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[torna a Racconti][E.S.T. dE +2, febbraio (19)] [Credits & Disclaimers]



Il sogno

Rafael Rakhal Ridenow

"Bene bene, dunque è questa Elvas," pensò mentre guardava con occhio critico le costruzioni ristrutturate. Era mattina inoltrata, e solo l'aria frizzante riuscì a dissolvere il velo di stanchezza di Rafael. Quando era partito, avventatamente, come soleva dire il suo scudiero, aveva avuto, in un primo momento, paura che il clima solitamente rigido potesse giocargli qualche brutto scherzo ma, fra la premura e il bisogno di andarsene, ci aveva pensato soltanto dopo parecchio tempo. Con suo grande entusiasmo, aveva notato che già agli inizi di febbraio il clima iniziava a migliorare, così da permettere di viaggiare.
Ritornò bruscamente alla realtà, decidendo che aveva davvero bisogno di un letto vero su cui dormire. Aveva notato l'occhiata speranzosa di Danilo, il suo scudiero, l'unico che l'avesse accompagnato o, ripensandoci, l'unico a cui avesse osato chiedere di accompagnarlo. Perciò, sospirando, smontò dal suo bel cavallo nero, Axel, proveniente dagli allevamenti di Armida, regalo di compleanno di suo padre per la maggiore età. Forse era un po' troppo appariscente per una fuga, ma al momento di partire non ci aveva proprio pensato. Sotto consiglio di Danilo, aveva considerato l'idea di scambiarlo con un altro durante il viaggio, ma subito l'aveva scartata per l'affetto che provava per il suo bel purosangue. Una piccola debolezza che poteva costargli cara, pensò rabbrividendo. Lasciò il cavallo allo scudiero e si diresse alla locanda. Stancamente, notò che non era molto gremita a quell'ora del giorno, ma forse era meglio così. Non aveva voglia di incontrare eventuali parenti, considerò sogghignando. Inoltre non si sentiva in vena di socializzare, perciò si sedette in un tavolo appartato e ordinò due firi, per rimettersi in carreggiata. Poco dopo lo raggiunse Danilo, che prese un bicchiere, scoccandogli un'occhiata di gratitudine mentre sorseggiava il liquore. Seguì un attimo di silenzio, mentre entrambi registravano nella mente che l'avevano davvero fatto, erano arrivati in quel villaggio sperduto frutto solo di un sogno.
«E adesso cosa intendi fare?»
«Recuperare le ore di sonno perdute, come prima cosa,» disse Rafael stancamente, alzandosi per prendere una camera. Danilo annuì, anche lui era stanco. Si sarebbe veduto poi il da farsi. Diamine, erano giovani e si meritavano un po' d'avventura. A sua volta si alzò e seguì il fratello di spada.


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Rafael si sdraiò sul letto, assaporando il momento in cui le sue membra stanche venivano in contatto con il materasso. Che sensazione! Come aveva potuto rinunciarci?
Aspettava ansioso il sonno, il misericordioso oblio che leniva tutti i dolori, le incertezze e i dubbi. Un toccasana per la stanchezza, che purtroppo non venne. Così, iniziò a vagare per i recessi della sua memoria, chiedendosi quando era iniziato tutto ciò. Due settimane fa? No, molto prima.
Il suo equilibrio era stato stravolto mesi fa, quando gli avevano annunciato senza troppe cerimonie che doveva sposarsi. Era a Neskaya allora, felicissimo del posto che occupava, meccanico delle matrici del secondo Cerchio. Aveva optato per la vita nelle Torri, che lo appagava molto, unito alla continua voglia di imparare, confidando che suo fratello Gabriel, il primogenito maschio, avrebbe adempiuto i doveri anche al posto suo. Ma si sbagliava. Suo padre prima aveva accolto di buon grado la sua decisione, ma adesso pensava che un buon matrimonio sarebbe stato di maggior valore per la famiglia piuttosto che un Sapiente. Così, una settimana dopo, era partito per Castel Comyn, sorbendosi almeno cinquanta volte il discorso che doveva essere onorato di sposare una Hastur, che avrebbe dato lustro al clan, che i suoi figli avrebbero avuto anche del sangue degli dei nelle vene. E fra lui pensava: ma allora perché non gliela fanno sposare a Gabriel, che è il primogenito? Almeno era bella? Ricordò che il padre aveva sorriso sornione a quella semplice domanda, dicendogli che sì, era di bell'aspetto e amabile di carattere, a quanto si diceva, ma che la sua principale bellezza era nel sangue che avrebbe trasmesso ai suoi figli... e giù un'altra volte l'interminabile discorso di quanto fosse fortunato. Ormai avrebbe saputo ripeterlo a memoria.
Finalmente, l'ombra di Castel Comyn portò termine ai discorsi, facendogli pensare ai fatti. Si sentiva leggermente eccitato. Ma quello che trovò ad attenderlo non era esattamente quello che si aspettava. Dom Marton in lutto, incapace, almeno per il momento, di andare a salutarli. Un suo cugino, apparentemente molto scosso, gli riferì in seguito quello che era accaduto: durante il viaggio, era scoppiato un incendio a Neskaya, domato velocemente, ma in cui si presumeva fosse morte la primogenita del Dom, Fiamma. Inoltre, la promessa sposa sarebbe scomparsa dalla Torre dove era in addestramento, Arilinn, non si sa bene in che ordine.
Rafael fu sinceramente dispiaciuto nell'apprendere i fatti, perché aveva conosciuto Fiamma, soprattutto prima che lei iniziasse l'addestramento come Custode e il successivo isolamento, ed erano stati buoni amici. Perciò saltava tutto. Si accorse di esserne dispiaciuto, ma l'idea di tornare alla Torre era allettante. Infatti, nel successivo periodo di sbigottimento e ricerca che ne seguì, lui ritornò effettivamente a Neskaya. Per un inverno. Rise a quel pensiero, perché era stato proprio quell'inverno a cambiare il corso degli eventi.
Durante il viaggio di ritorno, lui e Danilo, più un paio di servitori, si erano divisi dal gruppo principale in vista di Neskaya. Ma proprio durante quel viaggio, durato cinque giorni, lo avevano assalito dei sogni, anzi lo stesso sogno, che si ripeteva quasi inalterato tutte le volte che chiudeva gli occhi. Un villaggio conosciuto da pochi, una Torre che lo aspettava, forse avevano bisogni di lui... ma dove? E improvvisamente... lui sapeva dov'era! Ma come diavolo faceva a saperlo? E il sogno ritornava ogni volta ossessionandolo. La decisione che ne conseguì prese alla sprovvista lui primo fra tutti. Se davvero il suo destino era collegato a quel luogo, allora doveva andarci. Perfettamente logico, peccato che l'inverno fosse alle porte. Impossibile viaggiare per almeno tre mesi, se non di più. A malincuore, dovette ammettere che era un suicidio andare a cercare una valle fantasma in quel periodo, e che era meglio passare l'inverno a Neskaya, dove avrebbe avuto tutto il tempo di pensarci.
Ma l'inverno passò, e lui sentiva opprimente più che mai il bisogno di andarsene. Era diventato nervoso e irritabile, tanto che in un giorno solo ebbe da dare spiegazioni a due persone. La prima era Danilo, rimasto con lui, e a cui confidò ogni cosa tranquillamente, sapendo che avrebbe trovato comprensione, mentre l'altra era la stessa Signora di Neskaya. Lo mandò a chiamare nel pomeriggio, esigendo spiegazioni plausibili sul come mai un brillante meccanico fosse diventato così distratto da rovinare l'ultima seduta nel Cerchio. Anche stavolta, Rafael confidò tutto, prima esitando, poi sempre più velocemente, come se le parole uscissero da sole. Alla fine la Custode lo guardò e, sebbene a malincuore, gli disse di andare, Elvas non era solo un sogno. Rifiutandosi di dare altre spiegazioni, lo congedò. Sbigottito, organizzò la fuga per la notte stessa, osando solo alla fine chiedere il parere dello scudiero.
«Fai bene, ti stavi consumando a furia di rimuginare quel sogno. Ma non puoi andare da solo. Verrò anch'io.»
Rafael cercò invano di convincere l'amico del contrario, ma loro erano come fratelli, visto che Danilo era cresciuto nella sua casa, e l'altro capì che in realtà quell'ostinazione nascondeva il sollievo.
Così, quella notte stessa partirono, e un lampo di premonizione gli fece vedere degli occhi dorati, un volto gentile che sorrideva, e che lo aspettava.









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Disclaimers

Un altro componente della famiglia Ridenow, Rafael Rakhal, sogna la valle e decide di partire per Elvas.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008