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Titolo: Il fiore e il dragone
Autore: Sadako
Serie: Darkover di Marion Zimmer Bradley e il gioco "The Elvas Project" ad esso ispirato
Pairing: Dana x Illa x Dana
Spoiler: il primo incontro da Dana e Illa dopo che la prima è diventata Rinunciataria, conclusione dell'omonimo racconto di Dana n'ha Angela
Rating: NC-17 - Yuri
Parti: 1
Status: concluso
Disclaimer: tutti i diritti su Darkover sono di Marion Zimmer Bradley e di chi la rappresenta. I personaggi di Elvas appartengono agli autori delle storie che li coinvolgono
Archivio: HSC

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: Il fiore e il dragone :

< Sadako >



Illa era restata appoggiata alla porta da quando Bertrand era uscito. Si era sentita molto stupida per tutto il tempo, soprattutto perché non riusciva a sentire nulla di quello che Dana e l'altra Amazzone si stavano dicendo oltre la spessa lastra di legno.
Aveva passato l'intera giornata cercando di non pensare a quel momento, ma inevitabilmente la sua mente era corsa spesso alla ricerca di quella di Dana, dandole ragione riguardo alle sue presunte capacità telepatiche. L'Amazzone non aveva fatto commenti, aveva solo accarezzato la sua presenza accanto alla propria mente, senza cercare di forzarla ad un contatto più completo o allontanarla infastidita.
Verso sera la caviglia aveva cominciato a farle male. L'articolazione, ancora irrigidita dai danni subiti due notti prima, aveva cominciato a gonfiarsi e lo stivale era diventato una tortura inimmaginabile. Ovviamente dalle sue labbra non era uscito un solo lamento e nessuno dei suoi uomini aveva notato alterazioni nel suo modo di fare. Solo all'interno della sua camera, al riparo da occhi indiscreti, Illa aveva ceduto e, dopo una lunga lotta per togliersi la calzatura, aveva dovuto ammettere a se stessa che avrebbe necessitato di qualche giorno di riposo.
Ovviamente questo non era possibile. Doveva portare a termine l'incarico che si era assunta nei confronti della comynara e, una volta lasciata la donna alla corte di Rakhal Ridenow, lei e il suo gruppo sarebbero dovuti ripartire subito, per riunirsi agli altri componenti della banda che li stavano aspettando al castello di Diego Ridenow.
E in quel momento, mentre se ne stava aggrappata alla porta cercando di capire cosa stesse trattenendo Dana, la sola cosa a cui riusciva a pensare era come la donna sarebbe riuscita a farle passare quel fastidioso dolore alla caviglia. Poi, risolto quell'inconveniente... improvvisamente si rese conto che non aveva idea di cosa sarebbe venuto poi.
Per anni aveva immaginato cosa avrebbe potuto fare con Dana, un insieme di sogni irrealizzabili che spesso avevano riempito le sue notti solitarie, ed ora, alla consapevolezza che sarebbe riuscita veramente a concludere qualcosa con lei, tremava al pensiero come una vergine alla sua prima notte di nozze.
Non aveva mai voluto dare ascolto ai pettegolezzi che giravano su Dana, così come su tutte le altre fanciulle di casa Ridenow. Sapeva che era quasi impossibile che non avesse mai avuto esperienze ma, altrettanto sicuramente, era lei quella più esperta in materia. Non aveva mai scelto compagnie femminili per sfogare i suoi istinti, assurdamente le era sempre sembrato un modo per non tradire il suo amore non corrisposto, ma sapeva come soddisfare chi aveva il coraggio di dividere il letto con lei.
Il rumore del chiavistello che veniva azionato la fece sobbalzare. Con rapidità, dando il colpo di grazia alla caviglia dolorante, si precipitò sulla bassa poltrona che era stata posta davanti al caminetto. Grazie al suo innato senso degli affari, Illa riusciva sempre a convincere i proprietari delle locande in cui si fermava a lasciarle una delle camere meglio arredate, spesso anche quando non vi era nessuna di queste camere libera per il suo arrivo.
Dana aveva socchiuso la porta, restando per un istante ferma sulla soglia. Era ancora girata verso Danila, la capo carovana, ma l'espressione che aveva sul volto fece perdere un colpo al cuore di Illa.
«Ma sono convinta che abbia smesso di darmi per scontata da quando ci siamo rincontrate pochi giorni fa,» stava dicendo, rivolta alla Sorella. Poi, sorridendo enigmaticamente, aveva finalmente varcato la porta, chiudendola dietro di sé.
Illa era come sprofondata nei morbidi cuscini della poltrona. Non sapeva perché ma l'espressione di Dana la metteva in imbarazzo. Forse non era ancora pronta a quello che sarebbe potuto accadere tra loro. Dana sembrò percepire la sua tensione perché, avvicinandosi, assunse un'espressione più seria e un'ombra di delusione attraversò il suo sguardo.
«Qualcosa non va?» chiese alla mercenaria, sedendosi ai piedi della poltrona, sfiorando con una mano il tessuto della camicia.
Illa deglutì a vuoto. «La caviglia,» disse con tono quasi colpevole. «Fa male...»
La trasformazione in Dana fu quasi impressionante. In una frazione di secondo tornò ad essere la leronis guaritrice, il cui unico interesse era portare giovamento all'anima tormentata che aveva di fronte. Con tocco leggero controllò la caviglia. Il gonfiore era evidente ma non c'era nessun danno profondo, le bastarono solo pochi istanti per risolvere il problema.
«Domani andrà meglio,» il tono era quasi freddo. «Però dovresti cercare di mantenere il bendaggio, anche se non la sforzi serve a sostenerla.»
Illa annuì, senza dire nulla. La mano di Dana era restata sulla sua gamba, a contatto della sua pelle nuda e la sensazione che arrivava da quella piccola parte del suo corpo la mandava completamente in confusione.
Dana avvertì il caos nella mente della donna e, a malincuore, interruppe il contatto, lasciandosi andare contro la poltrona.
«Dimmi cosa vuoi,» le chiese. «Io non riesco più a capire, non distinguo più tra i miei desideri e i tuoi e, adesso, non sono neppure sicura di aver sentito qualcosa arrivare da te.»
Illa si era alzata, con troppa energia per la caviglia appena curata. Stringendo i denti era arrivata fino alla porta, senza riuscire a capire quale fosse la parte che le doleva di più, se la caviglia o il cuore.
«Te l'ho già detto questa mattina,» il tono di Dana si era fatto più basso ed era evidente che pronunciare quelle parole era per lei molto doloroso. «Se vuoi che me ne vada, non devi fare altro che dirmelo,» sospirò, sperando che l'altra dicesse qualcosa, qualunque cosa. Non ricevendo nessuna risposta si alzò lentamente, sistemandosi i vestiti con gesti meccanici. «Quando ci rivedremo, spero che quello che è accaduto non ci sia di intralcio,» concluse, facendo un passo verso la porta.
Illa si sentì crollare il mondo addosso. Aveva passato metà della sua vita desiderando quella donna e, adesso che ne era incredibilmente ricambiata, stava facendo di tutto per farla scappare lontano da lei.
La mano della mercenaria si strinse sul chiavistello della porta, chiudendolo con decisione.
Dana si fermò dove si trovava, indecisa su come comportarsi. Dopo tutti i cambiamenti a cui aveva assistito non riusciva più a capire cosa volesse veramente Illa. Per contro, la mercenaria non sembrava intenzionata a staccarsi dalla porta. Aveva compiuto un gesto che riteneva definitivo ma, come l'altra, adesso non sapeva più cosa fare. Non era abituata ad affrontare problemi del genere, non si era mai esposta così tanto a livello personale e aveva paura.
A tutto ciò si univa il fatto che, se solo avesse tentato di fare un passo staccandosi dal sostegno che le offriva la porta, sarebbe caduta lunga distesa. La caviglia aveva ripreso a farle male e non avrebbe retto un istante di più.
«Dana,» la voce era quasi un sussurro, «se non mi aiuti resteremo così fino a domani mattina...»
L'assurdità della situazione sbloccò l'Amazzone che, trattenendosi dal ridere, si avvicinò alla mercenaria, cingendole la vita e sostenendola verso il letto. Girandosi a guardare la donna, Illa si sentì molto stupida ma, forse, era il diversivo che ci voleva per rompere la tensione che si era creata.
Aiutandola a salire sull'alto materasso, le mani di Dana scivolarono sotto la camicia di Illa. La pelle era calda e il contatto con le sue mani più fredde fece trattenere il respiro alla mercenaria. Ma la differenza di temperatura durò poco. Ben presto anche le mani di Dana si scaldarono, quando cominciarono a scivolare lungo la schiena della donna, facendola inarcare contro di sé.
Illa afferrò la camicia della Rinunciataria, sprofondando il volto contro di essa. L'Amazzone si staccò dal corpo della donna, allontanandola. Illa alzò lo sguardo sul suo volto ma l'espressione che vide non era quella di chi voleva abbandonare quello che stava facendo.
Con mosse rapide Dana si sfilò la camicia dai pantaloni, slacciando i cordoni che tenevano fermi i polsini e il collo, in modo da permetterle di sfilarla sia dalla testa, che di farla scivolare in basso, sotto la vita. Illa insinuò le mani sotto il tessuto, trattenendo un gemito quando anche Dana riportò le mani sulla sua schiena, dopo aver slacciato anche la sua camicia, ma senza l'intenzione di togliergliela.
Illa spostò le mani verso l'alto, dove avrebbe dovuto incontrare la fascia che molte di loro indossavano per sostenere il seno, ma Dana, da poco tornata dal bagno, non aveva ritenuto necessario rimetterla. Dopo tutto presto sarebbe andata a dormire e sarebbe stata solo di impaccio. Le sue mani arrivarono direttamente sul seno di Dana e, come aveva immaginato di fare molte e molte volte, si strinsero su di esso.
L'Amazzone si inarcò leggermente, offrendo più presa alle mani della compagna e, nel contempo, stringendola più vicino a sé. Illa lasciò per un istante la presa, allargando completamente la camicia dell'altra, facendola scendere oltre le spalle, giù lungo il corpo e lasciando che cadesse ai suoi piedi, non più di intralcio. In risposta, Dana le afferrò i capelli, tirandole indietro la testa e fissandola per un lungo istante direttamene negli occhi.
Il volto di Illa era arrossato dall'eccitazione e, nei suoi occhi, vedeva riflesso il suo stesso viso, accaldato e arrossato quasi quanto il suo. Stringendole saldamente i capelli sulla nuca, spinse la testa contro il proprio corpo, facendole affondare il viso nel solco tra i due seni.
Illa, tentò di reagire, afferrandosi alla vita di Dana ma, dopo qualche istante, ci rinunciò, cominciando invece a baciare e mordere la carne morbida che le circondava il volto, stringendo i fianchi della donna e avvinghiandosi a lei con le gambe.
L'Amazzone restò ad assaporare la sensazione per un lungo istante, mentre le sue mani stringevano con forza la nuca dell'altra, senza forzare la posizione di Illa contro di sé. Poi, tirando lontano il volto della mercenaria dal suo seno, la spinse verso il basso, costringendola a sdraiarsi e ad allargare la stretta sui suoi fianchi.
Illa, puntellandosi sui gomiti, si tirò più indietro, in modo da distendersi completamente sul materasso. Dana restò a guardarla per un istante poi, sdraiandosi su di lei, si chinò a baciarla.
Nel momento in cui le loro labbra si sfiorarono, prima ancora che il bacio diventasse più profondo, Illa sentì la propria mente espandersi. La sensazione era la stessa che aveva provato durante le scalate sui passi più alti. L'aria rarefatta le aveva fatto sentire la testa leggera ma, in quel momento, era come se la sua coscienza si stesse assottigliando, come se il velo che l'aveva sempre avvolta, oscurandole la vista interiore, stesse per strapparsi.
La mercenaria spinse Dana da un lato, ribaltando la posizione. Sdraiandosi su di lei, le allargò le gambe con un ginocchio, lasciando che la sua gamba si incuneasse tra le sue e premesse contro il suo inguine. Spingendo ritmicamente il suo bacino contro quello di Dana, Illa socchiuse le labbra, sfiorando quelle ancora chiuse di Dana con la punta della lingua, invitandola a fare altrettanto. Non appena le labbra di Dana si aprirono qual tanto necessario a farla passare, Illa spinse la propria lingua contro quella della compagna, coinvolgendola in un bacio più profondo e coinvolgente.
Mentre i loro corpi si facevano più esigenti, Dana cercò istintivamente il contatto con la mente di Illa. Il sottile velo che ancora separava la mercenaria dalla sue essenza di telepate si squarciò sotto la pressione della mente di Dana e, come un lampo, si ritrovò circondata dall'essenza più pura dell'Amazzone.
Le sensazioni della donna l'invasero, mescolandosi alle sue e aumentando così di intensità. Assurdamente il primo pensiero fu quello sentirsi circondata da fiori e l'immagine di Dana, una bambinetta di neppure due anni, immersa in un cesto colmo di ranuncoli pronti per essere essiccati spuntò da un angolo nascosto della sua memoria.
La mente di Dana, ormai legata alla sua, lesse il ricordo e strinse Illa contro di sé, con ancora più forza. Era il primo ricordo che la mercenaria aveva di lei, anche se non era quello che l'aveva fatta diventare il suo desiderio irraggiungibile.
Illa si allontanò dal corpo della Rinunciataria, rialzandosi in ginocchio e cominciando a sfilarsi gli abiti che ancora aveva addosso. Dana restò a guardarla, trattenendo il respiro in attesa di vederla, per la prima volta, senza quegli indumenti che erano in realtà la maschera che separava Illa dal resto del mondo.
Senza più nulla indosso, il corpo di Illa sembrava quello di un'adolescente, con solo un lieve accenno di quelle caratteristiche che potevano distinguerlo come femminile. I muscoli ben disegnati guizzavano alla luce del camino mentre la sola cosa che forse poteva definirne chiaramente il sesso era la mancanza di qualsiasi attributo maschile.
L'accurata ispezione di Dana fu interrotta dallo sguardo della mercenaria che, dopo un sospiro di malcelata sopportazione, si affrettò a completare la svestizione anche della compagna che, senza opporre resistenza, la lasciò fare.
Illa aveva seguito il corso dei suoi pensieri e, senza volerlo, si trovò a paragonare il proprio fisico a quello ben più generoso dell'Amazzone. Chiunque avrebbe compreso i suoi sentimenti e il desiderio di possedere la donna che ora si trovava sotto di lei ma nessuno poteva essere in grado di spiegarle cosa Dana trovasse in lei.
Per tutta risposta Dana strinse forte a sé Illa, baciando e mordicchiando leggermente le labbra fino a quando non ricevette in cambio un bacio più lungo e profondo.
"Lasciati andare," la sollecitò, cercando uno spiraglio nella mente ancora impreparata della donna. "Puisín..."
Illa sentì un brivido percorrerle la schiena. Dana l'aveva chiamata poche volte con quel soprannome, trovatole da Clive quando era ancora molto piccola. Erano pochi quelli che si erano mai azzardati a farlo e l'Amazzone, fino a quando non aveva cominciato la sua spola tra il castello e la Torre di Neskaya, apparteneva a quell'esigua lista.
Per un breve istante, seguendo l'eco del voce di Dana, a Illa sembrò di raggiungere una sorta di deserto incolore, freddo e inospitale. La sorpresa e l'assoluto senso di irrealtà che quel luogo le dava la fece ripiombare nella realtà più carnale che ben conosceva.
Si staccò dal bacio, posando lo sguardo sul volto di Dana che, invece che essere contrariata della sua scarsa disponibilità, la stava guardando sorridendo.
«Non deve spaventarti,» le sussurrò in un orecchio, tirandole la testa nuovamente verso il suo viso.«Non hai il laran, quindi non puoi aver raggiunto il sopramondo.»
"Bak'ha!" fu la risposta della mercenaria che, bloccandole saldamente le braccia, cominciò a percorrerle il corpo con una serie di baci e morsi che fecero gemere più di una volta la donna.
Quando sentì le mani di Dana avvinghiarsi alle lenzuola, Illa lasciò la presa e, scostandosi un po' dalla sua posizione, si distese sulla compagna, posando una mano prima sul seno per farla poi scendere lentamente fino ai fianchi e raggiungere alla fine l'interno delle cosce.
Dana trattenne il fiato quando le dita di Illa sfiorarono la pelle più sensibile all'interno delle gambe e, senza volerlo, sentì i muscoli che si irrigidivano. La mercenaria fermò la mano dove si trovava, fissandola interrogativamente.
«Se non vuoi mi fermo,» le disse, baciandola dolcemente. "Non siamo costrette a fare nulla di più."
Dana strinse la nuca della compagna, spingendo la lingua contro la sua, invitandola a scendere più in profondità.
"Domani saresti capace di cambiare idea di nuovo," rispose, facendo scivolare la mano dal collo lungo la schiena di Illa, fino a raggiungere i fianchi, insinuandosi nel poco spazio che restava tra i loro corpi.
"Domani non saremo più insieme," le fece notare la mercenaria.
Un'ondata di quella che poteva essere malinconia investì Dana che, imitando quello che l'altra stava facendo, era riuscita a strapparle un singulto. L'Amazzone aprì ancora di più la propria mente, per permettere alla mercenaria di percepire senza ostacoli quello che anche lei provava. Le loro menti erano fuse in un legame che andava ben oltre il contatto generato dalla vicinanza fisica. I pensieri comuni, celati l'una all'altra per anni, si erano come mescolati, lasciando ad entrambe la consapevolezza che nulla avrebbe potuto più separarli.
La mano di Illa aveva continuato ad accarezzare l'interno delle cosce di Dana, cercando di non farsi distrarre da quello che l'altra stava facendo. Sempre più spesso si avvicinava all'inguine, percependo più che sentire il picco di aspettativa che precedeva il breve contatto delle sue dita con la superficie umida del sesso della compagna.
Quando le dita di Dana si fermarono dove lei non era ancora decisa ad arrivare, capì che era inutile attendere oltre. Illa lasciò che l'ultimo passaggio la portasse fino al clitoride e lì, aspettando fino a quando l'altra non ebbe imitato la sua mossa, cominciò, prima con delicatezza poi con sempre più decisione, a stimolare il punto già perfettamente eretto.
La mano libera di Dana strinse con forza la nuca della compagna, alzando di poco il proprio capo in moda da riuscire a baciarla. Illa, distesa completamente su di lei, non riuscì a trattenere una sommessa risata, mentre avvicinava le sue labbra all'incavo del collo dell'altra, baciando e mordicchiando la pelle delicata.
«La differenza di altezza non aiuta,» commentò con voce roca.
Dana si interruppe, lasciando per un istante Illa nello sgomento. Poi, tramite il contatto che ormai si era creato, lasciò che il suo corpo assecondasse il suo desiderio e, con movimenti fluidi, cambiarono di posizione.
Seduta sulle gambe di Dana, con le proprie serrate attorno alla sua vita, Illa accarezzò lungamente la schiena e il seno della compagna, prima di riprendere quello che era stato interrotto.
Le loro mani ritrovarono senza problemi il punto che avevano lasciato poco prima e, quasi simultaneamente, le due donne si protesero l'una verso l'altra, alla ricerca di altri contatti.
Trattenendo la nuca della mercenaria con la mano libera, Dana lasciò che la donna la guidasse in un lungo bacio, fino a quando non decise di riprendere il sopravvento. Mentre diventava la parte attiva del bacio, lasciando che i movimenti della sua lingua si sincronizzassero con quelli della mano, Dana cercò avidamente il contatto con la mente della compagna.
L'Amazzone poteva percepire perfettamente le emozioni e il caos che la sua vicinanza aveva portato nella vita controllata e imperturbabile della mercenaria.
La sorpresa per il loro incontro, l'improvvisa consapevolezza della sua vicinanza e della possibilità di contatto tra di loro, la paura che ciò accadesse e il timore di essere rifiutata.
Dana conosceva Illa da sempre, ma di lei sapeva solo quello che gli altri le avevano raccontato. La mercenaria subiva senza poter reagire l'alternarsi dei ricordi e delle sensazioni nella mente della telepate, tutte le emozioni che l'Amazzone aveva provato dal loro primo incontro fino a quel momento.
L'insieme, apparentemente incoerente di immagini e di sensazioni, non sembrava turbare o rallentare le reazioni dei loro corpi. Quando la cascata emotiva di Dana sembrò travolgerla, Illa si aggrappò con più forza alla compagna, aumentando l'intensità con cui la sua mano stimolava le parti che sapeva sarebbero state più sensibili al suo tocco.
Riprendendo in parte il dominio della situazione, Illa riuscì ad arginare gli echi della memoria della compagna, ma ormai il canale tra le loro menti era stato aperto e frammenti di ricordi di cui non aveva coscienza affiorarono alla superficie, come richiamati da quelli di Dana e prontamente assorbiti dalla telepate.
Il ricordo di lunghi pomeriggi passati in compagnia del gigantesco Clive, accanto alla allor giovane e piacente Fran, controllando con occhi preoccupati i primi passi di Dana. Le interminabili ore trascorse nelle cucine, ad osservare la coppia di amanti scambiarsi tenerezze, mentre cercava di non farsi coinvolgere dai giochi per lei incomprensibili della piccola comynara. Le passeggiate nella serra, lei e Dana per mano a Fran, mentre controllavano le piante messe ad essiccare o si procuravano le spezie per la cena...
L'Amazzone non aveva ricordi dei suoi primi anni di vita, ma la figura piccola e perennemente imbronciata di Illa, costretta a soli otto anni ad unirsi alla banda di mercenari capitanata dall'uomo che l'aveva adottata, sembrava essere stata sempre presente nella sua mente e rivivere quei momenti attraverso la memoria della compagna era qualcosa che non aveva mai provato prima.
Il fluire dei ricordi del loro passato, e la scoperta di aver da sempre conservato le emozioni legate l'una all'altra, le distrasse quel tanto che bastava per provocare un lento calo del desiderio. Invece che giungere all'apice del piacere fisico, le loro menti sembrarono unirsi in una spirale di sensazioni che le riportò a varcare i confini del sopramondo, sublimando la potenza di quello che stavano provando nella raffigurazione astrale del loro laran.
Questa volta Illa non si ritrasse spaventata dall'ambiente spoglio e inospitale che la circondava. Si aggrappò alla presenza della compagna e lasciò che le piante che sembravano avvolgerla la stringessero ancora più vicino a lei.
"Loro sono il modo con cui io visualizzo il mio potere," le spiegò dolcemente, lasciando che i rami la accarezzassero e la stringessero, attenta a non causarle dolore. "Ogni telepate vede il proprio laran in maniera diversa. Anche tu troverai il modo di visualizzano..."
Illa afferrò un viticcio, che sembrava cercare titubante il punto migliore dove posarsi, tirandolo verso di sé come per osservarlo meglio. «Io non ho il laran,» obiettò con forza. «Non vedrò nulla in nessun modo!»
Dana ridacchiò. Sapeva che la donna non si sarebbe arresa neppure davanti all'evidenza dei fatti. Lasciò che la sua energia la circondasse, avvolgendola dolcemente come l'edera sembra fare con i muri delle costruzioni poi, come la pianta rampicante, lasciò che le radici dei rami scendessero in profondità, incuneandosi tra le crepe e gli spazi che esistevano nella parete di incredulità della mercenaria. Lentamente ma inesorabilmente, le radichette arrivarono a toccarne la parte più intima e Dana restò in attesa di una qualche reazione.
Era una comunione che poteva esistere solo tra persone non solo dotate delle stesse capacità ma anche profondamente in sintonia tra loro. Nessun telepate, per quanto vicino ad un suo simile, avrebbe mai lasciato che un contatto di quell'intensità giungesse sino a quel punto.
Lentamente Illa sembrò reagire a quell'intrusione della sua intimità e, per quanto si ostinasse a negarlo, le sue poche capacità telepatiche si mobilitarono in difesa. Risalendo sinuosamente da un punto imprecisato del suo essere, la forma ancora abbozzata ma chiaramente riconoscibile di un animale quasi leggendario arrivò in superficie e si strinse attorno al fusto da cui i rampicanti di Dana sembravano generarsi.
L'Amazzone restò per un istante stupita davanti alla raffigurazione del potere più intimo della compagna poi, lasciando che le spire del drago nero si avvolgessero attorno al suo corpo, creando un intrico indissolubile tra le loro strutture, accarezzò la schiena della donna, riportando le loro coscienze all'interno dei rispettivi corpi. Dana fissò la compagna con curiosità, mentre continuava con dolcezza ad accarezzarne la schiena ed i fianchi, alternando passaggi delicati eseguiti con la sola punta delle dita ad altri più dolorosi, quando percorreva la lunghezza della spina dorsale con le unghie.
«Un drago?» chiese alla fine, strappando un sospiro irritato dalle sue labbra, che si trasformò in un gemito non appena le unghie si conficcarono inaspettatamente nella pelle.
«Meglio le tue piante?» fu la replica di Illa che, avvicinandosi nuovamente a lei, riprese con meno delicatezza ad accarezzare l'interno delle gambe e riportò la sua attenzione sul punto dove si trovava quando si erano interrotte poco prima.
Dana si inarcò all'indietro quando la mano di Illa riprese a sfregare con decisione l'interno delle grandi labbra, aspettando qualche istante prima di imitarla.
Le loro bocche si cercarono quasi immediatamente e, altrettanto rapidamente, le loro menti si fusero in una sola.
Come intrappolate tra le sensazioni fisiche dei loro corpi e la fusione delle loro essenze, le due donne potevano vedere con l'occhio della mente le due raffigurazioni del loro laran strette in un solido e spasmodico abbraccio.
Le spire del drago avvolte in quelle dei rampicanti che, suddivisi in mille ramificazioni, si insinuavano in ogni spazio lasciato libero dalle lucenti scaglie. I due corpi fusi insieme sembravano essere generati da un unico punto d'origine, cosicché era impossibile riconoscerli come due entità separate.
Quando la fusione fu completa in entrambi i mondi, fisico e astrale contemporaneamente, Dana e Illa si strinsero con forza, accasciandosi poi l'una contro l'altra quando l'orgasmo ebbe termine, lasciandole entrambe senza più energia.
Passarono il resto della notte strettamente abbracciate, condividendo e assaporando il più profondamente possibile quelle poche ore che potevano trascorrere ancora insieme.


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Prima ancora del sorgere del sole Illa era già in piedi, pronta alla partenza. Aveva cercato di non svegliare la compagna ma inutilmente. Non appena si era mossa per alzarsi dal letto, Dana si era svegliata e aveva osservato i preparativi in silenzio.
Sapevano entrambe che era impossibile prevedere quando si sarebbero potute incontrare nuovamente ma, stranamente, la cosa non le rattristava come avrebbero potuto pensare.
Ognuna percepiva ancora dentro di sé la presenza dell'altra, come se quella notte le loro menti di fossero realmente unite in maniera indissolubile.
Dana sapeva che era possibile, ma aveva ritenuto la cosa solo una sorta di desiderio irrealizzabile. Invece, pur senza parlare o pensare nulla di particolare, il tocco gentile della mente di Illa pervadeva i suoi pensieri, rispondendo in silenzio ai suoi interrogativi sul loro futuro.
Passato il momento di incertezza dovuto all'imprevedibilità del loro incontro, Illa era tornata ad essere il mercenario freddo e imperturbabile che Dana aveva da sempre conosciuto. Se non fosse stato per il contatto dolce e delicato che sentiva nella sua mente, nulla all'esterno avrebbe potuto far capire ad un estraneo quello che si era instaurato tra di loro.
Quando le due donne raggiunsero la sala della locanda, trovarono già in piedi solo Clive e Renaldo. I due stavano decidendo le prossime tappe del viaggio, cercando di stabilire i tempi in modo che la deviazione fino al castello di Rakhal Ridenow non li facesse poi arrivare in ritardo all'appuntamento che avevano con gli altri uomini ingaggiati per la missione affidata loro da Diego Ridenow. Dana si sedette accanto a Clive, sorridendo a Illa quando prese posto davanti a lei.
L'uomo scostò la sedia dal tavolo, in modo da poterle guardare entrambe, spostando lo sguardo prima sul suo capo poi sull'Amazzone, cercando di cogliere qualche differenza in loro.
Dopo qualche istante, innervosita, Illa gli lanciò un calcio da sotto il tavolo, colpendolo solo di striscio.
«La vuoi smettere?!» sibilò piano. «Anche tu!» Aggiunse rivolta a Renaldo che, con aria fin troppo soddisfatta, sorrideva in silenzio.
«Peccato...» sospirò Clive, tornando a sedersi normalmente e riprendendo a mangiare.
Illa lo guardò storto, aspettando che l'oste portasse i piatti della prima colazione anche a lei e Dana, prima di insultare il compagno nel suo dialetto delle Terre Aride.
L'Amazzone era in grado di comprendere solo qualche parola di quelle sibilate dalla compagna ma, nonostante il tono furente, la sfilza di improperi non sembrò turbare il gigante che sedeva al suo fianco.
«Non preoccuparti fearbán,» le disse, cogliendo lo sguardo tra il divertito e il preoccupato di Dana. «Fa sempre così quando non le diamo retta, ma non è pericolosa. Il nostro piccolo...» Illa sollevò il coltello con cui stava tagliando il pane prima che lui potesse chiamarla con uno dei suoi soprannomi, «speravo che fosse un po' più tranquilla questa mattina, invece...»
«Invece?» Illa cercava di mantenere un tono di voce basso, in modo che la conversazione non uscisse dal loro tavolo. «Cosa speravi che accadesse? Che mi trasformassi in una dolce e gentile fanciulla?»
Lo sguardo inorridito di Clive fu una risposta sufficiente, ma ebbe come risultato uno scoppio di ilarità incontenibile in Dana e Renaldo che, dopo essersi guardati di sottecchi, non riuscirono a trattenere le risate.
«Quali sono i programmi?» chiese Illa, non appena i due si furono calmati.
Renaldo sospirò, cercando di darsi un contegno. «La via più breve è quella che punta a est. Da lì parte quel sentiero che conduce direttamente al castello di Rakhal, senza dover passare per Carthon.»
Illa annuì in silenzio. Se fossero riusciti a mantenere una buona andatura, avrebbero raggiunto il castello in meno tempo e prima della fine della settimana sarebbero arrivati da Diego, in notevole anticipo sul ritardo previsto.
La mercenaria guardò Dana che, sorridendo, rispose a voce alla domanda che solo lei aveva udito.
«Dobbiamo arrivare a Carthon,» disse. «Danila cercherà di creare dei problemi, ma spero di risolverli rapidamente. Anche se non nutre una grande ammirazione per te, credo che Shonnach mi darà una mano in caso di bisogno, che lo chieda o meno.»
«Per colpa nostra?» il tono di Bertrand, comparso all'improvviso alle loro spalle era sconcertato. «Cosa potremmo aver fatto di così disdicevole da causarti problemi?»
Illa lo squadrò dalla testa ai piedi. «Spero nulla,» rispose per la compagna, facendole poi cenno di continuare.
«Dopo andrò da mio padre, e gli comunicherò le novità rispetto ai suoi progetti.»
Illa annuì. Conoscendo Diego sapeva che era la mossa più indicata per evitare qualsiasi tipo di rappresaglia in futuro.
«Saremo lì anche noi,» aggiunse Clive. «Uno dei soliti viaggetti verso Shainsa...»
Dana sorrise. «Non credo che avrò bisogno di nessun aiuto,» disse dolcemente, «ma vi ringrazio lo stesso.»
Alla spicciolata anche le sue Sorelle stavano cominciando a scendere per la colazione e, alcune di loro, quelle più legate a Danila, scoccavano occhiate di disapprovazione nella sua direzione.
«Credo che Diego dovrà ricevermi nel salone delle feste,» disse sospirando Dana, chiudendo la mente alle emozioni ed ai pensieri privi di controllo che stavano cominciando ad affollare la sala. «Se faccio il conto di tutte le persone che vorranno essere presenti per essermi di aiuto, forse non basterebbe neppure quella!»
Il gruppetto terminò la colazione in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
Illa, dopo i primi minuti, aveva cominciato ad agitarsi nervosamente sulla sedia. Prontamente Dana le era andata in aiuto, per mostrarle come fare per proteggersi dai pensieri degli altri, ma non aveva fatto neppure in tempo ad entrare in contatto con lei che già la mercenaria aveva alzato una rudimentale barriera, solida abbastanza per escludere il rumore di fondo creato da uno squadrone di telepati senza addestramento.
La comparsa della loro cliente, già perfettamente vestita per riprendere il viaggio, interruppe il contatto tra le due donne.
«È ora di andare,» il tono di Illa non ammetteva repliche, anche se Bertrand tentò lo stesso di inscenare una protesta che, ignorata dagli altri, scemò in un contrito silenzio.
Dana restò a sedere, osservando i quattro mercenari allontanarsi verso l'uscita della locanda. Il loro posto al tavolo fu subito preso da Shonnach che, perplessa, seguì l'uscita con apparente disinteresse misto a sollievo.
«Pensavo saresti andata a salutarla,» commentò, assaggiando con cautela il cibo posato davanti a lei. «Probabilmente non vi rivedrete più.»
Non ricevendo risposta alzò gli occhi dal piatto e notò con disappunto lo sguardo di Dana, completamente perso nel nulla. Shonnach sapeva che era l'indice di un contatto telepatico, probabilmente stava parlando con quella donna. L'alta Amazzone sospirò tristemente, attendendo con pazienza che la compagna tornasse in sé.
«Forse hai ragione,» rispose dopo un po' Dana. «Forse no. Non possiamo prevedere cosa gli Dei hanno in serbo per noi e non è il caso di preoccuparsene.»
«Avrai già parecchio da preoccuparti quando arriveremo a Carthon,» commentò acida Shonnach. «Sai che Danila non lascia cadere nulla, se qualcosa le ha dato fastidio viene portata davanti al consiglio delle anziane.»
Dana si alzò, sorridendo freddamente alla compagna. «E tu sai che la cosa non mi preoccupa,» la rassicurò, «lo ritengo ancor meno minaccioso della visitina che ho in programma a Castel Ridenow.»
Lo sguardo gelido di Dana fece desistere Shonnach dall'aggiungere altro. Restò seduta in silenzio, osservandola uscire all'aperto, diretta alle stalle per sistemare la propria cavalcatura per la partenza. Percepiva una salda certezza in lei che spesso non riusciva a spiegarsi, come se nulla di quello che poteva ostacolarla fosse un vero intralcio.
Dana percepì uno stralcio dei pensieri di Shonnach, ma li escluse immediatamente dalla sua mente. Non c'era spazio per loro in quel momento, non aveva bisogno di essere distratta dai problemi degli altri quando, presto, i propri la avrebbero impegnata completamente.
Nella tranquillità delle stalle, mentre accudiva con apparente solerzia il suo cavallo, Dana cercò di rintracciare il contatto che aveva stabilito con Illa. Al principio sembrò non trovare nulla poi, ancorato saldamente ad un angolo ben riparato della sua mente, un sottile filo rosso sembrava dipanarsi verso i bassi livelli del sopramondo, così facili da raggiungere anche dai meno dotati del dono dei comyn. Dana sorrise, facendo vibrare quel filo e ricevendo un singolo segnale in risposta, perfettamente chiaro nonostante la distanza.
Riprendendo a strigliare il cavallo, l'Amazzone ripensò ad una delle canzoni che Fran cantava loro, quando da piccole la accompagnavano nei suoi lavori e, come altre volte prima di allora, ebbe la certezza che il suo destino era già scritto e che, inevitabilmente, nulla di quello che sarebbe potuto accadere da quel momento in poi, le avrebbe più allontanate.


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   Quando il cielo notturno si apre
   Le stelle più luminose brillano
   Ho vissuto nell'ombra
   Come un sogno penetrante nella mia mente
   Non dimenticherò
   Tu, tu che hai aperto questo cuore chiuso
   L'addio di oggi è l'inizio del futuro
   Anche se ora prendiamo strade separate
   Noi arriveremo nello stesso posto...
   Anche se ci fossimo incontrati per caso
   Chiamalo un miracolo
   Perché potremo essere orgogliosi ogni giorno
   Abbiamo corso assieme
   Camminerò
   Prendendo la brillante stella di questo cuore
   Certamente un addio non è una fine
   se andrò avanti e scalerò una collina infinita
   Ti rincontrerò ancora...
   L'addio di oggi è l'inizio del futuro
   Se nella mia mente sarò accanto a te
   Certamente un addio non è una fine
   Anche se ora prenderemo strade separate
   Arriveremo nello stesso posto...
   Così un addio è l'inizio di tutto
   Perché tutti siamo nel mezzo di un viaggio
   Ecco perché un addio non è una fine
   Se dovessi andare e scalare una collina infinita
   Un giorno ci incontreremo...



Tratta da Yu Yu Hakusho - Saikyou Best Selection Album - SAYONARA WA MIRAI NO HAJIMARI (A Goodbye Is The Beginning Of Tomorrow) - Lyrics: Mori Yuriko - Composer/Arranger: Haneda Takefumi - Singer: Ogata Megumi (Kurama)













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