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[torna a Racconti][E.S.T. dE +1, aprile (13)] [Credits & Disclaimers]



Una giornata come tante

Shonnach n'ha Pedra

Il sole era sorto da poco, ma Shonnach era già di ronda attorno al perimetro della Torre.
Come sempre aveva fatto sogni fastidiosi e si era svegliata con un forte senso di apprensione. Sapeva che sarebbe accaduto qualcosa di brutto, ma il suo laran non le permetteva di individuare il cosa, il come e, soprattutto, il quando.
Dana le ripeteva che la vicinanza degli Aldaran le aveva provocato lo sviluppo del loro donas. Fiona, la Custode, non diceva nulla, tranne che avrebbero affrontato il problema al momento più adatto per farlo.
Damon, dal canto suo, non faceva altro che ripetere: «Faremo volare quel falco quando avrà messo le penne!» Confermando così le parole della Custode.
"Già!" pensò Shonnach, fermandosi davanti all'ingresso principale. "Come se Damon abbia mai osato dire qualcosa di diverso da quello che dice Fiona!"
Davanti a lei la piazza era ancora vuota, nessuno dei più sempre numerosi abitanti di Elvas era ancora uscito di casa. La sola persona già al lavoro era, come sempre, Manolo, l'aiutante della Custode.
Shonnach seguì con lo sguardo la creatura mentre si arrampicava lungo le impervie pareti della Torre.
Come sempre, prima che cominciasse il via vai da e verso la Torre, Manolo spendeva qualche ora del suo tempo strappando rampicanti e sistemando le pareti esterne della Torre di Elvas.
Shonnach si riscosse dopo qualche minuto, irritandosi al pensiero di essere rimasta a fissare a bocca aperta quell'essere come una qualsiasi delle donne del villaggio.
Dopo tutto cosa aveva Manolo di così attraente da calamitare sempre l'attenzione di qualsiasi essere femminile dei dintorni?
Tornata padrona di se stessa, l'Amazzone si diresse verso le stalle. Era improbabile che Shann fosse già in piedi e Shonnach contava su questo per poter controllare i cavalli alloggiati negli stalli riservati ai viaggiatori. Teoricamente non ci sarebbero dovuti essere cavalli sconosciuti, non c'erano visitatori di passaggio, ma doveva controllare.
Lo scricchiolio della porta che metteva in comunicazione lo stabile principale della locanda con le stalle la fece sobbalzare, proprio mentre stava per entrare.
Pur sapendo di non avere nulla da nascondere, Shonnach cercò riparo dietro alcune balle di fieno. Alar, il proprietario della locanda, si diresse con passo sicuro verso l'alloggiamento del proprio cavallo e, sussurrando qualcosa all'orecchio dell'animale, gli mise sotto il muso gli avanzi del pane del giorno prima, ammorbiditi nel latte.
Ci fu un breve istante di silenzio, mentre l'animale divorava con piacere il pane, poi, senza neppure voltarsi, Alar si rivolse direttamente alla donna.
«Possibile che tu debba sempre nasconderti nell'ombra?» Era ormai talmente abituato alla paranoia dell'Amazzone che si sarebbe stupito se non l'avesse trovata nascosta lì da qualche parte. «Il giorno in cui capiterà qualcosa andrà a finire che non te ne accorgerai perché sarai troppo impegnata a nasconderti!» Concluse ironico.
Shonnach uscì sbuffando dal suo nascondiglio. «Quando capiterà qualcosa sarò pronta!»
Alar la guardò sempre più divertito, appoggiandosi ad uno dei recinti, braccia incrociate sul petto, pronto alla solita filippica della donna. Chiunque al villaggio, anche gli ultimi arrivati, sarebbe stato in grado di ripetere parola per parola i discorsi di Shonnach.
«Mi chiedo come faccia Dana a sopportati da così tanto tempo,» sospirò Alar, prima che lei potesse aprire bocca di nuovo. «Se fosse per me ti avrei già abbandonata da qualche parte!»
Shonnach borbottò qualcosa tra i denti, avvicinandosi al suo cavallo. L'animale, riconoscendola, avvicinò il muso alla sua mano, sicuro di trovarci una qualche leccornia.
«Dopo tutto non hai solo Dana che ti sopporta,» Alar si diresse verso la porta di comunicazione con la locanda, voltandosi verso Shonnach e restando a fissarla per qualche istante.
Se solo non fosse stata così paranoica. Chissà se quella sera sarebbe stata abbastanza tranquilla da riuscire a fermarsi un po' per una bevuta. Non capitava spesso in questi ultimi tempi, con il continuo via vai di gente.
Ogni nuova carovana doveva essere controllata e, se nel gruppo c'era qualcuno che si fermava stabilmente, Shonnach si sentiva in dovere di scavare nel passato di quei poveretti fino alla quarta generazione.
Arrivata a sera crollava letteralmente dal sonno e non aveva di sicuro voglia di fare altro.
"Chissà se oggi sarà una giornata tranquilla," si riscosse Alar. «Hai già fatto colazione?» aggiunse ad alta voce, rivolto all'oggetto dei suoi pensieri.
Shonnach finì di coccolare il suo cavallo e si avvicinò all'uomo.
«No, Damon e Fiona erano già in piedi per preparare il programma della giornata. Sono uscita prima che decidessero di fermarsi per mangiare ed invitarmi. Non avevo voglia di ascoltare le loro chiacchiere.»
Alar le tenne aperta la porta, invitandola a passare nel locale adiacente.
«Ti preparo qualcosa io,» si propose. «Sempre che tu non abbia qualcosa di più urgente da fare...» Shonnach non raccolse la provocazione, limitandosi a dargli una gomitata nelle costole quando gli passò accanto.
Alar trattenne per un attimo il respiro. Non aveva colpito troppo forte, forse quella mattina era più in buona del solito. Magari c'erano speranze, e non solo per quella notte.


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Circa un'ora dopo, abbondantemente nutrita ma di sicuro non più rilassata, Shonnach era pronta per continuare il suo giro di ronda.
«Dana!» la sua Sorella stava accompagnando la piccola Loreena, che aveva stampata sul viso un'espressione da topo in trappola, al cospetto della Custode per i compiti della giornata.
«Aspetta qui, piccola.» Dana si rivolse dolcemente alla ragazzina, avvicinandosi poi alla compagna con aria rassegnata. «Cosa c'è Shonnach?»
«Quanti controlli avete in previsione per oggi?» L'espressione di Shonnach si era fatta nuovamente guardinga e paranoica.
Dana si strinse nelle spalle. «Non lo so. Oggi non tocca a me portare le vittime, si è offerta Marelie. Accompagno solo Loreena, poi sono libera.»
Shonnach scrutò la ragazzina, Loreena stava osservando la massiccia mole della Torre che sembrava incombere su di lei. «Poi cosa fai?» Chiese, con tono quasi distratto, alla compagna.
Dana sospirò: «Un giro a cavallo, forse metto in ordine la mia stanza, oppure mi dedico alla serra...» l'espressione di Shonnach si era rabbuiata, non capiva mai quando qualcuno scherzava. «Non ho ancora deciso Shonnach. Vedrò dopo che Fiona avrà finito con la piccola. Probabilmente passerò il resto della giornata con lei.»
Shonnach guardò Dana, poi Loreena. «Credi che andrà male? Eppure dite tutti che quella piccoletta ha un laran molto forte.»
«Loreena ha un laran molto forte, solo che nessuno le ha mai insegnato come utilizzarlo.» Dana scosse le testa. «Fiona, come tutte le Custodi credo, non è pronta ad avere a che fare con un'adolescente che non sa assolutamente nulla di laran. Nessun piccolo comyn verrebbe mai cresciuto senza prepararlo a come affrontare il risveglio delle sue capacità telepatiche. Loreena non sa neppure di cosa stiamo parlando.»
«Allora correrai in suo soccorso? Non potrebbe farlo Damon?»
Dana la fissò con espressione fredda e distante. Non le piaceva quando Shonnach cercava di estendere il suo controllo anche sulle persone che la circondavano, specialmente se la persona in questione era lei. Anche se si conoscevano da anni ed era stata tra le testimoni al suo Giuramento, Shonnach sapeva benissimo quale era il limite da non superare... ma sembrava scordarselo sempre più spesso. Anzi, proprio il fatto di aver presenziato al suo Giuramento le aveva sempre fatto credere di avere gli stessi diritti di una sorella maggiore, e questo nel migliore dei casi, nei suoi confronti. Inoltre, dopo il primo inverno passato in solitudine ad Elvas, la cosa era peggiorata, Shonnach era sopportabile solo quando erano tutti e cinque insieme, e non capitava spesso.
«No,» rispose il più tranquillamente possibile. «Non può farlo Damon e neppure Marelie o Kelan,» aggiunse, prima che l'altra esprimesse a parole quello che aveva appena pensato. «Quando Loreena avrà finito con le prove sarò lì ad aspettarla e, se dovesse avere bisogno, resterò con lei fino a quando non sarà passata la crisi.»
Prima che Shonnach potesse ribattere, Dana fece un cenno a Loreena, che la raggiunse rapidamente, e si avviarono verso la Torre.
Shonnach la guardò allontanarsi. Certe volte proprio non la capiva e da quando aveva incontrato quella che definiva la sua libera compagna le cose non erano di certo migliorate.
Con un moto di disappunto di accorse che Alar la stava fissando, appoggiato allo stipite della porta d'ingresso della locanda, un sorriso indecifrabile gli aleggiava sulle labbra. Sembrava quasi che lui conoscesse particolari che a lei non era concesso sapere.
Shonnach scosse la testa. Doveva ancora terminare il suo giro, non era il caso di perdersi in discussioni con quell'uomo. Sapeva benissimo come sarebbe andata a finire e, per quella mattina, le era di certo bastato.
Voltò le spalle alla taverna e si diresse verso il lato opposto della strada, dove sorgeva il negozio di Shann McKee. Non aveva bisogno di controllare il negozio del compagno di Madre Gwennis, ma aveva visto uno dei cervine da soma di Benton legato fuori dello stabile ed era curiosa di sapere se l'uomo aveva visto qualcuno di nuovo scendere dalle montagne che dividevano la valle dal Dominio degli Aldaran.
Wymee, il cane di Benton, era di sentinella fuori dalla porta. Shonnach poteva sentire i suoi occhi gialli fissi su di lei, che la seguivano mano a mano che si avvicinava. Fece finta di nulla, ma era certa che l'animale potesse fiutare il suo disagio e, come rispondendo ad un segnale silenzioso, Benton uscì dalla porta e si chinò sul suo lupo.
«Tutto bene?» chiese al cane, sollevandogli il muso con una mano. Si fissarono negli occhi per qualche istante e, se Benton avesse avuto sangue MacAran nelle vene, Shonnach avrebbe giurato che i due stessero effettivamente parlando.
L'uomo si voltò un attimo a guardala poi, dopo aver grattato con forza il cane dietro le orecchie, tornò ad alzarsi ed attese che lei lo raggiungesse.
«Buongiorno mestra,» la salutò formalmente, come d'abitudine. «Mattiniera come al solito!»
Shonnach si fermò a pochi passi da lui. Wymee si era seduto compostamente al fianco di Benton e la stava fissando, pronto a scoprire i denti in un ringhio sommesso se mai si fosse avvicinata troppo al suo padrone.
«Non sono la sola ad essere presto al lavoro,» commentò. «Anche se i mattinieri sono pochi da queste parti.»
Tenendo una mano posata sulla testa del cane, Benton aprì la porta del negozio di Shann. «Se hai bisogno di mio fratello puoi aspettarlo dentro. Si è dovuto assentare un attimo, sembra che Dom Damon avesse bisogno di lui con una certa urgenza.»
Shonnach scosse la testa negativamente. «Ti ringrazio, ma questa mattina non ho bisogno di vedere Shann.»
«Ti posso essere d'aiuto in qualche modo?» certe volte la rispettosa gentilezza di Benton la metteva a disagio. Quella e il suo cane.
«No,» lo ringraziò, mordendosi mentalmente la lingua per impedirsi di aggiungere altro. «Ti ringrazio comunque.»
Benton non attese oltre, dopo averla salutata con un cenno del capo rientrò nel negozio, seguito dal cane, lasciando Shonnach da sola in mezzo alla strada.
L'Amazzone si riscosse qualche secondo più tardi. Nella sua mente aveva continuato a ronzare quello che Benton aveva detto a proposito del fratello.
"Damon che chiede con urgenza la presenza di Shann..." la cosa le suonava strana. Erano alle soglie dell'estate, che motivo poteva avere Damon per chiedere l'aiuto di Shann. Cavalli e finimenti, cos'altro poteva fornire. Consigli militari... doveva assolutamente chiedere a Dana.
"No!" si corresse immediatamente. "Dana è troppo irritabile in questi giorni!"
Si voltò diretta alla casa della Gilda. Stava pensando a chi poter chiedere informazioni quando Kelan uscì dalla Torre, lo sguardo fisso al suolo e un'espressione pensierosa sul volto.
"Kelan!" esclamò mentalmente Shonnach, senza rivolgersi direttamente a lui e, quando lo vide sussultare, restò sorpresa.
L'uomo si fermò sospirando, passandosi una mano sulla fronte. «Buongiorno Shonnach.»
La donna lo raggiunse rapidamente. «Non stai molto bene!» affermò guardandolo con attenzione.
«No, Shonnach,» ammise, stupendosi che lei non sapesse della sua bronza della sera prima. «Sto smaltendo faticosamente i postumi di una bevuta colossale. Fortunatamente Dana mi ha dato qualcosa per attenuare il mal di testa.»
L'espressione di Shonnach si rabbuiò nel sentire nominare il nome della consorella. «Tu sai qualcosa dei progetti di Damon?» chiese bruscamente.
Kelan la fissò perplesso. «Quali progetti di Damon?» la sera prima non avevano di certo discusso di lavoro e non gli sembrava che Damon stesse progettando qualcosa di nuovo.
«Niente, chiederò direttamente a lui!»le sembrava strano che lui non sapesse nulla, ma se era vero che la sera prima si era ubriacato forse Damon aveva preferito tenerlo fuori.
«Buona giornata!» lo salutò frettolosamente, voltandogli le spalle e dirigendosi verso le Terme.
Kelan la guardò allontanarsi, trattenendosi dallo scuotere la testa per evitare ulteriori fitte di dolore.
"Chissà cosa ha fatto Damon per meritarsi questo!" ridacchiò tra sé, ripensando a quello che aveva già subito la sera prima, sopportandolo ubriaco e infuriato con il mondo intero.


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Immersa nei pensieri, Shonnach non si voltò neppure una volta, raggiungendo rapidamente le Terme. Non voleva incontrare la Vedova ma non voleva neppure incrociare nuovamente Kelan. Si trovava a disagio quando doveva affrontare persone che riteneva avessero perso, realmente o solo nella sua libera interpretazione dei fatti, la loro dignità.
Nell'elenco era compresa anche la Vedova, naturalmente, ma doveva scoprire cosa stava tramando Damon e, forse, prima di rivolgersi direttamente a lui poteva sondare un po' quella donna.
"Dopo un anno di tranquillità, adesso cominciano i problemi," si disse, entrando nello stabile delle Terme. "Ne ero certa, era inevitabile... con tutta la gente che sta arrivando!"
Nell'atrio regnava la quiete più assoluta.
Era ancora presto per i frequentatori abituali, che solitamente affollavano i locali comuni sul finire della giornata per riprendersi dal lavoro e dalle ore passate al freddo.
Le sale private, una delle idee innovative della Vedova, erano prenotate con giorni di anticipo. La possibilità di godersi un bagno caldo, da soli e in una stanza dotata di tutte le comodità, facevano gola a molti degli affezionati clienti.
Anche lei, di tanto in tanto, superava la forte antipatia che nutriva per quella donna e sfruttava il servizio offerto dalle Terme. La Casa della Gilda aveva un bagno comune, che utilizzava la stessa sorgente termale che forniva acqua calda anche alla Torre, ma era sempre troppo affollata.
Lo stabile delle Terme, costruito su tre piani, scendeva nel sottosuolo, sfruttando le sorgenti di acqua calda che sembravano scorrere per tutta la lunghezza della valle.
Il piano terra era occupato dalle grandi vasche comuni, dai locali della sauna e da alcuni salottini per rilassarsi e chiacchierare, prima o dopo aver usufruito degli altri servizi delle Terme.
Il piano sottostante, scavato interamente nella roccia, era stato suddiviso in tanti piccoli locali, sfruttando le nicchie che naturalmente si erano create dove l'acqua aveva creato tante piccole polle. Era bastato erigere sottili muri di legno per separare ogni anfratto e il risultato ottenuto era diventato non solo molto suggestivo ma estremamente gradito ai frequentatori delle Terme che volevano godersi un buon bagno caldo senza essere circondati dalla folla o dal rumore.
L'originale idea però non era stata della Vedova ma degli antichi abitanti di Elvas.
Il grosso dei lavori di ristrutturazione delle grotte naturali era stato compiuto ai tempi della massima fioritura della vallata. Gli abitanti ormai scomparsi avevano modellato le piccole caverne, eretto i muri separatori e dotato ogni piccolo locale di globi luminosi che era stato solo necessario ricaricare.
La Vedova aveva preso possesso dell'intero complesso e sfruttato abilmente il bisogno di caldo e comodità presente nei molti nobili rampolli di stanza ad Elvas.
Shonnach stava per andarsene quando dai locali privati della Vedova, che occupavano l'intero primo piano, sentì giungere la risata argentina della donna.
L'Amazzone si avvicinò silenziosamente, ma senza celare la sua presenza. Se volevano accorgersi di lei non avrebbero avuto problemi.
La porta che conduceva al primo piano, solida e invalicabile una volta chiusa, era socchiusa e la voce della proprietaria e del suo ospite filtravano appena attenuate.
La Vedova stava raccontando di una sua vecchia esperienza, non molto positiva, vissuta ai tempi della sua permanenza a Thendara. Le era stata affidata la custodia di una giovane fanciulla, da poco entrata nella sua fase adolescenziale, e ricordava che per tutto il tempo trascorso presso quella famiglia le era stata affiancata anche una leronis, il cui compito era vegliare sul laran in fase di risveglio della giovane donna.
Ricordava le domande insistenti della ragazza su come utilizzare i poteri che stava scoprendo e le indicazioni che la leronis le dava riguardo a quello che poteva e, soprattutto, che non doveva fare.
«Fino a quando non si sono decisi a mandarla in una Torre, » concluse. «Dopotutto è il solo modo per imparare in maniera adeguata ad usare il laran! »
«Quando fai così mi spaventi!» la voce maschile che rispose alle parole della donna restò per qualche istante sconosciuta alle orecchie di Shonnach. «Non pensavo avessi così tanta considerazione di noi poveri laranzuin
La risata della Vedova si riversò nuovamente attraverso i locali deserti. «Ho un passato da comynara anch'io, cosa credi!» esclamò con tono piccato. «Anche se è passato tanto tempo dall'ultima volta che ho messo piede in una Torre, non ho ancora scordato quello che mi hanno insegnato quando ero giovane...» L'immagine mentale di se stessa giovane, trasmessa dalla Vedova al suo incredulo ospite, fece sorridere anche Shonnach. «Ma di certo non invidio la sorte di Dana!» esclamò poi, soddisfatta della reazione provocata in Mikhail Ardais, vecchio collaboratore di Fiona ai tempi in cui era Custode a Neskaya e da poco arrivato nella valle, e in Shonnach, la cui presenza le era apparsa subito chiara e forte ma che non aveva intenzione di incontrare di persona.
Mikhail sospirò. «Qualcuno deve prendersi carico dei giovani da addestrare e Dana ha sempre mostrato un certo donas naturale in questi frangenti.»
La Vedova inarcò le sopracciglia, visibilmente incuriosita. «Donas? Credevo fosse empatica...»
Mikhail annuì vigorosamente. «Il donas dei Ridenow allo stato puro. Ma il suo secondo donas è ancora più potente!» fece una breve pausa, sorseggiando il liquore corretto con un po' di tisana che la Vedova gli aveva offerto. «Forse è stato a causa della sua situazione famigliare, finché è rimasta al castello del padre ha sempre dovuto tenere a bada i fratelli più piccoli, ma Dana sembra mostrare una certa propensione nel sopportare gli insopportabili.»
«Allora devi stargli simpaticissimo,» lo punzecchiò la donna, ma Mikhail non raccolse la provocazione.
«Con l'empatia riesce a percepire lo stato d'animo di chi la circonda,» continuò, «ma è anche in grado di influire attivamente su di esso.»
«Ecco perché c'è sempre una sensazione di calma attorno a lei,» si illuminò la Vedova. «Dici che è per questo che persone come Shonnach si attaccano a quella poveretta come delle...»
Mikhail le fece cenno di tacere, ma dall'espressione divertita della donna capì che anche lei si era accorta della Rinunciataria e che voleva punzecchiarla un poco.
«È questo il donas di cui ti dicevo,» la interruppe comunque. «Io l'ho vista infuriata solo una volta, poco prima che abbandonasse la Torre per diventare Rinunciataria... e per fortuna che quando è in quello stato si allontana da tutti e cerca di stare il più sola possibile!»
La Vedova cercò di immaginarsi Dana n'ha Angela infuriata, senza riuscirci. Ma il ricordo degli ultimi giorni trascorsi assieme a lei alla Torre di Neskaya che Mikhail stava inviando le fece venire i brividi.
«Sarà meglio non fare mai arrabbiare Dana,» sentenziò la Vedova. «Anche se c'è qualcuno che ci sta andando molto vicino.»
Dalla sua postazione d'ascolto in fondo alle scale, Shonnach percepì più che sentire l'intero scambio di battute e, diventata rossa fino alla radice dei capelli, girò sui tacchi ed uscì dalle Terme quasi di corsa.
Con passo deciso entrò nel Northern Scoundrel, fermandosi al bancone del bar dove Alar stava conversando amabilmente con Kelan riguardo la sbronza della sera prima.
I due uomini la guardarono perplessi e Alar le riempì un boccale di sidro, senza aspettare che le chiedesse nulla.
Per quanto Shonnach potesse sembrare alterata non avrebbe mai bevuto qualcosa di più forte prima di pranzo: doveva restare pronta e vigile per ancora molte ore.
L'Amazzone bevve un lungo sorso di sidro, calmandosi poco a poco. Non sapeva se le aveva dato più fastidio l'essere stata accusata di essere un pericolo per la pace del villaggio o l'essere stata apertamente presa in giro... fortunatamente senza altri testimoni che non gli autori del misfatto.
Alar e Kelan si scambiarono uno sguardo perplesso e ripresero il loro discorso sugli eventi della sera prima.
Shonnach non badava alle loro parole, non le andava di scoprire perché Kelan si fosse ubriacato o di quanto Alar fosse stato colpito dall'incendio che aveva devastato anni addietro Caer Donn.
La fuga precipitosa le aveva quasi fatto scordare quello che si era messa in testa di scoprire, cioè cosa stava organizzando Damon di così urgente, figurarsi se poteva perdere tempo ad ascoltare quei due parlare di cose inutili come quelle.
Sorseggiò con più calma il sidro, ma il pensiero le tornò alle parole di Mikhail riguardo Dana.
Si era presa cura di lei come di una sorella da quando aveva assistito al suo Giuramento. Possibile che per un motivo o per l'altro dovesse sempre fare qualcosa che la mandava in confusione?
Era tanto persa nei suoi pensieri che non si accorse neppure dell'arrivo di Damon.
«Finiti i controlli per oggi?» chiese allegro Alar, facendo saltare sulla sedia sia Shonnach che Kelan, sia pure per motivi diversi.
Damon scosse la testa. «Solo una breve pausa,» disse, afferrando con avidità la tazza di jaco fumante che l'altro gli aveva messo davanti. «Loreena e Kasentlaya sono a posto, abbiamo ancora un paio di cose da fare, ma Fiona ha preferito fermarsi un attimo.»
«Come sono andate?» chiese Kelan, dispiaciuto di non aver potuto collaborare più attivamente quella mattina.
«Kasentlaya ha un ottimo potenziale e basterà solo un breve addestramento. Ha le basi giuste per lavorare con le matrici,» fece una breve pausa mangiando una fetta di pane di noci cosparsa di miele. «Loreena sarà un problema. Non sa nulla del laran e delle matrici, addestrarla a fare le cose più elementari darà un lavoro impegnativo... considerano che ha le capacità di una futura Custode! Fortuna che ci penserà Dana!» concluse con soddisfazione.
A quelle parole Shonnach diventò nuovamente rossa, ma nessuno sembrò accorgersene. Damon finì la sua abbondante colazione e si rialzò, pronto a tornare alla Torre.
«Questo pomeriggio dobbiamo anche cominciare ad organizzare gli addestramenti,» disse rivolto a Kelan che, colto alla sprovvista, lo fissò con sguardo vacuo.
La sua espressione ricordò a Damon che non gli avevano ancora parlato dei loro progetti per il prossimo futuro. Progetti che ovviamente coinvolgevano il MacAran in prima persona, essendo uno dei membri del Primo cerchio di Elvas.
Kelan annuì con aria triste. «Ne parliamo più tardi,» sospirò. «Così capirò in cosa avete in mente... se avete in mente qualcosa!» Damon annuì entusiasticamente e gli fece cenno di accompagnarlo fino alla Torre.
Alar li guardò allontanarsi seccato. Capiva benissimo quando qualcuno cercava di tenergli nascosto qualcosa per timore che la notizia venisse diffusa. Si voltò a guardare Shonnach, erano passate solo poche ore dal loro primo incontro di quella mattina e sembrava ormai passata un'eternità.
Non poteva neppure tentare di lamentarsi con lei del meschino comportamento dei due comyn, perché non avrebbe capito l'affronto che aveva subito.
Conoscendola era di sicuro già abbastanza a terra per il solo fatto che alla Torre stessero organizzando qualcosa senza averla resa partecipe.
«Chissà cosa stanno tramando!» disse ad alta voce, consapevole della stilettata che avrebbe subito Shonnach. Ma voleva stuzzicarla un po', non gli piaceva quell'espressione da vittima e voleva provocarla quel tanto che bastava per ottenere una qualsiasi reazione... fosse anche stato un pugno nei denti!
Shonnach alzò la testa e lo fissò con espressione dura. «Avrebbero dovuto raccontarti tutto?» chiese ironica. «Così che anche nel Valeron potessero cominciare ad organizzarsi?»
Alar sogghignò. «Veramente parlavo per te...» abbozzò.
Shonnach lo fissò incredula. «Ma fammi il piacere!» esclamò poi, ridendo, un evento che capitava molto di rado ed al quale solo in pochi potevano dire di aver assistito.
Alar si sporse verso di lei attraverso il bancone, senza dire una parola, assumendo un'espressione contrita.
«Non sperare di convincermi con quegli occhi da cervine,» l'Amazzone sembrava essere finalmente uscita dalla nube scura che l'aveva avvolta fino a poco prima.
«Avevo in mente un altro sistema per convincerti,» ribatté, riempiendo due bicchieri di firi e spingendone uno verso la donna.
«Dovrai faticare a lungo,» disse lei, dopo averlo svuotato tutto d'un fiato.
Alar la imitò, sorridendo. «Contavo su questo!» esclamò poi, riempiendo nuovamente i due bicchieri.
Shonnach si alzò, allontanandolo da sé. «Adesso è meglio che vada.»
Alar sospirò, svuotando entrambi i bicchieri e riponendoli dopo averli puliti. «Ti aspetto stasera,» non era una domanda, come sempre Shonnach avrebbe fatto quello che voleva e il suo restava un pio desiderio fino a quando l'Amazzone non avrebbe deciso se varcare o meno la soglia della Locanda.
Shonnach agitò una mano, facendogli capire che non doveva sperarci troppo, ed uscì. Alar si affacciò alla porta della Locanda, seguendola con lo sguardo mentre si allontanava verso la Torre.
Aveva notato la reazione che la donna aveva avuto mentre Damon aveva parlato di Dana, e si chiedeva se non fosse stato quello a turbarla e non il misterioso progetto della Torre. Era già soddisfatto di averla fatta reagire e pensava divertito a quello che avrebbero dovuto sopportare alla Torre, almeno fino a quando qualcuno non si fosse degnato di raccontarle qualcosa.
Rientrò nella Locanda, dopo aver osservato un rapido scambio di battute tra Shonnach e Shann. L'uomo l'aveva bloccata poco prima che entrasse nella Torre, e le doveva aver comunicato qualcosa di importante, perché Shonnach aveva cambiato direzione e si era diretta rapidamente verso la Casa della Gilda, lasciando il povero Shann in mezzo alla strada e, probabilmente, nel mezzo del suo discorso.
Un rivolo di vento freddo, proveniente dal nord, fece rabbrividire Alar. Il suo sangue delle Terre Aride si lamentava ancora per il clima rigido dei Kilghard. L'inverno era ancora lontano, le carovane avrebbero continuato ad arrivare ancora per molti mesi... non osava pensare quello che sarebbe accaduto con l'arrivo della stagione fredda.
Quello sarebbe stato il primo inverno che la nuova comunità avrebbe trascorso isolata con se stessa. Avrebbero dovuto imparare a conoscersi, prima che i disaccordi tra sconosciuti prendessero il sopravvento e la possibilità di scontri aumentasse con l'aumentare della neve.
Tornò dietro al bancone, cominciando a preparare il necessario per l'assalto dei suoi clienti abituali per il pranzo. Mentre eseguiva le preparazioni necessarie ormai in automatico meditava su quello che avrebbe dovuto fare quella sera. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa di speciale per Shonnach, se non voleva attendere fino all'annuncio ufficiale della missione che stavano organizzando.
Nel frattempo, a Elvas, la vita sarebbe continuata come sempre.









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Disclaimers

Mentre ad Elvas continuano ad arrivare giovani telepati cariche di speranze e sogni, Shonnach continua a controllare.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008