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! Questo racconto tratta anche di tematiche omossesuali,
se siete contrari all'argomento o se vi offende non procedete nella lettura !



Il Vento Fantasma

Autori Vari

A causa del clima, mantenutosi insolitamente caldo per i primi mesi invernali, la popolazione della valli dei Kilghard e degli Hellers cominciano a temere l'arrivo del vento fantasma e anche molti dei telepati di Elvas dotati dei doni di precognizione prevedono l'arrivo del vento fantasma... cosa che si verifica puntualmente!




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Giorno Due

Aliciana
Daenerys e Kasentlaya (1)
Kelan (1)
Alar
Damon e Aliciana (1)
Kennard (2)
Dana e Illa (1)
Kelan (2)
Daenerys e Kasentlaya (2)
Kennard (2)
Renaldo
Shonnach
Damon e Aliciana (2)
Daenerys e Kasentlaya (3)
Dana e Illa (2)



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La Torre Verde, Elvas - mattina presto
     • Aliciana

Aliciana passò il resto della notte a rimuginare nel suo letto. Anche quando brandelli di luce cremisi cominciarono ad entrare furtivamente nella sua stanza preannunciando l'alba, la ragazza rimase distesa a pensare a ciò che era meglio fare.
Poteva parlarne direttamente con Damon, dirgli come stavano le cose; ma non pensava che fosse la cosa migliore da fare: non voleva che fraintendesse i suoi sentimenti, né che pensasse che lei aveva paura di lui e delle sue possibili... avances.
Sicuramente, se fosse stata alla Torre, ne avrebbe discusso con Kas, dopotutto lei era la sua migliore amica!
Doveva avvertire anche Dana o la Custode? Loro sapevano che il vento fantasma si stava avvicinando, ma era il caso di raccontare anche il resto?
Alla fine, quando ormai la sua stanza era completamente invasa dalla luce del nuovo giorno, sbuffò contrariata rizzandosi a sedere: si stava comportando come una vera donnicciola, come la più tipica delle comynare, che doveva dipendere, per agire, dal giudizio e dalle decisioni altrui. Lei, ormai, non era più una comynara, né più voleva esserlo.
Ora che, non apparteneva più agli Alton o ad altre famiglie, ma solo a se stessa, doveva imparare a pensare ed ad agire anche senza il consenso degli altri, se lei pensava che ciò che faceva era giusto.
Si vestì e lavò velocemente e si diresse allo studio di Fiona, sperando di non trovarla impegnata.
Avrebbe pensato più tardi a cosa fare quando il vento fantasma fosse arrivato: se il suo destino era quello mostratole nella visione, non poteva certo opporsi ad esso!
Bussò delicatamente, protendendo contemporaneamente la mente verso quella di Fiona per chiederle una breve udienza. La donna la fece entrare, mentre interrompeva momentaneamente il suo lavoro: la Custode stava scartabellando tra manoscritti e pergamene, alla ricerca di chissà quali dati.
«Mi dispiace disturbare il tuo lavoro, Custode, ma ho da dirti qualcosa di molto urgente. Stanotte ho avuto una visione,» Aliciana non poté fare a meno di arrossire, abbassando lo sguardo per poi ricomporsi in fretta, «di quando ad Elvas arriverà il Vento Fantasma.»
«Stiamo già preparando le precauzioni necessarie. Anche tu potresti usufruirne... anche se credo che tu sia abbastanza grande da saper badare a te stessa... ma se la cosa ti preoccupa puoi sempre parlarmene.»
Aliciana abbassò lo sguardo, imbarazzata: «Ne ho parlato con Shaya,» rispose arrossendo. «È una questione... delicata per me. Devo ancora decidere, Fiona. Sono molto confusa...»
«A causa della tua visione, bambina?»
Aliciana sentiva la gola stretta in un nodo, non era nemmeno in grado di rispondere: annuì, proprio come una bambina, senza spiccicare parola.
«Non ti preoccupare, Aliciana. È sempre comodo avere una veggente in una Torre; noi siamo ancora più fortunate, ne abbiamo due!»
Aliciana sorrise, cercando di dimenticare l'imbarazzo che le legava la lingua: «Grazie a te per avermi ricevuto, interrompendo il tuo lavoro. Chiedo ancora scusa per l'interruzione. Ora vado a fare colazione. Buona giornata e buon lavoro, Custode.» Con una piccolo inchino Aliciana si congedò: la deferenza verso la Custode era qualcosa che ormai le era entrata nel sangue; nemmeno mille richiami avrebbero potuto farle cambiare idea sulle formalità necessarie in un colloquio con una Custode; dopotutto, il suo era semplice rispetto per una persona che stimava moltissimo.


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Il vecchio mulino nella vallata - mattina
     • Daenerys e Kasentlaya

La mattina dopo Rys si alzò di buon ora, e, cercando di non svegliare l'amica, uscì dal mulino.
Il sole rosso brillava vivido nel cielo, non una nuvola corrompeva il limpido azzurro.
Rys ripensò al giorno precedente: anche durante il viaggio non c'era mai stata una nuvola ad oscurare il sole, nemmeno verso sera aveva cominciato a piovere. La comynara si chiese se non fosse il caso di preoccuparsi; in quelle montagne era così facile che uno o due giorni di bel tempo creassero le condizioni ottimali per una fioritura di kireseth improvvisa.
Rys scrollò le spalle: "Se stesse per arrivare il vento fantasma, lo saprei... non sono forse una veggente?"
Sedate le sue paure, Rys fu sollevata nel vedere che i cavalli non erano fuggiti durante la notte, e si affrettò ad impastoiarli per bene e a dare loro del cibo, prima che andassero a cercarlo altrove.
Riempì una brocca con l'acqua di una polla poco distante dal mulino abbandonato e tornò verso di esso.
Trovò la sua compagna di fuga intenta a stiracchiarsi sul suo giaciglio, ancora mezza addormentata.
«Ben svegliata, breda. Dormito bene?» la salutò avvicinandosi e sedendosi accanto a lei.
«Molto bene, grazie! Credo di averti anche sognata... ma non mi ricordo bene, il mio sonno era troppo profondo!»
«Io invece ho sognato ancora una volta di essere Custode... Custode di Arilinn...»
Il viso prima allegro di Daenerys ora si incupì.
Kas le accarezzò la guancia, comprendendo solo in parte il suo dolore.
«Era tutto per me, diventare Custode. Vestire di cremisi... non potrò mai farlo! Maledetto il mio donas
La furia di Rys era un dolore sordo ed incessante, che riempiva le sue notti di incubi ed i suoi giorni di malinconia. Solo da quando aveva scoperto i suoi sentimenti per Kas un sorriso pieno era tornato sul suo viso; ma era un sorriso fragile, che poteva essere spazzato via da un alito di vento, o da un semplice sogno. Ed era quello che stava succedendo proprio in quel momento, che doveva essere di serenità ed intimità.
Kas riuscì a catturare brandelli dei cupi pensieri della compagna, ma alzando la mano come a cancellare tutto la giovane esclamò: «No, Kas, perdonami, non avrei dovuto tornare su questi inutili rimpianti, soprattutto non ora che siamo qui... non ti ho... rapita per poi riempirti la testa dei miei problemi.»
Kas asciugò una silenziosa ed involontaria lacrima che scorreva sulla guancia di Rys: «Non credere che i tuoi problemi siano solo tuoi. I pesi si portano più facilmente in due. A mio parere in te il rimpianto è ancora così forte perché non sei riuscita a sfogarti, nemmeno con Ken. Non devi tenerti tutto dentro, non puoi affrontare tutto da sola!»
«Una Custode l'avrebbe fatto, e con fierezza!» Rys urlò in modo quasi isterico, mentre le lacrime cominciavano a scendere copiose. «Il mio sogno, il mio unico sogno... gettato via a causa di un corpo debole. Avrei sopportato qualsiasi dolore, pur di raggiungere il mio scopo. Guarda le mie cicatrici,» la ragazza mostrò i polsi segnati dall'addestramento a Kas, «ognuna di queste ferite era per un punto di orgoglio, una soddisfazione, erano ognuna un passo, che mi conduceva sempre più vicino alla meta. Forse... se non avessi saputo di Elvas, tutto questo dolore non sarebbe mai tornato a galla, avrebbe covato come brace nel mio animo e prima o poi si sarebbe spento, come qualsiasi fuoco... ma ora, tornare tra telepati, tornare ad usare il mio donas, la mia unica forza... e vedere Loreena, così vicina al mio grande sogno... Ma non posso nemmeno rinnegare tutto quello che sto costruendo qui... quello che sento per te... Kas. Se fossi diventata Custode... non avrei mai conosciuto questi sentimenti. Non sarei mai stata capace di renderti così romantica... così meravigliosamente sdolcinata. Perdonami... il mio sfogo è solo egoismo. Neppure tutti i fabbri delle forge di Zandru riuscirebbero a far tornare intero un uovo dopo che si è rotto. Ora devo solo ringraziare gli Dei per ciò che mi hanno dato, per il regalo che mi hanno fatto lasciando che io potessi conoscerti. Tutto il resto è vento.»
Anche Kas era commossa, ora, di fronte a quella dichiarazione in piena regola. Con la sua empatia poteva avvertire le emozioni contrastanti che straziavano il cuore di Rys: orgoglio, rimpianto, frustrazione, ma anche felicità, speranza per il futuro, amore... per lei. Quasi non si capacitava del fatto che qualcuno le potesse volere così bene; si gettò tra le braccia della compagna, incapace di trattenere le lacrime, che manifestavano la sua totale felicità: «Grazie, chiya, mi hai aperto la porta di un mondo nuovo, mi hai fatto scoprire un sentimento che non credevo di poter provare così fortemente. Mi hai fatto diventare più mielosa della melassa... di questo però,» e la guardò negli occhi con aria divertita ed ironica, «non so se ringraziarti. Io sono qui per te, se hai bisogno di sfogarti o di un consiglio o di conforto, io sarò sempre qui. Devi accettare il passato; non devi dimenticarlo, o pensare ad esso come ad un fantasma da cui fuggire: così ho fatto io, e per liberarmi dei mille mostri che avevo creato ho dovuto combattere contro me stessa. Come hai detto tu, non puoi cambiare ciò che è stato, quindi l'unica alternativa è accettarlo e conviverci, senza lasciartene sommergere. È l'unica strada, per essere soddisfatta di ciò che la vita ti offre ora.
«E poi immagina... tu hai una fortuna immensa: il tuo laran è così potente, le potenzialità della tua mente immense. Pensa a coloro a cui non è concesso questo dono, che vivono una vita meramente sensibile. Il loro rimpianto dovrebbe essere molto più grande del tuo, ed invece accettano il loro destino, e sono persone eccezionali: pensa a Madre Gwennis, pensa ad Elorie MacAran... pensi sarebbero migliori se avessero il laran? Tanto quanto tu saresti migliore essendo la Custode di Arilinn.
«Inoltre, ora che Loreena ha accettato di intraprendere l'addestramento, potrai seguirla passo passo nel suo percorso per diventare Custode, sarai parte integrante di quel percorso. Avrai parte attiva nell'addestramento di una Custode... non è una soddisfazione sufficiente?»
«Grazie per il tuo conforto, chiya. Ma in realtà... mi basta essere vicina a te, per dimenticare tutto il resto. Quindi stammi vicina, e io non sarò mai più così scorbutica e irascibile, va bene?»
Rys passò una mano tra i capelli della compagna, mentre Kas annuiva e le sorrideva: un bacio pose fine alle loro parole.


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La Torre Verde, Elvas - tarda mattina
     • Kelan

La mattina seguente i telepati del Primo Cerchio erano tutti e cinque nel salottino della Custode, impegnati in una discussione riguardante le due fuggiasche della Torre.
«Dobbiamo trovarle, potrebbe esser successo loro qualcosa!» esordì Damon.
«Potrebbero aver deciso di andare a raccontare tutto al Consiglio! Sono due comynare, se spifferassero tutto e si dimostrassero pentite potrebbero venir perdonate per la loro disubbidienza!»
«Non può essere così Shonnach e, anche se lo fosse, Rys non ha nessuno a cui dover rispondere delle proprie azioni se non Kennard che è qui ad Elvas,» le rispose Dana.
«Se non le ho viste nemmeno sorvolando la valle, vuol dire che non vogliono essere trovate,» riprese Kelan.
«E se invece volessero semplicemente stare da sole, senza un branco di vecchie zitelle come noi cinque e Mikh sempre pronti a farci gli affari loro?»
«Parli proprio tu! Damon, guarda che qui il più pettegolo sei proprio tu!» gli rispose a tono Fiona.
L'Aldaran fece una smorfia talmente offesa che gli altri quattro scoppiarono a ridere.
«Sì ma perché vorrebbero stare da sole?» chiese nuovamente Shonnach.
«Magari hanno bisogno di solitudine per riflettere sulla loro vita,» le rispose Dana.
«Sì, non deve essere facile per Rys essere di nuovo in una Torre. Lei e Kas sono molto amiche, se ne staranno tutto il giorno a parlare dei problemi di Rys e del loro passato.»
«Kelan, sei troppo comprensivo, ma non potevano farlo alla Torre? Aliciana è così preoccupata.»
«Anche noi siamo preoccupati, Damon.»
«Sì, ma vedi, è che adesso le emozioni di Ali sono molto vicine alle mie. Da quando io e Aliciana... beh insomma da quando la conosco rendo molto di più nel Cerchio! E poi dà delle sensazioni stupende amare ed essere ricambiati, vero Kelan?»
Il MacAran non rispose subito; accigliato fissava il cielo fuori della finestra, quando si riscosse si rivolse alla Custode.
«Fiona, col tuo permesso io mi ritirerei.»
«Ritirarsi non mi sembra la parola adatta, Kelan.»
«Basterà che mi chiamiate e sarò di ritorno alla Torre il più in fretta possibile, lo sai.»
Fiona sospirò.
«Va bene, Kelan, ma prima o poi dovremo parlare di quel che ti angustia.
Kelan scosse la testa sorridendo.
«Non c'è nulla che mi angusti, Fiona, solo...» respirò a fondo, « ho bisogno di aria aperta. Tutto qui, te lo assicuro Fiona,» il suo sorriso si allargò, «lo dici sempre anche tu che penso come un uccello quando si tratta del laran, e anche tu sai che non si può tenere un uccello in gabbia senza che ne soffra. Sono un MacAran e ho bisogno del contatto con gli animali e l'aria fresca.»
«Va bene, Kelan, vai pure. Se avessimo bisogno di te ti chiameremo.»
Nel momento in cui Kelan chiuse la porta alle sue spalle Fiona e Dana si scambiarono uno sguardo carico di molti significati. Dana sospirando si alzò e si diresse verso al porta.
«No, vado io.» Era Damon a cui non era sfuggito né quel che aveva detto Kelan alla Custode, né lo sguardo intercorso fra questa ultima e la Rinunciataria.
Damon si diresse senza esitare verso la stanza di Kelan, era sicuro di trovarlo lì. Se anche quel giorno fosse uscito, come ormai faceva ogni volta che poteva, avrebbe dovuto cambiarsi. Bussò, ma non ottenne risposta, allora protese un pensiero al di là della porta.
Kelan vide un aquilotto reale attraversare la porta e dirigersi verso il suo nido, cercò di barricarsi il più in fretta possibile, ma l'aquilotto fu più veloce di lui. Si alzò e aprì la porta sorridendo.
«Damon.»
«Kelan, possiamo parlare?»
«Certo, Damon, accomodati.»
La stanza di Kelan era ancora più spoglia delle altre, così Damon non poté far altro che sedersi sul letto, e osservare il suo bredu che riponeva nell'unica cassapanca la tunica bianca del monitore; il fuoco nel camino era spento. Kelan estrasse dalla cassapanca una calda coperta e la posò sulle spalle di Damon.
«Avrai freddo.»
«Effettivamente, non è che sia caldissima questa stanza,» Damon sospirò, «oggi è peggio?» gli fece cenno di sedersi al suo fianco, cosa che Kelan fece.
«Sì, oggi è uno dei giorni in cui va peggio.»
«Kelan... non vuoi dire neanche a me cos'è successo? Insomma sembrava che tu avessi superato.»
«Non mi passerà mai veramente del tutto, tu sai quanto amassi Marguerida, e continuo a pensare che se ci fossi stato, magari si sarebbero salvati, lei ed i bambini.»
«Non devi pensare così, Kelan, se tu fossi stato a Caer Donn quel giorno, avresti potuto morire anche tu, e io come avrei fatto senza il mio bredu?» Damon passò un braccio sulle spalle di Kelan, che trasalì, chiudendo quasi tutte le entrate del suo nido. Damon non poté non accorgersene. «Kelan, bredu.» Il suo fu solo un sussurro, ma talmente triste che Kelan spalancò le porte del suo nido.
«Scusami, Damon,» Kelan sorrise, «almeno se mi barrico totalmente non corro il rischio di far scoprire accidentalmente la nostra Torre!»
Scoppiarono a ridere entrambi, poi restarono qualche minuto in silenzio, avvolti dalla coperta, il braccio di Damon ancora sulle spalle di Kelan. Damon sperava così di dare a Kelan il conforto di cui aveva bisogno, ed era chiaro quanto ne avesse bisogno, ma che si ostinava a non voler chiedere. Kelan, gli occhi chiusi, avvolto nel calore confortante di Damon e della coperta cercava di trarre da quei momenti tutto il bene possibile. Improvvisamente sentì Damon sghignazzare.
«Pensa che faccia farebbe Ali se entrasse adesso!» e gli trasmise un'immagine di Aliciana che entrava e sul viso un'espressione tra l'imbarazzato ed il tremendamente geloso. Vedendo quell'immagine qualcosa nel cuore di Kelan divenne di ghiaccio. Si sciolse dall'abbraccio e si alzò.
«Se vuoi scusarmi, Damon, io vorrei andare a fare due passi.»
Si alzò anche Damon.
«Due passi? Poi te ne starai via tutto il giorno o magari anche di più, finché Fiona non ti chiamerà!» Damon si stava scaldando, ma non gli importava. «Sono mesi che stai alla Torre solo per il tempo necessario a monitorarci mentre lavoriamo.» Si accorse di stare gridando, ma Kelan era il suo migliore amico, il suo bredu, e Kelan aveva amato la vita nella Torre fin dal primo momento. Se cercava di stare alla Torre il meno possibile, doveva esserci un motivo grave.
«Damon ti prego,» la voce e gli occhi di Kelan erano carichi di tristezza.
«Kelan hai qualcosa che non va! Non ti sei mai comportato così. Non ti eri mai barricato con me. E non credo che sia ancora per quella faccenda del viaggio a Neskaya.» Lo prese per le braccia. «Devi dirmi cosa c'è che ti disturba!»
Kelan cercò di divincolarsi, anche se era più alto, non era più forte di Damon.
«Te l'ho già detto Damon, è solo un brutto periodo, mi passerà. Ma adesso voglio uscire da questa dannata Torre.»
«Non è possibile che tu faccia così. Esci e non si sa quando e se tornerai! Sei un telepatie addestrato! Il tuo comportamento è irresponsabile! Hai fatto un giuramento e invece te ne vai a zonzo per la valle come una bambino che non ha doveri o obblighi!»
La tristezza era scomparsa dagli occhi di Kelan.
«Ma quando avete avuto bisogno di me, ci sono sempre stato, no? Non puoi accusarmi di essere un irresponsabile, il mio dovere lo faccio fino in fondo! Quel che faccio nel resto del tempo sono solo affari miei!»
La porta sbatté furiosamente dietro le spalle di Kelan lasciando Damon senza parole. Si lasciò cadere pesantemente sul letto, la testa tra le mani.
«Forse era meglio lasciar fare a Dana! Anche Shonnach avrebbe fatto meno guai!»


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La piazza della Fontana, Elvas - mezzogiorno
     • Alar

La voce della premonizione avuta da Damon Aldaran aveva ormai fatto il giro del villaggio. Nessuno degli abitanti di Elvas sembrava realmente preoccupato dalla cosa ma, agli occhi attenti di Alar e di Will, la tensione e la premura erano quasi palpabili.
Lo Scoundrel era pressoché deserto e i due vecchi compagni di avventure erano seduti sul bordo della fontana da almeno un'ora. In quel periodo, avevano visto passare davanti a loro praticamente tutti gli abitanti del villaggio. Alcuni trasportavano assi, altri tele incerate, i più secchi di acqua e pezze di stoffa dalle varie misure: tutti si erano mobilitati per rendere impermeabile al polline la propria casa o, per lo meno, una parte di essa.
Anche loro due, quando Illa aveva iniziato a lamentarsi del caldo insolito, avevano pensato bene di barricare la parte adibita a locanda dello Scoundrel. Fortunatamente avevano pochi avventori e le operazioni erano state rapide ed efficienti, una certezza data dai complimenti che Alyson si era lasciata sfuggire dopo aver ammirato il loro lavoro.
Alar stava per proporre all'amico una piccola battuta esplorativa nei dintorni quando vide avvicinarsi alla locanda i fratelli McKee e i gemelli MacAran.
«Andiamo,» disse con tono quasi scocciato. «Clienti.»
Will lo guardò sorpreso. «Da quando spillare quattrini ai McKee è diventato un peso?»
Alar non rispose, limitandosi a lanciargli un'occhiata indisponente. «Posso esservi utile?» chiese invece al quartetto di avventori.
«Ci serve un parere,» rispose Shann. «Benton, qui, vorrebbe sapere che ne farai dei tuoi animali durante il vento.»
Alar guardò Will, che si strinse nelle spalle. «Non ci abbiamo pensato,» rispose poi. «Non sono numerosi come le vostre mandrie. Probabilmente li lasceremo liberi di spassarsela come vorranno.»
Benton rabbrividì al pensiero. «Credete che gli altri del villaggio faranno lo stesso?»
«Non sono molti ad avere così tanto bestiame a carico,» si intromise Edric.
«La maggior parte si comporterà come Alar,» concluse Dyan.
Alar annuì alle parole dei gemelli. «Ogni animale è marchiato,» ricordò al McKee. «Una volta terminato il periodo a rischio basterà radunare le bestie e dividersi i capi.»
«Non lascerò i miei chervine alla mercé del primo animale impazzito,» commentò Benton seriamente. «Mi aiuterai a dividere gli stalli, in modo da non lasciarli troppo in contatto tra loro?» chiese poi al fratello.
Shann si voltò a guardare i gemelli MacAran. «Ci stavamo proprio chiedendo cosa avremmo potuto fare, una volta finita di isolare la casa.»
«Non vorrai dire...»
«... altro lavoro con assi e tele incerate?»
Alar rise divertito alla risposta corale e preoccupata dei MacAran.
«C'è posto anche per voi,» Shann indicò lui e Will con un cenno del capo.
«Passiamo molto volentieri, vero Will?» il compagno annuì distrattamente. «Ma sarò qui ad ascoltare il resoconto dell'operazione, una volta terminata.»
«Allora tieni da parte una bottiglia di firi,» disse Edric, seguendo i McKee a testa china.
«Facciamo una a testa,» rilanciò Dyan, salutando il locandiere con un cenno del capo.
Alar li guardò uscire, pregustando i pettegolezzi travestiti da lamentele che i gemelli gli avrebbero riferito al termine delle operazioni. Alla fin fine, anche l'arrivo del tanto temuto vento fantasma, stava per portare qualcosa di buono.


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Sulle pendici della montagna - pomeriggio
     • Damon e Aliciana

La giornata trascorse lentissima: Aliciana dovette addestrarsi tutto il giorno con Damon, usando la maggior parte delle sue forze, cercando di non far scorgere al suo addestratore le immagini della visione, che continuavano ad affollarle la mente. Damon continuava a rimproverarla per la sua disattenzione, le chiedeva cosa la turbava e lei non poteva far altro che arrossire e abbassare lo sguardo. Alla fine, vedendo che non riusciva ad avere la sua attenzione, desistette. Chiuse con uno schianto il libro sulle funzioni vitali che stava spiegando alla ragazza e le propose una passeggiata all'aperto.
Contenta di potersi liberare dell'angoscia dei suoi pensieri, Aliciana acconsentì senza pensarci un attimo.
Damon ritornò in un batter di ciglia il compagno affettuoso che Aliciana aveva scoperto in lui dopo la festa del Solstizio: dimessi i panni del maestro capace e diligente, Damon si trasformava nel corteggiatore che tutte le damiselas di Darkover sognavano. Avevano deciso di separare la sfera professionale da quella affettiva; certo, mentre studiavano insieme non dimenticavano i loro sentimenti, ma il desiderio di Aliciana di diventare un ottimo monitore e l'orgoglio di Damon per quella sua allieva modello sapevano calmare a dovere i bollenti spiriti dei due giovani.
Offrendole il braccio Damon la condusse attraverso le strade affollate del villaggio, salutando cortesemente tutti coloro che lo riconoscevano, ovvero quasi tutti. La coppia si fermò qualche momento presso il negozio di Shann McKee, Damon aveva ordinato al sellaio dei nuovi finimenti per il suo cavallo, e poi si lasciarono alle spalle le ultime case del villaggio.
La giornata era molto calda, il sole splendeva infuocato nel cielo, senza che nemmeno una nuvola disturbasse i suoi raggi.
La campagna che i due cominciavano ad attraversare era piena di vita, fiori di mille qualità regnavano nei prati: Aliciana sorrise, pensando a quanto sarebbe stata contenta Dana della possibilità di raccogliere tutto quel materiale, per la sua serra e la sua erboristeria.
Damon conversava amabilmente, raccontando ad una Aliciana estatica vecchi aneddoti e leggende delle Terre Aride.
La loro passeggiata continuava da parecchio, avevano lasciato le ultime case di Elvas ormai da un'ora, quando finalmente Aliciana si rese conto di ciò che stava succedendo.
Alzando lo sguardo verso il cielo, respirando l'aria, calda e profumata, gli occhi della ragazza si erano appuntati su un lontano pendio, su cui le parve di scorgere un brillio oro ed azzurro.
Il suo cuore cominciò a battere all'impazzata; finalmente si ricordò della visione, che aveva dimenticato istantaneamente quando Damon le aveva sorriso dolcemente chiedendole di uscire all'aperto con lui.
Si guardò intorno, spaventata, e le sembrò di riconoscere il prato della visione. Cominciò a tremare, mentre staccava fulminea il braccio da quello di Damon: «Corriamo, scappiamo! Dobbiamo tornare subito... non possiamo stare qui!»
Aliciana sembrava impazzita; Damon la prese per le spalle, scuotendola: «Cosa ti succede? Ma cosa diavolo hai oggi? Sembri impazzita!»
Urlando, Aliciana si divincolò: «Non toccarmi! Non voglio!»
Damon rimase davanti a lei, immobile come una pietra, esterrefatto: le braccia gli ricaddero lungo il corpo, mentre Aliciana aveva ormai le lacrime agli occhi. Rendendosi conto del suo folle comportamento, Aliciana cercò di riprendere il controllo, convincendosi che non era troppo tardi per evitare il peggio, e che doveva assolutamente scusarsi per quella reazione. Si asciugò gli occhi, prese un respiro profondo, riacquistando l'autocontrollo perduto.
Lo guardò implorante, chiedendo perdono ed allo stesso tempo comprensione: «Torniamo in fretta Damon. Come non puoi capire cosa sta per succedere? E stupida io che ti ho detto di sì senza pensare un attimo... Da quanti giorni non piove, Damon? Da quanto non vedi una nuvola in cielo? Ormai deve mancare così poco...» sussurrò la ragazza imbarazzata.
Un lampo passò negli occhi di Damon, un sorriso si dipinse sul suo volto, mentre arrossiva anch'egli.
«Hai ragione... ma perché questo terrore... cieco?»
Con quel poco di animo che le rimaneva Aliciana alzò lo sguardo, sorridendo: «A te piacerebbe approfittarne, vero, sporcaccione?» Mentre vedeva l'incredulità dipingersi sul volto del compagno, Aliciana scoppiò a ridere.
«Su, torniamo ad Elvas. Non pensarci più alla mia reazione...»
La ragazza aveva ripreso il braccio di Damon e si stava già avviando verso il centro della valle.
Damon, ancora incredulo e un po' irritato, la fermò, prendendola ancora per le spalle; questa volta Aliciana non si ritrasse: «Sì che ci penso alla tua reazione! Hai forse paura... che... io abusi di te?» lo disse in un sussurro; la sua timidezza era qualcosa che faceva impazzire Aliciana.
«No, bredu,» disse, sfiorandogli la guancia con una carezza, «solo che tu non sia immune come Manolo da una droga forte come il polline di kireseth
La ragazza ridacchiò divertita, e poi ripresero a camminare ma Damon la fermò per l'ennesima volta: «Ma allora tu... cioè... non...»
Aliciana riservò uno sguardo di disapprovazione alla faccia preoccupata e spaesata dell'uomo: «Come puoi anche solo pensarlo? Ma sai quanto sono romantica... lo avrai già provato, immagino. Ecco... mi sembra che... non ci sarebbe magia...» la voce di Aliciana si spense imbarazzata, mentre Damon tirava un sospiro di sollievo e riprendeva a camminare.
Poi ci ripensò nuovamente, prese Aliciana tra le braccia e la baciò. Quando si staccarono, Damon sorrise divertito al viso paonazzo ma soddisfatto di Aliciana, e celiò: «Questo per dimostrarti che non c'è bisogno di nessun vento fantasma. E che il kireseth potrebbe solo rafforzare ciò che provo per te, di certo non trasformarlo in qualcosa di bestiale. E infine, per dimostrarti che una storia d'amore non è fatta solo di fantasticherie romantiche.»
Detto questo, riprese il braccio della ragazza, sul cui volto si dipingeva ora un'espressione sollevata ed entusiasta, e ritornarono al villaggio.


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All'imbocco della valle di Elvas - pomeriggio
     • Kennard

Kennard cavalcava lentamente in fondo alla piccola carovana diretta a Caer Donn, tirando per la cavezza un chervine carico di vari articoli che sarebbero potuti tornare utili ad Elvas. La carovana era composta da una decina di carri, carichi soprattutto di erbe medicinali, grasso per lucerne, carne secca. A febbraio erano pochi i mercanti disponibili ad affrontare il lungo viaggio dalle pianure, ma gli affari sono affari e quel genere di mercanzia, a fine inverno, diventava rara e costosa. La scorta (le tariffe erano assai alte in quella stagione) era ridotta al minimo, ma di tutto rispetto: mezza dozzina di Rinunciatarie della Gilda di Thendara che viaggiavano divise in coppie, due in avanscoperta, due in cima alla colonna, due in fondo insieme all'uomo.
Kennard riandò col pensiero al motivo di quel viaggio così scomodo, dicendosi per l'ennesima volta che il coridom di Heatwine meritava ben poco la fiducia che era stata riposta in lui. Farlo viaggiare d'inverno, attraversando i Kilghard per la valutazione dei danni dopo una tempesta! A sentir lui l'intera tenuta era semidistrutta, mentre in realtà erano bastati pochi giorni per rimetterla in piena efficienza. Ne aveva già parlato telepaticamente con Rys, che si era detta sicuramente d'accordo nel cercare - per l'anno successivo - una persona più affidabile, o per lo meno con maggiore esperienza. Ma erano partiti da Heatwine per andare ad Elvas così in fretta (neanche avessero una dozzina di demoni alle calcagna!) che non c'era stato proprio il tempo di studiare soluzioni migliori!
Per fortuna il tempo era veramente magnifico, anche troppo, data la stagione. Da un paio di giorni non nevicava neanche la notte, e fin dalla sera prima era cessata anche la pioggia.
«Dom!» lo riscosse la voce di Mariola n'ha Elisa, una delle due Rinunciatarie che cavalcavano in fondo alla colonna, «ancora un paio di curve ed arriveremo al sentiero che scende nella vallata!»
«Grazie, mestra ero davvero soprapensiero!» disse dando un leggero colpo di sprone al cavallo ed affiancandosi a lei. «Se mi fate la cortesia di tenermi un momento il chervine vado a porgere i miei saluti al capo carovana e agli altri.»
Ma non ce ne fu bisogno, perché la colonna dei carri si era già fermata, e mastro Edric era già saltato giù dal carro di testa andandogli incontro trotterellando. Naturalmente oltre che per salutarlo, per farsi dare anche i due pezzi d'argento, che rappresentavano la metà di quanto pattuito per la merce e per poter viaggiare con loro. I saluti furono molto brevi, anche perché tutti avevano voglia di sfruttare quel periodo di tempo così favorevole... il viaggio sarebbe forse durato un po' meno del previsto.


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La serra della Torre, Elvas - metà pomeriggio
     • Dana

Quando si era svegliata, quella mattina, Dana non aveva trovato la sua compagna accanto a sé ma, legato al proprio polso, Illa le aveva lasciato il piccolo sacchettino con il minuscolo frammento di matrice a cui si era da tempo sintonizzata.
Forse era un tentativo di ridurre il controllo che l'Amazzone poteva aveva sui suoi spostamenti e Dana aveva sorriso al pensiero, ben sapendo che non era certo quel cristallo a tenere vivo il loro legame; ma, forse, la spiegazione dello strano regalo era un'altra. Il problema era se, alla conclusione di quella parentesi di follia indotta dal polline, Illa sarebbe stata in grado di ricordarsi il motivo che l'aveva indotta a comportarsi così.
Dopo aver trascorso la mattinata ad osservare Alar e Will, impegnati a rinforzare e sigillare le fessure di porte e finestre, la Rinunciataria aveva deciso che era giunto il momento di preparare il raivannin che Fiona avrebbe messo a disposizione di quei telepati che avrebbero voluto affrontare il vento al riparo nelle loro stanze, sotto l'effetto calmante della droga.
Manolo e Mikhail la bloccarono sulla soglia della Torre, impedendole di entrare, chiedendole di assisterli nell'installazione della serratura a matrice sulla porta confezionata da Coryn MacAran. Sembrava non ci fosse nessun altro disponibile oltre lei: prima ancora dell'arrivo del vento tutti sembravano presi da un'incredibile frenesia ed erano schizzati lontano dalle verdi mura della Torre, ognuno impegnato in personali e misteriose attività.
L'idea di attivare la matrice era stata della Custode, preoccupata dal fatto che la loro Torre non avesse un sistema di protezione come le altre. La cosa non si era mai rivelata un problema anzi, per rendere meno abissale la distanza tra i telepati e il popolo non dotato di laran, l'assenza di un velo che impedisse a questi ultimi di varcare la soglia era stato uno dei punti di forza della loro piccola comunità. Ma, in quel momento di prevedibile pericolo, l'assenza di una qualsiasi difesa preoccupava Fiona, specialmente considerando che tutti quelli che sarebbero rimasti tra le mura dell'alta costruzione sarebbero stati profondamente addormentati.
«Credi che poi la rimuoverà?» Mikhail stava ammirando il lavoro eseguito da Coryn, mentre Manolo inseriva la matrice ancora inattiva all'interno della rientranza realizzata apposta per alloggiarla.
Dana fissava distratta l'umanoide. «Forse no,» rispose, riportando la sua attenzione sull'Ardais, «probabilmente sarà lasciata sulla porta, ma disattivata.»
Mikhail annuì, seriamente. «Preoccupata anche tu?» le chiese.
L'Amazzone lo fissò per un istante, senza capire. «Per il vento dici?» realizzò poco dopo. «No, anche se, visto il comportamento di Illa, non sarebbe una cattiva idea farle prendere un po' di raivannin e rinchiuderla da qualche parte, a dormire.»
Mikhail si mise a sghignazzare. «Vorrei proprio vedere come faresti a somministrarglielo,» commentò, «peggio che cercare di curare un cucciolo selvatico.»
Dana sorrise. «Se fosse così, basterebbe chiedere a Kelan di parlarle. Il problema è che Illa è già sotto l'effetto del polline da ieri e neppure lui riuscirebbe a farsi comprendere in questo momento.»
L'Ardais la guardò stupita. «Credi che il kireseth sia già sbocciato? Allora il polline potrebbe arrivare in paese prima del previsto...» il tono dell'uomo aveva una sfumatura simile al panico.
«Chissà dove è stata in questi giorni,» lo tranquillizzò l'Amazzone, poco preoccupata al pensiero. «Come minimo avrà deciso di dare la caccia a qualche animale proprio in mezzo ad un prato completamente cosparso di fiori.» Fece una breve pausa, osservando pensierosa il cielo sempre sgombro da nubi. «Spero solo che non si cacci in qualche guaio, ieri sera era talmente intossicata che non riuscivo a restare in contatto con lei per più di un paio di secondi...»
L'arrivo di Fiona, seguita dalla giovane Loreena, come sempre impaludata nelle vesti cremisi che rappresentavano il suo nuovo stato di apprendista Custode, impedì a Mikhail di ribattere alle preoccupazioni della Rinunciataria.
«Come intendi attivarla?» chiese invece rivolto a Fiona, tornando al motivo per cui erano riuniti lì fuori.
«Domani mattina. Dopo che chi ha deciso di prendere il raivannin si sarà ritirato nella propria stanza, la sintonizzerò sulla mia impronta mentale, in modo che nessuno possa entrare o uscire.»
Dana sospirò, fissando per un istante la cima dell'alta costruzione. «Bloccherete anche le serrature delle varie stanze?»
«Ci stavo pensando,» rispose Fiona. «Dipenderà da chi alla fine resterà dentro. Se saranno in pochi, potrebbero riunirsi nelle stanze che hanno ancora il meccanismo di chiusura attivo. Sarebbe necessario bloccare solo poche stanze, anche se corriamo il rischio che la droga non sortisca l'effetto desiderato...»
«Non possiamo bloccare l'intera Torre,» commentò Mikhail. «Se il raivannin risultasse inefficace, allora anche le finestre o il tetto della Torre sarebbero da isolare.»
Dana scosse la testa, annuendo. «Mikh ha ragione. Possiamo sempre somministrare dosi superiori rispetto al necessario, oppure fare una miscela con un sonnifero, che non contrasti l'effetto del raivannin e che faccia dormire per almeno una quarantina di ore. A quel punto ogni problema dovuto al polline dovrebbe essere scongiurato.»
«Potrebbe essere una soluzione,» acconsentì la Custode. «Questa sera farò una sorta di appello, tutti dovranno prendere la loro decisione, senza possibilità di revoche.»
Dana annuì. «Nel frattempo preparerò abbastanza droga per coprire tutta la popolazione di telepati di Elvas,» si voltò verso la piazza, praticamente deserta. «Temo che solo loro potrebbero avere dei problemi, il resto degli abitanti del villaggio sembra essersi già attrezzato adeguatamente.»
Gli altri erano già impegnati in una discussione relativa al destino della matrice-serratura che avrebbe ornato la loro porta e non fecero caso alle sue parole. Stringendosi nelle spalle, l'Amazzone varcò finalmente la soglia e si diresse alla serra, decisa a finire al più presto il suo lavoro: prima si liberava di quell'incombenza, prima sarebbe stata libera di preoccuparsi della sorte di Illa.


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La prima cosa che distrasse Dana dal suo lavoro fu una improvvisa sensazione di fame.
Non ne rimase molto stupita: stava per chiudere le ultime ampolle di sonnifero e cominciava nuovamente a percepire le sensazioni del proprio corpo e del mondo circostante che, fino ad allora, aveva tenute bloccate fuori dalla propria portata.
L'Amazzone ripose in due ceste distinte le ampolle contenenti il raivannin e il sonnifero. Sarebbe poi stata Fiona a decidere se somministrare entrambe le droghe o solo una di esse. Dana non aveva intenzione di restare alla Torre durante il vento e, se ben conosceva la sua compagna, non avrebbe trascorso quelle ore frenetiche neppure al villaggio.
Il pensiero di Illa le riportò alla mente tutti i dubbi relativi alla sua sorte. Sapeva che non doveva temere, ma la preoccupazione era comunque un tarlo costante. Come per tutti gli animali selvatici, l'effetto del polline sulla mercenaria era del tutto imprevedibile.
Dana dovette fare più viaggi per portare tutto il preparato nella Sala del Cerchio, avvisando nel contempo Fiona che il materiale era pronto e che quella sera avrebbe potuto procedere con il suo interrogatorio riguardo le intenzioni degli altri. Per quello che la riguardava, da qual momento la Rinunciataria si considerava ufficialmente dispensata da qualsiasi attività collegata alla Torre e ai suoi telepati. Solo una breve sosta alla serra, per riporre il materiale usato, un rapido pasto nelle cucine e sarebbe tornata allo Scoundrel ad aspettare il ritorno di Illa... se mai fosse riuscita a rientrare.
Il laran caotico di Illa fu l'ultima cosa che l'Amazzone ricordò di aver percepito quel pomeriggio prima di perdere i sensi, pochi istanti dopo aver finito di ringraziare gli Dei di aver già incontrato la mercenaria in quello stato la sera prima e di essere così in grado di riconoscerla...


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Verso Castel MacAran - tardo pomeriggio
     • Kelan

La giornata era stata splendida, non una nuvola in cielo. Kelan si allontanò a passo spedito dalla Torre, come sempre il cielo sgombro e l'aria aperta migliorarono il suo umore. La borsa sulle spalle conteneva razioni da viaggio per alcuni giorni, non sapeva mai quanto avrebbe potuto stare via e non voleva che le sue scorte terminassero prima.
Non aveva molta voglia di ascoltare le chiacchiere degli uccelli che popolavano la valle così, anche se gli sembrava scortese, tenne le sue barriere sufficientemente altre da non sentire il chiacchiericcio.
Raggiunse l'albero cavo al limitare del bosco, dove aveva nascosto la coperta, che la metà del pomeriggio era passata. Le sue orecchie furono raggiunte dal rumore di un accetta contro un tronco, seguì il rumore e quando fu abbastanza vicino modulò un lungo fischio a cui rispose un sonoro "Kelaaan" accompagnato dall'abbaiare del cane. Wymee si precipitò nella sua direzione e gli saltò addosso.
"Ciao Kelan, come stai? Hai visto che bella giornata? Oggi ho preso un coniglio e quando lo porteremo a casa Liriel lo cucinerà per noi! Ecco che arriva Benton!"
Benton che lo seguiva trovò Kelan che rideva a terra con Wymee, le zampe sulle spalle a leccargli la faccia.
«Wymee, a cuccia!»
Il cane si staccò dal MacAran controvoglia, ma invece che raggiungere il padrone andò ad annusare, con evidente interesse, la borsa caduta qualche metro indietro. "Mmmm che profumino, Kelan cos'hai qui dentro? Posso averne un po'?" Kelan e Benton si strinsero la mano. Kelan era grato che il McKee non avesse un briciolo di laran, non percepiva assolutamente nulla da lui.
«Di nuovo in giro per i boschi, Kelan? Wymee, via di lì.»
«Lascialo Benton, li dentro ci sono solo alcune razioni da viaggio.»
"Kelaaannn, posso averne un po'?"
«Hai intenzione di andartene?»
«No, ho solo bisogno di stare all'aria aperta, e devo rimpinguare la scorta che ho qui fuori. In questa valle ho trovato il mio posto, non me andrò.»
«Ti capisco, anche io in questa valle ho trovato una casa e l'amore. Non me ne andrei per nulla al mondo, tanto più che ho ritrovato mio fratello con un nipotino!»
«Il piccolo Aengus è bellissimo.» Kelan sospirò, ma cercò di riprendersi, «immagino che ne siate tutti molto orgogliosi.»
Benton arrossì.
«Beh, anche se io non ho fatto nulla, ne sono molto orgoglioso anche io!»
«È naturale, Benton, io sono orgoglioso dei figli di Elorie, oddio, a volte ci fanno disperare, ma la maggior parte del tempo sono dei bravi bambini.»
«Torno all'albero, sia Alar che Dana mi hanno ordinato parecchia legna.»
«Ci vediamo, Benton, ah senti, Wymee vorrebbe qualcosa dalle mie razioni, posso dargliene?»
«Che cane fetente che mi ritrovo, elemosina cibo dovunque! Dagliene pure Kelan.»
Ridendo Kelan estrasse dalla sacca una razione e la diede a Wymee che la sgranocchiò con evidente piacere.
"Buona buona buona, Kelan, me ne dai ancora?"
"No Wymee, poi Benton si arrabbia sia con me che con te, e poi non hai detto che questa sera mangerete coniglio?"
"Hai ragione, adesso torno da Benton, ci vediamo Kelan."
Wymee sparì tra gli alberi dietro Benton e Kelan si trovò nuovamente da solo. Ripensando a Wymee gli venne da ridere, l'incontro con i suoi due amici aveva migliorato ancor di più il suo umore; aprì parecchie entrate nel suo nido ed ebbe l'impressione di entrare in una stanza piena di bambine allegre che non vedessero l'ora di parlare con lui. Lasciò che a decidere la strada fossero le sue gambe, mentre lui si dedicava a quella piacevole compagnia.
Il tramonto del sole lo trovò nei pressi del vecchio castello appartenuto nelle Ere del Caos ad un ramo, forse quello principale, dei MacAran.
"In fondo è un po' come se fossi tornato a casa."
Si preparò il giaciglio in una delle stanze risparmiate dal tempo. Non era calda, ma in quei giorni proprio non aveva voglia di vedere le fiamme danzare la loro danza di morte, gli portava alla mente troppi brutti ricordi. Si avvolse per bene nella coperta e dopo pochi minuti scivolava nel sonno accompagnato dagli auguri degli uccelli notturni.


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Il vecchio mulino nella vallata - tardo pomeriggio
     • Daenerys e Kasentlaya

Il pomeriggio trascorse tranquillo, Rys sembrava aver del tutto dimenticato il suo malumore mattutino, e rideva schernendo la compagna; anche Kas cercò di non pensare al dolore lacerante che aveva sentito provenire dall'animo dell'amica, ma si ripromise di riprendere il discorso in un momento più adatto.
Le due ragazze raggiunsero un vasto pascolo poco lontano dal loro rifugio, e qui si divertirono a raccogliere fiori come bambine; Rys aveva anche promesso a Kas di insegnarle ad intrecciarli in ghirlande: durante la sua infanzia nessuno si era mai curato di insegnarle quell'arte prettamente femminile, e la loro fuga da Elvas poteva essere anche un ottimo momento per recuperare il tempo perduto dell'infanzia di Kas; la giovane infatti, dopo la sua esperienza con Dana nel Sopramondo, si sentiva quasi del tutto serena e riusciva ad accettare e fronteggiare il suo passato senza più molti timori.
Mentre cercava una particolare specie di fiore, Rys capitombolò a terra come un sacco di patate, dopo aver messo un piede in fallo; l'urlo che lanciò alla sua caduta fu quello di una perfetta comynara, di certo non abituata ad andare in giro per campi.
Kas rise di gusto alla scena dell'amica che si massaggiava il fondoschiena dolorante, sbeffeggiandola con la sua ironia tagliente: «Che sacco di patate! E che urlo da donnicciola! Proprio non me lo aspettavo, cara Rys... ma è lo stesso esilarante!»
«Non ridere, mi sono presa una bella botta!» ma la faccia contrita e triste della ragazza più grande non fece altro che incrementare le risate di Kas, che ormai era piegata in due ed aveva le lacrime agli occhi.
«Maledetta! Smettila di ridere e dammi una mano! Vorrei vedere se fosse successo a te!» Rys snudò i denti, in quello che doveva essere un ghigno minaccioso; Kas, che era riuscita quasi del tutto a riprendere il controllo, si avvicinò porgendole la mano; ma invece di aiutarsi con essa per alzarsi Rys tirò l'amica verso il basso, facendola cadere al suo fianco: «Così impari, cattivella!» ridacchiò mostrandole la lingua.
Ma per tutta risposta Kas si avventò su di lei, ed insieme cominciarono a rotolare lungo il pendio della collina, ridendo come due pazze; quando si fermarono erano esauste e senza fiato, ma si sentivano più vive che mai.
«Siamo peggio di due bambine!» esclamò Rys, mentre si stendeva a guardare il cielo rossastro del tramonto.
«Quella che dovrebbe vergognarsi di più sei tu, una donna già fatta, in piena età da matrimonio!» Kas ridacchiò ancora, punzecchiando la compagna: «Stai zitta tu, che hai solo due anni meno di me. Siamo allo stesso livello, è inutile che parli tanto! Sei pazza esattamente quanto me, altrimenti come avresti potuto seguirmi?»
«Hai ragione, non posso proprio ribattere...» concluse Kas alzando le spalle.
Rys la guardò esterrefatta: «Che cosa? Ho lasciato senza parole la nobile Kasentlaya Ridenow? Non ci posso credere, meriterei una medaglia per questa incredibile impresa!»
«Ah, ah, ah, molto spiritosa,» rispose Kas pungolando il fianco dell'altra, «ma non dovresti stupirti più di tanto... tu sai sempre come lasciarmi senza parole!»
«Davvero?» proseguì Rys pensierosa, «fammi pensare ad un metodo efficace e veloce... ah sì, ecco, trovato!»
E senza lasciarle il tempo per rispondere, si piegò su Kas baciandola piano.
«Allora ti piace questo metodo per zittirti?» chiese poi Rys sorridendo.
«È quello che preferisco, chiya...» sussurrò piano Kas, poi volgendo lo sguardo al cielo aggiunse, «forse è meglio che andiamo, il sole è quasi tramontato.»
«Uff... che scocciatura questo tempo! Ma tanto avrò tutta la notte per testare i miei metodi!» sogghignò Rys maliziosa, mentre Kas arrossiva e abbassava lo sguardo timidamente.
«Vieni, timidona! Torniamo al nostro nido d'amore!» esclamò Rys tendendo la mano all'amica.
Kas le sorrise ma, invece di prenderle la mano, si mise a correre gridando: «Vediamo se riesci a battermi, nobile Hastur!»
«Questa ragazzina mi farà davvero impazzire!» sbuffò Rys, cominciando poi ad inseguire la compagna lungo il crinale della collina.
Quando arrivarono al rifugio Rys era senza fiato per la lunga corsa. Kas ne approfittò per punzecchiarla ancora.
«Sembri una vecchia cornamusa sfiatata, non pensavo che fossi così fuori allenamento.»
Rys impiegò alcuni minuti a rispondere cercando di riprendere fiato. «Smettila... per tua informazione non è mia abitudine correre su e giù per le colline inseguendo una pazza scatenata!»
«Ah scusa, dimenticavo che a casa tua il paesaggio è piatto come una tavola!» ribatté l'altra ricevendo in cambio uno scappellotto.
Rys si lasciò cadere sulle coperte, poi rabbrividendo si rese conto che il fuoco non ardeva più nel camino. Kas seguì il suo sguardo e prelevata una bracciata di legna dalla catasta che stava in un angolo del rifugio la dispose ordinatamente per accendere il fuoco.
Invece di usare la pietra focaia, come aveva fatto la sera precedente, Kas si concentrò traendo dei profondi respiri e svuotando la mente come Fiona le aveva insegnato. Sapeva che per controllare il fuoco era necessario non pensare ad altro; dapprima visualizzò una fiamma piccola come quella di una candela, poi estese la sua coscienza verso il camino trasmettendo ai ciocchi di legno l'energia necessaria per prendere fuoco.
Fu ridestata dallo scoppiettio della legna che bruciava inondando la stanza di luce e calore.
«Sai una cosa Kas?» la ragazza si voltò verso Rys che proseguì, «sei migliorata moltissimo... un mese fa avresti incendiato l'intero rifugio!» Kas arrossì violentemente e abbassò lo sguardo. Poi Rys si guardò intorno con aria allarmata, «forse ho parlato troppo presto... non senti odore di fumo? Qualcosa che brucia...»
Kas guardò attentamente ogni oggetto infiammabile presente nella stanza. «Io non sento nulla...» protestò poco convinta poi si girò di scatto verso la compagna. Rys se ne stava seduta sulla coperta cercando di non ridere ma il tremito delle spalle tradiva la sua finta calma.
«Così siamo pari...» esclamò sogghignando. Si riferiva evidentemente alla galoppata fuori programma della mattina precedente. «Comunque, riguardo al fatto che stai imparando a gestire la pirocinesi, non scherzavo affatto. Anzi se ti servisse far pratica io sarò felice di darti una mano, ma ti avverto sono una maestra molto esigente.»
Questa volta fu Kas a ridacchiare, i suoi occhi brillavano di malizia. «Spero proprio che le tue lezioni non si limiteranno all'uso del laran
Rys la guardò stupita senza trovare le parole giuste per ribattere. Kas le si inginocchiò di fronte e sorrise ancora. "Non dovevi essere tu a lasciarmi senza parole, chiya?" Poi con dolcezza prese le mani di Rys tra le sue e, portandosele alle labbra, baciò le cicatrici che le segnavano.
Per un poco restarono in silenzio, gli occhi dell'una persi in quelli dell'altra, poi Rys con espressione sorniona prese Kas per le spalle e la spinse all'indietro facendole perdere l'equilibrio.
Chinatasi, cominciò a baciarla con decisione.
Kas se ne stava stesa sul pavimento piacevolmente stordita come se i baci dell'altra le togliessero ogni energia. L'unica cosa cui riusciva a pensare era colei che le stava vicino.
Sentì il divertimento per quella situazione trapelare dai pensieri della compagna. "Adesso non dici più nulla eh?" Rys le passò le mani tra i capelli sciogliendoglieli sulle spalle.
"Credo che i tuoi metodi funzionino anche troppo bene su di me... mi hai proprio ridotto al silenzio!"
Gli occhi di Rys lampeggiarono pieni di interesse. "Che tipo di silenzio?" Chiese infine.
"Silenzio contemplativo, immagino!"
A quella risposta Rys nascose il volto contro la sua spalla cercando di reprimere una risata. "Che gli Dei ci scampino...stai anche diventando poetica!"


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All'imbocco della valle di Elvas - sera
     • Kennard

La strada, ora era in buona parte in discesa, ma il terreno gelato e varie frane gli imposero un'andatura molto più lenta e prudente del solito. Fu così che verso sera, invece di essere arrivato ad Elvas, era sempre in mezzo alla foresta e dovette rassegnarsi a passare la notte in un piccolo rifugio per cacciatori, limitandosi ad una fetta di carne secca e a del pane duro abbrustolito sul piccolo fuoco che aveva acceso.
"Kennard!" il tono del contatto mentale era vagamente ansioso.
"Anndra!" rispose meravigliato nel sentirsi chiamare.
"Ascoltami... ci sono delle anomalie del tempo in questi giorni nella valle ed è bene che tu rimandi di un paio di giorni il tuo arrivo! Fa caldo, non piove da due giorni e non siamo neppure a fine febbraio... ti dice nulla questo?"
Ma l'uomo gli aveva già letto la risposta nella mente... "Ho capito, cosa mi suggerisci di fare?" Nel frattempo era uscito dal rifugio, controllando con lo sguardo il cielo ed annusando l'aria. Ma sentì solo odore di resina e di pini.
"Nulla di particolare, ma cercati un rifugio dove rinchiudere te e possibilmente anche gli animali. Loro tienili separati, non si sa mai quali reazioni potrebbero avere..."
"Uhm," assentì Ken, "una volta ho visto un chervine piantare le corna nella pancia di un magnifico stallone. Farò come mi dici. Ma è già tardi e non mi sembra il caso di viaggiare di notte, domattina studierò il da farsi."
"Fai come meglio credi, magari torna indietro. La nostra valle e forse qualcuna di quelle adiacenti dovrebbe esserne colpita."
"Anndra, non ti stai agitando un po' troppo? Mi sono trovato un paio di volte in presenza del Vento Fantasma, ma la gente si limitava a chiudersi bene in casa e ad impastoiare meglio gli animali. Neanche ci fossero ancora degli Ya in giro!" Non lo disturbava il pensiero di dover dormire all'aperto qualche giorno in più, ma il fatto di percepire nella mente dell'uomo un nervosismo degno solo di un grande incendio estivo.
"Ken, nessuno è agitato! Ma non siamo nelle Pianure, siamo ai confini con gli Hellers e la zona è completamente selvaggia. Qui le piante di kireseth non sono state estirpate dai contadini, le montagne ne sono piene! La Custode naturalmente metterà al sicuro le giovani della Torre e somministrerà il raivannin a chi lo riterrà opportuno. Di sicuro Pat ne dovrà sorbire una dose doppia," sentì la sua risata mentale e vi si unì, "vista la sua corporatura... e il resto. Per quanto ci riguarda saremo tutti nella Torre o nella Gilda, al sicuro. Teniamoci in contatto, comunque, e fammi sapere dove hai trovato rifugio..."
"Bene, farò come mi dici. Domattina punterò in direzione degli Hellers. 'notte."
"Buona notte..."
"Comunque se prendi il raivannin sarà impossibile sentirsi!"
"Non credo che lo prenderò. qualcuno lo potrai contattare in ogni modo. A domani, comunque. Buona notte!"


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Lungo la valle di Elvas - sera
     • Renaldo

Renaldo non aveva incontrato nessuno sulla sua strada, forse anche perché aveva scelto tutti sentieri secondari, tratte rischiose per una carovana o un viaggiatore dall'andatura tranquilla, ma rapide e audaci per chi procedeva come se avesse alle calcagna l'armata di Zandru al gran completo.
La velocità e la voglia di arrivare presto a destinazione non gli avevano impedito di notare molte stranezze nel paesaggio, particolarità che sembravano accomunare tutte le vallate che aveva attraversato nella sua discesa a sud. Anche in quel momento, a poche miglia dall'incrocio che lo avrebbe condotto sulla via principale per Elvas, il bosco che lo circondava sembrava come risplendere di nuova vita e, dalla poca neve che ricopriva il sottobosco, sembravano già spuntare alcuni fiori. Anche molti animali, più rumorosi del solito, sembravano essersi ridestati dal sonno invernale.
Renaldo fece rapidamente due conti. L'ultima volta che era stato costretto a rallentare l'andatura per via dalla neve era stato poche ore dopo la sua partenza da Caer Donn. Poi, sempre più di frequente, la neve si era tramutata in pioggia e, nell'ultima giornata, il sole aveva brillato incessantemente fino a sera, per lasciare il posto ad una leggera pioggerella che aveva lavato via anche le ultime tracce di neve ghiacciata ai bordi dei sentieri.
"Se va avanti così anche oggi..." pensò, senza concludere la frase, forse un tentativo scaramantico di impedire l'inevitabile presentarsi del Vento Fantasma.


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Per quasi tre giorni Renaldo non aveva incontrato nessuno sulla sua strada ma, nelle ultime miglia che lo separavano dall'imbocco della valle, gli sembrava di aver scontato tutta la tranquillità goduta fino ad allora.
Una carovana di mercanti, scortata da un gruppo di Rinunciatarie, lo aveva incrociato proprio poche centinaia di metri dopo che aveva deciso di scendere sulla via principale, per imboccare con più facilità la strada per Elvas.
Le due donne in avanscoperta lo avevano studiato con aria truce, un poco mitigata dagli apprezzamenti che si erano scambiate non appena lo avevano ritenuto fuori portata d'orecchio.
Il capo carovana, un uomo dall'aria pratica e sbrigativa, aveva scambiato con lui qualche parola, più che altro sul clima che li aspettava oltre il passo e se era informato dell'andamento del mercato nella capitale del Dominio Rinnegato. L'intera carovana sembrava più preoccupata dalla notizia che il tempo si era mantenuto bello per tutta la durata del suo viaggio verso sud che non dalla conferma che i prodotti da loro trasportati avrebbero fatto guadagnare a tutti un bel po' di denaro.
Loro venivano dal Valeron e, anche nelle Pianure, il clima era insolitamente caldo per la stagione. Sembrava, ma erano solo voci, che tempeste non previste dai sapienti delle Torri si fossero abbattute sulla costa e sui campi coltivati dei territori a ovest. Adesso, il contraccolpo subito dal clima veniva avvertito anche a est e, forse un po' rallentato dalle montagne, andava spostandosi a nord.
Renaldo e i membri della carovana si separarono augurandosi reciprocamente un buona fine del viaggio.
Dai discorsi fatti, il rischio di una fioritura improvvisa di kireseth era fin troppo probabile; la brigata di mercanti e Rinunciatarie poteva augurarsi di raggiungere il passo il prima possibile ma, per Renaldo, la sola cosa sicura da fare era chiudersi in un rifugio e attendere che riprendesse a nevicare prima di proseguire il viaggio.
La ricerca di un rifugio di suo gusto portò il mercenario sulla pista di un altro viaggiatore, probabilmente separatosi dalla carovana di mercanti poco prima del loro incontro. Un cavallo e un chervine, constatò Renaldo, mentre decideva di abbandonare la via principale per seguire un sentiero parallelo ad essa ma, almeno all'apparenza, meno esposto e più sicuro.
Raggiunse lo sconosciuto dopo qualche ora. Dall'aspetto degli abiti e del portamento era indubbio che si trattasse di un comyn, probabilmente uno dei laranzu che lavoravano alla Torre con Dana e Mikhail... il ricordo del biondo Ardais tornò a farsi strada prepotentemente nei suoi pensieri, riportandogli alla mente il motivo del suo viaggio.
«Come se ce ne fosse bisogno,» borbottò Renaldo, decidendo di cambiare direzione e di allontanarsi dallo sconosciuto.
Se era vero, come era certo che Aldones aveva incatenato Sharra e Hastur amato Cassilda, che di lì a poco si sarebbe alzato il Vento Fantasma, era altrettanto vero che Renaldo non si sarebbe voluto trovare vicino a sconosciuti per tutto il rame del mondo.
Sapeva perfettamente i rischi che poteva correre durante il Vento. Non sarebbe stata di certo la prima volta e, qualunque fosse stata la sua reazione al polline, non voleva che quel tizio ci andasse di mezzo.
Quando, mentre sulla valle calavano le prime ombre della sera, raggiunse un rifugio ben rifornito e sicuramente distante dall'altro viaggiatore, Renaldo fermò la sua cavalcatura, tolse sella e bagaglio e la lasciò libera. Una volta che la situazione si fosse normalizzata poteva tranquillamente percorrere la distanza che lo separava dal villaggio a piedi.
Rimase sulla soglia della piccola costruzione ad osservare il cavallo allontanarsi al galoppo, felice e sorpreso per l'inaspettata libertà. L'uomo sapeva che sarebbe andato poco lontano, raggiungendo forse una spianata tra gli alberi o un vicino altopiano. Il Vento avrebbe fatto il resto ma, per esperienza, sapeva che gli animali avevano meno problemi ad affrontarlo e, una volta passato, a riprendersi dai postumi. Se, al momento di ripartire, l'animale fosse tornato, lui non si sarebbe lamentato di certo.
Sospirando, il mercenario rientrò nel rifugio, controllando rapidamente gli infissi dell'unica finestra e della porta. Le condizioni non erano delle migliori: se il polline si fosse alzato non sarebbe stato esattamente al sicuro. Poteva solo sperare di non essere indotto a fare cose troppo assurde, grato anche della solitudine.
Ancora pochi giorni e si sarebbe potuto rilassare; per quella notte si sarebbe limitato ad un sonno non troppo profondo.


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La Torre verde, Elvas - sera
     • Shonnach

La cena era stata tranquilla. Nessuno aveva parlato del vento fantasma o della fuga di Kas e Rys. Anndra aveva portato i saluti di Kennard, che aveva contattato telepaticamente poco prima, e si era informato riguardo l'assenza di Kelan e di Dana.
Non era insolito che il MacAran o la Rinunciataria mancassero alle loro cene, ma gli sembrava strano che avessero deciso di non partecipare alla riunione che avrebbe stabilito chi tra loro avrebbe assunto la droga il giorno seguente, mettendosi così al riparo da qualsiasi rischio portato dal vento.
Shonnach aveva risposto malamente, dando la colpa dell'assenza di Dana all'irresponsabilità della sua compagna, mentre Damon si era limitato a scuotere tristemente la testa quando Fiona aveva spiegato che Kelan aveva deciso di passare le prossime giornate fuori nella valle.
«Non ci sarà lavoro per il Cerchio,» concluse, «non avendo intenzione di prendere il raivannin, Kelan ha deciso per il meglio.»
Anndra scosse la testa. «Non ne sarei convinto,» commentò. «Decidere volontariamente di rischiare la propria vita... Forse faceva meglio a restare.»
«Se aveva già deciso che non voleva prendere nulla,» si intromise Shaya, «allora ha fatto bene a lasciare la Torre.»
«Ma così potrebbe essere in costante pericolo!» L'idea che anche uno solo di loro potesse farsi del male rattristava e preoccupava sia Amyra che Fiamma. «Non poteva restare qui, al sicuro?»
Shonnach le guardò, quasi irritata. «Shaya ha ragione,» rispose. «Voi sareste state tutte addormentate e incapaci di difendervi, lui avrebbe subito l'effetto del polline... sarebbe potuto capitarvi di tutto!»
Amyra fissò l'Amazzone con risentimento. «Kelan non è un mostro!» esclamò. «Non ci avrebbe fatto nulla di male.»
Fiona alzò una mano, per impedire a Shonnach di ribattere. «Questa volta ha ragione lei, Amyra,» disse. «Kelan, così come chiunque altro dei presenti, è la persona più affidabile della valle. Ma l'effetto del polline è imprevedibile. Può scatenare violenza, passione o chissà cos'altro, amplificando qualsiasi sentimento l'animo della persona colpita possa nutrire per i suoi compagni... o contro qualunque cosa l'effetto del kireseth possa decidere di mostrargli.»
Amyra restò in silenzio, riflettendo sulle parole della Custode. «Tu prenderai il raivannin, Shonnach?» chiese poi, quasi preoccupata.
L'Amazzone si alzò in piedi, fissando il buio che andava addensandosi appena fuori della finestra. «No,» rispose, «voglio essere sveglia quando arriveranno.»
Damon e Anndra si scambiarono uno sguardo di complice sopportazione, mentre alcune della ragazze iniziarono a mormorare tra loro.
«Chi dovrebbe arrivare?» chiese alla fine Mikhail, irritato dal comportamento degli altri. D'accordo che Shonnach era strana ed eccessivamente paranoica, ma aveva la sensazione che, almeno questa volta, il tono non fosse quello solito, con le paure e i dubbi rivolti a nemici sconosciuti.
«Conosco il mio donas, Mikh,» rispose, «e conosciamo tutti fin troppo bene la storia di questa valle. Non appena il vento comincerà a spirare, inizierò ad incontrarli ovunque... non voglio subire la cosa senza poter reagire.»
Fiona annuì in silenzio alle parole della donna. «Dana poteva trovare qualcosa che ti aiutasse,» disse poi, «se solo tu l'avessi chiesto.»
«Ci ho pensato a lungo,» Shonnach sorrise alla Custode, un movimento appena accennato delle labbra, che forse solo Fiona riuscì ad interpretare. «Non credo che il raivannin o qualsiasi altra droga potrebbe essere in grado di bloccare la mia percezione. La valle ne è piena... non sarebbe servito a nulla.»
«Non capisco di chi tu stia parlando,» disse Damon. «Se tu ce lo spiegassi, forse potremmo aiutarti.»
Rimasero tutti qualche istante il silenzio, in attesa di una risposta, poi Shonnach si allontanò dalla finestra, diretta alla porta. «Ci vedremo quando tutto sarà finito,» disse a mo' di saluto, uscendo. «Adelandeyo
Nessuno parlò per un lungo istante, poi Aliciana sembrò trovare il coraggio di chiedere quello che tutti si stavano domandando. «Quale sarebbe questo terribile donas che la tormenta?» disse, forse con tono troppo ironico, l'Alton.
Fiona sospirò, ricordando il racconto che la Rinunciataria le aveva fatto durante i primi mesi trascorsi nella valle. «Shonnach possiede una sorta di variante del donas di Mikh,» cercò di spiegare con semplicità. «Solo che, invece che percepire la storia degli oggetti, è in grado di rivedere le situazioni che hanno provocato nel passato grandi disastri o cataclismi.»
Anndra la fissò, perplesso. «Scusa,» disse, «ma non capisco...»
«Io credo di sì,» Mikhail sorrise a Fiona, che gli cedette ben volentieri la parola. «Sappiamo che Elvas è stata distrutta da una terribile catastrofe e io, se volessi, potei raccontarvi quello che gli oggetti presenti nella valle hanno registrato di quel tragico evento.»
«Le tue capacità ci sono state utili più di una volta, Mikh,» interruppe Anndra, «ma non capisco cosa c'entri il tuo donas con Shonnach. Quella donna è solo la paranoia fatta persona.»
«Mentre io leggo gli oggetti, Shonnach è in grado di leggere lo spazio che la circonda, a seconda dell'intensità delle situazioni e degli eventi drammatici che hanno colpito i luoghi che la circondano. Correggimi se sbaglio, Fiona, ma Shonnach percepisce i residui lasciati dagli eventi traumatici che sono avvenuti nel luogo in cui si trova, avvertendo le sensazioni legate ad essi che restano, fortunatamente, non registrabili dagli altri.»
«Esatto, Mikh,» Fiona riprese la parola. «Se in questa stanza un manipolo di persone avesse complottato per uccidere qualcuno, compiendo poi di fatto qui il delitto, Shonnach sarebbe in grado di avvertire gli echi di quell'omicidio, percependoli come una minaccia reale. A volte, quando il fatto è recente, di grossa portata o se il luogo è stato più volte teatro di eventi simili, riesce persino a vederne i protagonisti, come se fossero persone reali accanto a lei,» fece una breve pausa, ignorando le espressioni incredule degli altri. «L'effetto del polline accrescerà questa capacità e non ci sono dubbi sul fatto che vedrà in prima persona, rivivendo istante per istante, ogni minuto della distruzione del villaggio, come ti è capitato nel sopramondo, Anndra... solo che non potrà fare nulla per evitarlo.»
«Questo spiega molte cose,» sospirò Mikh, «anche se non la rende più simpatica.»
«Mikhail!»
«Scusami, Fiona, ma non puoi darmi torto,» si difese l'Ardais. «Inoltre, se provassimo a compatirla, cercherebbe certamente di farcela pagare. Quello che si troverà a vivere sarebbe una prospettiva agghiacciante per chiunque,» concluse.
«Allora perché non vuole prendere il raivannin?» chiese Damon. «Così sarebbe al sicuro dai... fantasmi di Elvas.»
Fiona scosse la testa negativamente. «La droga che assumerete smorzerà gli effetti del polline e vi farà dormire a lungo,» spiegò, «ma non vi impedirà di sognare o, nel suo caso, di percepire gli echi del disastro. Subirebbe, senza riuscire a difendersi, quello che comunque dovrebbe affrontare da sveglia.»
Nessuno aggiunse altro. Escludendo Mikhail, pochi di loro potevano comprendere appieno la portata del donas della Rinunciataria. L'Ardais, che aveva passato buona parte della sua adolescenza cercando di non toccare nulla a mani nude, temendo di percepire cose che non avrebbe gradito, poteva capire come si sentiva Shonnach e si chiedeva come fosse riuscita ad isolarsi e a restare sana di mente fino a quel momento.
«È ora di andare a dormire,» Fiona si alzò, dando chiaramente l'ordine a tutti di imitarla. «Non vi chiederò ora i nomi di chi vorrà prendere la droga. Domani mattina, subito dopo colazione, chi vorrà passare il vento fantasma al sicuro dentro la Torre verrà da me e prenderà la sua dose. Poi, prima che faccia effetto, tornerà nella sua stanza e si addormenterà.» Fece una pausa, posando lo sguardo sui suoi telepati, uno ad uno, dando loro la possibilità di esprimere i loro dubbi per un'ultima volta. «Visto che tutti siamo d'accordo, vi do la buona notte,» si alzò, dirigendosi verso la sua stanza. "A domani."


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La Torre Verde, Elvas - tarda sera
     • Damon e Aliciana

Nel suo letto, Damon non riusciva a prendere sonno. Era già trascorsa un'ora da quando si erano lasciati, ma il sonno tardava a venire. Un po' perché la giornata era stata alquanto particolare, un po' per le preoccupazioni sul comportamento di Kelan e su quello che avrebbe portato la giornata successiva.
Avrebbe voluto verificare se anche Aliciana era sveglia, ma non voleva disturbarla e questo pensiero, purtroppo, era un altro che si divertiva a girare nella mente di Damon impedendogli di passare al mondo dei sogni...
Stanco della cosa, Damon protese la sua mente in cerca di quella di Aliciana e, non molto sorpreso, la trovò ancora sveglia.
«Vai Domna, vedo che non sei riuscita a prendere ancora sonno,» la canzonò.
«Beh, e tu che ci fai ancora sveglio?» lo riprese Aliciana.
«Non lo so, i pensieri non se ne vogliono andare.»
«Preoccupato per domani?»
«Un po'. E tu?»
«Anch'io. Però volevo dirti che oggi è stato molto bello.»
Damon attese qualche istante poi aggiunse: «No, non è stato solo molto bello: è stato meraviglioso. Il pomeriggio, la cena, la sera: una di quelle giornate difficili da dimenticare.»
«Sì, è proprio vero.»
I due rimasero un poco in silenzio, poi Aliciana riprese: «Sei rimasto male?»
«Per cosa?» domandò Damon.
«Perché ieri a tavola Kelan ti ha preso in giro perché eri distratto.»
Damon rifletté un attimo, il ricordo del suo amico che usciva dalla Torre non gli piaceva, e poi aggiunse: «Perché ha detto che ero innamorato? No, non me la sono presa. Non preoccuparti. Al contrario, ci rimarrei molto male se Kelan mi nascondesse qualche cosa. Da quando ci conosciamo abbiamo condiviso un po' tutto... beh... proprio tutto no. L'esperienza di Kelan a Nevarsin, ad esempio.»
E i due scoppiarono a ridere.
«O la mia promessa sposa,» aggiunse poi Damon.
«Promessa sposa?» si affrettò a chiedere Aliciana.
«Sì, tu.» Damon sentiva il cuore di Aliciana che prendeva il volo, poi aggiunse: «Sai, Kelan non ha sbagliato a dire che sono un innamorato perso
E poi dopo un attimo di silenzio Damon concluse: «Perché io ti amo veramente.»
Il cuore di Aliciana perse uno o due colpi, la felicità crebbe a dismisura. Era un sogno che diventava realtà, una speranza che diventava concreta, una fiamma che riscaldava i loro cuori.
E poi, preso il coraggio del momento, rispose all'Aldaran: «Anch'io ti amo.»
Damon a quelle parole, sentì il cuore scoppiargli di felicità.
Non aggiunsero altro, si lasciarono così e finalmente la stanchezza prese il sopravvento portando entrambi in un sonno sereno.


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Il vecchio mulino nella vallata - notte
     • Daenerys e Kasentlaya

Kasentlaya si svegliò di soprassalto. Nel camino il fuoco ardeva ancora, anche se con meno intensità, eppure lei si sentiva gelare fin nelle ossa. Gettò un'occhiata fuori della finestra, era ancora notte fonda, nulla si muoveva fuori dal rifugio se non le frasche degli alberi agitate dal vento.
Sospirò cercando di calmarsi dopotutto, si disse, era solo un sogno. Si mosse leggermente per trovare una posizione più comoda tentando di non disturbare Rys. Per un attimo provò un desiderio irrefrenabile di svegliarla per sfogarsi un poco.
No, si disse, non era giusto svegliarla solo per uno stupido incubo. E poi era così bella quando dormiva... tese una mano e le sfiorò una guancia con delicatezza.
Sospirò riadagiandosi a fianco della compagna. "Tanto vale che mi rimetta a dormire, se domani voglio riuscire a reggermi in piedi!"
Intrecciò le mani dietro la testa ma il sonno latitava irreparabilmente. Imprecò sotto voce ma nessuno sembrò prendere in seria considerazione le sue minacce.
Immersa nei suoi pensieri non notò che Rys si era svegliata già da un po' e la stava osservando. Quando l'amica la chiamò sottovoce sobbalzò sorpresa.
«Scusa, chiya,» mormorò Kas quando si fu ripresa dallo stupore, «non volevo disturbarti.»
Rys scosse le spalle come a declinare le sue parole. «Cosa c'è che non va, piccola?»
L'altra si mise a sedere poggiando il mento sulle ginocchia. «Solo uno dei soliti scherzi che mi gioca il passato... sai a volte ricordo qualcosa di nuovo. E di solito mi capita di notte,» fece una smorfia che doveva essere un sorriso ma alla luce guizzante delle fiamme parve più il digrignare di un lupo.
«Cos'era stavolta?» le domandò Rys mettendosi comoda, pronta a una lunga discussione.
«Una delle solite sfuriate di mio padre... ma vorrei che almeno una di noi due dormisse stanotte!»
Rys rise e le diede un pugno scherzoso. «Piantala di far finta di niente,» tornò seria, più seria di quanto Kas l'avesse mai vista.
La ragazza alzò le mani in segno di resa. «Va bene, va bene hai vinto!» sospirò ingobbendo le spalle. «Diceva che io infangavo il suo onore! Onore! Per lui è solo una parola di cinque lettere! Sapeva sempre come farmi sentire inadeguata.»
Rys sentì il dolore crescere dentro la sua compagna come un'onda di marea e l'attirò a sé. La cosa che bramava di più in quel momento era proteggerla.
«Tu sei la persona più speciale che abbia mai conosciuto...» le sussurrò all'orecchio.
"E poi sarei io quella romantica..." Kas sorrise, anche se era ancora turbata dai suoi ricordi.
«E poi adesso hai me,» continuò Rys imperterrita sfiorandole una tempia con le dita.
«Hai ragione, eppure... per la beata Cassilda! Temo ancora di diventare come lui,» continuò in tono assente senza rivolgersi a nessuno in particolare.
"Mai!" Rys strinse a sé Kas con maggior forza come se avesse paura che potessero portargliela via.
«Breda...» Kas non voleva che Rys si preoccupasse troppo, sapeva che l'amica soffriva per lei anche se affermava il contrario. La ragazza più vecchia le poggiò un dito sulle labbra per tacitare le sue proteste.
"Sai assomigli molto a mia madre..." Kas sorrise guardandola. Rys attese incuriosita, ci teneva molto a sapere in cosa. "Hai i suoi stessi occhi... e poi avete anche un'altra cosa in comune."
«Che cosa?» la voce di Rys era colma di aspettativa.
"Vi amo tutte e due anche se in modo diverso... anche se l'ho conosciuta solo per pochi istanti."
Poi liberatasi dall'abbraccio di Rys si alzò per aggiungere legna al fuoco cercando di nascondere l'imbarazzo. «Basta adesso però,» esclamò ad alta voce, «sto diventando così romantica che ormai sono appiccicosa!»
Rys rise divertita. «Effettivamente ci stiamo scambiando i ruoli... ma non posso dire che mi dispiaccia. Se avessi saputo quanto potevi essere dolce mi sarei dichiarata molto prima!» A Kas parve di diventare più rossa dei suoi capelli. Per fortuna dava le spalle al fuoco!
Tornò a stendersi accanto a Rys cercando senza successo di reprimere uno sbadiglio. «Dormiamo adesso, e se accenno qualche altra romanticheria ti prego dammi una botta in testa!»
Rys fece una faccia seria, come se Fiona le avesse appena affidato la Torre di Elvas. «Ve lo giuro sul mio onore datisela!» poi sorrise «se ti metto fuori a dormire va bene lo stesso vero?»
«D'accordo... ma solo a patto che mi lasci almeno una coperta!»


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Un rifugio scavato nella montagna - notte fonda
     • Dana e Illa

Dana si risvegliò con la sensazione che la testa stesse per scoppiarle. Tentò di massaggiarsi le tempie, per procurarsi un po' di sollievo, ma si rese presto conto che i legacci che le immobilizzavano le braccia le avrebbero impedito qualsiasi tipo di movimento.
«ILLA!»
Sapeva che era inutile gridare. Non percepiva da nessuna parte la presenza della compagna e, con ogni probabilità, la mercenaria era talmente intossicata di kireseth che non sarebbe riuscita comunque a rispondere in modo intelligibile al suo richiamo.
L'Amazzone cercò di trovare una posizione comoda, studiando il luogo in cui si trovava. Sembrava una grotta ma era attrezzata come un normale rifugio. Esisteva solo un luogo nella valle con quelle caratteristiche e, nonostante l'assurdità della situazione, fu grata alla mercenaria di non avere deciso di lasciarla legata come un salame nel bel mezzo del nulla, ma di averla portata in uno dei rifugi meglio protetti dell'intera vallata.
Cercò nuovamente di contattarla, ottenendo in risposta un'eco caotica di pensieri e sensazioni: Illa stava tornando verso il rifugio ed era, senza alcuna possibilità di errore, completamente avvelenata dal polline.


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La mercenaria impiegò il doppio del tempo che le sarebbe stato necessario per tornare al rifugio. Voleva essere sicura che nessuno la seguisse e, nel contempo, ogni oggetto, animale, pianta che incontrava la stupiva come se non avesse mai visto nulla di simile. Tutte le volte si fermava ad osservare quella misteriosa creazione, restando immobile per alcuni minuti. Poi iniziava ad accarezzare con delicatezza il piccolo sacchettino che Dana l'aveva obbligata a portare... in quel momento si ricordava che la sua compagna era in attesa nella tana e si rimetteva in marcia per raggiungerla.
Giunta a pochi metri dall'imbocco della caverna, Illa venne investita dalla rabbia dell'Amazzone, cresciuta in maniera distruttiva durante le ultime ore. La mercenaria era stata bene attenta a non farla entrare in contatto con i fiori che aveva accumulato nella stanza adiacente a quella in cui l'aveva lasciata legata, ma le reazioni di Dana nel pieno delle sue facoltà erano molto più temibili che se fosse stata contagiata dalla follia del polline. Mentre entrava nella tana il più silenziosamente possibile, quel barlume di razionalità che era ancora attivo nella sua mente, fece rimpiangere ad Illa di aver agito così sconsideratamente.


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Dana percepì, più che vedere, la compagna mentre entrava nel rifugio. Sentì l'improvvisa confusione creata dall'impatto della sua mente con l'onda d'urto creata dalle proprie emozioni. Avvertì anche, sentendosi stranamente rassicurata, la preoccupazione che la mercenaria nutriva riguardo alla sua salute e alla possibilità che si fosse ferita nel tentativo di slegarsi. Certamente l'idea di mordersi un braccio fino a staccarselo pur di liberarsi non le era neppure passata per la testa, ma in quel momento era la parte legata al sangue del popolo gatto a dominare i pensieri di Illa e, come per qualsiasi animale selvatico in trappola, quella sarebbe stata una soluzione estrema, sicuramente dolorosa, ma necessaria.
Quando Illa comparve sulla soglia della stanza che la vedeva prigioniera, Dana si rese immediatamente conto che parlare sarebbe stato del tutto inutile. Le emozioni predominanti nell'animo della sua compagna erano la paura e l'eccitazione date dalla caccia, il desiderio di poter condividere queste sensazioni esaltanti con lei e l'assoluta convinzione che sarebbe stata punita per aver lasciato la sua compagna da sola e in una situazione di rischio assoluto.
Guardò Illa avvicinarsi a lei con circospezione, annusando l'aria e perlustrando il terreno come in cerca di un qualche pericolo nascosto. Se non fosse stata tramortita, trasportata in un rifugio e immobilizzata da tre giri di corda, Dana avrebbe potuto trovare interessante il comportamento della donna, ma in quel momento aspettava solo che Illa la liberasse per punirla, esattamente come lei temeva.
Illa si fermò accanto a lei, controllando che tutto fosse a posto, poi si rialzò di scatto, correndo verso la stanza accanto e uscendone con in braccio un cesto colmo di fiori azzurri e dorati. La mercenaria si fermò a pochi passi da lei, come indecisa sul da farsi, poi, con un gesto fulmineo, ricoprì l'Amazzone di fiori e corse nuovamente nella seconda stanza.
Il primo istinto di Dana fu quello di trattenere il respiro, per impedire al polline che ricopriva i fiori di penetrare nel suo organismo, ma la visione di Illa che rientrava con un nuovo carico di kireseth, mescolato ad un numero considerevole di altri fiori che Dana sapeva essere altrettanto pericolosi, la fece desistere. Non sarebbe riuscita a resistere a lungo e, dopo tutto, non sarebbe stata in grado di far ragionare la compagna fino a quando il tasso di polline nel suo sangue non fosse calato naturalmente.
Mentre una terza pioggia di fiori la sommergeva, l'Amazzone tirò un grosso sospiro ed attese la prossima mossa della mercenaria.


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Illa vide Dana rilassarsi e percepì l'improvvisa cedevolezza della sua mente, non più barricata dietro le protezioni che l'Amazzone aveva creato per difendere gli altri dalle proprie emozioni. Aveva pensato di dover combattere, era certa che sarebbe stata costretta a forzare tutte le barriere create da anni di ferreo autocontrollo per riuscire a fare... improvvisamente Illa si rese conto di non avere la più pallida idea di cosa avrebbe voluto fare.
La piccola scintilla di razionalità conservata fino a quel momento andava rapidamente esaurendosi sotto il nuovo apporto di polline e di droghe dagli effetti ancor più strani. Era certa di aver condotto lì la sua compagna per un motivo importante, di aver cercato di nascondere le loro tracce e di isolare la loro tana al punto da renderla impenetrabile, aveva accumulato tutti quei fiori nel tentativo di creare una scorta di polline per far raggiungere lo stesso stato di ebbrezza anche a Dana... il problema era che non ricordava più perché lo aveva fatto.
La mercenaria si avvicinò all'Amazzone e si acciambellò sulle sue gambe, stringendosi a lei e iniziando a lamentarsi debolmente, come un cucciolo smarrito. Dana cercò di trovare una posizione comoda, mentre Illa risaliva lungo il suo corpo per avvinghiarsi alla sua vita, nascondendo il volto sul suo petto.
Improvvisamente fu come se una luce si fosse accesa nella mente di Illa e, dal piccolo cucciolo spaventato che era, Dana poté percepire le potenti spire del drago farsi strada attraverso i sentieri più nascosti della mente della compagna. Non riusciva a capire cosa fosse scattato nella sua mente, ma era chiaro che la fumosa incertezza sul da farsi si era solidificata in un chiaro e unico disegno.
Illa si drizzò a sedere, costringendola a sdraiarsi. Senza troppe attenzioni iniziò ad aprirle la casacca, strappando la stoffa quando questa opponeva resistenza. Con altrettanta decisione fece a brandelli la camicia, fino ad arrivare alla pelle.
Nel momento in cui le mani ghiacciate di Illa la sfiorarono, Dana trattenne il fiato. Aveva visto cosa la compagna si prefiggeva di fare e la cosa l'aveva spaventata più di qualsiasi altro pensiero lussurioso o violento il polline potesse aver generato nella sua mente sovraeccitata.
Invece che continuare a strappare gli indumenti più o meno intimi della compagna, Illa si era fermata, chinandosi ad osservare il sacchetto in pelle che conteneva la matrice di Dana. L'Amazzone, che aveva ripreso lentamente a respirare, si trattenne di nuovo, come se anche il movimento appena accennato del suo torace potesse disturbare l'altra.
Dana notò che il polline che Illa l'aveva costretta a respirare, sommergendola di fiori in varie fasi di maturazione, stava iniziando a dare i primi effetti. Le sembrava infatti che una leggera spirale luminosa emergesse dal sacchetto, illuminando le iridi di Illa. Forse anche la mercenaria stava vedendo la stessa cosa, visto che stava cercando di afferrare la matassa luminosa che sembrava stagnare appena al di sopra dell'involucro.
L'Amazzone non aveva mai sperimentato gli effetti del vento fantasma, ma era certa che presto le sue sensazioni si sarebbero sintonizzate su quella di Illa, lasciando libero sfogo agli istinti più animaleschi della loro personalità. Mentre l'alone luminoso svaniva lentamente, Dana fu certa di essere ad un passo dal perdere completamente il contatto con la realtà, ma fu solo un breve istante. Ben presto Illa sembrò risvegliarsi dallo stato ipnotico che l'aveva immobilizzata e, mentre i suoi pensieri tornavano a sprofondare nel caos, concentrò il suo interesse sul sacchetto della matrice di Dana. Avvicinò una mano, come se volesse toccarlo, solo per lasciarla a pochi centimetri dalla sua superficie, incapace di portare a termine il suo gesto.
Come per trovare un sostegno, la mercenaria aveva estratto dalla propria veste il minuscolo sacchettino contenente l'altrettanto piccola matrice sulla quale si era sintonizzata anni prima. Aggrappandosi agli ultimi brandelli di lucidità, Dana si chiese quando l'avesse ripreso, visto che la compagna l'aveva lasciato in sua custodia prima di sparire nel nulla, poi, mentre la mano di Illa riprendeva il suo avvicinamento al sacchetto, decise che anche quello non era un particolare di fondamentale importanza... soprattutto quando, dopo l'ennesimo tentennamento, la mercenaria riuscì finalmente ad afferrare l'oggetto del suo desiderio, sfilandolo con inaudita gentilezza dal suo collo. Con molta cautela Illa riuscì ad aprire il sacchetto in pelle e, facendola scivolare sul palmo della propria mano, estrasse la matrice pulsante di vita.
Improvvisamente, fu come se tutto nella stanza si fosse fermato. Il polline sospeso nell'aria, le fiamme nel camino, il battito stesso dei loro cuori... poi, con potenza sempre crescente, i corpi di entrambe le donne vennero percorsi da una sorta di scossa profonda che colse di sorpresa Illa, al punto da farle lasciare immediatamente la presa sulla pietra della compagna.
La mercenaria si rannicchiò nuovamente sul corpo dell'altra, uggiolando come un cucciolo, mentre Dana, nonostante l'immane quantità di droga ormai in circolo nel suo flusso sanguigno, cercava di rassicurarla, parlandole con tono dolce e inviandole una sensazione di tranquillità.
Fu un'operazione lunga, al punto che, sottoposte allo sforzo di reggere anche il peso della mercenaria, le braccia di Dana iniziarono a dolere. Senza smettere di inviare una sensazione di pace, la Rinunciataria cercò di convincere Illa a togliere i legacci che la immobilizzavano.
Sollevandosi e guardandola con circospezione, Illa sembrò valutare la cosa. Dana non aveva parlato ma lei sapeva che le braccia che aveva ancora legate dietro la schiena le facevano male e che, presto, avrebbe perso sensibilità anche alle gambe. La mercenaria restò seduta sul bacino della compagna, indecisa sul da farsi, poi, estraendo il suo coltello da uno stivale, la liberò con pochi colpi sicuri.
Dana sospirò di sollievo e, dopo aver stiracchiato i muscoli indolenziti dall'innaturale posizione mantenuta per ore, cercò di riprendere la propria matrice per riporla al sicuro, ma fu bloccata immediatamente da Illa che, puntandole il coltello che stringeva ancora tra le mani alla gola, le inviò un messaggio che risuonò nella mente di Dana come un ringhi basso e minaccioso: quella era la sua tana e, fino a quando non si fosse stancata, era lei a decidere cosa fare della sua preda.
Illa la costrinse a stendersi, immobilizzandola col peso del proprio corpo. Seduta sul suo bacino, le aveva bloccato le braccia sia con le ginocchia che con le mani, mentre le osservava indecisa il volto. Si vedeva riflessa nelle iridi verdi dell'Amazzone e, sempre più spesso, il suo sguardo scivolava verso il basso, lungo il solco dei seni dove la matrice si era fermata, vedendosi riflessa anche nelle mille sfaccettature della pietra.
Si chinò in avanti, quasi a sfiorare la gemma azzurra con la punta del naso. Annusò leggermente, ma non proveniva nessun odore dal cristallo; poteva percepire solo la crescente preoccupazione della compagna. Sollevò per un attimo gli occhi, incrociando quelli di Dana. La mercenaria sorrise e, aumentando la stretta per impedirle ogni reazione di fuga, si chinò nuovamente, posando la punta della lingua sulla matrice, sfiorandola appena, e ritraendola non appena la scossa iniziò a percorrere il suo corpo come la prima volta.
Dana sospirò profondamente. La scossa provocata dal contatto della sua matrice con la mente estranea di Illa non era del tutto spiacevole. Dopo tutto loro erano molto più vicine, sia in corpo che in spirito, di molte coppie di telepati affiatati e le loro menti avrebbero presto trovato un accordo. Difatti, dopo pochi minuti, le sensazioni dell'una iniziarono a mescolarsi con quelle dell'altra e, quando fu certa che non ci sarebbe stata nessun tentativo di fuga, Illa lasciò libere le braccia della compagna, in modo da trovare una posizione più stabile.
Con più decisione, la mercenaria tornò ad avvicinarsi alla matrice. La pietra non era più fredda al suo tocco e, quando la percorse lentamente, Illa percepì come una sorta di leggera pulsazione che sembrava amplificare i battiti del cuore di Dana. Il brivido arrivò anche quella volta, percorrendole la schiena come una profonda vibrazione, passando poi attraverso le sue mani al corpo di Dana, che percepì la cosa con un'intensità accresciuta esaltazione della compagna.
L'eccitazione di Illa sembrò aumentare ulteriormente quando, al successivo passaggio, mantenne il contatto con la pietra più a lungo, lasciando che la scossa passasse più di una volta attraverso i loro corpi e, se ne accorse solo in un secondo momento, attraverso le loro menti.
Dopo un tempo che a Dana sembrò infinito, Illa si allontanò da lei, interrompendo anche il contatto mentale che si era creato. L'Amazzone aprì gli occhi, trovandosi a fissare il volto febbricitante della compagna. Le pupille erano dilatate e, pur essendo a sua volta completamente intossicata dal polline, Dana temette per un istante per la salute della mercenaria; ma fu una preoccupazione di breve durata.
Illa estrasse lentamente la propria matrice dal sacchetto, facendo attenzione a non farsela sfuggire tra le dita. Meticolosamente la posò sul petto della compagna, accanto a quella di Dana che, al confronto, sembrava una pietra adatta ad una potentissima Custode.
Il frammento di cristallo di Illa iniziò ad illuminarsi, prima timidamente, poi con sempre più forza, fino a sembrare quasi incandescente. Quando raggiunse quello che sembrò essere il suo apice, la luminosità calò lentamente, lasciando al suo posto un tenue bagliore che, in pochi minuti, si sincronizzò con le pulsazioni che illuminavano i recessi più profondi della matrice della Rinunciataria.
Illa era rimasta affascinata dalla cosa e, dal momento in cui la sua piccola pietra aveva iniziato a risplendere, non era riuscita più a staccare gli occhi da essa. Senza rendersene conto era entrata in una sorta di trance, collegandosi con la propria pietra e, nel momento in cui essa si sintonizzò con quella di Dana, anche le menti delle due donne si fusero in una sola entità, che sembrava destinata a restare tale in eterno.









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Disclaimers

A causa del clima, mantenutosi insolitamente caldo per i primi mesi invernali, la popolazione della valli dei Kilghard e degli Hellers cominciano a temere l'arrivo del vento fantasma e anche molti dei telepati di Elvas dotati dei doni di precognizione prevedono l'arrivo del vento fantasma... cosa che si verifica puntualmente!

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008