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Titolo: Come eravamo
Titolo originale: The way we were
Autore: Jade e Moony
Tradotto da: Shadar
Serie: Harry Potter di J.K. Rowlings
Pairing: Sirius Black, Remus Lupin
Spoiler: epoca dei Malandrini (MWPP era)
Rating: NC17 - slash
Parti: 1/3
Status: concluso
Disclaimer: Non mi appartengono, non mi citate in giudizio, non chiedete, non raccontatelo in giro
Note: i nomi utilizzati sono quelli originali. Quindi Peter Pettigrew è Peter Minus, Dubledore è Silente, Snape e Piton e così via...
Feedback: Jade (Jade9999[at]aol.com) e Moony (maybethemoon[at]softhome.net)
Archivio: HSC, Jaded

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: Come eravamo :

< Jade e Moony >



«Maledizione, Remus, puoi aprire la porta? Questo scatolone pesa.»
«Ci sto provando,» rispose Remus, «ma non è che il mio sia leggero come una piuma.»
Stavano davanti ad una stanza abbandonata sulla cima della Torre di Grifondoro. Dovevano stare lontani dalla sala comune, perché quello che stavano facendo era una sorpresa per James e Lily. Era passato quasi un anno da quando quei due avevano cominciato a frequentarsi e Remus se n'era venuto fuori con l'idea di mettere insieme un album di fotografie per loro, che contenesse ricordi del passato e del presente, e di tutto quello che ci stava in mezzo. Avevano raccolto quante più foto avevano potuto, ma avevano bisogno di privacy per riordinarle e quindi erano sgattaiolati via mentre gli altri facevano i compiti.
Sirius sospirò esasperato. «Il tuo è la metà del mio,» brontolò. «Ecco, lo farò io.» Si mise ad armeggiare col chiavistello.
Remus lo guardò. «Potrà essere più piccolo,» borbottò, «ma è PESANTE. Quasi quanto te.»
Aspettò un momento.
«Oh, fatti da parte!» disse e, poggiato a terra lo scatolone, prese la sua bacchetta. «Alohomora
La porta si aprì. Remus ghignò trionfalmente all'indirizzo di Sirius prima di raccogliere la scatola ed entrare nella stanza.
«Esibizionista,» ringhiò Sirius. Remus ridacchiò e gli lanciò un'occhiata fintamente severa.
«Se solo prestassi attenzione a Incantesimi...» cominciò.
Sirius ghignò.
«Ma è NOIOSO!»
Remus ignorò la familiare protesta. Poggiò la sua scatola sul pavimento e sollevò di nuovo la bacchetta.
«Lumos!» disse e la stanza si riempì di luce.
Sirius lasciò cadere la sua scatola vicino all'altra, sollevando una nuvola di polvere.
«Ick.»
Remus schioccò la lingua.
«Non ti preoccupare, Blanche. I tuoi capelli sopravviveranno.» Sedette sul pavimento, incurante della polvere, e tirò verso di sé una delle scatole.
Sirius scosse il capo ed i capelli scuri gli piovvero attorno alle spalle. «Dovrò lavarli di nuovo,» si lamentò. Remus sollevò lo sguardo, allibito.
«Orrore.»
«Piantala, Lunastorta.» Sirius gli lanciò un'occhiataccia. Si guardò intorno, agitando inutilmente le braccia. «Mi serve qualcosa su cui sedermi.»
Remus roteò gli occhi. «Oh, sei una tale primadonna!» esclamò. Estrasse nuovamente la bacchetta. «Wingardium leviosa
Un piccolo poggiapiedi volò attraverso la stanza e atterrò davanti a Sirius. Remus ripose la bacchetta con gesto teatrale e fece un ampio movimento con le mani.
«Il tuo seggio, mio Signore.»
Sirius ghignò. «Hey! Alcuni di noi hanno un'immagine da mantenere,» disse, sedendosi. «Grazie.» Guardò il suo scatolone con espressione dubbiosa. «Spero che Lily e James apprezzeranno tutto questo,» borbottò, e cominciò a sollevare il coperchio.
«Ne sono certo,» commentò Remus. «Se lo sapessero, probabilmente lo apprezzerebbero già.» Aprì la sua scatola e ansimò. «Porca miseria! Ci devono essere centinaia di fotografie qui dentro!» Con gli occhi spalancati ne tiro fuori una manciata.
Sirius aprì la sua scatola e fischiò piano. «Non mi ero reso conto che ce ne fossero così tante,» disse.
Remus rise. «O siamo veramente vanitosi,» disse, «o veramente annoiati.»
Sirius lo guardò storto.
«Attento.»
In silenzio guardarono le fotografie, Remus le separò in mucchietti a seconda del soggetto. Le studiò attentamente una ad una, a volte con un sorriso di nostalgia o con cipiglio concentrato.
Quando tirò fuori una foto piuttosto grande dal mucchio, Sirius si chinò improvvisamente verso di lui, tirandosi indietro i capelli e strizzando gli occhi per vedere meglio.
«Da dove viene quella fotografia?»
«Una partita di Quidditch, verso la fine del primo anno.» Remus fece una pausa, guardando le figure nella fotografia- James, Frank Longbottom e Micah Davies, un altro Grifondoro, saltavano su e giù, celebrando una vittoria. Remus sospirò.
«Penso che Peter la scattò perché James stava guardando prevalentemente Lily e non la partita e Peter voleva una prova di quella chiara dimostrazione di pazzia,» spiegò con un lieve sorriso.
«Io... io non c'ero,» aggiunse sottovoce.
Sirius aggrottò le sopracciglia e, esitante, toccò la foto con un dito.
«Quindi questo significa che era...»
La sua voce si spense, mentre Remus annuiva.
«Quella fu la notte in cui tu lo scopristi.»


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Sirius stava appollaiato sul davanzale della finestra, continuando ad osservare la luna piena anche molto dopo la sua scomparsa oltre l'orizzonte. Era preoccupato. Remus non si era fatto vivo per un importante partita di Quidditch tra Grifondoro e Corvonero, e c'erano poche cose che a Remus piacevano più del Quidditch. Sirius aveva frugato tutta la scuola per trovarlo, perdendosi la partita, ma sembrava che Remus fosse svanito. Non era la prima volta.
Remus scompariva spesso, almeno una volta al mese e sempre con una scusa. Sirius sapeva per esperienza che se Remus non voleva farsi trovare non sarebbe successo, ma questo non gli impediva di guardare in giro, sbirciare nelle classi e preoccuparsi. Si conoscevano solo da un poco - dall'inizio del trimestre - ma Sirius era uno di quei tipi che, dopo essersi fatto un amico, vi si affezionava velocemente.
Dopo che la partita di Quidditch era finita - con la vittoria di Grifondoro - e la sua infruttuosa ricerca non aveva portato a nulla, se non un Boggart al terzo piano, Sirius aveva tentato di andare a dormire. James Potter gli aveva assicurato che Remus sarebbe riapparso la mattina, come aveva fatto tutte le altre volte che era sparito, e Sirius cercò di chiudere gli occhi su quel pensiero allegro.
Dopo aver fissato per molte ore il soffitto, riesaminando incantesimi ed elencando gli ingredienti per la Morte Dormiente, Sirius rinunciò a dormire e decise di montare di guardia alla finestra, aspettando il tramonto della luna e cercando di combattere la stanchezza che assaliva il suo corpo. Sarebbe rimasto sveglio fino a che Remus non fosse tornato.
Quando la porta del dormitorio si aprì, sobbalzò quasi fuori dalla propria pelle. Sirius rimase a guardare a bocca aperta mentre Remus arrancava attraverso di essa, esausto e scompigliato e pieno di terrore alla vista di Sirius che lo fissava.
«S... Sirius?» la sua voce era impastata e stanca, «perché... perché sei ancora sveglio?»
Sirius saltò giù dal davanzale. «Ero preoccupato per te,» sussurrò, in modo da non svegliare gli altri. Osservò Remus attraverso le tenebre e corrugò la fronte. «Cos'è successo?»
Remus si massaggiò il capo come se provasse dolore. «N... niente Sirius...» disse debolmente. «Sto bene. Tu dovresti dormire però... domani abbiamo un compito di Pozioni... hai almeno studiato?»
Barcollò d'improvviso, così violentemente che si aggrappò a Sirius senza pensarci. Sirius lo sorresse con facilità.
«Non me ne frega niente di Pozioni,» disse Sirius mentre guidava l'amico verso il letto più vicino e ce lo faceva sedere. «Remus, sembri un fantasma...»
Remus emise un piccolo suono di protesta mentre strisciava nel letto, cominciando a seppellirsi sotto il copriletto.
«Solo... bisogno di sedere... stendermi...» borbottò quasi incoerentemente. Si rannicchiò dando la schiena a Sirius e continuò a parlare. «Sto bene, Sirius.»
Sirius rimase vicino a lui, senza sapere cosa fare.
«Vuoi che chiami Madame Pomfrey?»
«No...» la risposta arrivò soffocata, accompagnata da un debole gesto della mano di Remus da sotto le coperte. «No,» ripeté, «sono già stato da Madame Pomfrey.»
Un singulto soffocato. «Mi dispiace.»
Il panico cominciò a montare appena sotto la pelle di Sirius. Aggiustò indeciso le coperte attorno alla forma rannicchiata di Remus e fu scioccato nel sentirle tremare.
«Remus, stai tremando.»
Il piccolo mucchio prese a rabbrividire ancora di più. La voce di Remus suonava vicina e distante allo stesso tempo, dal suo nascondiglio sotto il piumino.
«Sirius... non dirlo a nessuno...» la sua voce era bassa e piena di paura, «mi dispiace...»
Sirius si morsicò il labbro inferiore. «Lascia che chiami Dumbledore,» cominciò a dire, ma Remus uggiolò spaventato e una mano piccola afferrò il suo braccio.
«No!» gemette Remus. «No, Dumbledore...» un altro singhiozzo tremante, «lui sa...»
Remus si rigirò improvvisamente, le coperte attorcigliate attorno a lui. I suoi occhi erano arrossati e il suo viso devastato dal dolore. Sirius rabbrividì. Non aveva mai visto qualcuno così pallido che non fosse un fantasma di Hogwarts.
«Lui sa cosa?» chiese in un sussurro aspro. «Remus, sei malato?»
Remus chiuse gli occhi.
«Non malato,» mormorò, «Sirius...»
Remus si voltò e seppellì di nuovo il volto contro i cuscini.
«Non dovrei raccontarlo,» disse così piano che la sua voce quasi si perdette nel russare di Peter Pettigrew.
Con attenzione, Sirius si sedette sul letto accanto a lui e si sporse, esitante, per poggiare una mano sulla sua schiena. Cercò di non trasalire quando le sue dita sfiorarono le ossa appuntite della spina dorsale di Remus, che sporgevano grottescamente sotto la sua maglietta sottile.
«Puoi raccontarmelo,» disse con gentilezza. «Puoi raccontarmi tutto. Non lo dirò a nessuno, promesso.»
Impulsivamente, si avvicinò e diede a Remus un abbraccio impacciato. La pelle di Remus era calda, ma anche ricoperta di sudore freddo e odorava di sangue e terra e di qualcos'altro che Sirius non poteva identificare.
Quando Sirius lo lasciò, Remus respirò profondamente contro il lenzuolo e mormorò qualcosa così piano che Sirius non riuscì a capire. Si chinò su di lui fino a che i suoi respiri non gli solleticarono l'orecchio.
«Non ho capito, Remus,» disse, «cos'hai detto?»
«Ho detto che sono un licantropo.»
Sirius sobbalzò emettendo un grido soffocato, ma perse l'equilibrio e cadde dal letto. Atterrò sul pavimento con un tonfo e borbottò qualcosa di poco carino prima di alzare lo sguardo verso Remus.
«Davvero divertente, Remus, » borbottò, massaggiandosi il fondoschiena. «Fa male!»
Remus lo fissò di rimando senza battere le palpebre. Nuove lacrime scendevano incontrollate dai suoi occhi che ora Sirius poteva vedere chiaramente, alla luce dell'alba. Erano di un giallo intenso, completamente diversi da quelli azzurro chiaro a cui si era abituato dopo un anno. Sirius aprì la bocca per dire qualcosa, ma non lo fece. Rimase a fissare Remus, la paura strisciava nella sua gola in un urlo silenzioso.
Si rimise in piedi. «Dimmi che stai scherzando,» disse, la sua voce bassa e incrinata, «Remus? Stai scherzando, non è vero?»
Un'espressione sconsolata attraversò il volto di Remus, distorcendo la sua bocca e gettando un'ombra sui suoi occhi. Sirius poteva vedere che essi stavano lentamente ritornando blu, ma il giallo in loro risplendeva ancora come l'oro, come la luce di una grande luna piena.
«Vorrei poterlo fare,» disse piano Remus chinando il capo, «ma non posso. Io sono un lupo mannaro.»
Per un momento nessuno dei due parlò.
Poi Sirius si sedette di nuovo sul letto, lentamente e con cautela, mantenendo una certa distanza tra lui e Remus.
«Come?» chiese.
Remus si agitò nervosamente. «Avevo tre anni,» spiegò con voce esile, che Sirius pensò potesse essere l'eco di lui più giovane. «Uccise i miei genitori, prima di inseguire me. Riuscii a fuggire,» disse stancamente, «ma non prima che potesse mordermi.»
«Oh...» Sirius prese fiato.
Remus proseguì, fissando il pavimento. «Mia nonna non glielo permise. Loro volevano rinchiudermi...»
Fece una pausa e deglutì, la sua voce stanca e raschiante.
«Volevano rinchiudermi a San Mungo,» continuò. «Ma la nonna non glielo permise e mi riportò a casa.»
Si voltò di scatto, seppellendo di nuovo il volto nel copriletto.
«Non volevo che qualcuno lo sapesse,» mormorò, mentre un violento singhiozzo scosse il suo corpo. Sirius gli poggiò con cautela una mano sulla spalla, imponendosi di non tremare anche se, a dispetto di se stesso, aveva paura.
«Non lo racconterò,» disse.
Remus stava tremando. Alzò lo sguardo, i suoi occhi luminosi erano arrossati e umidi. Sirius spinse il mento in fuori e annuì.
«Non lo farò. Non mi interessa se sei un lupo mannaro.» Diede un colpetto sul braccio di Remus. «Manterrò il segreto.»
Remus lo fissò stupito. «Lo farai?»
Sirius annuì.
«Ma...» Remus aggrottò la fronte, «perché?» Si asciugò il naso su una manica. «Voglio dire, non mi odi adesso?»
Sirius sbuffò. «Perché dovrei odiarti? Sei stato morso quando eri un bambino... non l'hai fatto apposta. È stato un incidente! Non posso odiarti per un incidente!»
Remus scrollò le spalle. «Molte persone lo fanno.»
«Beh, molte persone sono stupide,» dichiarò Sirius.
Remus quasi sorrise, ma cambiò espressione quando, abbassato lo sguardo, notò che la mano di Sirius poggiata sulla sua spalla tremava leggermente.
«Hai paura di me, però,» mormorò.
Sirius distolse gli occhi. «Lo so. Mi dispiace. Devo solo abituarmici, immagino. Non so poi molto sui lupi mannari.»
Rivolse di nuovo lo sguardo a Remus. «Imparerò, comunque. Tutto quello che c'è da sapere. Troverò persino una cura!»
Remus tirò su col naso. «La sola cura è un proiettile d'argento,» disse amaramente.
«E le pozioni?» suggerì Sirius.
«Niente,» disse Remus, con un sospiro. «Mio nonno ha passato anni cercando qualcosa. Ma non ha ancora trovato nulla.»
Si alzò a sedere, le ginocchia strette al petto e le braccia avvolte protettivamente attorno al corpo. «Nessuno sa nulla sui lupi mannari,» disse. «Gli altri non vogliono avvicinarsi abbastanza da chiedere. Loro ci sparano e ci uccidono oppure ci chiudono in gabbia.»
Sirius si avvicinò. Remus alzò lo sguardo, sorpreso. Sirius sorrise.
«Abbastanza vicino?»
Questa volta Remus rise. «James ha ragione. Sei fuori di testa.»
Sirius ghignò.
«Sono un Grifondoro, Remus. Noi non abbiamo paura di nulla!»
Remus roteò gli occhi. Gli scappò uno sbadiglio, un suono che a Sirius ricordò molto un latrato.
«Devo dormire, Sirius. Sono stato alzato tutta la notte e le lezioni domani...»
Sirius annuì e si alzò dal letto. «Non lascerò che qualcuno ti disturbi,» disse, rimettendo a posto le coperte. «Dirò agli altri che hai il raffreddore.»
Remus sorrise. «Grazie.»
Strisciò sotto il piumino, rannicchiandosi di nuovo su se stesso.
«Sirius?»
«Sì?»
«È freddo.»
Senza esitare, Sirius si arrampicò sul letto e sotto le coperte, giacendo tanto vicino a Remus quanto osava farlo.
«Meglio?»
«Mm.»
«Buonanotte, Remus.»
«'notte.»


... continua ...













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