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! Questo racconto tratta anche di tematiche omossesuali,
se siete contrari all'argomento o se vi offende non procedete nella lettura !



Legami

Tristam Elhalyn Alton & Brydar Elhalyn

con la partecipazione di

Rael McKihan

Thendara.
I tre viaggiatori erano finalmente giunti alla meta.
Non sembrava poi così bella come se la ricordavano, specialmente ora che era frustata e avvilita dagli acquazzoni stagionali. Le insegne delle botteghe cigolavano abbandonandosi agli impeti improvvisi del vento, gli usci serrati delle case ondeggiavano insicuri nei propri infissi e molti bottegai erano fermi sulle soglie ad osservare il cielo con aria preoccupata.
Kylar schioccò la lingua, dando gentilmente di tacco alla sua cavalcatura. La cavalla sbuffò e riprese ad andare al passo.
Bagnati e stanchi i tre uomini si dirigevano verso Castel Comyn quasi con liberazione, pensando al fuoco caldo che ardeva nei camini, al pavimento grigio e azzurro, al profumo di cibo che permeava l'aria delle cucine come se esso stesso facesse parte di quel castello.
Tristam aveva abbassato il cappuccio e ora solo il ragazzo che cavalcava alla sua destra teneva ancora il capo coperto, avvalendosi del vantaggio che la sua nascita non comyn gli dava.
Kylar e Tristam procedevano pari passo, scambiando solo ogni tanto qualche parola. Erano giorni che viaggiavano riducendo le soste al minimo, giusto per mangiare e a volte cercare il conforto di un rifugio o una locanda per dormire.
"Eccoci arrivati," la voce di Kylar, delicata come un sussurro di ruscello gli giunse chiaro nella mente e la voce di Aleki, quasi avesse potuto sentire la loro conversazione, gli fece quasi eco.
Tristam osservò con occhi colmi di ammirazione la struttura di Castel Comyn che si ergeva davanti a loro in tutta la propria imponenza. Era un castello magnifico, ritto come la schiena di un Hastur, fiero come un Alton, nobile nella propria forza come un Elhalyn.
"Docile come il tocco dei MacAran, imponente come un Ardais assiso nel proprio seggio, veloce e forte come un Rockraven..." un risolino accompagnò la risposta di Kylar, che si guadagnò un'occhiataccia da parte dell'Elhalyn.


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Fermo davanti alla grande finestra del salotto privato, Brydar osservava con occhio distratto la pioggia che stava trasformandosi in nevischio.
Le ultime settimane erano trascorse come un incubo.
Il figlio partorito da Miralys era morto per una febbre improvvisa. Era stata una piccola epidemia, diffusasi tra tutti i bambini del castello, ma che sul fisico del piccolo era stata fatale. La donna, che si stava appena riprendendo dalle fatiche del parto, aveva subito un bruttissimo colpo e neppure la vicinanza del marito, che aveva ottenuto una dispensa dai suoi doveri da cadetto, era stata in grado di riscuoterla dallo stato di apatia in cui era caduta.
Brydar era certo che se fossero potuti restare veramente soli, la moglie si sarebbe potuta riprendere. Invece, giorno dopo giorno, qualche parente sconosciuto veniva a portare le condoglianze da parte del suo ramo della famiglia, impedendole di riprendersi, e anche quella giornata, iniziata con la solita visita da parte dei parenti più stretti, si sarebbe trasformata in un'ordalia di visite inaspettate quanto sgradite.
Brydar sospirò, tirando la tenda e chiudendo fuori il mondo, ben consapevole del fatto che quel gesto non sarebbe bastato ad impedire le visite.
«Dom Brydar,» la voce del loro servitore personale lo riscosse dai pensieri. «Vostro nonno ha chiesto di voi...»
Non doveva aggiungere altro... il primo parente affranto, e desideroso di poter riferire agli altri come il dolore aveva colpito altri e non loro, lo attendeva nelle stanze principali.


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«Non posso permettervi ...» ripeté per la terza volta il coridom fissando Tristam il quale, gli occhi accesi di indignazione, rispose: «Abbiamo viaggiato fin qui sotto la pioggia e ora ci vediamo l'uscio sbattuto in faccia come se fossimo i peggiori dei mendicanti!?» Il tono che stava usando era basso, quasi un ringhio, e il suo laran saettava , anche se imbrigliato dai lunghi anni di addestramento, troppo pericolosamente.
La mano di Kylar strinse leggermente il polso di Tristam. «Tristam, calmatevi, per la Beata Evanda!» Ma il comyn pareva non solo non ascoltarlo ma escluderlo completamente dalla sua mente.
"Certe volte ti comporti proprio come un Alton," commentò il ragazzo sospirando, pur sapendo che quel pensiero sarebbe cozzato contro le alte mura di difesa dell'amico.
Aleki osservava la scena rimanendone fuori, anche mentalmente cercava di pensare ad altro. Per esempio, continuava a domandarsi con quale arcana magia Tristam fosse riuscito a convincerlo a seguirlo.
Sarebbe sguazzato volentieri di nuovo sotto la pioggia per non vedere come i due comyn stessero bene assieme, sembravano capirsi al volo e questo lo faceva sentire ancora meno felice, per quanto poteva esserlo in quello stato.
La pioggia, al confronto, sembrava quasi invitante.
«Se volete sentire il mio parere, se... sarebbe meglio acconsentire alla richiesta, saremmo tutti più felici e asciutti,» si azzardò a dire, ma la sua voce sembrò confondersi con il vento e la pioggia che continuavano a incalzare appena a pochi passi da loro, oltre le finestre.
La voce querula del domestico oltrepassò la porta della stanza da letto di Miralys con la grazia di un cralmac.
Gli occhi della donna, appena addormentatasi, sembrarono sul punto di riaprirsi ma, fortunatamente, il decotto che aveva assunto continuava a compiere il suo effetto sedativo.
Brydar attese un altro istante poi, scivolando silenziosamente fuori della stanza, si avvicinò con aria truce all'ingresso.
«Si può sapere cosa diavolo sta accadendo?» il tono di voce era calmo e misurato, ma il domestico non poté evitare di rabbrividire.
L'uomo si scostò dalla porta, rivelando i tre individui che avevano tentato di forzare il suo blocco.
«Questi... Signori, hanno preteso di entrare,» il volto assunse un'espressione orripilata, «in quelle condizioni!»
Brydar scosse la testa, avvicinandosi alla porta. «Chi...» ma le parole gli morirono sulle labbra.
Aggrappato allo stipite, con l'espressione di un invasato, Tristam Rafael Elhalyn Alton sembrava trattenersi a stento dal fulminare il domestico di famiglia.
Tristam guardò il cugino e, con uno slancio fin troppo sincero di affettuosità, lo abbracciò con forza.
Aveva viaggiato tutti quei giorni per rivederlo e ora che era lì sentiva il cuore più sereno. Sentiva l'angoscia di Brydar irradiarsi attorno a lui, cercare in quell'abbraccio un punto di contatto verso la sua mente e lui la serrò fuori da sé. Ci sarebbe stato un tempo migliore per accoglierla.
Con un gesto repentino si staccò tossicchiando imbarazzato. L'etichetta andava rispettata, anche se in minima parte.
Spalancò le braccia sorridendo. «Che tu sia benedetto cugino, ancora un attimo e anziché il tuo domestico avresti trovato dello stufato sulla porta. Ma vieni qui e lasciati abbracciare come si conviene a due parenti che non si vedono da troppo tempo,» e lasciò che il suo calore giungesse fino a Brydar.
Brydar fissò il cugino con espressione allibita.
Sentiva su di sé lo sguardo del domestico, poteva avvertire la sua riprovazione per aver permesso ad uno sconosciuto ridotto in quelle condizioni di prendersi così tanta confidenza. "Cosa dirà il vecchio Dom," i pensieri del domestico rimbombarono nella sua mente.
Fu una sorta di scossa.
«Kario,» il tono del comyn era di quelli che non ammettevano repliche. «Procurati dei teli asciutti e qualcosa di caldo. I miei ospiti sembrano averne un gran bisogno.»
Il domestico si raddrizzò, lanciando un'occhiata piccata ai tre invasori, e si allontanò verso i locali comuni per eseguire gli ordini del suo padrone.
Senza il chiacchiericcio mentale dell'uomo, il locale piombò per tutti nel silenzio più assoluto.
Brydar tornò a guardare il cugino, cercando di riprendersi dall'attimo di smarrimento che aveva incrinato le sue barriere.
«Inutile chiedere perché siete qui,» commentò, invitandoli ad entrare e indicando le basse poltrone poste accanto al camino.
Tristam entrò togliendosi il mantello, seguito dalla sua scorta. «Ti chiedo scusa, parente, se arrivo da te in questa maniera e senza preavviso, ma arriviamo da Tramontana,» trasmise a Brydar piccoli spezzoni del viaggio compiuto. «Questi nobili signori mi hanno accompagnato così che io non dovessi affrontare il viaggio solo.»
Con un ampio gesto indicò i compagni di viaggio. Kylar fece un pallido sorriso passando le lunghe dita sottili nei riccioli.
«Kylar Michael Ridenow,» a sentire il suo nome il ragazzo si flesse in un elegante inchino.
«Z'par servu, parente,» rispose.
«E questo è il mio nobile amico Aleki Syrtis-Grath.»
In automatico a sentire il proprio nome Aleki si inchino e si espresse con la formula di saluto classica. «Z'par servu, dom,» non aggiunse altro, la freddezza della pioggia tagliente sembrava essergli entrata nelle vene, quasi sentendosi esentato dall'aggiungere o fare altro dopo la presentazione di rito. Si guardava intorno come se stesse osservando un bel quadro, ma nulla che fosse davvero reale.
Nessuno dei quattro sembrava intenzionato a rompere il silenzio e solo il ritorno di Kario ruppe la tensione che si era creata.
Con lui, come prevedibile, pensò Brydar, era arrivato anche il vecchio Dom, il nonno del comyn.
«Parente,» il vecchio si avvicinò a Tristam, balzato in piedi come una molla al suo avvicinarsi, «ci rallegra la vostra visita.»
«Vai Dom,» fu la sola cosa che Tristam riuscì a rispondere, prima che l'altro riprendesse.
«Mi pare ovvio che la vostra sosta qui a Thendara sarà tutta carico nostro...»
«Mi pare altrettanto ovvio, nonno, che la loro permanenza avverrà nelle stanze degli ospiti qui accanto,» il tono di Brydar non ammetteva repliche, era lo stesso che utilizzava per i servitori ma l'anziano parente non sembrò farci caso.
«Nipote,» disse, semplicemente, facendo cenno al giovane di seguirlo, «non occorre che i nostri ospiti siano tediati dai nostri discorsi.» Indicò a Brydar la porta da cui era appena entrato. «Nel frattempo, parente, abbiate la cortesia di sistemarvi, nostro nipote tornerà subito da voi.»
I tre ospiti seguirono i due fino a che non scomparvero oltre la porta, che si chiuse senza un rumore alle loro spalle.
"Approfittane per mangiare, Trissy, non so se riuscirò a spuntarla," il pensiero arrivò chiaro nella mente dell'Elhalyn che, con un sospiro tornò a sedersi.
Fame di sicuro non ne aveva o, se ne aveva mai avuta, le affermazioni acide di Dom Francisco avevano fatto scemare anche gli ultimi strascichi di essa. Si sfregò le mani accanto al fuoco guardando i suoi amici.
«Simpatico come un calcio negli stinchi,» il commento di Kylar lo lasciò di stucco. Aveva le guance imporporate dal freddo o dalla costernazione per il trattamento ricevuto?
«Il vecchio corvo non è cattivo ma di idee un po' ristrette.»
«Hai ragione Tristam, sono ingiusto,» si pettinò i riccioli come se quel gesto lo aiutasse a calmarsi.
Tristam non lo aveva mai visto irritato prima d'ora!
«Aleki, i nonni di Brydar sono cristoforos come te, sai?» il che implicava che anche lui era di vedute ristrette, ma Tristam si accorse dell'errore troppo tardi e, come dice il detto, 'Una volta uscito dal guscio, il pulcino non può più ritornare nell'uovo'. Incassò le spalle aspettando la reazione dell'amico.
«Forse è per questo che capisco quel corvaccio buono come un calcio negli stinchi,» commentò Aleki, girando le spalle a tutti e due mentre si scaldava al fuoco, ma la sua inflessione vocale sembrava talmente piatta da gareggiare con quella di qualcuno che avesse parlato dell'argomento più noioso di questa terra.
Non si girò nemmeno per un attimo mentre scuoteva i capelli cercando di farli asciugare senza bruciarli.
Aveva forse un atteggiamento più ostile del Dom...
«Non volevo dire questo e tu lo sai bene,» il tono di Tristam era paziente, come se parlasse ad un bambino. Aleki conosceva quel tono ma in quel momento lo irritava come se gli avessero messo una pulce nella tunica.
«Davvero? Avrò capito male io allora.» Nonostante le parole potessero significare una cosa, il tono che aveva usato indicava tutt'altra intenzione.
Dopo essersi asciugato i capelli quanto riteneva sufficiente, passo a strizzare i vestiti, dando sempre elegantemente le spalle agli altri. La sua schiena era l'argomento di conversazione che spiccava più chiaramente.
«Pensavo che tuo padre avesse avvisato del nostro arrivo,» Kylar appoggiò il mantello e si voltò verso Tristam, raggiungendolo.
«Lo pensavo anche io.»
"Dovresti parlare a Aleki..."
Tristam annuì gravemente e ponendosi alle spalle del suo bredhu gli posò con fermezza una mano sulla spalla.
«Aleki se c'è qualcosa che ti avvelena permettimi di curarti,» bisbigliò accanto al suo orecchio in modo che Kylar non cogliesse che i suoi pensieri.
«Per me? Siete qui per allietare qualcun altro, pensate perciò a vostro cugino, non a me. Io sto bene.» Si spostò di un passo solo ma sembrò un abisso.
Scosse la testa e si rimise a sistemarsi a labbra strette domandandosi semplicemente che senso avesse la sua presenza in quel luogo come gia aveva fatto.


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Una volta chiusa la porta dietro di loro, i due parenti si diressero verso il salotto privato di Dom Francisco.
Brydar sapeva già quale era il dubbio che tormentava suo nonno ma, questa volta, non voleva cedere. Un conto erano le scappatelle o gli inviti fatti ai suoi amanti di turno, un conto ospitare un parente e amico venuto apposta per lui.
Si accomodò su una delle poltrone del salottino ed attese che il vecchio iniziasse ad esporre le sua motivazioni. Non voleva replicare alle sue volontà prima che le esponesse.
Il vecchio Dom non era un telepate di grande potenza, neppure rispetto a lui, e con l'età le sue capacità si erano ulteriormente ridotte.
La parola era la sola cosa che gli restava per comunicare adeguatamente con il mondo esterno.
«Nipote,» iniziò Francisco, con tono calmo e misurato. «Non posso permettere che si fermi sotto il tuo stesso tetto.»
Brydar non rispose, attendendo che venisse al punto.
«Speravo che la nascita di tuo figlio ti facesse dimenticare certe... attività,» il giovane non riuscì a trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo. «Ora che il tuo erede è morto e tua moglie è in quelle condizioni... non puoi rovinare il tuo ruolo di marito e padre addolorato ospitando... vecchie conoscenze di quel tipo.»
Brydar attese qualche istante, per essere sicuro che il nonno avesse terminato, poi diede inizio al suo contrattacco.
«Sapevate benissimo, fin da quando siete venuto a prendermi a Carthon, quali erano le mie preferenze,» iniziò, come molte altre volte prima di allora. «Non ne ho mai fatto mistero. Ho accettato di sposarmi, sapevo benissimo che ciò sarebbe accaduto presto o tardi, ho messo al mondo un figlio...» fece una piccola pausa, non volendo insistere troppo su quel dolore che ancora bruciava troppo forte nella sua anima.
«Tristam, oltre che un parente di un ramo più importante del nostro, è anche un buon amico,» fece un'altra pausa, studiando con gli occhi e con la mente le reazioni del nonno, per adattare il seguito del suo discorso ad esse. «Se non fosse stato per lui, e pochi altri, i primi tempi all'Accademia sarebbero diventati un inferno.» Un sorriso tirato gli deturpò il volto. «È stato importante... non sarei mai riuscito ad inserirmi in uno stile di vita così diverso, come quello di una città come Thendara... per non parlare dell'Accademia stessa...»
Il nonno lo fissò con espressione strana, non completamente convinto dalle sue parole.
«Se temi il fatto che, questa notte, potrei sfogare con lui la mia tristezza...» non specificò in che modo, il dubbio era ben visibile nella mente del vecchio. Galleggiava come un grumo di sporco in una polla di acqua limpida e pura. «Allora ti sbagli!»
Brydar si alzò, il tono di voce non più calmo e accondiscendente, ma freddo e tagliente, come quello che aveva imparato ad usare a Castel Ridenow, durante i primi quindici anni della sua vita.
«Se avessi voluto distrarmi in quel modo, non avrei certo aspettato l'arrivo di nostro cugino! Lo sapete benissimo.» Il volto del vecchio si imporporò, colpito dall'accusa del nipote, accusa che aveva colpito perfettamente nel segno. «Tristam ha fatto un viaggio infernale, da Tramontana a qui, solo per vedere come stavo... gli Dei sanno il perché di così tanta follia. Non ho nessuna intenzione di cacciarlo fuori di casa solo per mantenere la vostra rispettabilità.» Il vecchio Dom fece per ribattere, ma Brydar lo fermò con un cenno. «Se Tristam verrà invitato nuovamente ad andarsene da questi appartamenti, dai miei appartamenti, lo seguirò senza problemi...»
Voltandosi, senza aggiungere altro, Brydar uscì dal salotto, dirigendosi verso i propri appartamenti e il gruppo di amici lasciati ad attendere notizie della loro sorte per quella notte.


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Quando la porta si aprì Tristam scattò in piedi, pronto a colpire. Si fermò per un attimo notando che anche Kylar aveva reagito in un modo simile, anche se più lentamente, e scoppiò in una risata gutturale, tenuta volontariamente bassa.
Osservò Brydar che li guardava con aria interrogativa e lievemente turbata.
«Allora il vecchio ha deciso del nostro destino?» il tono ironico dell'Elhalyn Alton era più che palese.
Brydar si lasciò cadere su una delle poltrone libere, guardando solo di sfuggita l'eterogeneo terzetto.
«Diciamo che, per questa sera, siete miei ospiti,» rispose.
Tristam sospirò. «Se è una questione di fastidio possiamo andare via, non c'è problema. Anche se penso che sia una cosa di principio o sbaglio?»
Brydar lo fissò per un istante con un'espressione simile all'odio poi, imprevedibilmente, scoppiò in una risata, la prima vera da quando era morto il figlio.
«Sì, almeno in parte,» ammise. «Ma sono anche curioso di scoprire per quale vero motivo ti sei spinto fin qui da Tramontana.»
Kylar arrossì, cogliendo un pensiero vagante di Tristam in cui Brydar era uno dei protagonisti, ma lo escluse dalla propria mente e voltò le spalle ai ragazzi mettendosi ad asciugare i capelli accanto a Aleki.
Tristam cominciò con un ampio sorriso. «Beh, a parte l'ovvio motivo, avevo voglia di rivederti.»
Brydar lo guardò, ricambiando il sorriso, ma ancora poco convinto.
«Andiamo,» disse, alzandosi. «È inutile che tentiate di asciugarvi li davanti. Vi mostro le vostre camere e vi faccio portare un cambio di abiti asciutti.»
Aleki fu in primo raggiungere la porta per seguire Brydar. Il suo atteggiamento era rimasto esattamente come prima, aveva al massimo alzato un sopracciglio mentre gli altri discutevano, ma per quanto non avesse nessuna facoltà degna di un comyn, era un uomo abbastanza intuitivo e, per come vedeva lui l'evolversi della situazione, avrebbe ripreso volentieri il cavallo e sarebbe tornato a Tramontana. Pensieri ripetuti infinite volte, mentre guardava silenzioso ogni avvenimento tenendo per se i suoi ragionamenti. La voce di Tristam lo fece sobbalzare. Si era di nuovo posto dietro di lui senza che se ne accorgesse.
«Posso chiedervi solo altri cinque minuti? Devo parlare un attimo con Aleki in privato.»
«Le stanze sono le prime qui a destra,» spiegò Brydar, tenendo aperta la porta. «Parente...»
Kylar lanciò un'occhiata carica di apprensione a Tristam, poi uscì, seguendo il loro ospite.
Aleki rimase vicino alla porta, come a voler intendere che si aspettava di uscire da quella stanza il prima possibile.
«Cosa desideri ora da non potermi domandare domani?»
Ad esprimere quello che pensava di quella sosta parlavano i suoi stessi vestiti bagnati, questo era quello che voleva far intendere al comyn.
«Cosa tu abbia. Lo avrei chiesto alla tua mente ma non volevo esplorarla senza il tuo permesso... sarebbe stato come violarti,» la voce calcò quella parola facendole assumere un tono sessuale, osceno alle orecchie di Aleki quanto il pensiero che questo evocava.
La sua risposta fu immediata, aprì la porta che portava al corridoio dove Brydar e Kylar si erano diretti, per raggiungerli probabilmente, o per la paura che Tristam mettesse in atto quella minaccia ben poco velata.
«Non resterò un momento di più.»
Le dita gelide di Tristam che si serrarono intorno al suo polso lo fecero rabbrividire.
«Scappi?»
Sì, forse, non sarebbe stata la risposta giusta. Ci penso un attimo mentre cercava di liberare il suo polso dalla stretta di Tristam.
«Ti stai comportando in modo sconveniente cosa direbbero se ti vedessero?» Ma nemmeno Aleki poteva sperare che con una minaccia simile Tristam avrebbe desistito. «Non mi piace il modo in cui mi rivolgi la parola.»
«Allora non ve la rivolgerò più, Aleki Syrtis,» Tristam lo superò, andando a raggiungere gli altri.
Aleki si appoggiò allo stipite della porta quando si rese effettivamente conto di trovarsi solo nella stanza. Era successo cosi in fretta da lasciarlo senza possibilità di replica, sempre che avesse avuto il coraggio di dire qualcosa.
Come conclusione di una giornata orribile era perfetta.
All'improvviso si fece sentire ancora più impellente il desiderio di andarsene. La sua presenza li non aveva avuto senso sin dall'inizio.
Ritornò vicino al fuoco. Si era accorto di tremare dal freddo, si sentiva stupidamente vuoto, doveva andarsene, ma si mise seduto davanti al fuoco e rimase li a mulinare l'attenzione tra mille pensieri inconcludenti.


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"Tutto bene?" Kylar trasmise il suo pensiero a Tristam. Ora che c'erano solo loro e Brydar parlare a voce non era necessario.
Tristam rispose con una alzata di spalle. Non era importante in quel momento quella piccola discussione. Lui era arrivato fin lì per Brydar e nessuno gli avrebbe spostato l'attenzione dalla sua meta.
"Brydar, grazie per ospitarci stanotte," gli sussurrò telepaticamente.
Brydar si sedette sul bordo del letto che occupava metà del locale. Si passò le mani tra i capelli, cercando di riordinare i propri pensieri... solo per scoprire di non essere in grado di farlo. Era la prima volta in tutta la sua vita che percepiva l'interesse di qualcuno come completamente disinteressato. Neppure i suoi stessi parenti gli avevano mai mostrato così tante attenzioni come Tristam aveva fatto in quelle poche ore.
Tristam gli si affiancò sorridendo.
«Oh... santo cielo mi sono appena accorto che non mi manca per nulla la Torre!» esclamò arrotolandosi i capelli intorno alla mano. «Bleah, sono tutti annodati...»
Brydar e Kylar si scambiarono un rapido sguardo, non credendo alle loro orecchie.
«Ma che figlio di cralmac!» esclamò poi Brydar, spintonando il cugino con forza.
Il quale, forse preso alla sprovvista, forse lasciandolo fare, cadde dal letto piantando una sonora sederata sul pavimento di pietra.
«Ahi!» esclamò Tristam, massaggiandosi la parte lesa.
Kario ebbe il grande tempismo di entrare nella stanza proprio in quell'istante e lo spettacolo che si parò davanti ai suoi occhi non era certo quello che lui avrebbe definito decoroso per dei rampolli comyn.
«Nobile Brydar!» esclamò. «Cosa dirà vostro nonno...»
La risata fragorosa che contagiò tutti e tre i Nobili Comyn presenti nella stanza suggellò la minaccia come la migliore burla del secolo.


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Aleki stava finendo di sellare il suo cavallo e di tranquillizzarlo. Lo capiva benissimo, ripartire senza essersi riposati, anche se per sua fortuna non pioveva più. Alla prima locanda, gli stava promettendo, si sarebbe fermato. La decisione era stata presa e Aleki andava avanti senza ripensamenti, forse sentiva solo un vuoto al quale non riusciva a dare un nome.
Montò a cavallo con un movimento faticoso, lento. Sentiva che la stanchezza stava bussando anche alla sua porta, ora che il nervosismo stava scemando, e non le avrebbe permesso di afferrarlo tra le sue dolci, oziose dita, non prima che fosse potuto uscire da quel maledetto castello.
La sua voce incitò il cavallo, mentre controllava di aver preso tutto con se, era un metodo come un altro per cercare di non pensare troppo a nulla.
Ma una mano nel buio afferrò le redini, Aleki si voltò verso l'ombra senza capire.
«Stai scappando?» la voce di Tristam lo colpì come un ceffone, salda come la sua presa.
«Scappando?» la voce tremava appena e quando se ne accorse Aleki si mise ritto sul cavallo, cercando di calmarsi. «Me ne sto semplicemente andando.»
Non guardò neppure Tristam negli occhi, sapeva che sarebbe crollato davanti a quelle iridi grigio-verdi, inquisitorie e ferine.
«Perché?» una semplice domanda, posta nel modo più diretto possibile, ma che faceva cadere l'orribile castello di carte che aveva preparato in risposta alle accuse. Avrebbe dovuto immaginarselo. Tristam aveva sempre avuto l'abilità di metterlo in crisi, ponendo le domande più semplici che richiedevano risposte totali e sincere, laddove chiunque avrebbe messo mille arzigogolati pensieri espressi male in parole.
«Semplicemente la mia presenza qui è inutile.»
Era ciò che sentiva infatti nulla di più nulla di meno. Era venuto per accompagnare Tristam, che accorreva in aiuto di un parente in difficoltà... Aleki deglutì, se la vedeva in quei termini... era lui ad essere in torto.
Tristam sentiva la mente di Aleki aperta e senza protezione. Avrebbe potuto approfittarsene, sarebbe bastato allungare il proprio dito per sfiorarla eppure ritrovò in quel giuramento fatto alla Torre la forza di desistere dai suoi desideri.
«Credevo che mi avresti affiancato nei momenti duri, come ci eravamo promessi,» rispose il comyn dai capelli mogano, accompagnando all'affermazione uno sguardo enigmatico, come se stesse cercando di celare le proprie vere emozioni.
Un colpo era gia stato assestato dalla sua coscienza e ora ne riceveva un altro.
Vi erano parole da aggiungere? Parole adatte?
Nulla, perché altrimenti ci sarebbe dovuta essere la verità, e quella era qualcosa che nemmeno lui era stato in grado di vedere fino a quell'attimo.
Come unica risposta scese da cavallo.
Avvertì vagamente che Tristam riportava nelle stalle la sua cavalcatura ma era una sensazione lontana ed indefinita.
Non vi erano state altre parole, come invece si era aspettato. Stava ritornando sui suoi passi come bredu, sì Bredu.
Cosi doveva essere, come era stato per generazioni.
«Pensieri oscuri, fratello?» le dita di Tristam sulla sua spalla lo fecero tornare con violenza alla realtà. Si sottrasse a quel contatto con una violenza tale che lasciò l'Elhalyn inebetito.
Il suo corpo aveva agito prima della sua mente, ora lo guardava sconvolto lui stesso, come se fossero di nuovo distanti. Gia troppe volte quella distanza era sopraggiunta come un fantasma.
Si era comportato da un uomo ingiusto, ora più che mai, Aleki si sentiva addosso questo pensiero, cosi forte da convincerlo a muoversi per rimediare.
Con un passo fu vicino a Tristam e, abbassando lo sguardo, gli sfiorò il polso. Un tocco appena, ma non sarebbe riuscito a fare di più. Sperava solo che capisse.


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Un sonno leggero, disturbato, che a volte si avvolgeva in dense spire di incubo, in cui le ossa scricchiolavano per la paura e gli occhi pulsavano, e altre svaniva come sottile fumo di incenso nella cappella di Nevarsin: questo era stato il sonno di Tristam.
Sonno che lo aveva adagiato sulla soglia del mattino completamente sconvolto e ancora più stanco di quando si fosse addormentato.
Sobbalzò, guaì quasi scattando seduto, portando le mani alla spada come era stato abituato nei Cadetti, ma la mano brancolò nel vuoto sopra la sua testa in cerca di una lama che era stata riposta altrove.
Sbadigliò, realizzando finalmente dove fosse e il motivo per cui la sua spada non era attaccata sopra alla sua testa come negli ultimi tre anni.
Si passò più volte le mani nei capelli, cercando di riordinarli, ottenendo l'effetto inverso, mentre a grandi passi andava ad aprire la porta a cui qualcuno insistentemente bussava.
«Per il nono inferno di Zandru, arrivo!» esclamò aprendola finalmente.
Se l'espressione del domestico doveva essere l'indicazione di come si sarebbe svolta la giornata... allora Tristam poteva già stabilire con assoluta certezza che sarebbe stata ancora più allucinante di quella che l'aveva preceduta.
L'uomo in livrea deglutì un paio di volte prima di riuscire a parlare, fissando con maleducata ostentazione il comyn scarmigliato che gli aveva aperto dopo minuti di insistenti richiami.
«Il Nobile Brydar vi aspetta nel salotto,» disse alla fine. «Mancate solo voi per poter servire la colazione.»
Tristam tentò di guardarlo con aria truce, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu drizzare le spalle in una posa leggermente più impettita.
«Riferite al nobile Brydar che non lo farò aspettare oltre,» detto ciò fece bene intendere a quel dannato corvaccio in livrea che era congedato ma, più che il tono, poté la porta sbattutagli quasi in faccia.
Il coridom tornò silenziosamente verso il salotto, annunciando che il nobile ospite stava per raggiungerli per la colazione.
«Domna Miralys si unirà a voi?» chiese un attimo prima di uscire dalla stanza.
«Non credo, Kario,» la voce di Brydar era seria e triste, come sempre quando parlava della moglie. «Forse per pranzo.» Il domestico uscì, scambiando una rapida occhiata con gli altri servitori che attendevano solo l'ultimo ospite per cominciare a servire le portate. Non vi era motivo di aggiungere altro, tutti sapevano che neanche a pranzo la giovane donna avrebbe lasciato la sua stanza.
Aleki sedeva contando i propri respiri rimanendo, calmo e composto nel silenzio che era sceso nella stanza. Osservava ogni cosa con una composta leziosità per far passare il tempo e aspettava. Sedeva composto, molto probabilmente sembrava ancora assonnato e perso, ma osservava in silenzio ognuna delle persone che dividevano con lui la stanza sentendo a pelle il loro lieve nervosismo per il silenzio che regnava.
Silenzio che fu interrotto bruscamente dall'entrata di Tristam.
«Vi chiedo scusa per il ritardo, comh'ii,» fece un cenno di saluto e prese il posto riservatogli, «non era mia intenzione affamarvi.»
I tre commensali si scambiarono un'occhiata divertita.
Tristam era impeccabilmente vestito, come conveniva all'occasione. Gli abiti, anche troppo eleganti per quella colazione informale, contrastavano con l'aspetto disordinato e visibilmente distrutto di capelli, volto e espressione.
«Spero tu sia riuscito a riposare, cugino,» chiese Brydar, utilizzando un tono formale. "Anche se non si direbbe affatto nel guardarti," completò con più calore.
«I muscoli mi dolevano, cugino e non ho avuto il cuore necessario per mettermi a fare esercizi di rilassamento,» ma la mente di Tristam sospirò e rispose invece: "Dormito male purtroppo. E tu?"
«Una buona colazione ti rimetterà in sesto,» con un cenno della mano Brydar diede il comando per iniziare a servire i piatti per l'abbondante pasto.
"Piuttosto male, grazie," rispose invece. "Miralys non è stata bene, ho passato parte della notte accanto a lei."
«Scusate l'ardire, Nobile Elhalyn. Avete fatto visitare Domna Myralis?» chiese Aleki, osservando Brydar con occhi penetranti e timidi nel medesimo tempo. «Spesso la mente, come saprete, influisce sul corpo e, laddove patologie fisiche giacciono, possono esserci alla base dolori e viceversa...»
Brydar sollevò lo sguardo dal piatto che aveva davanti, guardando con più attenzione l'amico di Tristam, gettando poi una rapida occhiata ai domestici, apparentemente indaffarati e disinteressati a quanto i quattro potevano dirsi.
Aleki seguì lo sguardo e annuì in silenzio.
Qualunque cosa riguardasse i problemi di Miralys avevano a che fare anche con la loro vita a Castel Comyn e, con i domestici al servizio del clan Elhalyn presenti, non era salutare fare commenti troppo compromettenti.
Tristam, che fino ad allora aveva mangiato in silenzio, scambiando solo qualche monosillabo con Kylar, sviò amabilmente discorso, notando lo sguardo insistente del suo amico... di sicuro i suoi capelli, raccolti disordinatamente in una coda, attiravano l'attenzione dei commensali.
«Ho avuto un problemino con la spazzola...» rispose alla tacita domanda, cercando di dissimulare con un sorriso il lieve imbarazzo.
Finalmente tutte le portate sembrarono trovare posto sul tavolo e, benché con evidente rammarico, tutti i domestici uscirono dalla stanza ad un secco ordine di Brydar.
Ci fu un lungo attimo di silenzio, mentre i telepati presenti controllavano istintivamente il loro effettivo allontanarsi, poi, sospirando, Brydar sembrò decidersi a parlare.
«Miralys sembrava essersi ripresa bene dal parto, anche se non è stato facile.»
I tre uomini annuirono, anche se nessuno di loro poteva immaginare in cosa consistesse realmente assistere la propria moglie mentre mette al mondo un tuo figlio.
«Quando è morto il bambino si è completamente chiusa in se stessa,» lo sguardo si fece scuro e distante. «In principio riuscivamo a comunicare poi, quando è cominciato il pellegrinaggio dei parenti, anche di vicini mai sentiti nominare, la sua coscienza si è allontanata sempre di più. Adesso ha quasi smesso anche di mangiare...»
«Si sta chiudendo a riccio,» rifletté Tristam deponendo la posata sul piatto. «Credo sia la reazione più normale...»
«Ciò non toglie che sia piuttosto pericolosa,» mormorò il cristoforos, grattandosi pensosamente il mento.
«Ciò che prima diceva il giovane Syrtis è esatto. Avete provato a farla visitare?» chiese Kylar.
Brydar si lasciò andare contro la spalliera della sedia. «È stata vista più volte, sia da leronis che da guaritrici. ma non c'è stato nulla da fare.»
«Io..» la voce di Kylar partì bassa, quasi un mormorio, ma poi assunse nuovo vigore. «Io sono un monitore addestrato. Ho prestato servizio a Arilinn e Tramontana e, mi dicono, sia anche abbastanza bravino nel mio campo,» la pelle lattea si soffuse di un lieve rossore davanti a quello slancio di superbia, «se volete potrei...» la coda della domanda venne fatta scomparire da un colpo di tosse di Aleki che, evidentemente, era riuscito a ingoiare e respirare allo stesso tempo.
Brydar si riscosse. Per un istante fissò Tristam, occupato a guardare con espressione indecifrabile i suoi due compagni. Con un certo sforzo guardò il monitore... era una fortuna che fosse un emmasca, dai lineamenti e dall'aspetto così diverso da... Il giovane Elhalyn scosse la testa con violenza, come a voler scacciare pensieri sgradevoli.
«Siete un monitore e, avendo sangue Ridenow, avrete anche il dono dell'empatia...» Brydar fece una breve pausa, ricevendo un cenno di assenso non solo da parte di Kylar ma anche di Tristam. «Ma la cosa più importante... non siete interessato a rimetterla in forze solo per prepararsi a partorire il prossimo erede...» "Forse riuscirete dove altri hanno fallito," concluse telepaticamente, ovviando così all'incrinatura fastidiosa che si era impossessata della sua voce dopo le ultime parole.
«Capisco la necessità di un erede, ma dubito che il suo fisico sia pronto,» concluse con disappunto malcelato Kylar, «purtroppo troppo spesso noi comyn veniamo visti come ...cavalli di razza.»
«Stalloni,» corresse Tristam con disgusto, «non aver paura di dire ciò che si deve dire, Kylar.»
«Sì, stalloni,» ripeté l'emmasca, «e, se non sei buono a sfornare eredi, perdi ogni status agli occhi di tutti,» una lieve ondata di dolore investì tutti i presenti, ma Kylar la riarginò subito, rinchiudendola nel suo cuore a doppia mandata. «Scusate... io non volevo.»
Brydar assunse un'espressione cupa. «Non dovete scusarvi,» disse, «purtroppo è così. Anche a...»
Non fece in tempo a continuare perché la porta venne aperta di colpo dal domestico personale di Miralys.
«Nobile Brydar!» il tono preoccupato della voce bloccò il comyn da qualsiasi rimprovero sulla sua avventatezza. «Domna Miralys...»
Brydar non gli diede il tempo di aggiungere altro. Si alzò di scatto, senza scusarsi con gli ospiti, e seguì l'uomo verso le stanze private della moglie.
I tre ospiti si scambiarono una occhiata carica di apprensione, indecisi se seguire Brydar o meno.
Aleki rimase seduto stringendo i braccioli della sedia, era naturalmente dispiaciuto e preoccupato, ma sapeva che lui sarebbe rimasto li, non aveva nessuna possibilità di essere d'aiuto a quella povera fanciulla. Rimase a osservare gli altri smarriti che stavano ancora prendendo coscienza dell'accaduto.
«Dovreste seguirlo, bredu, potrete aiutarlo di certo, come voi, Nobile Kylar, potete essere tutti e due utili come mai potrei esserlo io.»
Appena udite quelle parole i due telepati si voltarono e raggiunsero di corsa Brydar e il domestico ma, appena arrivati sulla soglia del salottino privato della moglie, vennero fermati dal solito coridom che, con la faccia truce, mani sui fianchi, sembrava aver l'intenzione di non lasciare libero il passaggio neppure ad Aldones in persona.
«Kario, falli passare!» il tono di Brydar non ammetteva repliche e, chinando il capo, l'uomo fu costretto a cedere il passo.
Il comyn stava chiudendo la porta della stanza da letto, l'espressione sempre preoccupata ma meno tesa di prima.
«Niente di grave, non dovete preoccuparvi...» comunicò ai suoi ospiti, senza troppa convinzione. «Sempre più spesso si addormenta e si risveglia urlando, come adesso...»
Kylar fece un piccolo gesto di assenso. «Posso avere il vostro permesso di visitarla, Dom?» chiese in tono riverente.
Brydar lo fissò per un istante. Miralys era stata vista da così tanti sapienti e guaritori da averne perso il conto. La sola differenza era che l'uomo che aveva davanti non lo avrebbe fatto per profitto personale come molti di loro.
Non si preoccupò dal celare i suoi pensieri. «Ve ne sarei grato,» aggiunse a voce.
Aprì nuovamente la porta e fece cenno a Kylar di seguirlo. Nella penombra della stanza si distingueva appena la piccola sagoma distesa sul letto, una figura talmente minuta da sparire completamente sotto le pesanti coltri.
«Miralys,» nel sentire la voce di Brydar la donna, anche se il termine era evidentemente un'esagerazione, aprì gli occhi di un azzurro quasi trasparente.
Brydar si sedette accanto a lei, aiutandola a sollevarsi un po' sui cuscini.
«Questi è Kylar Michael Ridenow,» continuò, presentandole l'ospite per lei del tutto estraneo. «È un lontano parente, e anche un monitore,» fece una breve pausa, aspettando che Miralys valutasse la persona che aveva davanti.
La giovane donna annuì, stirando le labbra in uno stentato sorriso.
«Parente,» la voce era flebile, sfinita come il corpo. Solo la mente sembrava attiva, forse troppo.
«Domna Miralys,» rispose l'emmasca, tirando dietro l'orecchio uno degli indomabili riccioli che gli adornavano il capo, come se fossero stati scolpiti da un artista ribelle, annoiato dalle mille onde scolpite per anni, avvicinandosi al letto e, profondendosi in un inchino formale, aggiunse, «sono lieto di rincontrarvi. L'ultima volta che vi vidi potevate solo ballare coi vostri parenti... e ora siete maritata. È incredibile come passi il tempo.»
Gli occhi chiari del monitore si illuminarono, mentre un sorriso dolce come miele colato illuminava quel viso diafano e femmineo.
Brydar nel frattempo si era alzato, lasciando il posto a Kylar.
Miralys sembrava attratta da quello sconosciuto, il primo, oltre al marito, che non la considerava come un fallimento da recuperare a tutti i costi.
«Potresti lasciarci, per favore?» chiese al marito, con un tono di voce più fermo di prima.
Brydar passò lo sguardo da lei al compagno di Tristam e, annuendo in silenzio, arretrò fino alla porta, chiudendola silenziosamente dietro di sé.


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Dall'alto del palazzo, ben chiuso nei suoi appartamenti privati, il vecchio Dom Elhalyn controllava i movimenti del nipote e del suo ospite.
Il padre di Tristam lo aveva ringraziato per l'ospitalità offerta al figlio e ai suoi amici, sembrava quasi sollevato dal fatto che non fossero piombati da loro, ma la cosa non aveva risollevato lui.
Anche in quel momento, mentre continuava a fissare i due ragazzi parlare tranquillamente nel piccolo giardinetto che portava al corpo principale del castello, si sentiva stranamente a disagio.
Si allontanò dalla finestra, scendendo verso i piani più bassi per controllare la situazione più da vicino, quando si accorse che uno degli ospiti era stato lasciato solo nel salottino di Brydar.
La persona in questione era ferma da tempo a osservare le fiamme del camino guizzare e a ustionarsi il viso a quel calore. Nessuno degli altri era più tornato indietro e Aleki rimaneva in bilico tra il dubbio e la speranza, non voleva accadessero altre disgrazie in quella casa già cosi provata.
Si alzò e si inginocchiò davanti al fuoco, per ravvivarlo con un altro po' di legna, mentre la colazione rimaneva ignorata alle sue spalle.
Il vecchio entrò nel salottino e si avvicinò all'uomo. Cercò di fare un po' di rumore ma Aleki sembrava che non sentisse nulla al di fuori del crepitio delle fiamme.
Solo quando arrivò a pochi passi da lui e si schiarì la voce, il Dom Elhalyn riuscì ad ottenere l'attenzione del giovane.
Le spalle di Aleki si raddrizzarono e, alzandosi di scatto, si voltò per vedere chi fosse entrato, ma il suo volto non riuscì a nascondere del tutto la delusione che provò nello scoprirlo. Non aveva nulla contro il padrone di casa, solo aveva avuto altre speranze.
«Buon giorno a voi Dom.» Accennò un inchino.
Il vecchio accennò ad un saluto con il capo, guardandosi intorno con aria perplessa.
«Vi hanno lasciato solo, vedo,» disse, accomodandosi sulla poltrona appena lasciata libera dal giovane. «Ho visto i miei due giovani parenti in giardino. Se voi siete qui, dov'è il vostro terzo compagno?»
Aleki si girò verso le finestre quasi sperando di scorgerli.
«Mi spiace, non ne sono a conoscenza, Dom, so solo che sono accorsi al capezzale di Domna Miralys, ma non ho saputo altro da allora.» Arrivò alle finestre e si mise ad osservare fuori. «Spero stia andando tutto per il meglio, visto che sono fuori a parlare tra di loro.»
Dom Francisco fissò con interesse l'espressione che era comparsa sul volto del giovane. Sembrava preoccupato, ma al contempo irritato, nel vedere il suo amico e Brydar in così amichevole conversazione.
«Spero anch'io che tutto si sistemi,» commentò quasi distrattamente, fermandosi accanto al giovane. «Anche perché non sarebbe facile sistemare nuovamente mio nipote...»
Aleki fece un sorriso di circostanza. «Capisco,» ma pensando allo stesso tempo che era impossibile che il vecchio non comprendesse che ogni vita era importante. Sospirò, appannando il vetro, e mormorò tra sé e sé. «Che il sacro portatore di fardelli protegga questa casa.» Ripulì il vetro con una angolo della manica.
Dom Francisco si avvicinò al ragazzo. C'era un tono nella sua voce, nel modo con cui aveva pronunciato quella frase, che gli fece capire che condividevano non solo le stesse impressioni sui due Elhalyn ma anche la stessa ferrea fede.
In quel momento Tristam si fece più vicino a Brydar e gli passò un braccio attorno alle spalle. Brydar non sembrò reagire negativamente alla cosa e, pochi istanti dopo, i due sparirono oltre un gruppo di alti siepi che circondavano le propaggini più esterne del giardino.
L'unico rumore che si senti nel salottino fu quello prodotto dalla gola di Aleki che deglutì: sembrava che il suo Dio stesse guardando da un altra parte in quel momento.
Si portò davanti al tavolo della colazione e si mise svogliatamente a cercare con lo sguardo qualcosa da mangiare, aveva aspettato per farlo in compagnia, ma qualcuno aveva altro a cui pensare perciò non ne valeva la pena.
Si fermò con una mano a mezz'aria pensando che non fosse molto educato cominciare cosi in presenza di Dom Francisco, ma il vecchio nobile non sembrava preoccupato delle sue intenzioni di fare colazione, per quanto gli sembrasse inutile servirsi di cibo ormai freddo.
«Lo considero un comportamento indecoroso,» borbottò tra sé, ripensando alla scena appena vista. «Come disonorarmi definitivamente...»
«Chi vi avrebbe disonorato questa volta?» la voce di Brydar, a pochi centimetri da loro, fece sobbalzare entrambi gli uomini.
Sulla soglia i due cugini li stavano osservando, stupiti dalle parole del vecchio.
«Era un dialogo fra me e il Dom Francisco, null'altro, volete fare colazione ora?» Aveva reagito semplicemente d'istinto, aveva protetto il vecchio Dom e ora parlava in tono leggermente irritato, d'altronde... «Se avevate tempo di passeggiare in giardino credo vi sia ringalluzzito l'appetito.»
Tristam decise di non rispondere a quella palese provocazione.
«Dom Francisco,» salutò con un inchino il vecchio Dom, poi tornò a rivolgersi a Aleki, in tono confidenziale e quasi mormorato. «Vi ho forse offeso? Mi scuso di non essere tornato subito qui,» lo sguardo esplicativo che venne accompagnato alla frase rendeva chiaro che c'erano validi motivi per cui non era subito tornato, ma che non era il luogo per parlarne né il momento.
Purtroppo l'unica cosa che imperversava come veleno nella mente di Aleki era l'immagine confidenziale di quel braccio attorno alle spalle... ma lo tenne per sé.
«Capisco, ma voi cercate di comprendere la mia situazione, preoccupato e senza notizia alcuna.»
«Non so come farmi perdonare, mestru Syrtis, se non confidandovi che neppure noi abbiamo ancora avuto notizie da Dom Kylar,» sospirò, «ma conoscendolo: nessuna nuova, buona nuova.»
L'espressione di Aleki si fece forse più astiosa di prima, ma riuscì a mascherarla a Dom Francisco. Dove andavano allora se non a parlare delle condizioni di Domna Miralys?
Brydar, restato sulla porta, approfittò della cosa per levarsi di torno.
«Se mi permettete, mentre chiarite le cose, io vado a vedere come sta Miralys.» Inchinandosi leggermente ai tre uomini radunati nel salottino, si girò sui tacchi, allontanandosi pensieroso.
Aleki si rimise seduto cercando di calmarsi.
«Spero solo che Kylar sia riuscito a fare qualcosa per vostra nuora, Dom Francisco,» aggiunse Tristam distrattamente, andando a guardare fuori dalla finestra. «Pioverà...»
Aleki intanto si era rimesso a mangiucchiare svogliatamente. «Allora, se avete lasciato sola Domna Myralis, cosa facevate SOLI in giardino?» marcò appena la parola soli mentre dava alla domanda un tono noncurante. Sapeva cosa andava a stuzzicare, ma non era riuscito a trattenersi forse nemmeno ci aveva provato.
Tristam voltò appena lo sguardo, poco prima fisso nel cielo, nella direzione di Aleki. Stava per dare una degna risposta a quella insinuazione quando il coridom annunciò che la cena era pronta.
Aleki rimase seduto impassibile, senza nemmeno smettere di mangiare, né si degnò di voltarsi verso nessuno. Stava semplicemente li, come se non avesse intenzione di alzarsi.
Il vecchio Elhalyn sbuffò, scuotendo il capo in segno di disgusto. "Come si è ridotta la gioventù comyn!" pensò, ma senza coprire in maniera appropriata la propria mente.
Tristam irrigidì appena le spalle, mentre il pensiero del vecchio comyn gli arrivava dritto nello stomaco. Il suo orgoglio Alton scalpitò come un puledro ma il suo raziocinio gli impedì di rispondere a quella serie di provocazioni.
«Penso che le nostre chiacchiere possano attendere dopo cena, Aleki,» disse invece, con tono accomodante.
Aleki alzò appena il volto e lo abbassò appena accennando di sì, altrettanto accomodante, ma rimase seduto a osservare Tristam allontanarsi verso la porta senza seguirlo.
Si alzò poco dopo, ma nulla di più.
Ignorò l'occhiata che il comyn gli aveva lanciato. Significava: "Ti aspetto?" in quel codice di sguardi che avevano imparato ad usare nei lunghi silenzi di Nevarsin ma lui, per la prima volta, ne ignorò appositamente il significato e, voltando dall'altra parte il capo, ritenne chiusa la conversazione.
Senza aspettare oltre, la figura di Tristam scomparve nell'arco della porta.
Solo allora Aleki si avviò, per fermarsi dopo un paio di passi. Si voltò verso il Dom sorridendo.
«Pensavo che sarebbe di gradita compagnia anche la vostra presenza, Dom Francisco, la tensione che si sta accumulando probabilmente sta sciupando le mie buone maniere e quelle degli altri, volete donarci un po' del vostro tempo?»
Il vecchio Dom si irrigidì per un istante. La sua presenza non avrebbe di sicuro migliorato l'atmosfera ma, dopo tutto, quella era la sua casa e i loro ospiti avrebbero dovuto fare buon viso a cattiva sorte.
«Vi ringrazio dell'invito,» rispose, rilassandosi. «Credo proprio che l'accetterò, anche se per poco,» ridacchiò tra sé, come per una battuta nota solo a lui, «mia moglie non ama essere trascurata per troppo tempo.»
Aleki si inchinò leggermente, lasciando il passo al Dom.
Davanti a loro, con espressione non proprio felice, Tristam li stava aspettando fuori della sala da pranzo. Mentre il Dom entrava, prendendo il suo posto a capo tavola, Tristam si avvicinò a Aleki.
«Non potevi evitarlo?»
La comparsa di Brydar e Kylar, dall'altro lato del corridoio, non permise ad Aleki di dare una risposta ma, dall'espressione di Brydar, fu certo a tutti che sarebbe stato un pranzo tutt'altro che rilassante.


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L'atmosfera che regnò durante la prima parte del pasto fu agghiacciante: i domestici servivano le portate in silenzio, come abituati a quel clima freddo e gelido. Dom Francisco e Brydar, ai due capi della tavola, non si guardavano neppure. Brydar sapeva che non era stato il vecchio ad imporsi ma, in fondo, poteva anche declinare l'invito ben sapendo come la pensava dei suoi ospiti.
L'unico a non risentire assolutamente almeno all'apparenza di quell'atmosfera cosi rigida era Aleki, che si serviva con parsimonia e rispettando quel silenzio. Mangiava a piccoli bocconi e osservava attorno con sguardo tranquillo.
«Allora nessuno sa portare notizie di Domna Myralis? Vorrei sapere in quali condizioni versi.»
Kylar appoggiò la posata sul tavolo di legno. «Mi spiace di non avervi comunicato ancora nulla, ma non mi sembrava il luogo né il tempo adatto,» rispose compitamente, calcolando le parole e il peso che queste avrebbero portato con sé. «Ma visto che me lo chiedete, se voi mi date il permesso potrò rispondere alle vostre domande,» e detto ciò fece un cenno del capo in direzione di Brydar il quale assentì. «Domna Myralis soffre di una grave crisi di depressione a seguito del parto. Questo non migliora le sue già precarie condizioni fisiche,» l'emmasca si fermò, dando ad intendere che aveva ancora qualcosa da dire ma che, altrettanto chiaramente, stava aspettando qualche cenno da parte degli altri commensali.
Brydar osservò per un breve istante il nonno, lo sguardo che esprimeva chiaramente quello che pensava. «Puoi proseguire, Kylar,» aggiunse rivolto al monitore.
«Credo che sia più semplice curare lo spirito che il corpo, poiché l'uno dipende dall'altro. Questo tipo di crisi consumano la persona fino ad esaurirne completamente la vitalità e portarla... alla morte,» terminò fissando Dom Francisco con una fissità tale che sarebbe stata considerata un atto di insolenza imperdonabile, se fossero stati in un altro momento.
Il Dom fremette sulla sedia. L'accusa del nipote era stata fin dal principio quella di non aver lasciato il tempo a Miralys di riprendersi dalla perdita, lasciando che parenti e amici la visitassero lasciandola giorno dopo giorno sempre più priva di energie. Non importava il fatto che questa fosse la consuetudine, né che, a dispetto di quello che pensava la famiglia, potesse essere il comportamento sbagliato.
«E secondo voi, cosa dovremmo fare?» chiese con freddezza.
«Darle il tempo di rimettersi, bloccare le visite e concedermi di tentare nell'impresa. Possiamo farcela ma se non ci proveremo neppure, la vostra Myralis rischierà la vita, Dom Francisco. Sono certo saprete fare la scelta migliore per tutti.»
Il volto del vecchio si imporporò. "Come se fino ad ora non l'avessi fatto!"
Il pensiero non sfuggi alla sua mente, almeno questa volta, ma l'espressione preoccupata trapelò comunque dal suo volto.
«E, a vostro parere, per quanto tempo dovreste seguirla?»
«Questo neppure io stesso posso dirlo. Dipende da molte cose,» rispose Kylar mentre il cibo nel piatto diventava definitivamente gelido.
«Il tempo non è un problema,» la voce di Brydar era fredda come quella del nonno, ma i suoi pensieri erano tutt'altro che gelidi, all'idea che la moglie potesse riprendersi. «Potete restare qui, nei miei appartamenti, finché vorrete.»
«Questo no,» intervenne Tristam di botto, con un tono irritato, «ci son molte locande a Thendara degne di annoverare dei comyn delle Sette Famiglie tra i loro clienti,» la voce sprezzante e lo sguardo fiero che rivelava il suo sangue Alton.
«Non dire assurdità, Tristam,» lo riprese Brydar. «Sto approfittando della vostra presenza, lasciate che ricambi offrendovi un tetto sotto cui ripararvi.»
"Non tirare la corda o si spezzerà, cugino," gli trasmise in risposta Tristam ma si limitò a rispondere verbalmente: «Ti ringraziamo dell'offerta, parente, ma ci vediamo costretti a declinare il tuo invito.»
Dom Francisco si limitò ad assentire con un cenno del capo. Non gradiva di certo l'idea di vederli condividere lo stesso tetto.
«Mi pare una decisione irrevocabile, Brydar,» aggiunse rivolto al nipote. «Ma non posso permettervi di trasferirvi in una locanda. Sono certo che i vostri parenti vi ospiteranno volentieri... se chiederò loro il favore.»
Tristam, che durante gli ultimi tempi si era sentito continuamente seguito dallo sguardo del vecchio avvoltoio Francisco, come lo aveva simpaticamente denominato, a questa ultima sferzata quasi deflagrò e dovette richiamare tutto il suo autocontrollo per non sputare in faccia a quel vecchiaccio cosa realmente pensasse di lui.
«La vostra generosità mi colpisce, parente, ma credo di non essere ancora stato interdetto dalla mia famiglia e sono certo che se chiedessi ospitalità al Nobile Alton non me la negherebbe,» disse con un tono glaciale e sprezzante.
«Stessa cosa vale per il Nobile Ridenow,» aggiunse Kylar con tono casuale, andando involontariamente a rimpolpare il concetto di Tristam.
Dom Francisco non rispose, non voleva dare peso alle parole di quei ragazzi. La sola cosa che lo preoccupava, ancor più della salute della giovane nuora o dello stato del nipote, quello che veramente importava era mantenere la rispettabilità. Già era così difficile farlo con solo Brydar, e con le voci che giravano sul suo comportamento... ma aggiungere altra legna al fuoco era da stupidi.
Nel frattempo la conversazione era proseguita a livello telepatico tra i due cugini, estraniatisi dal resto della tavolata.
"Se siete così sicuri di volervene andare," stava dicendo Brydar, "potresti almeno cercare di convincere Kylar a restare qui." Brydar sembrava interessato al cibo che aveva nel piatto e, solo di tanto in tanto, sembrava guardare di sottecchi Tristam, seduto accanto a lui.
"Per domna Myralis? Kylar è libero di scegliere! Chiedilo a lui direttamente, no?" rispose Tristam lanciando al cugino una occhiata stanca, accompagnata d un sorriso altrettanto stanco. "E, comunque, credo che il dovere di monitore superi di sicuro le nostre liti."
Brydar sollevò lo sguardo su quello di Tristam, rispondendo tristemente al sorriso.
Quasi in contemporanea, sbattendo con violenza il boccale sul tavolo, Dom Francisco riportò l'attenzione di tutti su di lui... e sul suo volto reso paonazzo dalla rabbia. Fissava prima Tristam, poi Brydar, con l'espressione di chi avesse appena sorpreso la sua cara moglie nello stesso letto assieme al coridom di fiducia.
«Nonno!» esclamò, con un misto di irritazione e di sopportazione, come se fosse ormai abituato alla cosa, Brydar.
«Questo mi pare un ottimo motivo per non permettere ai tuoi amici di fermarsi qui!»
«Non capisco cosa vogliate dire,» rispose Tristam dall'altro capo del tavolo, con un tono che avrebbe voluto essere compassato ma che, in realtà, si stava pericolosamente alzando.
"Tristam," cercò di trattenerlo Brydar, "lascia perdere. Si è già convinto del peggio, non riuscirai a fargli cambiare idea!"
Tristam fissò Brydar per un attimo, senza trasmettergli alcun pensiero se non un secco "no". Lasciò anche parte della sua mente aperta al cugino, scoprendo un fianco, come si direbbe usando una metafora abusata, e ciò che trasmise in pochi attimi a Brydar fu una sequela di maltrattamenti, più o meno diretti, causati a Tristam dal proprio essere ombredin.
Anche se il primo istinto di Brydar fu quello di bloccare il contatto, cercò di trattenersi, passando in rassegna le esperienze di Tristam, non troppo dissimili, solo più numerose visti gli anni che li separavano, dalle proprie.
"Non ne vale la pena comunque," commentò alla fine.
«Quello che voglio dire,» completamente ignaro dello scambio avvenuto tra i due cugini, il vecchio Dom Francisco era arrivato al limite della sua sopportazione. «Quello che voglio dire è che non vi permetto di comportarvi come due grezu sotto il mio tetto. Neanche fosse un postribolo di Thendara!»
La voce che si levò dal tavolo era ridotta a un sordo ringhio, che serpeggiò lungo il tavolo esplodendo nel silenzio che era calato come se fosse stato urlato.
«Non vi permettete simili insinuazioni, Dom Francisco!» Tristam fissava il tavolo con i pugni serrati come se da un momento all'altro potesse esplodere con una furia distruttiva degna della pece stregata.
Il vecchio sostenne il suo sguardo senza problemi. Era certo di essere nel giusto dopotutto, bastava la fama di entrambi i giovani per dare credito ai suoi sospetti.
«Non solo vi appartate con mio nipote in giardino,» ribatté, «ma vi lasciate andare ad atteggiamenti riprovevoli persino qui, davanti ai miei stessi occhi!»
Tristam si alzò di scatto, gettando in terra la sedia, fissando con gli occhi fiammeggianti il vecchio.
Kylar lo osservava con un po' di timore dal basso. Visto così, coi capelli che erano scivolati in avanti, gli occhi ridotti a due tizzoni di viva fiamma, la piega del labbro dura e orgogliosa, la poca barba curata con una meticolosità quasi maniacale e l'arco delle sopracciglia perfetto sembrava un semidio fiammeggiante nel proprio furore.
"Per Aldones... calmati!" la voce mentale di Aleki giunse a tutti come uno schiaffo. Pur non avendo laran, la sua tensione si era accumulata in maniera così esplosiva che il pensiero risuonò talmente forte che, se fosse stato un urlo, Kylar sarebbe stato costretto a tapparsi le orecchie con le mani per non essere assordato.
Tristam non si mosse, ma la sua mente si chiuse poco dopo, tirando il chiavistello con forza.
Il vecchio Dom ricadde contro lo schienale della sedia, colpito forse da tono severo del giovane, forse dall'esclamazione blasfema che gli era scappata dalle labbra.
La cosa servì comunque ad evitare che la lite verbale degenerasse in qualcosa di più distruttivo.
Brydar sospirò piano, evitando di esprimere qualsiasi parere. La tensione era ancora palpabile e qualunque cosa avesse detto poteva scatenare nuovamente le ire del nonno.
Prima che chiunque riuscisse a fare qualcosa Aleki cominciò a parlare, con una voce chiara che sembrava ispirare la riflessione, sopratutto dopo i toni concitati che erano rimasti come sospesi nell'aria.
«Tristam, Dom Francisco, nulla di ciò che state facendo porterà ad alcun luogo, è un circolo vizioso, dove a farla da padrone sono solo chimere, voci, non vi è nulla di concreto non vi deve essere rabbia,» e lo sguardo cadde su Tristam con un sorriso, «né timore di infangare il buon nome della famiglia Elhalyn,» e qui Aleki si volto verso il nobile Dom. «Non vi è stato tempo, né occasione, perchè potesse accadere qualcosa di inopportuno. Questo dovrebbe bastare a voi, Dom, e per ciò che vale la mia parola io mi fido di Tristam Elhalyn Alton.»
Il vecchio Dom Francisco non rispose, ma il silenzio fu forse più eloquente di mille parole. Non poteva contraddire quanto detto da giovane Aleki ma, tornare sui suoi passi, lo avrebbe forse reso ancora più ridicolo. Si chiuse in un silenzio ostinato, dando ad intendere, ma senza pensarlo o pronunciarlo ad alta voce, che non era accaduto nulla solo perché non ne avevano avuta la possibilità.
La spada di Tristam tagliò l'aria.
«Posate la mano sul pomo, Dom Francisco,» il tono del giovane era simile a un comando, ma il vecchio decise di seguire quell'ordine, con un'aria di stanca e sprezzante accondiscendenza. «Figlio di Hastur, figlio di Aldones, Dio della luce da cui la nostra genia discende, che possano questa spada e questa mano trapassare il mio cuore se ho mai violato la sacra ospitalità di questa casa e ho osato congiungermi carnalmente o fornicare sotto questo tetto durante questa mia triste visita, arrecando così offesa alla vostra ospitalità.»
Le parole pronunciate dal giovane Elhalyn Alton lasciarono basiti tutti gli astanti.
Nessun comyn avrebbe mai violato un giuramento simile, fatto al cospetto delle più importanti divinità del pantheon, a quelle di cui tutti i comyn sono la discendenza mortale.
Brydar si accasciò contro lo schienale della sedia.
"Fino a questo siamo stati costretti ad arrivare?" chiese al nonno, restato immobile, con la spada in mano, la punta della lama puntata al petto di Tristam.
Il vecchio sembrò riscuotersi, rendendosi conto di quello che era appena accaduto.
Riconsegnò la spada nelle mani del proprietario e, borbottando qualcosa, si ritrasse verso la porta della sala. «Forse ho esagerato,» aggiunse a voce più alta, prima di lasciare la stanza precipitosamente. «Se avrete bisogno di me, sono nei miei appartamenti,» concluse, rivolto più che altro al nipote.
Il silenzio più totale seguì l'uscita del nobile, come se il meccanismo di chiusura della porta avesse bloccato anche qualsiasi possibilità di comunicazione tra i quattro giovani.


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L'uscita teatrale fatta da Tristam aveva esaurito qualsiasi voglia di ribattere nel vecchio Dom che, attendendo con pazienza, anche senza fiducia, che il tentativo di riportare in salute la giovane nuora avesse fine.
Kylar, assistito spesso dallo stesso Brydar, passava ore interminabili al capezzale di Miralys, cercando di lenire il dolore della sua anima oltre alle ferite che tormentavano ancora il suo corpo. Bastarono pochi giorni per vedere i primi miglioramenti e, alla fine della prima settimana, Miralys aveva ricominciato ad alzarsi, arrivando persino a consumare un pasto alzata, in compagnia del suo guaritore e del marito. Dopo dieci giorni Domna Miralys era completamente rimessa.
«Inutile che vi dica che tutto ciò sarà inutile, se deciderete di avere altri figli,» era l'ultima serata che Kylar avrebbe trascorso a Castel Comyn, approfittando dell'ospitalità del suo lontano parente.
Brydar lo fissò con espressione ironica. «Avete sentito anche voi Miralys,» rispose al monitore. «Sapere di non essere in grado di partorire altri figli è una condizione forse peggiore della morte.» Svuotò d'un sorso il bicchiere di firi posato sul tavolo davanti a lui. «Comincio a credere che per una comynara non esista altro che la procreazione.»
Kylar alzò un sopracciglio. «La loro condizione non è troppo diversa dalla nostra,» commentò, osservando il suo bicchiere senza berlo, «almeno noi, in parte, possiamo definirci liberi dalle costrizioni.»
Brydar scoppiò in una risata amara. «Certo,» disse, «talmente liberi da non poter ospitare degli amici sotto il proprio tetto senza incorrere nell'ira dei parenti.»
L'emmasca non aggiunse altro. Sapeva che la ferita apertasi tra Brydar e il nonno non si sarebbe sanata presto. Era una lotta senza vincitori, ognuno di loro riusciva a vedere la propria parte del problema me, difficilmente, sarebbero riusciti ad avvicinarsi abbastanza da rinsaldare il rapporto.
"Del resto, nessuno di noi è libero di agire come vuole," pensò, rivolto a se stesso. «Domani partiremo,» comunicò poi al parente, come fosse un'informazione casuale, appena comparsagli nella mente.
Brydar sospirò. «Ne sono a conoscenza, ieri sera mi sono incontrato con Tristam e mi ha informato dei vostri programmi,» sospirò, vuotando un altro bicchiere di liquore. «Dopo tutto, il vostro lavoro qui è finito. Ve ne sono grato ma, se devo essere sincero, avrei preferito che ci impiegaste più tempo.»
Kylar sorrise, un sorriso stanco. «Tornerete all'Accademia?»
Brydar annuì. «Non appena voi partirete. Giusto il tempo di salutare Miralys, poi dovrò tornare ai miei doveri.»
Il silenzio cadde sui due comyn, mentre appena fuori dalla porta i domestici stavano organizzando i lavori della sera.
Voci sommesse si accordavano su chi avrebbe svolto un compito e chi un altro, stando ben attenti a non disturbare i nobili padroni con il loro vociare.
«Presto cominceranno a pretendere un nuovo erede,» riprese Brydar. Alzò lo sguardo, fissandolo in quello di Kylar. «Come posso fare perché Miralys non decida di darmi un secondo figlio?»
Kylar sospirò, alzandosi, pronto ad accomiatarsi dal suo ospite per la notte. «Non sarete voi a poterlo decidere, e forse neppure lei,» rispose, la figura diafana illuminata dalla luce del camino lo rendeva simile ad un chieri, come se a rispondere alla sua domanda fosse una delle divinità in persona e non il monitore che aveva imparato a conoscere. «Gli Dei hanno già scritto il nostro destino, Brydar. Noi possiamo solo sperare che non sia troppo terribile.»









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Disclaimers

Durante il secondo anno nei Cadetti, la fama di Brydar comincia a farsi strada per via dei pettegolezzi che girano riguardo i suoi vari amanti. Nel frattempo Miralys mette al mondo il primo figlio, che muore dopo non molto.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008