua immagine astrale e... tornatene tranquillo nel tuo corpo. Quando quella donna arriverà nel Sopramondo te ne accorgerai subito! La tua matrice che ora è sintonizzata con... questo, comincerà a pulsare. Per il resto sai come fare.»
«Grazie Damon!» gli rispose prendendo con delicatezza il pacchetto e riponendolo nella tunica.
«Non ringraziare me... ringrazia la Custode, piuttosto. È stata lei a darmi l'idea! Ed ora scusatemi, devo andare. Ci vediamo stasera da Alar!»


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Ken passò le mani sulla superficie della roccia, che sembrava essere cresciuta ancora, finché trovò una larga fessura a tasca vicino alla sommità; vi depose il piccolo disco, largo non più di un paio di sekal, liberandolo dalla seta isolante e rimase per un momento a guardare la minuscola scintilla che vi pulsava dentro. Era solo la proiezione del vero congegno, al sicuro nella sua stanza nella Torre, ma solo ora, dopo aver compiuto quel gesto simbolico, sapeva di poter tornare nel mondo reale, in attesa che la donna si facesse viva. L'avrebbe aspettata, con pazienza... sorrise al ricordo di quello che gli aveva detto Rys... e con amore... Altrettanto rapidamente di rabbuiò: il contatto nel Sopramondo, per quanto potesse sembrare reale, era sempre sul piano astrale, non su quello terreno. Pensò all'abisso spaziale e probabilmente temporale che li divideva. Ci sarebbe voluto... un ponte... l'avrebbe percorso anche se fosse stato più stretto della mandibola di una formica scorpione e se cadendo fosse andato a finire direttamente nel nono inferno di Zandru! Per un attimo il senso del tempo degli Alton, gli fece arrivare l'immagine di Emma a cavallo di un chervine mentre con la mano sulla fronte - per ripararsi dalla luce del sole - osservava la vallata di Elvas... ma quel breve lampo involontario che non può mai venir rievocato svanì come un fiocco di neve al sole.
Sentì la sorella che lo chiamava e si riscosse, rientrando in un attimo nel suo corpo.
Daenerys non gli dette neppure il tempo di parlare: «L'ho letto nella tua mente... non so di quale ponte si tratti e forse non l'hai percorso tu... ma una cosa è certa, porta ad Elvas.»









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Disclaimers

Durante vari viaggi nel Sopramondo, Kennard fa un incontro inaspettato.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008